Crossover

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  1. Theocracy
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    Titolo: La via per il Lato Oscuro
    Autore: Me/ Theocracy
    Personaggi: Theo, Sahami (png), Edna (png), altri png.

    L’odore della palude che infestava il pianeta di Dagobah era ciò che di più insopportabile si poteva immaginare.
    Sembrava talmente forte da riuscire a penetrare tra le fibre dei vestiti, attaccandosi ad essi ed impastare la pelle.
    In ginocchio sopra la roccia umida e muschiosa, osservato da centinaia… forse migliaia di spettatori pronti alla più empia e cruenta dipartita di due umani, Theodore riusciva a pensare solo al modo in cui sarebbe riuscito a togliersi quell’odore di dosso.
    Lì a terra riusciva a sentire un rivolo di sangue ancora caldo colargli dal naso, la guancia pulsare calore ed il costato sinistro dolere fino a frammentare il respiro.

    Ti odio.

    Nonostante il tono aspro di Shaami di fianco a lui facesse presagire il peggio, lui si sforzò di lanciarle un occhiolino.

    Ti stanno bene i capelli così, sai?


    Rimase a fissare il suo viso bruno, le treccine scure raccolte in due codini bassi che cadevano sulla tunica chiara. Lui e Shaami si erano incontrati due anni prima, ma era come se si conoscessero da sempre, ed in qualche modo, era così.
    Si incontrarono per la prima volta a Nar Shaddaa, sulla Luna di Nar Hutta.
    Shaami aveva un unico compito: catturarlo e portarlo dai suoi maestri, ma la forza ed il destino sono leganti indissolubili che uniscono le vite ed i destini nella Galassia, spesso agisce in modo incomprensibile, persino per coloro che riescono a controllarla.
    Davanti a loro, un Twi'lek dal manto scuro, apre la mano in un piccolo gesto davanti al viso di Theo.

    Diteci chi siete e perché avete provato a rubare il Sacro Libro dei Sith.

    Sugli spalti dell’arena cadde un silenzio penetrante, anche se Dagobah era ormai diventato un avamposto Sith dalla morte del Jedi Caduto, il trucchetto della manipolazione mentale non era di certo uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni.
    L’attesa, l’agitazione e la tensione vennero rotti dalla voce di Theodore, che imitando il gesto con un sorriso, rispose:

    Vai a farti fottere.

    Nel vedere il Twi’lek girarsi e incamminarsi verso l’uscita, un brusio indistinto percorse l’arena, che divenne subito sgomento nel vedere l’uomo a terra scoppiare a ridere.

    Ci sta andando davvero, guarda Shaami… guardalo che va a farsi fottere.

    Sei un coglione Theodore, mezza galassia ci da la caccia e tu ti metti a fare lo stronzo.

    L’offesa recata dal ragazzo non poteva essere ignorata, non dal sindaco dell’avamposto, un toydariano dall’aspetto tozzo, la pelle blu ed una lunga tunica scura.
    Il toydariano si alzò in piedi con il dissenso dipinto sul grugno, dietro a lui un umano incappucciato si avvicinava a guardare la scena.

    Era l’ultima opportunità, io dico. Morirete quando i tamburi cesseranno di suonare.

    I pesanti portoni di pietra si aprirono lentamente ed il tempo iniziò ad essere scandito dai tamburi, le regole di quel gioco erano semplici: i sette campioni di Dagobah avrebbero ferito a morte i due umani, lasciandoli vivere in agonia finché la musica non sarebbe cessata. Nessuno era mai sopravvissuto all’arena nella palude, nessuno sarebbe tornato indietro per raccontarlo.
    Shaami e Theo, all’unisono alzarono le mani verso il cielo in quello che sembrava essere l’ultimo appello agli Dei.
    Mentre sugli spalti regnava il silenzio, e sette possenti campioni, brandendo armi acuminate ed indossando pesanti armature guardavano con un ghigno i due piccoli umani, un sibilio lieve tagliò l’aria.
    Due luci ben distinte, due colori diversi che simboleggiavano due mondi distanti, paralleli, uniti dalla forza ed in lotta dall’inizio dei tempi.
    Quando il mantello di un grigio opaco cadde sotto la luce rossa, mostrando il braccio droide del ragazzo che brandiva la spada Sith, l’umano incappucciato diede un ordine ai suoi accoliti.

    Chiamate Darth Feyard, loro sono qui.

    La madre di Theo era una Strega della Notte.
    Era nato e cresciuto al tempio di Dathomir finché a tre anni, non appena aveva dato i primi segni di possedere il controllo sulla forza, era stato ceduto al tempio Sith come apprendista. Sua madre era così orgogliosa di vedere suo figlio combattere e sacrificare la propria vita per il Lato Oscuro, che per Theo fu quasi un dovere deludere le aspettative, bypassare il blocco di due droidi, rubare una nave Sith per raggiungere la Jedi con cui parlava nella sua stanza ogni sera, in quel collegamento che li univa a due poli differenti della galassia.

