Crossover

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    Crossover



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    Hai mai immaginato il tuo PG in un'ambientazione diversa da quella del nostro gioco o potteriana in generale?
    Se non l'hai mai fatto, ora te ne diamo l'occasione noi...se invece l'hai fatto, sentiti liber* di scatenare la tua fantasia in questa speciale cornice di fanfiction.
    Quella che ti chiediamo qui è una contaminazione con altri fandom, un minestrone in piena regola. Immagina di muovere i tuoi PG nell’universo di Game of Thrones (facendo l’alfiere di una delle casate, per esempio) o di affrontare in una gara di luminosità i vampiri di Twilight; immaginate che il tuo PG sia uno strigo (o Witcher, se vuoi), che abbia investito tutti i soldi della lotteria in drog
    tecnologia iper-avanzata in stile Iron Man, di avere direttamente superpoteri particolari, oppure di alzare gli occhi al cielo e vedere l’occhio di Sauron… hai altre idee?
    Puoi riprendere poteri o ambientazioni da qualsiasi libro, serie tv, fumetto, manga, vi vengano in mente, l'importante è mantenere una briciola della materia iniziale, del vostro PG così com'è ora in After Hogwarts.
    E no, non puoi provarci con Margaery Tyrell. No, neanche con Lexa di The 100, e neanche con qualche bonazzo random che ti è già venuto sicuramente in mente. (No, neanche Khal Drogo.)

    Regole della cornice:
    ➤ La storia deve essere ambientata in un universo differente da quello potteriano a vostra scelta, purché faccia parte di qualsiasi libro, serie tv, fumetto, manga, qualsiasi cosa abbia una solida ambientazione in cui poter muovere il vostro PG.
    ➤ Il protagonista deve essere il tuo PG (Studente/Giovane Adulto/Adulto).
    ➤ E' possibile inserire nella propria storia e muovere altri PG e PNG con coerenza e rispetto.
    ➤ La persona ed il tempo verbale sono a tua scelta.
    ➤ E' possibile inserire nella propria storia e muovere i PG principali appartenenti all'universo scelto.

    Regole generali:
    ➤ Controlla ortografia e grammatica, rileggi il tuo lavoro anche più volte prima di postarlo, perché lavori grammaticalmente scorretti verranno esclusi a priori.
    ➤ E' possibile partecipare con tutti i propri PG, purché si scriva soltanto una fanfiction per ogni PG.
    ➤ Oltre ad essere grammaticalmente corretta e coerente con l'Ambientazione ed il Regolamento, la fanfiction deve avere un minimo di 700 parole per essere ritenuta valida e quindi ottenere i 10 5 p.e. in palio.
    ➤ Lo Staff si riserva di eliminare qualunque contenuto non sia ritenuto in linea con il Regolamento e l’Ambientazione. Se avete delle domande, siete invitati a postarle nell'apposito topic, in modo che le risposte siano disponibili a tutti.

    All'inizio della fanfiction ricordati di aggiungere il seguente specchietto:

    CODICE
    <b>Titolo:</b>
    <b>Autore:</b>
    <b>Personaggi:</b>


    La scadenza per postare è fissata all'11 Gennaio compreso.
    Buon divertimento!

    Edited by Bellamy Octavian Murray - 12/1/2022, 19:11
     
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    "Amor vincit omnia"

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    una Galassia lontana lontana...

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    Titolo:Il crollo
    Autore: Hector Knight
    Personaggi: maestro jedi Hector Knight, maestro jedi Andromaca White, membro dell'Alto Consiglio jedi Leon Green, altri membri dell'Alto Consiglio

    Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana...



    Hector esce nervosamente dalla tenda, scostandola bruscamente, e Andromaca - rassegnata - lo segue.
    Il maestro Green lì davanti, sembra non provare nulla, li osserva semplicemente dopo lo scambio violento di battute avvenuto tra i due.
    Rimane lì, impassibile, la Forza a calmare l'aria pensante che la scena appena accaduta tra i due maestri jedi ha lasciato, come una eco sgradevole in un contesto già abbastanza complicato.
    Coruscant è sotto attacco.
    Il Tempio jedi è caduto, come la Nuova Repubblica.
    E' accaduto ciò per cui avevano tanto lavorato, ma che non sono riusciti ad arginare.
    L'Impero è nuovamente rinato.
    Sembrava impossibile, ma è successo e la troppo giovane Repubblica non ha retto.
    Proprio come i due jedi che vede uscire dalla tenda dove è riunito l'Alto Consiglio, davanti a lui.
    Sospira pazientemente.
    Con un cenno della mano mette a tacere il brusio che si è levato dagli altri membri dell'Alto Consiglio.
    Forse sarà l'ultima volta che intercederà per lui.
    Forse anche l'ultima volta che intercederà per lei, anche se la maestra White e di tutt'altra pasta.
    Forse...
    Tutto rimane in bilico. Sospeso.
    Su tutto aleggia la Forza.




    Finalmente gli occhi scuri di Hector trovano lo sguardo della maestra jedi, fissandosi nella sue iridi azzurre.
    Andromaca gli sorride timidamente. Prende fiato. Vorrebbe parlare, ma esita, titubante: cosa dirgli? Perché rimane lì?
    E’ chiaro che lei lo abbia deluso con la sua decisione di andare via da Coruscant.
    E vedere Hector così scosso, l'ha sempre turbata. Anche se non dovrebbe.
    Guarda negli occhi dell'uomo che la fissano interrogativamente.
    Arrossisce ancora ed il respiro si fa più agitato.
    Inspira, espira, cerca di placare il suo animo.Non c'è odio, c'è la Forza. Il codice jedi risuona dentro di lei, Hector può percepirlo è sempre stato fin troppo bravo in quelle cose e soprattutto nel leggerle dentro.
    Come dirgli che lui è il solo che in così poco tempo abbia conquistato la sua fiducia?
    Come dirgli che la stima ed il rispetto che ha per lui sono anche maggiori di quelli che ha per Obi Wan?
    Come dirgli che le dispiace di averlo deluso?
    Apre la bocca per parlare, ma qualcosa la blocca, un pensiero: Ti riderà in faccia con il suo solito sarcasmo.
    Come dirgli che, nonostante tutto, non ce la fa a stargli accanto?
    L'uomo non le ha chiesto di rimanere, anzi…
    Richiude la bocca, ogni suo sforzo sembra vano.
    I suoi occhi limpidi esprimono tutto il tormento dell’altalena di pensieri ed emozioni che il suo corpo già manifesta.
    Distoglie lo sguardo, fissando un punto imprecisato fuori dalla tenda, piegando il capo di lato.
    In realtà quello che cerca di nascondere sono i suoi occhi azzurri velati di pianto.
    Mentre strige i pugni, rigidi al suo fianco.
    Un’ondata di rabbia la investe violentemente.

    Mi odi vero?

    SI!

    Non esista neanche un attimo nel darle la risposta, la rabbia di Hector traspare dai suoi occhi scuri che sembrano fiammeggiare.

    Allora io devo morire anche dentro di te!

    Allora muori, ma non lascerò che altri muoiano! Non li abbandonerò come state facendo voi!

    Si volta di spalle, stringendo le braccia sé. A proteggersi. E’ quasi un sussurro la voce che le esce fuori.

    Mi dispiace Maestro Knight… dice con una dolcezza disarmante.

    *****


    Ogni parola, ogni commento, ogni silenzio della maestra Andromaca White lo raggiunge come una stilettata al cuore.
    E’ sbalordito, confuso, arrabbiato.
    Cosa gli sta accadendo? Possibile che lui abbia perso la sua proverbiale lucidità così all’improvviso?
    Aspetta, placando il suo animo ed i battiti del suo cuore agitato.
    Andromaca ha un ruolo e quel ruolo comporta una responsabilità.
    L’ha sempre saputo.
    L’ha sempre ammirata per questo.
    L’ha sempre sostenuta.
    E lei aveva fatto altrettanto.
    Fino ad ora.
    Eppure ormai conosce il suo animo, i suoi più intimi pensieri, perché è questo che sente ogni volta che la guarda, dopo tutto quello che hanno condiviso. Cerca di distrarsi, seguendo ogni parola dei suoi fratelli nella Forza.
    Il Disegno che Essa ha per loro si sta delineando.
    Le nubi sembrano diradarsi, un azzurro cristallino torna risplendere nei suoi occhi.

    Poi…
    Ancora la voce di Andromaca, Hector la guarda con speranza.
    Una speranza che, ancora una volta, va delusa!
    Le parole della donna non lasciano alcuno spazio alla speranza. La donna rimarrà, così ha deciso.
    Le nubi si addensano più velocemente, pronte a scatenare ora un temporale.
    I due maestri sfilano davanti a Green, uscendo dalla tenda. Sente lo sguardo dell'anziano jedi sulle sue spalle, forse lo ha deluso, ma tanto è notorio a tutti che il maestro Hector Knight esprime ciò che pensa anche se la sua posizione dovesse divergere da quella dell'alto Consiglio di cui invece Green e Andromaca fanno parte.
    C'è un motivo per cui lui, nonostante la sua lunga carriera, non ne faccia parte: è sempre stato refrattario alle regole, laddove queste non combacino con il suo personale credo e questo non è accettabile per dei jedi.
    Il credo è uno solo.
    Uno.
    E' la Forza.
    Andromaca rimane al suo fianco, ma non la sente. Non sente nulla ora. Solo la sua rabbia.
    Ognuno attende l’inevitabile.
    Le nubi rovesciano la pioggia.
    E la pioggia diventa tempesta.
    E gli occhi di Hector mandano saette.
    Non c'è odio, c'è la Forza. Percepisce i pensieri di Andromaca. La Forza scorre potente anche in lui.
    Si placa. O almeno cerca di farlo.

