Dieci Anni

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  1. Einar Bjarnsson
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    Moskenesøya, Norvegia

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    Indisegnabile
    Titolo: 'nature has cunning ways of finding our weakest spot'
    Autore: Einar Bjarnsson
    Personaggi: Einar, Theocracy, Arne (PNG)


    [ Casa di Einar, un pomeriggio di inizio primavera, 2043. ]


    Aveva perso la cognizione del tempo e, nel tentativo di recuperarne almeno un po', si fermò a cercare il sole in un cielo che sapeva di benessere solo a guardarlo; l'inverno stava scivolando via silenzioso, la fresca luce di quel giorno trasformava il prato attorno alla casa in un teatro posto sotto ai riflettori, con la schiera di alberi della foresta di Drayrdd tutti attorno a fare da immancabili e puntuali spettatori. Era cambiata molto, quella casa, nel corso degli anni. Quello che doveva essere un rifugio temporaneo, una sistemazione accampata, aveva poco alla volta messo in fila tutta una serie di aggiunte necessarie, anche solo a farla sentire di più un posto suo. Ad un certo punto era spuntato un capanno in cui riporre la legna e gli attrezzi in esubero, poi una tettoia porticata dove concedersi addirittura qualche tramonto seduti ed in pace - forse più con il mondo che con sè stessi - e infine addirittura le pareti della casa si erano poco alla volta fatte più robuste, lì dove la pietra aveva sostituito il legno per cementare, in qualche modo, una stabilità che aveva rincorso per anni. Ancora adesso, all'alba di quei quarant'anni che non dimostrava neanche per sbaglio, camminava su una linea sottile che gli rendeva difficile capire se quella che aveva tra le mani fosse una vita arrivata per resa o perchè aveva finito di voltare tutte - o quasi - le pagine che doveva. Ma tanto era cambiato, e tanto era rimasto uguale. Proprio a quest'ultimo proposito si potrebbe parlare dell'ostinata noncuranza con cui trascinava la sua accetta lungo i fili d'erba del prato, avanzando con lentezza verso il tronco mozzato che usava come base d'appoggio per i ceppi da tagliare. Non lo aveva mai fatto con la magia, non avrebbe mai iniziato a farlo così, probabilmente; nonostante gli sarebbe costato un centesimo della fatica abnorme che si trascinava dentro, avendo passato la Piena da nemmeno mezza giornata. Avrebbe dovuto essere ridotto ad un cencio, distrutto ed abbandonato nel letto e senza più una briciola d'energia in corpo, eppure era lì; che in realtà un cencio lo era davvero, pallido come qualcuno a cui manca un passo dallo svenimento, con anche qualche taglietto ancora fresco di poco conto sparso in più punti.

    Ma è proprio necessario?

    La voce di Arne arrivò dritta dal primo scalino del portico, dove il giovane ragazzo sedeva imbracciando una chitarra ancora silenziosa. Era cresciuto, tanto - troppo - superando in altezza Einar, biondo dentro e fuori; conservava quasi in ogni gesto il Fuoco che l'aveva accompagnato prima ad Amestris, e poi a proseguire gli studi nelle arti curative per il quale aveva scoperto una spiccata propensione. Era bravo, poteva davvero costruirsi una strada diversa da quella che gli sarebbe toccata in sorte se avesse seguito le orme di Einar, ed accettare questo era stato da un lato la cosa più difficile di quegli ultimi anni, dall'altro la speranza che serviva per poter iniziare a ricostruire dai pezzi sparsi a terra.

    Infatti. E' proprio necessario discuterne ogni volta?

    Sfiatò via di lato quella punta di fastidio dalle narici, da che mondo e mondo il figlio ventenne poteva sapere che cosa fosse adatto fare meglio di lui? Aveva ancora tanto da lavorare, Einar, sull'accettare che gli altri si preoccupassero per lui. Dieci anni mica bastavano.

    Mettiti a letto, per l'amore degli dèi. Ho anche altro da fare anzichè passare il tempo a ricucirti.

    Non farlo, allora.

    Arne rimase interdetto. Chiunque lo sarebbe stato al suo posto, dopotutto, non potendo cogliere le ragioni dietro quell'apparente ingenerosa scontrosità. Andavano ben oltre la Piena e gli umori sbalzati dagli influssi lunari, ma li aveva tenuti per sè, come sempre. E al giovane ragazzo non restò che alzare le mani in segno di resa, chinando lo sguardo sulle corde della chitarra che Theo gli aveva regalato, ormai da così tanto tempo che sembrava assurdo vederla ancora integra e sana.