    Se non lo faranno loro, ricordami di ucciderti con le mie mani.

    Disse lei, disarcionando uno dei campioni per mettere fine alle sue sofferenze nel modo più umano e veloce possibile, così che non potesse soffrire.

    E poi che faresti senza di me Shaami, tutta sola nella galassia.

    Rispose lui, gambizzando un enorme Talz che brandiva una una sciabola, calciandola via nel sangue nero come l’inchiostro, così che l’alieno potesse morire lentamente, senza più essere un potenziale pericolo per nessuno di loro due.

    Dovevo portarti a Curscant, al tempio… ecco cosa dovevo fare.

    Durante i loro viaggi insieme aveva avuto molte occasioni per dire quella frase. Theo non la prendeva mai sul serio, sorridendole e rimbeccandola sempre con la solita risposta: “I dubbi ed i ripensamenti ti fanno cadere nel lato oscuro della forza Shaami cara, non vorrai mica diventare un Jedi caduto?” E lei si arrabbiava così tanto che quasi si vergognava di sé stessa, un sentimento umano come la rabbia non poteva appartenere a quel mondo in cui la calma e la meditazione erano il fondamento di tutto. Da quando lo aveva conosciuto, Theodore era stato capace di stravolgere quel equilibrio che aveva cercato di costruire per tutta la vita. Eppure quando si calmava, quello stesso potere che li aveva uniti anni prima li spingeva di nuovo l’uno nella direzione dell’altro, come due calamite di poli opposti che si attraevano con una forza che non poteva essere spezzata.
    Shaami notò che poco distante, Theodore con un gesto della mano allontanò un Wampa alto quasi tre metri che, stordito dal cambio di pressione, caricò il ragazzo con una furia tale da far tremare il suolo dell’arena. I due umani si strinsero uno vicino all’altro, i respiri affannati, le membra che iniziavano a cedere sotto lo sforzo del combattimento.

    L’essere dal manto bianco alzò un braccio pronto ad attaccare, quando un vento si alzò dall’alto, spingendo tutti i contendenti contro i muri ricoperti dalla natura che cresceva selvaggia tra le insenature della pietra.
    Qualcosa di ben più temibile atterrò al centro dell’arena: una nave dello stesso colore del sangue, che portava i fregi dei Sith sulle due fiancate.
    Dal portellone uscirono otto individui dal volto coperto da una maschera, il mantello nero come la notte più oscura sferzava sulle loro spalle, come le bandiere dei vincitori conficcate nel terreno della loro conquista.
    Erano in troppi ed erano troppo potenti per riuscire a sconfiggerli.
    Theo e Shaami riuscivano a sentire la forza vibrare nell’aria, avvolgerli e piegarli fino a farli cadere in ginocchio, di nuovo.

    Darth Feyard vuole i due umani.

    Bastò un solo nome a far calare il silenzio.
    Un silenzio diverso da quello che era calato prima: Theodore e Shaami riuscirono a percepire il terrore, in quel silenzio.
    Neppure il sindaco dell’avamposto si sentì abbastanza coraggioso da replicare; dei Sith dello stesso ordine cui appartenevano gli individui incappucciati che erano tutti abituati a vedere da qualche decade a quella parte, erano piombati nel mezzo di un combattimento per cui migliaia di spettatori avevano pagato l’ingresso interrompendo lo spettacolo. Eppure nessuno, nemmeno i campioni, si erano degnati di protestare.
    Theo si sentì le mani dei cavalieri agguantarlo per una spalla, tirandolo sù in piedi. I due umani si guardarono con uno sguardo che sembrava poter dire una miriade di cose, ma senza aprir bocca, salirono sulla nave senza protestare, ammanettati e disarmati. Quando questa prese quota e la pressione li spinse verso il basso, solo allora trovarono il coraggio di parlare.

    Credi che sia…

    La voce di Shaami ruppe il silenzio, Theo non l’aveva mai sentita così terrorizzata.

    Si.

    Rispose netto, senza troppi fronzoli.
    Il viaggio verso la nave madre la passarono in assoluto silenzio, origliando i discorsi di due piloti nella stanza accanto.

    Hanno preso pure la nave - disse uno di questi - L’hanno trovata nella selva, nascosta nella palude… una gran bella nave, prima che la vendono mi ci faccio un giro.