    Sto cercando di capire, sto cercando con tutte le mie forze di comprenderti… la voce è ancora pacata mentre parla rivolto a Andromaca, ma tradisce già la rabbia a stento trattenuta. Si passa una mano tra i capelli, nervosamente Che cosa ti succede? Sono confuso

    Sorride mestamente.
    Lancia uno sguardo fugace alla donna. Non gli importa cosa sente in lui, lascia che le emozioni per una volta sempre trattenute abbiano ora libero sfogo.

    So cosa provi e so cosa senti, perché è quello che provo e sento io! la voce dell’uomo è più decisa, lo sguardo provocatorio la sfida a sostenere il contrario Allora, perché diavolo io faccio una cosa e tu un’altra?

    Quasi ansima.
    Il suo veemente discorso gli ha alterato il respiro.
    La guarda. Si avvicina a lei, fissandola con gli occhi scuri, sempre più cupi.
    Sembra quasi che le sue paure si siano concretizzate!
    Ma non può essersi sbagliato così tanto… Non lo può credere!
    L’ha vista! Sofferente, stanca, disperata per tutto quello che avevano passato!
    Come può credere che serva a qualcosa, se lei stessa – il loro baluardo! – si è dovuta piegare?

    Hai deciso per l’Ordine…ma tu? Tu cosa hai deciso? Cosa hai veramente deciso? sottolinea la seconda frase Non ti ho mai chiesto nulla. Mai preteso nulla da te. Nulla che tu stessa non sia stata disposta a darmi… la guarda ora con tenerezza mista a sofferenza E’ la prima ed unica volta che ti chiedo di farlo.

    Gli occhi azzurri dell’uomo la fissano con intensità, con amore.
    Le prende le mani, tra le sue.
    Continuando ad incatenarla a sè con lo sguardo.

    Devi scegliere, mia Maestra… indica il consiglio jedi dentro la tenda o loro…o me! abbassa lo sguardo Non ti chiedo di scegliere me, in quanto uomo: io sono nulla…. sorride amaro, scuotendo il capo, poi lo rialza con nuova decisione, a fissarla con la stessa, intensa emozione di qualche ora prima, di quando sembrava che fossero una cosa sola Pensa solo a quello che sei e a quello che vorresti essere…

    Andromaca rimane immobile.
    Forse gelata dalla sua richiesta.
    Forse furibonda con lui.
    O semplicemente confusa, come lui.
    Hector si scosta. Non le dà neanche il tempo di rispondere.
    Quel posto lo soffoca! Rientra nella tenda dove è riunito l'improvvisato consiglio jedi.
    Sente Andromaca dietro di lui, seguirlo. Non ha detto nulla, non vuole sapere nulla.
    Farà ciò che la sua coscienza gli dice di fare, a costo di essere buttato fuori dall'Ordine.

    Mi dispiace Maestri, non concordo con la vostra analisi dei fatti. La Forza c’è sempre, avete ragione, a guidarci ma dobbiamo esserci anche noi ad ascoltarla e a capire cosa ci dice. In questo io, tu indica Andromaca ed anche voi si gira verso Green …abbiamo fallito!

    HECTOR! Ricordati sempre chi sei e a chi stai parlando!

    Il rabbioso sproloquio di uno stupefatto Hector viene interrotto dalla voce che lo sovrasta.
    Quella decisa e diretta di Andromaca.
    Il Maestro Knight la guarda interrogativamente.
    E’ proprio lei ad interromperlo.
    E lui sembra tornare improvvisamente alla ragione.
    Sorride abbassando gli occhi quasi improvvisamente imbarazzato per la troppa veemenza delle sue ultime parole.

    Scusatemi… Maestro Green, perdona la troppa rabbia…. Se c’è un orgoglio ferito, qui dentro, forse quello è propri il mio…. Anche se non concordo, ti ammiro comunque e qualsiasi cosa farai lo sguardo è sincero Che la Forza sia con te! Che la Forza guidi tutti noi!

    Esce, senza voltarsi indietro.
    Andromaca non lo segue, né lo trattiene.
    Se lo vorrà, forse, lo seguirà.
    La mascella contratta, le falcate lunghe e precise.
    Gli sembra di sollevare piombo mentre avanza nel piazzale.
    La vita gli passa accanto nelle sembianze di altri maestri, di giovani padawan, di soldati che si affollano all’esterno.
    Hector si ferma.
    Ed illuminato dal sole che filtra nei bassifondi di Coruscant attende.
     
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    Titolo: La via per il Lato Oscuro
    Autore: Me/ Theocracy
    Personaggi: Theo, Sahami (png), Edna (png), altri png.

    L’odore della palude che infestava il pianeta di Dagobah era ciò che di più insopportabile si poteva immaginare.
    Sembrava talmente forte da riuscire a penetrare tra le fibre dei vestiti, attaccandosi ad essi ed impastare la pelle.
    In ginocchio sopra la roccia umida e muschiosa, osservato da centinaia… forse migliaia di spettatori pronti alla più empia e cruenta dipartita di due umani, Theodore riusciva a pensare solo al modo in cui sarebbe riuscito a togliersi quell’odore di dosso.
    Lì a terra riusciva a sentire un rivolo di sangue ancora caldo colargli dal naso, la guancia pulsare calore ed il costato sinistro dolere fino a frammentare il respiro.

    Ti odio.

    Nonostante il tono aspro di Shaami di fianco a lui facesse presagire il peggio, lui si sforzò di lanciarle un occhiolino.

    Ti stanno bene i capelli così, sai?


    Rimase a fissare il suo viso bruno, le treccine scure raccolte in due codini bassi che cadevano sulla tunica chiara. Lui e Shaami si erano incontrati due anni prima, ma era come se si conoscessero da sempre, ed in qualche modo, era così.
    Si incontrarono per la prima volta a Nar Shaddaa, sulla Luna di Nar Hutta.
    Shaami aveva un unico compito: catturarlo e portarlo dai suoi maestri, ma la forza ed il destino sono leganti indissolubili che uniscono le vite ed i destini nella Galassia, spesso agisce in modo incomprensibile, persino per coloro che riescono a controllarla.
    Davanti a loro, un Twi'lek dal manto scuro, apre la mano in un piccolo gesto davanti al viso di Theo.

    Diteci chi siete e perché avete provato a rubare il Sacro Libro dei Sith.

    Sugli spalti dell’arena cadde un silenzio penetrante, anche se Dagobah era ormai diventato un avamposto Sith dalla morte del Jedi Caduto, il trucchetto della manipolazione mentale non era di certo uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni.
    L’attesa, l’agitazione e la tensione vennero rotti dalla voce di Theodore, che imitando il gesto con un sorriso, rispose:

    Vai a farti fottere.

    Nel vedere il Twi’lek girarsi e incamminarsi verso l’uscita, un brusio indistinto percorse l’arena, che divenne subito sgomento nel vedere l’uomo a terra scoppiare a ridere.

    Ci sta andando davvero, guarda Shaami… guardalo che va a farsi fottere.

    Sei un coglione Theodore, mezza galassia ci da la caccia e tu ti metti a fare lo stronzo.

    L’offesa recata dal ragazzo non poteva essere ignorata, non dal sindaco dell’avamposto, un toydariano dall’aspetto tozzo, la pelle blu ed una lunga tunica scura.
    Il toydariano si alzò in piedi con il dissenso dipinto sul grugno, dietro a lui un umano incappucciato si avvicinava a guardare la scena.

    Era l’ultima opportunità, io dico. Morirete quando i tamburi cesseranno di suonare.

    I pesanti portoni di pietra si aprirono lentamente ed il tempo iniziò ad essere scandito dai tamburi, le regole di quel gioco erano semplici: i sette campioni di Dagobah avrebbero ferito a morte i due umani, lasciandoli vivere in agonia finché la musica non sarebbe cessata. Nessuno era mai sopravvissuto all’arena nella palude, nessuno sarebbe tornato indietro per raccontarlo.
    Shaami e Theo, all’unisono alzarono le mani verso il cielo in quello che sembrava essere l’ultimo appello agli Dei.
    Mentre sugli spalti regnava il silenzio, e sette possenti campioni, brandendo armi acuminate ed indossando pesanti armature guardavano con un ghigno i due piccoli umani, un sibilio lieve tagliò l’aria.
    Due luci ben distinte, due colori diversi che simboleggiavano due mondi distanti, paralleli, uniti dalla forza ed in lotta dall’inizio dei tempi.
    Quando il mantello di un grigio opaco cadde sotto la luce rossa, mostrando il braccio droide del ragazzo che brandiva la spada Sith, l’umano incappucciato diede un ordine ai suoi accoliti.

    Chiamate Darth Feyard, loro sono qui.

    La madre di Theo era una Strega della Notte.
    Era nato e cresciuto al tempio di Dathomir finché a tre anni, non appena aveva dato i primi segni di possedere il controllo sulla forza, era stato ceduto al tempio Sith come apprendista. Sua madre era così orgogliosa di vedere suo figlio combattere e sacrificare la propria vita per il Lato Oscuro, che per Theo fu quasi un dovere deludere le aspettative, bypassare il blocco di due droidi, rubare una nave Sith per raggiungere la Jedi con cui parlava nella sua stanza ogni sera, in quel collegamento che li univa a due poli differenti della galassia.

    Se non lo faranno loro, ricordami di ucciderti con le mie mani.

    Disse lei, disarcionando uno dei campioni per mettere fine alle sue sofferenze nel modo più umano e veloce possibile, così che non potesse soffrire.

    E poi che faresti senza di me Shaami, tutta sola nella galassia.

    Rispose lui, gambizzando un enorme Talz che brandiva una una sciabola, calciandola via nel sangue nero come l’inchiostro, così che l’alieno potesse morire lentamente, senza più essere un potenziale pericolo per nessuno di loro due.

    Dovevo portarti a Curscant, al tempio… ecco cosa dovevo fare.