    Sai che c'è, come ti pare.

    Il tonfo sordo dell'accetta che s'incastonava nel ceppo di legno, non riuscendo a separarlo del tutto in due metà al primo colpo, fece da eco ad uno sbuffo di fatica di Einar, che tuttavia si trovò a sorridere d'istinto nel sentire le prime note uscire dalle corde di Arne. Erano i Beatles, e per qualche ragione, ormai, sapeva riconoscerli nel tempo di pochi accordi.

    Anzi no, un corno. Non capisco perchè tu debba comportarti come un ottuso, sei .. ma - si interruppe, e con lui anche la musica - c'è zio Theo!

    Non si sa se in nordico ci sia un'espressione simile a quando parli del diavolo, ma dopo il terzo inutile tentativo di staccare l'accetta dal ceppo si fermò anche Einar, spostando lo sguardo verso il punto indicato dal giovane Arne, che aveva già abbandonato la chitarra di lato per corrergli incontro e regalargli il solito abbraccio di benritrovato. Einar, che invece che invece era sempre stato espansivo come un manico di scopa, passò una manica a strofinare contro la fronte ed approcciò con cautela anche quei primi sguardi. Sarebbe stato davvero difficile, stavolta.


    [ Dopo il tramonto ]



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    Grazie per essere passato. Lo rendi sempre felice, quando ti vede.

    Chi non lo è di vedermi, Einar. Comunque figurati, era il minimo.

    Gli sfuggì un mezzo sorriso divertito, uno di quelli che aveva riconquistato un po' alla volta nel corso del tempo, mentre lo sguardo attraversava il portico dove lui e Theo sedevano, diretto verso l'interno della casa dove Arne era rimasto a fare chissà cosa. Da quegli scalini ne intravedeva soltanto la testa bionda spuntare non lontano dalla sua camera, ed era importante, almeno per il momento, che quelle parole rimanessero confinate al di fuori delle mura.

    Quando gli dirai che stai per partire?

    Ce l'aveva fatta anche Theo, dopotutto. A cambiare tutto e niente, a conquistare ciò che la sua ambizione lo portava a rincorrere di continuo, senza però soccombere a sè stesso. A sopravvivere alla vita, direbbero alcuni.

    Domani, godiamoci la notte, no? Tanto non c'è fretta.

    Le dita strette attorno ad un calice, gemello a quello che stava tra le mani di Theo, si costrinsero a farlo girare un paio di volte in un cerchio lento e continuo. Inspirò, facendo del suo meglio per imporre la solita aria neutra al tono, quella un po' distaccata, un po' da chi ha sempre la necessità di prendere a pugni il mondo.

    Devi andarci per forza?

    Non avrebbe mai voluto chiederglielo, non in quel modo che si portava dietro così tanti impliciti e argomenti sottesi da farlo sentire a disagio già solo nell'aver aperto bocca.

    Non puoi fare le stesse ricerche qui? E' un viaggio lungo, Theodore, e ho interrogato gli dèi. Hanno dato presagio di sventura, non è una buona idea partire.

    Einar.. sarà solo per dieci mesi, smettila di preoccuparti così tanto. Con tutto il rispetto per gli dèi, qui l'unico che mi sta tirando la sventura sei tu.

    E forse un po' era vero. Einar era inquieto, per quanto si sforzasse di darlo a vedere il meno possibile, di atteggiarsi come sempre. Ma c'erano troppi elementi disturbanti, troppe cose che si stavano allineando con il retrogusto di un deja-vù che sapeva ancora pungerlo nel vivo; Theo non era mai stato via così tanto a lungo, nemmeno durante i suoi tour, le sue altre ricerche, le sue fughe d'ogni sorta e natura. E l'immagine di un viaggio così lungo, ma soprattutto della catastrofica eventualità che potesse finire male o peggio, che non lo vedesse proprio di ritorno così com'era stato tanti anni prima per Lena, gli dava un tormento non propriamente razionale e giustificato. Ma forse questo Theo lo sapeva, ormai.

    Tranquillo, davvero. Lo sai che torno.

    Einar sospirò. Theo aveva ragione, l'aveva sempre fatto. E forse sarebbe davvero stato così anche quella volta.
     
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11 replies since 11/12/2021, 13:11   327 views
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