Dieci Anni

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  1. Alyssa Kane
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    Smaterializzato
    Titolo: Ci vuole metodo
    Autore: Alyssa Kane
    Personaggi: Alyssa e suo fratello Allan


    Five little monkeys jumping on the bed,
    One fell down and bumped his head


    Ma scimmiette nel sogno ce n'era solo una. Strappava dei fogli che poi lanciava in aria al ritmo della filastrocca.
    Allan voleva impedirglielo. Quei documenti erano importanti, gli servivano, ma per quanto cercasse di sottrarli alla scimmietta questa riusciva sempre a riappropriarsene, lasciandogli in mano solo brandelli di carta.

    Four little monkeys jumping on the bed,
    One fell down and bumped his head

    Sentiva la disperazione di non riuscire a opporsi all’inevitabile. La scimmietta cantava con voce allegra e intanto distruggeva con furia metodica le pagine. Il ragazzo si affannava nel tentativo di sottrargliele ma aumentava solo il ritmo degli strappi.
    Affannato aprì gli occhi tornando ad una realtà che rimase estranea per qualche secondo ancora.

    Si era addormentato sul divano, di nuovo. Gli aleggiava addosso l'odore del fritto del locale dove lavorava la sera e avevano cenato per l'ennesima volta ad hamburger e patatine, l'unica cosa che riuscisse a pensare a quell’ora della sera.
    Alyssa doveva aver spento la televisione, che l'annoiava sempre, e si era messa a giocare sul tappeto proprio davanti al divano.

    One little monkey jumping on the bed,
    She fell down and bumped her head

    Allan si strofinò il viso con le mani, senza rendersi pienamente conto che il rumore della carta lacerata continuava insieme alla filastrocca cantata dalla sorellina.

    Aly... è tardi, avresti dovuto andare a letto.

    La redarguì, troppo stanco per metterci reale impegno. Dopotutto non era una novità che la sorella facesse solo quello che le andava. Non si occupava dei lavoretti di casa che le aveva affidato, a scuola faceva solo i compiti che le piacevano e, ovviamente, non andava a letto da sola.
    Erano ormai più di due anni che era riuscito riprenderla con lui, nella casa che era stata dei genitori, e ancora navigava a vista senza sapere cosa stesse facendo per la metà del tempo e con il dubbio di star sbagliando per l’altra metà.
    Si alzò dal divano, indeciso e intontito dal sonno, decisamente in uno dei momenti in cui non sapeva come comunicare con la bambina. Le voleva bene, Alyssa era tutta la sua famiglia, ma…

    Aly! Non di nuovo!

    Con le lacrime agli occhi Allan si era finalmente reso conto di dove provenisse il rumore degli strappi. Si sedete sul tappeto a sua volta, ancor più svuotato di quanto si fosse svegliato poco prima.

    Dove l’hai trovata?

    Nel cassetto, sotto ai coltelli.

    Rispose pronta la bimba per nulla turbata, riducendo in striscioline più piccole quelle grossolane in cui aveva già diviso la foto. Dopo, quelle striscioline, sarebbero diventati dei quadrati e, infine, riprendendole in mano una ad una le avrebbe ridotte in minuscole palline di carta. Con metodo, con calma, fino a che della fotografia non sarebbe rimasto distinguibile neppure un dettaglio.
    Allan passò l’indice in una carezza triste sui lineamenti di un viso mutilato, dove un occhio chiaro sorrideva ancora verso l’obbiettivo. Tutto ciò che rimaneva del viso di sua madre.
    Aveva ritratto loro quattro, quella foto. La mamma, Noah, una piccola Alyssa di neanche due anni e lui… una delle ultime che si erano scattati prima che Noah, il compagno della mamma, sparisse. Una delle ultime ancora esistenti in generale.

    La prima mattina che si era alzato, dopo che finalmente aveva portato a casa Alyssa, era stato un trauma.
    Nella notte la bambina aveva smontato tutte le cornici, raccolto tutte le foto che era riuscita a trovare disseminate per la casa e le aveva distrutte. Metodicamente, lentamente.
    Quando la sveglia era suonata, l’aveva trovata ancora intenta nella sua opera di epurazione.
    Non aveva rotto neppure un vetro. Ogni cornice era stata rimessa in ordine seppure con il quadro vuoto, mentre il tavolo della cucina dove era intenta alla sua opera era disseminato di carte ridotte a brandelli.
    Allan ne era rimasto talmente sconvolto da non riuscire ad arrabbiarsi. Alyssa non aveva saputo, o non aveva voluto, spiegargli il motivo delle sue azioni.

    La parte importante c’è ancora.

    Gli aveva assicurato con un sorriso dolcissimo, allungandogli l’unica figura che avesse ritagliato via prima di ridurre a nulla il resto: lui. Tantissime immagini di Allan, neonato, bambino o ragazzino che fosse era stato riconosciuto, selezionato e separato dal resto della famiglia, poi distrutta.
    Quando la stessa sorte era toccata all’album di famiglia si era arrabbiato moltissimo e l’aveva sgridata. L’aveva messa in punizione quando era riuscita trovare la scatola con le foto più vecchie che teneva sotto il letto, non era servito cercare di metterle al riparo in posti per la bambina irraggiungibili. Non sapeva spiegarsi come fosse riuscita a tirar giù l’album che aveva nascosto sopra l’armadio, né come in quei due anni avesse finito per scovare ogni nascondiglio improbabile, irraggiungibile o banale che fosse.
    Perfino la fotografia che teneva nell’armadietto al lavoro era andata persa allo stesso modo, lasciando solamente alcune palline di carta sul pavimento degli spogliatoi. E quel giorno Alyssa neanche c’era stata alla tavola calda.

    Perché fai così Aly? Oramai hai dieci anni, non sei più una bambina…

    Passò da accarezzare i resti della foto ai capelli della sorella. Quel cespuglio di ricci che tanto la faceva somigliare all’uomo scomparso, di cui la bimba distruggeva ogni traccia da due anni.
    Legalmente, avevano scoperto allora, Noah non esisteva… e presto non ne sarebbe rimasta neppure una fotografia a testimoniarne il passaggio.

    Nove anni!

    Lo corresse la voce infantile, intenta nel gioco insensato di ridurre a palline ogni piccolo quadrato colorato.

    Nove anni.

    Ripeté il ragazzo con una tale tristezza nella voce che la bambina bruna alzò gli occhi. Lo guardò preoccupata per qualche secondo per poi sorridere e porgergli un quadrato molto più grande degli altri.

    Non preoccuparti. La parte importante è qui.

    Gli assicurò mostrandogli l’unica porzione di ritratto che aveva giudicato di dover salvare: un sorridente Allan tredicenne. Si alzò sulle ginocchia, avvicinandosi al fratello abbastanza per mettergli le braccia al collo.

    Non potevo andare a letto – spiegò con tutta l’innocenza del mondo, come se il problema fosse ancora quello – non riesco a dormire se non ci sei tu.

    Stanco, abbattuto e spaesato com’era in quel ruolo che non avrebbe dovuto competergli, il ragazzo strinse a sé la sorellina.

    Va bene, andiamo a letto.

    Acconsentì.
    Alyssa gli scoccò un bacio sulla guancia e scattò in piedi come una molla, allegra e apparentemente felice, anticipandolo verso la camera da letto.
    Con un sospiro Allan si alzò e la seguì.
     
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