    Durante i loro viaggi insieme aveva avuto molte occasioni per dire quella frase. Theo non la prendeva mai sul serio, sorridendole e rimbeccandola sempre con la solita risposta: “I dubbi ed i ripensamenti ti fanno cadere nel lato oscuro della forza Shaami cara, non vorrai mica diventare un Jedi caduto?” E lei si arrabbiava così tanto che quasi si vergognava di sé stessa, un sentimento umano come la rabbia non poteva appartenere a quel mondo in cui la calma e la meditazione erano il fondamento di tutto. Da quando lo aveva conosciuto, Theodore era stato capace di stravolgere quel equilibrio che aveva cercato di costruire per tutta la vita. Eppure quando si calmava, quello stesso potere che li aveva uniti anni prima li spingeva di nuovo l’uno nella direzione dell’altro, come due calamite di poli opposti che si attraevano con una forza che non poteva essere spezzata.
    Shaami notò che poco distante, Theodore con un gesto della mano allontanò un Wampa alto quasi tre metri che, stordito dal cambio di pressione, caricò il ragazzo con una furia tale da far tremare il suolo dell’arena. I due umani si strinsero uno vicino all’altro, i respiri affannati, le membra che iniziavano a cedere sotto lo sforzo del combattimento.

    L’essere dal manto bianco alzò un braccio pronto ad attaccare, quando un vento si alzò dall’alto, spingendo tutti i contendenti contro i muri ricoperti dalla natura che cresceva selvaggia tra le insenature della pietra.
    Qualcosa di ben più temibile atterrò al centro dell’arena: una nave dello stesso colore del sangue, che portava i fregi dei Sith sulle due fiancate.
    Dal portellone uscirono otto individui dal volto coperto da una maschera, il mantello nero come la notte più oscura sferzava sulle loro spalle, come le bandiere dei vincitori conficcate nel terreno della loro conquista.
    Erano in troppi ed erano troppo potenti per riuscire a sconfiggerli.
    Theo e Shaami riuscivano a sentire la forza vibrare nell’aria, avvolgerli e piegarli fino a farli cadere in ginocchio, di nuovo.

    Darth Feyard vuole i due umani.

    Bastò un solo nome a far calare il silenzio.
    Un silenzio diverso da quello che era calato prima: Theodore e Shaami riuscirono a percepire il terrore, in quel silenzio.
    Neppure il sindaco dell’avamposto si sentì abbastanza coraggioso da replicare; dei Sith dello stesso ordine cui appartenevano gli individui incappucciati che erano tutti abituati a vedere da qualche decade a quella parte, erano piombati nel mezzo di un combattimento per cui migliaia di spettatori avevano pagato l’ingresso interrompendo lo spettacolo. Eppure nessuno, nemmeno i campioni, si erano degnati di protestare.
    Theo si sentì le mani dei cavalieri agguantarlo per una spalla, tirandolo sù in piedi. I due umani si guardarono con uno sguardo che sembrava poter dire una miriade di cose, ma senza aprir bocca, salirono sulla nave senza protestare, ammanettati e disarmati. Quando questa prese quota e la pressione li spinse verso il basso, solo allora trovarono il coraggio di parlare.

    Credi che sia…

    La voce di Shaami ruppe il silenzio, Theo non l’aveva mai sentita così terrorizzata.

    Si.

    Rispose netto, senza troppi fronzoli.
    Il viaggio verso la nave madre la passarono in assoluto silenzio, origliando i discorsi di due piloti nella stanza accanto.

    Hanno preso pure la nave - disse uno di questi - L’hanno trovata nella selva, nascosta nella palude… una gran bella nave, prima che la vendono mi ci faccio un giro.

    Theo lanciò un sorriso complice alla ragazza, che subito dopo si sentì afferrare di nuovo per il braccio.
    Il rumore del portellone riempì tutta la stiva, sentirono l’odore del fumo di pressurizzazione che annunciava l’arrivo. Vennero scortati da quindici Sith in una stanza dalle pareti metalliche, dove la luce cianotica delle pareti riusciva a ledere la cornea dei due prigionieri.
    Rimasero in quella stanza per decine di minuti, sorvegliati da quattro cavalieri con le armi spianate, finché non riuscirono a percepirla arrivare.
    D’un tratto, il tempo parve rallentarsi, l’aria vibrare, le luci diventare più soffuse finché la porta della stanza non si aprì con un colpo netto.
    Theo rimase a guardare la Signora dei Sith per qualche istante.
    Labbra sottili, capelli neri che le cadevano indomiti su un viso ed una divisa semplice ma al tempo stesso ben aderente sul corpo da ragazzina. Theo si lasciò sfuggire un sorriso sincero nel vedere quanto fosse cresciuta.

    La mamma deve essere molto fiera di te.

    Guardò dritto negli occhi sua sorella, gli angoli delle labbra di lei parvero incurvarsi all’insù per pochi istanti, ma Theo non seppe bene se fosse per quella frase, o perché Ed fosse contenta di vederlo di nuovo.

    Dopo che te ne sei andato, il Signore Oscuro mi ha dato l’ordine di radere al suolo il tempio di Dathomir, temeva che io potessi fare la tua fine. La sua vita era la prova della mia fedeltà.

    Lo sguardo Theodore venne coperto da un velo, un lenzuolo nero che calava coprendo ciò che stava provando.
    L’espressione sul suo viso mutò lentamente, come se per processare il significato di quelle parole ci stesse mettendo più del dovuto.
    Theo continuò a guardare negli occhi sua sorella, cercando di penetrare in quel mare nero che era il suo sguardo. Piano piano crebbe in lui una paura oscura, un timore sordo.
    Poi capì.
    Nel silenzio che era piombato in quella stanza, iniziò a risuonare come un eco lontano un grido disperato che sapeva di morte.
    Il corpo del ragazzo reagì mosso dall’inerzia. Scattò in avanti, afferrando l’arma che uno dei cavalieri teneva appesa alla cintola. Il cristallo kyber contenuto all’interno della spada laser del Sith reagì al contatto della mano, illuminando la disperazione dipinta sul volto di Theodore di un rosso vivo, vibrante.
    Vide il fascio di luce trapassare da parte a parte uno dei cavalieri di sua sorella. Nei pensieri offuscati di Theodore si scandì un ricordo, con un gemito di dolore si scagliò verso l’altro cavaliere dal mantello bruno e dal viso coperto.
    Quel lamento sembrò riscuotere Shaami, che si avventò su uno dei cavalieri colpendolo al volto.
    In mezzo a quei fasci di luce che si scontravano, quei corpi che si contraevano e scattavano l’uno addosso l’altro in una battaglia tra la vita e la morte, Darth Feyard osservava suo fratello impassibile, come faceva quando erano su Korriban, mentre si allenavano con bastoni di legno con i Maestri.
    Lo guardava con gli occhi vuoti combattere per la sopravvivenza, mentre il sangue delle ferite scendevano a fiotti lungo la pelle di Theo ed i corpi dei suoi proseliti cadevano a terra come gusci vuoti.
    Si aprì uno spiraglio tra loro e la porta, ma la voce di Shaami che implorava di scappare arrivò alle sue orecchie come un eco lontano.

    Theo venne trascinato lontano da braccia che lo tiravano, lo strattonavano sotto gli occhi di sua sorella che, senza muovere un muscolo, dava ordini ai suoi accoliti di uccidere la Jedi e lasciare a lei suo fratello. Scosso da qualcosa dentro di lui, si precipitò per i corridoi della nave cercando di scacciare dal cuore quel dolore sordo, quel gelido terrore che aveva provato guardando gli occhi di Ed.
    Urlò con quanto fiato aveva in corpo, senza curarsi di nessuno.
    Shaami si scagliò contro una delle due guardie che sorvegliavano la loro nave, ma prima che potesse colpirlo, la luce rossa della spada di Theo fece il suo lavoro. Era come se la sua vista si fosse offuscata e a muovere ogni muscolo del suo corpo, ci fosse la rabbia pura e cieca.
    Quando non ci fu più nessuno nei paraggi, Shaami lo afferrò per una manica cercando di trascinarlo dentro e scappare via di lì, ma quando Theo si voltò, la ragazza per un istante ebbe paura che il Sith potesse fare a lei quello che lui aveva fatto ai cavalieri.

    In pochi istanti i corridoi fuori dalla stazione di lancio si erano riempiti dei passi dei Sith che si accalcavano per venire a prenderli.
    La ragazza riuscì a convincere Theo a lasciarsi trascinare sulla loro nave e scappare dall’enorme voragine del vuoto che Ed aveva creato.

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    Titolo: Coraggio
    Autore: Likanjel Voskresenskaya
    Personaggi: Likanjel, Roy Mustang, Maria Ross, Riza Hawkeye, Winry, Edward Elric

    Ishval.
    L'Alba stava per incombere sulla città dilaniata dai continui massacri, ma la notte persisteva ad avvolgerla figurativamente. Solo ieri, Likanjel aveva vomitato alla vista del cadavere in decomposizione di un neonato, un neonato Ishvaliano, per poi inorridirsi ancora di più nel notare che, il rigurgito era finito su un pezzo di un altro cadavere, un braccio adulto ricoperto di una manica blu, di cui si intravedeva la mano e il polso sotto un detrito. Era un compare, un Alchimista di Stato.