    Theo lanciò un sorriso complice alla ragazza, che subito dopo si sentì afferrare di nuovo per il braccio.
    Il rumore del portellone riempì tutta la stiva, sentirono l’odore del fumo di pressurizzazione che annunciava l’arrivo. Vennero scortati da quindici Sith in una stanza dalle pareti metalliche, dove la luce cianotica delle pareti riusciva a ledere la cornea dei due prigionieri.
    Rimasero in quella stanza per decine di minuti, sorvegliati da quattro cavalieri con le armi spianate, finché non riuscirono a percepirla arrivare.
    D’un tratto, il tempo parve rallentarsi, l’aria vibrare, le luci diventare più soffuse finché la porta della stanza non si aprì con un colpo netto.
    Theo rimase a guardare la Signora dei Sith per qualche istante.
    Labbra sottili, capelli neri che le cadevano indomiti su un viso ed una divisa semplice ma al tempo stesso ben aderente sul corpo da ragazzina. Theo si lasciò sfuggire un sorriso sincero nel vedere quanto fosse cresciuta.

    La mamma deve essere molto fiera di te.

    Guardò dritto negli occhi sua sorella, gli angoli delle labbra di lei parvero incurvarsi all’insù per pochi istanti, ma Theo non seppe bene se fosse per quella frase, o perché Ed fosse contenta di vederlo di nuovo.

    Dopo che te ne sei andato, il Signore Oscuro mi ha dato l’ordine di radere al suolo il tempio di Dathomir, temeva che io potessi fare la tua fine. La sua vita era la prova della mia fedeltà.

    Lo sguardo Theodore venne coperto da un velo, un lenzuolo nero che calava coprendo ciò che stava provando.
    L’espressione sul suo viso mutò lentamente, come se per processare il significato di quelle parole ci stesse mettendo più del dovuto.
    Theo continuò a guardare negli occhi sua sorella, cercando di penetrare in quel mare nero che era il suo sguardo. Piano piano crebbe in lui una paura oscura, un timore sordo.
    Poi capì.
    Nel silenzio che era piombato in quella stanza, iniziò a risuonare come un eco lontano un grido disperato che sapeva di morte.
    Il corpo del ragazzo reagì mosso dall’inerzia. Scattò in avanti, afferrando l’arma che uno dei cavalieri teneva appesa alla cintola. Il cristallo kyber contenuto all’interno della spada laser del Sith reagì al contatto della mano, illuminando la disperazione dipinta sul volto di Theodore di un rosso vivo, vibrante.
    Vide il fascio di luce trapassare da parte a parte uno dei cavalieri di sua sorella. Nei pensieri offuscati di Theodore si scandì un ricordo, con un gemito di dolore si scagliò verso l’altro cavaliere dal mantello bruno e dal viso coperto.
    Quel lamento sembrò riscuotere Shaami, che si avventò su uno dei cavalieri colpendolo al volto.
    In mezzo a quei fasci di luce che si scontravano, quei corpi che si contraevano e scattavano l’uno addosso l’altro in una battaglia tra la vita e la morte, Darth Feyard osservava suo fratello impassibile, come faceva quando erano su Korriban, mentre si allenavano con bastoni di legno con i Maestri.
    Lo guardava con gli occhi vuoti combattere per la sopravvivenza, mentre il sangue delle ferite scendevano a fiotti lungo la pelle di Theo ed i corpi dei suoi proseliti cadevano a terra come gusci vuoti.
    Si aprì uno spiraglio tra loro e la porta, ma la voce di Shaami che implorava di scappare arrivò alle sue orecchie come un eco lontano.

    Theo venne trascinato lontano da braccia che lo tiravano, lo strattonavano sotto gli occhi di sua sorella che, senza muovere un muscolo, dava ordini ai suoi accoliti di uccidere la Jedi e lasciare a lei suo fratello. Scosso da qualcosa dentro di lui, si precipitò per i corridoi della nave cercando di scacciare dal cuore quel dolore sordo, quel gelido terrore che aveva provato guardando gli occhi di Ed.
    Urlò con quanto fiato aveva in corpo, senza curarsi di nessuno.
    Shaami si scagliò contro una delle due guardie che sorvegliavano la loro nave, ma prima che potesse colpirlo, la luce rossa della spada di Theo fece il suo lavoro. Era come se la sua vista si fosse offuscata e a muovere ogni muscolo del suo corpo, ci fosse la rabbia pura e cieca.
    Quando non ci fu più nessuno nei paraggi, Shaami lo afferrò per una manica cercando di trascinarlo dentro e scappare via di lì, ma quando Theo si voltò, la ragazza per un istante ebbe paura che il Sith potesse fare a lei quello che lui aveva fatto ai cavalieri.

    In pochi istanti i corridoi fuori dalla stazione di lancio si erano riempiti dei passi dei Sith che si accalcavano per venire a prenderli.
    La ragazza riuscì a convincere Theo a lasciarsi trascinare sulla loro nave e scappare dall’enorme voragine del vuoto che Ed aveva creato.

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