    Correva l'anno 1908, quando Likanjel, ancora sdraiata, si accingeva a tirarsi su a sedere sul giaciglio militare, dopo numerosi, incessanti tentativi di dormire nonostante i suoni dei fucili e la morte che passava poco lontano. Poteva vedere vividamente la scena, nella sua testa, tanto, la stessa identica procedura si ripeteva ogni giorno in quell'inferno di posto. Per esempio ora Likanjel, poteva benissimo inventarsi, immaginare, mettersi nei panni di un qualsiasi individuo Ishvalàn: ne aveva studiato i ruoli, le reazioni, la lotta e la loro condanna. Immaginava un artigiano, un modellatore di creta, che aveva riempito la casa in cui sfamava i propri pargoli con le ceramiche più belle che gli fossero venute. L'individuo, portante di ben cinquant'anni di vita, era accompagnato dalla moglie, una donna della stessa età che fino a pochi anni prima viveva la sua quotidianità accudendo bimbi e neonati, forse proprio i cadaveri che Likanjel aveva trovato il giorno prima distesi in maniera indegna sul campo di battaglia. Per completare la cornice i ragazzi più grandi, i primogeniti della coppia, stavano assiduamente difendendo i genitori, ringhiando contro gli Alchimisti di Stato e spalancando le braccia per proteggere chi li aveva cresciuti proprio come loro avevano fatto con essi. Ma tutto era inutile, Likanjel sapeva che i soldati del suo stesso esercito erano riusciti a sopraffare i nemici; li avevano messi al muro e poi li avevano costretti a chiudere gli occhi e mettere le mani dietro la nuca. Umiliati e terrorizzati, erano stati tutti massacrati a suon di fucilate, tutto per dei capelli bianchi, una carnagione più scura e un paio di occhi rossi.

    - Straniera.

    La richiamò all'ordine un uomo, un uomo bianco che sostava davanti all'entrata della sua tenda aperta. Roy Mustang, quello era il tenente colonello Roy Mustang. La donna non esitò alzarsi, a scoprirsi dalle coperte sudicie e rivelare le vesti uguali al giorno prima: la divisa che non poteva togliere da un bel po', tutta insanguinata da far venire la nausea.

    - Tenente Colonello signore!, esclamò, a voce contenuta e che faceva trasparire un tono di preoccupazione, - ai suoi ordini.

    Likanjel conosceva perfettamente l'uomo. Un giovane prodigio che aspirava alle cariche più alte e più ambite, dai capelli corvini e la carnagione chiara scalfita dalla battaglia: e poi, quei guanti, i candidi guanti di accensione, che potenziavano la sua Alchimia. L'Alchimista di Fuoco era una figura in effetti tutt'altro che sconosciuta all'interno dell'accampamento, cosa che non si poteva invece dire per Likanjel. La Voskresenkaya era per lo più conosciuta per l'origine straniera cozzante con il senso patriottico degli altri Alchimisti: se nelle loro vene scorreva sangue di Amestris dalla testa ai piedi, nelle vene della ragazza scorreva il sangue di Drachma, uno dei paesi in conflitto con la loro patria.

    - Se ne occupano i soldati di Briggs, affermò nella sua testa mentre il militare l'aveva costretta a munirsi di soprabito bianco (o perlomeno, che lo era quand'era candido) e di fucile, ma sembra che loro stiano conducendo una scaramuccia contro di me.

    L'alba stava per incombere su Ishval, e le stelle nel cielo indaco-violaceo stavano a piano piano svenendo, lasciando spazio a un vuoto cielo angoscioso. Lei e Mustang svegliarono altri soldati, e ben presto la squadra reclutata dall'Alchimista di Fuoco si riunì nei pressi di una delle trincee al cospetto di un altro gruppo, messo insieme da una donna di nome Riza Hawkeye. I soldati non erano dei volti somaticamente sconosciuti, un ragazzino all'apparenza goffo e che portava degli occhiali rettangolari, un uomo più slanciato dai capelli color argento spettinanti sulla fronte, un individuo grassoccio dalla chioma rossiccia, un ragazzo biondo con il tabacco perennemente in bocca ed una corvina. Per la sua scarsa loquacità Likanjel non sapeva i loro nomi, ne avrebbe provato a chiederli visto che, oltretutto, aveva paura delle loro reazioni: eppure non sembravano mai aver avuto l'intenzione di emarginarla per le sue origini straniere e scomode, ne l'avevano mai accusata di spionaggio.

    La timida Alchimista di Luna, quello era il suo nome da quando era divenuta un cane dell'esercito di Amestris, non fece domande per tutto l'incontro, le bastarono le istruzioni dell'Alchimista di Fuoco: i due gruppi avrebbero occupata rispettivamente due delle aree della città, così da dividersi il massacro. Il gruppo di Likanjel avrebbe invaso la parte Est della città, mentre quello di Riza Hawkeye quella ad Ovest. Fu così che Roy, Maria Ross, Breda ed Havoc partirono per la missione. Mentre camminava Likanjel pensava a quanto fosse ingiusta quella situazione, quanto volesse tornare a Central City (luogo in cui l'avevano nominata Alchimista di stato e luogo da cui era stata spedita lì per compiere quelle tali, ignobili, gesta) e a quanta fosse vigliacca: non faceva che ripetersi quanto disgraziate fossero quelle povere anime, mentre lei passava le giornate a ripulire il campo dalle loro carcasse, a lavar via il loro sangue come per cancellare la memoria dai libri di storia, ma ora anche a lei sarebbe toccato il lavoro sporco... eppure, non un segno di ribellione, solo un orrendo vuoto nello stomaco e la baionetta tremante all'estremità dell'arma, vista la condizione di chi la imbracciava.

    - Soldato Maria Ross, Soldato Likanjel Voskresenskaya: voi inizierete da quella abitazione.
    - Agli ordini tenente colonello!

    Esclamò in tutta risposta la donna accanto a Likanjel, Maria Ross, soldatessa intrepida e leale che condivideva con la donna di Drachma il taglio corto e corvino. Likanjel invece obbedì girando semplicemente i tacchi, senza dare alcuna risposta. Mustang si accigliò ma non sembrò legarsela al dito, e le due donne procedettero semplicemente entrando, pronte a scovare i bambini che si nascondevano disperatamente dietro i mobili. Maria Ross non sembrava affatto intenzionata a commettere simili atti, anche se costretta come lo erano entrambe le militari, ma Likanjel non osò fare domande: le sembrava che le corde vocali si fossero improvvisamente bloccate.
    Le mura erano squarciate, e le finestre rotte erano impregnate di spruzzi di sangue. Le soldatesse camminarono con cautela, con le dita poggiata sui grilletti e con la sua suola che s'appoggiava pianissimo al pavimento, come per produrre il minimo rumore. Nella stanza c'era un lezzo di muffa al limite dell'insopportabile, il silenzio assordante però, era stato improvvisamente rotto da un urlo. Subito Likanjel schizzò al piano di sopra, da dove proveniva il rumore e puntò il fucile sulla preda scovata: era il corpo inginocchiato di un bambino Ishvalàn che teneva in lacrime tra le braccia la salma di una bambina, probabilmente, a giudicare dalle condizioni, appena morta dissanguata. Maria Ross era subito accorsa, e il bambino le stava supplicando di ucciderlo, che ormai non aveva più ragione di vivere: ma Likanjel non ne aveva intenzione, non sapeva se per codardia o per incapacità fisica dell'uccidere (obbiettivo a cui non era mai stata preparata). Sembrava solo aspettare che Maria Ross premesse il grilletto, per poi rendersi conto che anche lei si stava aspettando la stessa cosa dalla compagna. Allora Likanjel gettò il fucile a terra e prese per il braccio il bambino, trascinandoselo di sotto in una disperata fuga, tra i vetri rotti da calpestare e gli Alchimisti di stato da fronteggiare. Maria Ross la inseguì con il fucile puntato su di lei, ma non sparò mai. Sparò un altro Alchimista, appena usciti dall'edificio, lasciando a Likanjel un braccio sanguinante. Riecheggiò un altro sparo, e il carnefice di quella ferita cadde a terra, morto: era stata Maria Ross.

    ...

    - E per questo che porto un automail, signor Elric.
    Finì di raccontare Likanjel, la Likanjel di anni dopo. In una affollata città, in una rinomata officina, una ragazzina di nome Winry aveva avuto modo di sistemarle il braccio meccanico, e il giovane che diceva di essere l'Alchimista d'Acciaio era riuscito a farsi raccontare un'altra orribile esperienza di un'Alchimista di Stato a Ishval.

    - Grazie, signorina Winry, sembra come nuovo.

    Commentò non lasciando trasparire nel suo tono alcuna emozione, come al suo solito. Il giovane dagli occhi dorati invece, non sembrava per nulla scosso da quel racconto, sembrava che per lui fosse stata solo un orribile conferma. Anche Likanjel era venuta a sapere della sua storia, della sua ricerca per la pietra e dell'amore per il fratello. La Voskresenskaya non era stata in grado di dare lui alcun suggerimento, ma lo lasciò con questa frase.

    Alchimista d'Acciaio, lei è troppo coraggioso per essere un Alchimista di Stato.

    Pagò e uscì, rattristata dall'aver risvegliato quelle traumatiche memorie.

    Il fandom è Full Metal Alchemist Brotherthood, Amestris (inteso come stato) fa parte di questo universo. Cioè volevo evitare fraintendimenti per il nome X)


    Edited by Likanjel Greyjoy - 10/1/2022, 22:27
     
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    Titolo: Regina di Meereen
    Autore: Claire E. Wilson
    Personaggi: Claire Targaryen, Alec Targaryen (Dead), Phedre Maz Duur (Dead), Dakarai, Connor Mormont, Lilith di Naath e Derek Naharis




    Avanzava con passo deciso sul promontorio, appena fuori dalla gloriosa città di Meereen. I saldali in pelle lasciavano orme sul polveroso e roccioso sentiero, insieme a quelli di una decina d’Immacolati portati con sé come scorta. La veste cerulea, leggera e delicata nel tessuto, aderiva perfettamente al minuto corpo animata dalla brezza che proveniva dal mare. Si respirava salsedine, sfiorando appena la nuda pelle e solleticando il pallido incarnato. Quei occhi ametista si specchiavano nel limpido cielo e secondo i più esperti marinai della città presto si sarebbe sollevato da ponente un vento favorevole alla navigazione. La chioma risplendeva come argento fuso al contatto con le prime luci del mattino. In lontananza si potevano notare le torce ancora accese intorno alla cinta muraria della città, per rischiarare le ombre della notte. Il fuoco del faro ardeva come sempre, rendendo Meereen uno dei migliori porti a Nord della Baia degli Schiavisti. Un nome che per volere della Regina, per suo volere dunque era stato bandito. Quel fiorente golfo sarebbe passato alla storia come la Baia dei Draghi.
    Improvvisamente una fulminea ombra attraversò l’intero promontorio. Seguita da altre due. Tre grossi esemplari di Drago sorvolavano il mare aperto, sfiorando con i loro artigli e le corazzate code le vele della flotta Targaryen. Tessuto nero con dragone scarlatto, capace d’incutere timore a miglia di distanza e scoraggiare qualsiasi attacco da parte dei pirati. Ruggiti che si diffondevano nel porto, coprendo perfino il richiamo del mare e l’urlo del vento. Un omaggio alla loro Madre, terrorizzando molti dei commercianti e marinai che faticavano ancora a credere nella loro esistenza. Ad Essos erano solo leggende, mai visto un esemplare tanto grande ed in salute da secoli ormai. Erano motivo d’orgoglio per l’ultima dei Targaryen, facendo comparire un sorriso a fior di labbra nel notare quanto si divertissero insieme i tre draghi inconsapevoli che la guerra fosse alle porte.
    La brezza animava le vesti, mettendo in risalto il giovane seno e le curve del fianco. Con le mani manteneva il mantello foderato di velluto sulle spalle, temendo di perderlo. La cascata di capelli argentei, tratto caratteristico della sua dinastia, ricadevano sullo scuro mantello. Le iridi ametista si soffermarono sulla flotta degli schiavisti, che veniva pian piano riempita di viveri per affrontare un lungo viaggio fino a Westeros. Lì dove ad attenderla c’era il suo trono, il Trono di Spade.

    Regina Claire, ne è davvero sicura?

    Un uomo alto, pelle arsa dal sole e viso dipinto con i segni dei Dothraki interruppe il silenzio. Lo sguardo della Madre dei Draghi si soffermò su colui che dal primo giorno aveva scelto di amarla e servirla. Anche quando era stata venduta come una giumenta al suo Khal e assolveva al compito di sorvegliarla ed impedirle ogni tentativo di fuga. Un ingrato compito, tanto che la Targaryen aveva creduto di odiarlo quando si era ritrovata sola ed abbandonata in una terra di selvaggi. Alla fine aveva trovato in lui il suo più fedele alleato. Era sempre stato lì, con il volto onesto e la gioia di un puledro che conosceva per la prima volta il mondo. Perduti nella Desolazione Rossa non aveva mai smarrito la speranza, credendo in lei anche quando il popolo Dothraki sacrificava i loro stessi cavalli per sfamare i bambini e dopo giorni e giorni di marcia senza scorgere la terra promessa.

    È sempre in tempo per cambiare idea.

    Sono nata per questo giorno.

    Ricordati chi sei.

    Chi sei?

    [ … ]


    Il fuoco divampava. Le urla della strega, Phedre Maz Duur, riecheggiavano nella desolata landa. Lì dove ciò che rimaneva del khalasar si era riunito per commemorare l’ultimo Khal, suo marito che era stato avvelenato dalla misteriosa donna. Si era presentata come un’amica ed era stata così ingenua da ascoltarla, tanto da sacrificare il suo stesso figlio pur di riavere l’uomo che amava. Un tragico epilogo per una triste storia. Quell’amore che bruciava nella tenda della khaleesi ogni notte li aveva consumati. Ed ora si ritrovava con il cuore infranto e senza più un futuro. Lei che aveva sacrificato tutto, per amore. Lei che era stata venduta dagli alleati del debole fratello, Alec Targaryen, con la promessa del Trono di Spade. In quelle lande desolate, insieme ad un popolo di selvaggi, si era sentita davvero felice. Ed ora, insieme alla sua eredità, le tre uova di drago, desiderava bruciare come tutto il resto.
    Dakarai aveva provato a trattenerla, ma alla fine aveva dovuto ubbidire agli ordini della sua khaleesi. Desiderava morire insieme all’uomo che amava. Nello stesso fuoco della passione, in cui l’astuta e potente strega stava bruciando. Le sue ceneri si sarebbero sparse insieme a quelle del marito nella landa rocciosa. Sposa del sangue e consumata dalla vendetta. Si privò delle leggere vesti ed entrò nuda nella pira, con quei tre sassi. La sua dote, cimeli perduti. Uova di Drago che non avrebbero mai più rivisto la luce. Era egoista in quella scelta, sancendo la fine di un’intera dinastia. Eppure era serena.
    Si abbandonò a quel caldo abbraccio. Ma non bruciò come sperava. Mentre le donne si agitavano ai piedi della pira e gli uomini intonavano un laconico urlo per omaggiarla, percepì qualcosa di diverso. I Targaryen erano immuni alle fiamme, eppure quando i Dothraki avevano versato oro liquido sulla testa di Alec il viso si era sciolto come neve al sole portandolo a morte tra atroci sofferenze. Desiderava una fine gloriosa, per lei dai nobili natali. Quel fuoco l’avvolgeva. I capelli non bruciarono come quelli della strega. Non percepiva dolore. Era forse un sogno?
    Rannicchiata tra le braci della pira si ritrovò confusa. La confusione si tramutò in sorpresa quando i tre oggetti che portava con sé iniziarono a vibrare. Le alte temperature crearono una breccia nei gusci pietrificati. Vistose crepe percorrevano i tre oggetti, che dopo secoli non avevano perso la magia della vita. Dei musi da rettili fecero capolino, non affatto intimiditi dalle fiamme. Anzi spalancavano le grosse fauci per nutrirsene, come se fosse una preziosa linfa vitale. Liberatosi delle affilate schegge delle uova, iniziarono ad arrampicarsi sul suo nudo corpo. Gli artigli non le provocavano dolore, ma solo la familiare sensazione di un bambino che cercava il seno. Socchiuse gli occhi per ricordare quel bambino che aveva da pochi giorni perso, una vita ormai perduta.
    Quando le fiamme si dissiparono si rese conto di essere rinata in nuove vesti.

    Claire, la non bruciata e Madre dei Draghi!

    Qualcuno osò proferire parola, superato il momento di shock iniziale nel ritrovare la khaleesi sana e salva, e con tre giovani esemplari di Drago. La donna dai capelli argentei si sollevò in piedi, avvertendo la difficoltà di Viserion nel risalire la sua gamba, la curiosità di Rhaegal nell’esplorare il seno ed il tenue ruggito di uno sfrontato Drogon nel mettere in riga i Dothraki restando a fatica in equilibrio sulla sua spalla. La Targaryen aveva già deciso i loro nomi, ricordando i racconti dei Draghi all’epoca del loro dominio sul continente occidentale. Alcuni li aveva sentiti proprio da Alec, ancor prima di venir sciolto nell’oro a causa della sua debolezza ed inettitudine al comando. D’animo troppo gentile e così estraneo ai giochi di potere. Eppure rinata dalle fiamme, sperava di poter realizzare anche il suo sogno e restaurare l’intera dinastia sul trono dei sette regni di Westeros.

    Claire, la non bruciata e Madre dei Draghi!

    Con sorpresa riconobbe la voce di Connor Mormont, colui che aveva giurato di proteggerla e tenerla al sicuro nel continente Orientale. Un fedele servitore ed un ottimo amico. Al fianco di Dakarai, c’era proprio lui nella sua armatura scintillante dell’Isola dell’Orso. L’intero khalasar era in ginocchio, in procinto di adorarla come una dea.

    Chi sei?
    Claire Targaryen, nata dalla Tempesta, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, La non-bruciata e Madre dei Draghi!


    [ … ]



    Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa!

    Fuori dalle porte di Yunkai, tra le pareti rocciose che circondavano l’oasi su cui sorgeva la città, riecheggiava la voce di migliaia e migliaia di schiavi. Le loro mani sollevate al cielo, prive finalmente di catene, uniti in un accorato coro in onore di chi aveva lottato per i loro diritti. Mai nessuno aveva rivolto loro attenzione, gli invisibili. Nessuno aveva dato voce ai loro bisogni. Venduti come merce e condannati ad una vita di stenti ed umiliazioni. Molti di loro nemmeno conoscevano la libertà, respirando quella nuova vita a pieni polmoni e con un pizzico di paura. I Saggi Padroni erano stati sconfitti, spezzando finalmente le catene.
    La Targaryen aveva suggerito a Lilith di Naath, l’unica capace di tradurre le sue parole nell’idioma locale, di riferire al popolo di schiavi che potevano riprendersi la loro libertà e non che fosse l’ennesima Padrona da servire. Un annuncio che aveva sortito una reazione inaspettata. Tutti, dai più piccoli ai più grandi, continuavano a pronunciare quella parola con insistenza. Lacrime agli occhi e mani protese verso la sua veste. Si ergeva su un promontorio, per poter ammirare le centinaia e migliaia di schiavi che quel giorno erano stati liberati. Lei stessa tratteneva l’emozione. Lo sguardo ametista cercò quello chiaro della rossa, diventata amica e confidente in così poco tempo. Si era fidata di lei fin da subito. Una delle schiave da letto, addestrate nella "Via dei sette sospiri" fin dalla tenera età e sottratta dalla sua terra natia troppo presto. Aveva conosciuto solo violenza e dolore da quando aveva memoria. All’inizio aveva provato pietà per lei, convincendo i Padroni della città a vendergliela, ma poi aveva trovato una risorsa in lei. Intelligente, vivace e sfrontata quando serviva. L’aveva salvata da un destino ben peggiore, visto che il suo padrone progettava di venderla ad un gruppo di fanatici che adoravano il Dio della Luce. Forse desideravano renderla una sua sacerdotessa, dopo averne fiaccato lo spirito, o peggio bruciarla viva per onorare il loro Dio. Un destino che Lilith non doveva più temere, anche perché era entrata nelle grazie della Targaryen, oltre che a sentirla tanto vicina. La prima ed unica amica che avesse mai avuto.

    Che significa?

    Madre. Significa Madre.

    Le sorrise con riconoscenza. Se non ci fosse stata Lilith nemmeno sarebbe riuscita a rivolgersi agli schiavi che aveva appena liberato. Cercò la mano della ex-schiava, quasi per mostrare che tra lei e la nativa di Naath non ci dovesse essere così tanta differenza. Mandare un messaggio ancora più forte alla platea che li stava osservando, ancor di più agli schiavisti sconfitti.
    Poi decise di abbandonarsi alla folla, fiduciosa. Era come se volasse, con le ombre dei tre Draghi che sorvolavano la città di Yunkai. Il viso illuminato dal sole, la chioma argentea che si muoveva con il suo corpo che passava di mano in mano, e le iridi ametista che si specchiavano nel limpido cielo.

    Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa! Mhysa!

    Chi sei?
    Claire Targaryen, nata dalla Tempesta, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, La non-bruciata, Madre dei Draghi, Mhysa e Distruttrice di catene!


    [ … ]



    Quando aveva autorizzato i Grandi Giochi nella Fossa di Daznak a Meereen, aveva pensato che rispettare le tradizioni del suo popolo potesse essere un passo in avanti per le resistenze politiche che stava trovando nell’amministrare la città. Dopo la sua conquista, ed essersi insediata nella Piramide centrale, lì dove c’era il trono, aveva faticato a trovare un equilibrio tra i suoi Dothraki, Gli Immacolati, gli schiavi liberati ed i cittadini di Meereen. Un popolo così eterogeneo, spesso in contrasto per usi e vedute. Difficile contenere il selvaggio popolo di Dothraki, abituati ad essere nomadi e vivere le loro vite in sella ad un cavallo. Alcuni ex-schiavi offrivano ancora i loro servigi, ma concordando una paga minima a causa dell’editto emanato con la caduta della Baia degli Schiavisti che vietava la schiavitù. Gli Immacolati spesso erano bersagliati dai cittadini di Meereen, considerandoli come invasori. Riluttante aveva acconsentito alle sanguinose lotte nell’Arena di Daznak, con il benestare dei suoi consiglieri e sollecitata dai Saggi Padroni.
    Non immaginava però di ritrovarsi una lama puntata alla gola. Un Figlio dell’Arpia, il movimento di ribelli che da mesi scuoteva la città di Meereen e creava massacri di Immacolati tra le strade, si avvicinava minaccioso alla Regina. Il viso coperto da una maschera, la stessa che aveva tirato giù dalla Piramide sostituendola con l’effigie dei Targaryen. La lama splendeva alla luce del sole, mentre la folla intorno a lei si agitava. Non riuscì a trattenere il terrore. Labbra schiuse ed iridi ametista puntate contro l’uomo che stava per prendere la sua vita. Aveva fatto così tanto per arrivare fino a lì, essere incoronata Regina di una terra straniera con la speranza di tornare a Westeros per reclamare il Trono di Spade. Morire per mano di un ribelle. Un brutto gioco del destino.
    Qualcosa di caldo le colava lungo il viso. Aveva chiuso gli occhi, non riuscendo più a sostenere la vista della morte. Non avvertiva alcuna fitta, o dolore. Quando riaprì gli occhi notò con orrore misto a sollievo che il petto del traditore era stato trafitto da una lancia. Poco dopo comparve dietro al cadavere il viso serio di Derek Naharis, a capo di un gruppo di mercenari chiamato Secondi Figli, che aveva assoldato qualche anno prima durante la conquista della città di Yunkai. Tutti le avevano consigliato di diffidare di un mercenario, eppure nonostante Derek avesse fiuto per gli affari le era sembrato onesto e ligio all’impegno che aveva stipulato con la corona. Un prezioso supporto agli Immacolati, oltre che valido alleato in quel gioco di trame e tradimenti. Tirò un sospiro di sollievo quando costatò che il sangue che le macchiava il viso e l’abito bianco non era suo.

    Regina, di qua!

    Lilith? Dove sei?

    Sono qui!

    Non c’è tempo. Bisogna portare in salvo la Regina!

    Fu trascinata di peso dal mercenario per metterla in salvo, seguita da una coraggiosa Lilith che era disposta ad imbracciare una lancia se fosse stato necessario a proteggerla. Sia Connor che Dakarai stavano fronteggiando gruppi di traditori sugli spalti. Avvertiva intorno a sé il clangore delle lame, le urla della battaglia, gli ultimi respiri dei morenti, il terrore degli spettatori ed il trionfo degli schiavisti. Tra le labbra avvertì uno sgradevole sapore, quello della sconfitta. Aveva provato ad amministrare il suo Regno nella Piramide di Meereen, venendo incontro ai suoi sudditi ed assecondando perfino di imprigionare i propri figli. In quel momento malediceva se stessa e chiunque le avesse suggerito di tener sottoterra i suoi Draghi.

    Fino alla fine! Disponetevi a protezione della Regina!

    Immaginava che la sabbia dell’Arena di Daznak avrebbe ben presto assorbito il suo sangue. Il sangue di colei che era Nata dalla Tempesta e destinata a diventare Regina degli Andali e dei primi uomini. Era stata così vicina alla morte così tante volte, eppure non si sentiva ancora pronta per lasciarsi andare. Desiderava mantenere la promessa fatta ad Alec e ripagare i suoi servitori della fedeltà dimostrata.
    Poi improvvisamente un ruggito.
    Drogon era tornato. Non tutto era perduto.

    Chi sei?
    Claire Targaryen, nata dalla Tempesta, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, La non-bruciata, Madre dei Draghi, Mhysa, Distruttrice di catene e Regina di Meereen!


    [ … ]



    Ricordati chi sei.

    Dakarai, ha ragione. Ricordati chi sei qui.

    Si era assentata solo per qualche secondo, ma era come se avesse ripercorso anni dalla sua giovinezza fino a diventare regina. Lo sguardo ametista si spostò dalle piramidi di Meereen, che svettavano con le punte dorate e brillavano colpite dalla luce del mattino, al viso di Lilith. Ormai non percorreva passo senza essere seguita dalla ex-schiava, diventata sua consigliera. L’unica amica che avesse mai avuto, per una Targaryen nata sola e costretta a sopravvivere in un continente ostile.
    L’Essos era selvaggio, ricco di contrasti ed a volte duro. Ben diverso dai sette regni del Westeros, conosciuto solo grazie ai racconti del fratello. Si rese conto di non conoscere affatto il regno su cui era destinata a governare. Per diritto di nascita doveva dominare l’intero Continente Occidentale, in quanto la legittima erede del Trono di Spade. Al di là del Mare Stretto ad attenderla c’erano temibili nemici e spietati assassini. Nulla che non potesse davvero affrontare. Era sopravvissuta all’Essos e non aveva mai perso la speranza, confidando nelle persone di cui aveva scelto di fidarsi. Ad attenderla c’era solo una guerra. Morte e dolore per il suo popolo ed i suoi alleati. Non era detto che riuscisse a spuntarla in quel gioco di troni. Inoltre la città di Meereen continuava ad avere problemi amministrativi, la rivolta dei Figli dell’Arpia aveva portato con sé strascichi ed il governo di Astapor era stato rovesciato da un autoproclamato Imperatore. Il suo cammino nel Continente Orientale non si era ancora concluso. Ma era davvero pronta a rinnegare il suo destino?

    Non posso rinnegare il mio destino.

    Sicura che sia il tuo destino? E non quello che qualcun altro ha scelto per te?

    Lontana dalla città e davanti ad una ristretta cerchia di fedelissimi, Lilith di Naath poteva abbandonare ogni formalità proprio come quando ogni sera le spazzolava i capelli in camera.

    Chi sei davvero?

    Claire Targaryen… la legittima Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini.

    Chi sei qui?

    La Regina di Meereen!

    Era così ostinata nel raggiungere un obiettivo che aveva perso di vista perfino sé stessa. Aveva avuto la risposta sotto al naso per tutto quel tempo. Forse non valeva davvero la pena affrontare una guerra, mettere in pericolo il suo popolo ed abbandonare le terre che aveva conquistato per un’utopia. Lei ormai apparteneva all’Essos.

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    Chi sei?
    Claire Targaryen, nata dalla Tempesta, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, La non-bruciata, Madre dei Draghi, Mhysa, Distruttrice di catene e Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini Regina di Meereen


    Ho deciso di sfruttare la cornice di Games of Thrones di George R. R. Martin.
    Ho preferito seguire l’Ambientazione dei Libri e non quella della Serie Tv, per esempio i Targaryen non sono biondi con occhi azzurri ma chioma argentea e occhi ametista.

    Mi sono divertita ad introdurre i PG di AH in avvenimenti narrati nell’opera di Martin. In particolare vengono narrate quattro scene sulla vita di Daenerys Targaryen: La partenza verso il continente Occidentale, la morte di Khal Drogo, la liberazione degli schiavi di Yunkai e la rivolta dei Figli dell’Arpia a Meeren.
    Gli avvenimenti sono fedeli all’opera ma i PG, seppur calzano le vesti dei PG di GOT, hanno mantenuto il loro carattere, punti di forza e debolezza. L’idea mi è venuta leggendo un articolo sulle motivazioni che hanno portato la “caduta di Daenerys” considerata come una tiranna invasore nel Westeros e una grande regina nel Essos (purtroppo ho perso il link altrimenti lo avrei riportato volentieri).

    E mi sono chiesta: E se Daenerys non fosse mai partita per Westeros?

    Claire (as Daenerys Targaryen): Non è mai partita per il continente occidentale ed è rimasta in Essos fondando una nuova dinastia di Targaryen nella Baia dei Draghi.
    Alec (as Viserys Targaryen): Non ha mai venduto sua sorella ai Dothraki, o almeno non per sua volontà. Non c’era posto per lui un modo pieno d’intrighi e spietato come quello di Essos.
    Phedre (as Mirri Maz Duur): Ho avvelenato con erbe ed intrugli velenosi Khal Drogo per vendicare il suo popolo. Viene arsa viva sulla pira funebre del Khal.
    Dakarai (as Dothraki Warrior): L’unico davvero innamorato di Daenerys e che veste i panni di Jorah Mormont ma con origini diverse.
    Connor (as Jorah Mormont): Tradirà i Mormont per affetto verso Daenerys e combatterà al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni.
    Lilith (as Missandei): Scaltra ed intelligente come Missandei ma non avrà mai il suo carattere mite e prudente.
    Derek (Daario Naharis): Meno cinico e borioso di Daaris ma con un buon fiuto per gli affari. Non s’innamorerà di Daenerys ma la seguirà per affetto ed onorare la promessa fatta.
     
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    Titolo: Verso Mordor
    Autore: Jade Queen
    Personaggi: Jade (in versione elfica), Orco


    Passo dopo passo.
    Il vento gelido le sferzava il volto.
    Le nubi si erano addensate sulla sua testa ad una velocità che le era sembrata impressionante, ma più che normale in quelle terre alte e desolate.
    Almeno questa era l’impressione che ne riceveva ad ogni passo che, pesante, portava avanti sulla salita sdrucciolevole.
    Un sasso rotolò giù ed il suo sguardo lo seguì, fino a quando il sasso trovò il nulla su cui rotolare e precipitò.
    Non udì alcun suono.
    Il crepaccio era profondo e lei lo sapeva bene.
    Erano ore che si inerpicava in su.
    Senza voltarsi.
    Senza parlare.
    Ma Minas Morgul, la loro destinazione, sarebbe stata anche peggio.
    Passo dopo passo.
    seguiva lo svolazzare scomposto del manto della guida e coprendosi il volto con la mano grezzamente guantata.
    Respirava a fatica: non era abituata a quel tipo di sforzo e all’altitudine.
    E dopo tutto quello che era successo non vedeva l’ora di trovare un rifugio.
    Un posto riparato in cui scaldarsi.
    Le mani principalmente.
    Ed il suo cuore.
    “Semmai ci riuscirò ancora…”
    Manca ancora molto… non rallentare il passo! a voce bassa e greve dell'orco la riscosse dai suoi pensieri.
    Non poteva permettersi il lusso di esitare, di soffermarsi a pensare.
    Doveva solo andare avanti.
    Passo dopo passo.
    Come aveva fatto a ritrovarsi lì?
    Era arrabbiata!
    Infuriata con se stessa, con la sua ingenuità.
    Con le circostanze che l’avevano portata lì senza che lei lo volesse.
    Ma è veramente così? O non sono stata forse io a spingere gli eventi in questa direzione?
    Aveva un vita che in molti avrebbero definito perfetta.
    Era giovane, bella ed intelligente.
    E forse era stato proprio quello il guaio!
    Aveva avuto troppo.
    Allora ti muovi? lo strattone che l’aveva tirata, ferì i suoi polsi, saldamente legati da corde e lacci che temeva essere stati incantati.
    Evidentemente non volevano rischiare di perdere la loro preda. Saruman era stato previdente.
    Non che avesse la forza per liberarsi. Il potere di Sauron stava crescendo e ciò aveva le sue conseguenze per la sua razza
    Ma evidentemente non volevano correre rischi.
    Non mi troveranno mai in questo inferno…

    Passo dopo passo.
    Voglio uscire da qui! erano le ultime parole che il suo precettore aveva udito da lei.
    Era stata accontentata.
    Solo che bisognerebbe stare attenti ai desideri che si vuole far esaudire.
    Avrebbe dato qualunque cosa al mondo per tornare indietro.
    O forse no?
    In fondo una parte di lei era felice di essere lì.
    Di vedere altro.
    Oltre al suo mondo perfetto e dorato, Lothlòrien.
    Avrebbe dovuto dire la sua prigione.
    Molto più appropriato come termine.
    In fondo non aveva già fatto la sua scelta?
    Le era stato permesso di scegliere… in un certo qual modo.
    Per questo ora si trovava là.
    Passo dopo passo.
    Sentiva il peso del suo corpo, affondare nella terra molle.
    Già dopo i primi passi gli stivali si erano inzuppati nella melma che era diventata quella parte della Terra di Mezzo.
    Pioveva da giorni.
    La pioggia ora scendeva copiosa, resa ancora più insidiosa dal vento, che non aveva smesso un attimo di schiaffeggiarli con le sue raffiche taglienti.
    Un artiglio gelato le attanagliava i piedi.
    E lo sforzo di muovere le gambe, tirale fuori e fare un nuovo passo era sempre più faticoso.
    E respirare era sempre più faticoso.
    Non pensava che potesse essere così...
    Era questo che si provava appena nati?
    Era per questo il pianto liberatorio?
    Per quel respiro così faticoso da tirare fuori dai polmoni?
    Non sapeva se fosse così, ma era quello che provava, con l’aria sempre più rarefatta, con quel vento che le impediva di prendere l’ossigeno necessario al suo corpo, con quel peso nel cuore che la vicinanza dell'Occhio rendeva sempre più pesante.
    Era allo stremo delle forze.
    Ancora una volta cadde in terra.
    Preferisco rimanere qui piuttosto che rialzarmi ancora…
    Ma l'orco la strattonò per tirarla in piedi.
    Non sapeva se aveva più dolore alle gambe o ai polsi, martoriati dai continui strappi che quell'essere immondo le aveva dato per spingerla a continuare il loro cammino.
    Eppure anche da quella bocca fetida uscirono delle parole di speranza.
    Siamo arrivati! erano le uniche che avrebbero potuto convincerla ad alzarsi di nuovo.
    Quello che i suoi occhi videro appena il vento concesse una pausa tra le trame fitte di vento e pioggia, nel buio che li circondava, fu uno spettacolo che era impossibile da descrivere ad un occhio umano.
    Mordor
    Rialzò il capo, fiera.
    Ora l'attendeva il passaggio più difficile.
    Non voleva affrontarlo a testa china.
    I lunghi capelli ramati, i lineamenti delicati e regali, gli occhi scuri e penetranti.
    Il cuore era pesante. Aveva ragione il loro Re Elrond: il regno di Sauron per gli Elfi sarebbe stata la fine.
    Tanta oscurità non era sopportabile.
    Ma lei l'avrebbe sopportata.
    L'anello è in viaggio
    Altri l'avrebbero protetto ora.
    Lei doveva fare solo una cosa.
    Mantenere il segreto, non fornire alcuna notizia che potesse ricondurlo agli hobbit.
    Rabbrividì e seppe che una volta entrata là dentro non ne sarebbe uscita viva.
    Per Frodo!

    Versione riveduta e corretta della mia Jade. Era indecisa tra una guerriera di Rohan e una Elfa. Ho scelto la seconda. Ho sempre avuto un deboli per gli Elfi 😍
     
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    Tempesta VI Anno
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    Titolo: Il regno di Nettuno
    Autore: me (con base la saga di K.A. Applegate)
    Personaggi: Declan, Cristopher, April, Jalil e Senna.

    Aprì gli occhi di scatto, il costante movimento oscillatorio sotto di sé era sparito, così come il rumore della risacca delle onde contro lo scafo dell'imbarcazione; i respiri che per tutta la notte gli avevano tenuto compagnia- anche se sarebbe stato più giusto ammettere che lo avevano infastidito e basta- si erano quietati all'improvviso, lasciandolo finalmente solo. E quello che adesso fissava non era più un cielo disseminato di stelle, ma un soffitto alto e anonimo, immerso nel buio. Riconobbe la propria stanza, dell'abitazione che a Limerick condivideva con i suoi genitori...ma se un tempo avrebbe provato nostalgia di quel luogo e desiderato con tutto sé stesso di non doversi più svegliare altrove, adesso le cose stavano diversamente. Scostò il piumone, lasciando che il tepore si disperdesse, e sedendosi sul letto...non aveva bisogno di accendere la luce affinché i suoi occhi, già abituati all'oscurità, riconoscessero il profilo degli oggetti e della mobilia che occupavano quegli spazi. Per un attimo fu tentato di raggiungere la camera di suo padre e sua madre, aprire la porta e dare solo una sbirciata all'interno, così da scorgere i loro profili immobili e silenziosi mentre dormivano, e magari serbare quel ricordo per quando fosse tornato ad Everworld. Ma poi si disse che non doveva. L'indomani, per loro non sarebbe cambiato nulla...loro avrebbero continuato a guardare il proprio figlio crescere, andare a scuola, svolgere, insomma, tutte quelle azioni quotidiane e ripetitive, giorno dopo giorno. Ma per lui, invece, sarebbe cambiato tutto. Anche se sentiva che quello non era più il suo posto, né la sua vita, sapeva che avrebbe fatto fatica a tornare indietro...molto meglio lasciare le cose così come stavano, accontentarsi dei ricordi e cercare di dormire il minimo indispensabile nel mondo parallelo, così da non dover finire troppo spesso nel Mondo Reale. Il suo mondo, Limerick, casa sua.
    Adesso svegliati, svegliati, svegliati subito!
    Le labbra si muovevano frenetiche, tutti i pensieri erano concentrati su ciò che aveva lasciato dall'altra parte, su quello che lo attendeva e che non poteva rimandare. A di là di quelle mura c'era un mare sconfinato, degli dei in attesa di aiuto, e Ka Anor con i suoi Hetwan da dover affrontare e, possibilmente, distruggere una volta per tutte. Si sentì scuotere con forza e lentamente le pareti della sua stanza gli si chiusero addosso, tutto prese a vorticare e finalmente riaprì gli occhi, ma questa volta lì dove doveva essere...accanto a lui, Jalil lo guardava con la fronte aggrottata e lo sguardo colmo di biasimo.

    Avevamo detto di rimanere svegli.

    Asserì, mentre le sue dita affusolate ed energiche gli si artigliavano sulla spalla; gli altri membri del gruppo riposavano ancora. Christopher ed April, per la precisione...ma non Senna, lei era sempre vigile; se ne stava in disparte, gli occhi grigio ghiaccio puntati davanti a sé, come riuscisse a scorgere qualcosa che gli altri non potevano vedere. Non doveva mancare molto, ormai, all'arrivo. Che poi, dov'era precisamente che sarebbero attraccati? Erano giorni che vagavano senza una rotta precisa a bordo di una trireme, nel disperato tentativo di seminare l'esercito degli Hetwan, dopo essere approdati sulle loro terre ed esser stati costretti alla fuga. Se non altro, adesso conoscevano le sembianze del nemico...una magra consolazione, certo, soprattutto vista la loro maggioranza numerica e la capacità di volare, grazie a delle ali attaccate sul dorso. Gli orribili occhi da mosca, poi, e il corpo tozzo da nano, gli conferivano un aspetto a dir poco disgustoso.

    E' stato solo un attimo. Sono sveglio adesso.

    Replicò in tono duro al suo compagno di viaggio, scrollandosi di dosso la sua mano e rimpiangendo di non aver assaporato qualche minuto di più quel momento d'intimità nella propria camera a Limerick. A mano a mano che passavano i giorni, infatti, i ricordi di quel mondo diventavano sempre più sbiaditi ed era difficile ricollegarsi ad esso nei sempre più radi momenti in cui gli era concesso tornarvi. Ma questo, naturalmente, valeva per ciascuno di loro. Sembravano trascorsi secoli, ormai, da quando il dio della distruzione, Loki, era giunto dal mondo parallelo per prelevarli e trascinarli in quella macabra avventura, portandoli a conoscenza di Everworld e spiegando loro che quel mondo, creato secoli addietro dagli dei e per gli dei, adesso versava in uno stato di pericolo, poichè una divinità aliena, chiamata Ka Anor, intendeva impadronirsene, usando i propri poteri per ucciderne gli abitanti; all'inizio, non aveva saputo spiegarsi il motivo del perché la scelta fosse ricaduta proprio su di loro...su di lui!
    Ma poi, avevano scoperto che non c'era stato niente di casuale, a partire dal fatto che Senna non era una semplice ragazzina...possedeva poteri soprannaturali e rappresentava il passaggio tra il mondo reale e il mondo parallelo. E così, si era servita di loro per i propri scopi: Cristopher era un impavido, un coraggioso...ed era innamorato di lei, perciò avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto, anche battersi fino alla morte per difenderla. April era una persona onesta, e la sua passione per i canti e la conoscenza quasi ossessiva della religione li aveva più volte aiutati in situazioni difficili; Jalil...lui era la mente logica del gruppo. E per quanto riguardava lui, era l'unico appassionato di Storia, antica o moderna che fosse...insomma, ognuno di loro possedeva una caratteristica che Senna era stata in grado di sfruttare, prima fra tutte la conoscenza del mondo reale. Continuò a fissarla, conscio di quanto poco ancora la conoscesse, sebbene avessero sempre frequentato la stessa scuola...ma in vero, non conosceva bene nessuno di loro; eppure, adesso in qualche modo erano legati e utili l'uno all'altro, in maniera quasi indissolubile.

    Che sta facendo?
    chiese
    Muove la barca. In assenza di vento, è la sola in grado di farlo

    rispose Jalil, come se fosse una cosa del tutto normale. E in effetti, ad Everworld, non era facile stabilire cosa lo fosse e cosa no...tutto era possibile, soprattutto quello che non si riusciva ad immaginare tale!
    All'improvviso l'imbarcazione subì una scossa che la fece ondeggiare in modo pericoloso; perfino Cristopher, che russava incurante di ogni rumore, si svegliò di soprassalto, insieme ad April, subito agitata...solo Senna pareva rimasta impassibile e per Declan, che stentava ogni volta a fidarsi di lei, fu facile accusarla di quanto accaduto.

    Che stai facendo?!

    Le inveì contro, mentre le onde dell'oceano s'ingrossavano e la barca cominciava a vorticare su sé stessa.

    Io?
    rispose, con voce stupita, quasi risvegliandosi da una catarsi
    Proprio niente. Ma vi consiglio di tenervi pronti.

    Aveva l'innata capacità di far sembrare innocente ogni parola pronunciata dalla sua bocca, anche quando non lo era affatto.

    Pronti per cosa?
    suo malgrado, non riuscì a nascondere l'astio nella propria voce
    Pronti per cosa??!

    Forse credeva che, facendosi più aggressivo, lei avrebbe chiarito i suoi dubbi? Niente di più falso. Senna gli restituì solo il silenzio, rotto dal rombo di un tuono lontano...il cielo sopra le loro teste, dapprima terso, s'incupì progressivamente, riempiendosi di nubi grevi e più nere dell'oscurità. L'imbarcazione cominciò ad esser risucchiata all'interno del vortice che, come un abisso profondo, si stava aprendo in mezzo all'acqua...non era più tempo di parlare, o di lanciare accuse. Un'onda travolse la barca, e poi un'altra ancora, spezzando prima i remi, poi l'albero con la vela ammainata, e infine l'intero scafo...quando il suo corpo affondò nell'acqua gelida, Declan sentì il respiro venir meno e gli parve che la pelle fosse trafitta da mille aghi; gli bruciava la gola, a causa del sale, e aveva un gran bisogno di prendere aria...ma se avesse ceduto all'impulso, non è di questa che si sarebbero riempiti i polmoni, bensì di acqua salata, facendolo annegare. Negli ultimi istanti di lucidità del suo cervello, pensò che se fossero stati nel mondo reale avrebbero anche potuto cavarsela, anzi l'assurdo sarebbe stato trovarsi su un’imbarcazione d'invenzione romana! Ma in Everworld non esisteva alcuna tecnologia...e per quanto lo entusiasmasse toccare con mano oggetti di cui poteva leggere solo sui libri, al momento non era affatto contento di come si erano messe le cose. Annaspò, alla ricerca di un appiglio, trovandolo nel timone della barca che galleggiava, spezzato, a pochi metri da lui; quando riuscì finalmente ad inspirare con tutta la forza che aveva, si accorse che i suoi compagni non erano accanto a lui. Avrebbe voluto gridare, chiamare i loro nomi, ma l'affanno che ancora scuoteva il suo petto glie lo impedì. E quando ormai credeva che il peggio fosse passato, si sentì trascinare con forza di nuovo sott'acqua, ma stavolta il buio lo avvolse e il viaggio nelle profondità marine sembrò durare secoli...quando riaprì gli occhi, il mondo che lo circondava riluceva di riflessi azzurri e bianchi, alte costruzioni di corallo svettavano verso l'alto, fin quasi a sfiorare la superficie dell'oceano ed enormi pesci dai colori brillanti gli nuotavano vicino, ma senza esserne spaventati.

    Che posto è questo?

    Cristopher era di nuovo lì, con lui...e c'erano anche Jalil ed April. E Senna. Si sentì sollevato, perfino nel rivedere lei, sebbene solo pochi attimi prima aveva creduto di odiarla.

    Non ha nessun senso...dovremmo essere morti!

    Come al solito, Jalil era quello che più faceva fatica ad accettare i cambiamenti, soprattutto se non poteva trovare una logica in essi. April, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, intervenne con una giusta osservazione...

    Possiamo parlare, e respirare e muoverci...sott'acqua!

    I suoi capelli rossi vermiglio fluttuavano in alto, a causa dell'assenza di gravità che glie li tenesse fermi sulle spalle. Poco lontano da dove si trovavano, le strade lastricate di uno sfavillante palazzo di marmo pullulavano di esseri umani dalle razze più disparate, che si muovevano insieme a ninfe dai colori verdi, blu e perfino gialle, e anche sinuosi elfi o nani armati di asce. L'intera zona era circondata di scogli così alti che non si riusciva a vederne la fine, sui quali facevano bella mostra di sé Sirene dai corpi slanciati e le code squamate iridescenti; ma nonostante lo spettacolo mozza fiato che il luogo offriva, non si respirava l'allegria che ci si sarebbe aspettati...un istante subito dopo, una figura maschile sbucò dal nulla, alta e possente, adornata solo di un telo d'oro che lo ricopriva dai fianchi fino a metà delle cosce, e con in mano un enorme tridente. La sua voce metallica rimbombò propagandosi attraverso l'acqua, mettendo a tacere qualsiasi altro suono.

    Benvenuti stranieri. Ci sarà da divertirsi.

    Un cupo presagio il suo, seguito da un’altrettanta angosciante risata. Solo Senna accolse le sue parole con un sorriso lezioso.

    Siamo nel regno di Nettuno...
    disse Declan
    ...dio del mare e delle tempeste.

    Ed era proprio una tempesta, l'ennesima, che stava per scagliarsi su di loro.

    ----------------------------

    Non so quanti conoscano/ricordino la saga di Everworld...libri semplici, una storia fantasy senza pretese, ma mi è sempre rimasta nel cuore u.u per cui mi sono ispirata a questa.
     
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    Elfi Domestici
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    Pepy e Panky hanno accreditato tutti i p.e. delle splendide FF pubblicate fino ad ora!
    Pepy e Panky ricordano ai gentili Padroni, Padroncini e Padroncelli che d'ora in poi sarà possibile guadagnare 5 p.e. per ogni FF.

     
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7 replies since 11/12/2021, 13:13   179 views
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