Il Cappello Narrante

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    La notte del 20 Febbraio 2021 il Cappello Parlante, colmo di polvere e di saggezza, fu tirato fuori dal suo angolo buio per essere interrogato dai Docenti di Amestris dopo quanto discusso quel pomeriggio alla presenza di Sofocles Sapiens e degli esperti accorsi per cercare di trovare maggiori risposte sulla magia delle tre Case e sui modi in cui era legata ai fatti spiacevoli delle Segrete.
    Ma tutto ciò che riuscirono a cavargli fuori fu qualche sbuffo e qualche lamentela di troppo: il Cappello era vecchio dopo tutto, e le risposte che cercavano erano difficili da sputare fuori nel giro di pochi istanti, e che risposte, poi! Lui sapeva molte cose sulla magia delle Case, ma erano talmente tante e soprattutto appartenenti a tempi così lontani che doveva per forza ragionarci sopra...
    Fu così che il cappello si rifiutò di parlare in quel momento, invitandoli ad attendere pazientemente il tempo in cui sarebbe stato pronto.
    Passarono allora ore, giorni, settimane e addirittura mesi in cui chiunque gli avesse rivolto nuove domande si sarebbe ritrovato con un pugno di mosche fra le mani, poiché il cappello non era ancora pronto, caduto in una meditazione fra i ricordi e le conoscenze, a suo dire, assai faticosa...

    Preside Price... Adesso sono pronto.

    Fino a quando una sera non si decise a farlo.
    Il cappello parlante, finalmente, era pronto a parlare.

    Sabato 15 Maggio, ore 22.10 circa



    È stato un lungo rimuginare.
    Smistare i giovani maghi nelle loro casate è un compito assai più facile...


    I Responsabili furono i primi ad essere chiamati a radunarsi entro l'ufficio del Preside e attorno alla scrivania centrale, su cui era stato posto senza troppe cerimonie il Cappello parlante. Poco dopo, arrivarono anche gli altri insegnanti, seguiti dal personale scolastico.
    Lo stesso Cappello, adesso che finalmente si era deciso a sputare il rospo, pareva piuttosto irrequieto e desideroso di parlare ai Docenti il prima possibile, come temesse di dimenticare quanto aveva da dire. O era forse l'emozione di avere davanti a sé tanti interlocutori al di là della canonica unica volta annuale del Primo Settembre?

    Mi avete chiesto dettagli sulla magia delle Case di Amestris, sulle differenze rispetto ad Hogwarts, e se c'era qualcosa che potessi dirvi per aiutarvi nella lotta contro le Segrete...
    Ebbene, vi dico, probabilmente sì. Ma spetta a voi metterlo alla prova. Io sono solo un cappello...
    Racconti leggendari, perlopiù, ho potuto udire dalla voce di ogni Preside che dai Fondatori sino ad oggi si sono succeduti alla guida delle scuole di magia. Eppure, qualcosa li accomuna tutti...


    L'aria intorno si era fatta mistica, come se uno scrigno contenente un tesoro antico e prezioso si fosse appena schiuso agli occhi degli esploratori. Il Cappello Parlante era più famoso a Settembre, durante la tradizionale cerimonia, ma poi, in effetti, era come se nessuno si ricordasse di lui fino a quella dell'anno successivo.

    Pare che la magia di Fuoco, Ghiaccio e Tempesta, come di Corvonero, Grifondoro, Serpeverde e Tassorosso, e come di qualsiasi altra scuola magica sia mai esistita - almeno così dissero i più esperti - nasca in un punto molto lontano nel tempo, più lontano persino della prima scuola e dei Fondatori. La prima di queste è la magia del cuore, dell'ardore, dell'istinto; la seconda è quella delle braccia, della resilienza, della forza d'animo; la terza, quella della mente, della genuinità, dello sguardo verso l'alto.
    Si narra che ne esistesse anche una quarta, che oggi è andata perduta e i cui resti sono stati incanalati dalle tre attuali Case di Amestris...


    Raccontava e si prendeva delle lunghe pause, tra un frammento e l'altro di storia, come se dovesse tirar fiato. Ma, per quanto incantato, non era altro che un vecchio pezzo di stoffa e certamente respirare non gli serviva a nulla, se non a sembrar più teatrale.

    Magie vecchie quanto l'uomo, altroché, nate e generate dalla natura e dall'universo intero, ma anche da ogni singolo uomo.
    Le magie delle casate sono il prodotto delle emozioni umane e della magia naturale. È per questo che governano gli elementi e sono governate dai discepoli di ciascuna casata.
    C'è un filo sottile.


    Sull'ultima parola, il Cappello si fermò, puntualizzando come se avesse potuto tenere un dito alto a raccogliere l'attenzione di tutti. Anche la voce s'assottigliò, e le pieghe che assomigliavano ad occhi erano tese come li avesse corrucciati.

    Ma c'è dell'altro.
    Secoli fa ormai ho sentito dire che alcuni grandi stregoni, all'inizio del tempi, s'accorsero di questi singolari poteri. E, da esseri umani, vollero dominarli: crearono degli scrigni di potere capaci di custodirle e incanalarle a piacimento.
    Di mano in mano, di generazione in generazione, finché gli originali non scomparvero chissà dove. Ma i custodi si avvicendavano e, pochi secoli fa, fu la volta di incatenare questi poteri alle più geniali delle creazioni magiche: le bacchette.


    Tutto l'ufficio riecheggiava dei suoi straordinari racconti. Storie del passato rivivevano nella sua voce e nessuno, dopo tanta attesa, avrebbe osato interromperle anche per un solo istante.

    Un potere mistico e sconosciuto ai più, ma foriero di dispute e gelosie, tremendi delitti finanche, e una storia di successione macchiata d'inganno e d'invidia. Finché anch'esse non andarono perdute.
    Ma c'è qualcosa che credo possa farvi piacere: credo che il terzultimo Preside di Amestris, Gaius Henderson Harmony, sia riuscito in un'impresa mai riuscita ad alcuna strega e ad alcun mago prima di lui.
    Radunarle. Persino a conservarle in questa scuola! Ho assistito a qualche scena, e ascoltato delle storie...


    Il ritratto del defunto preside tossicchiò, alle spalle di tutti. Se ne stava lì, nella sua cornice, spesso in silenzio ma sempre con un occhio vigile su tutto ciò che accadeva lì giù. Sentire il suo nome lo fece trasalire ed era facile che in uno sguardo fugace si potesse cogliere della soddisfazione, provata dal quadro per ciò che si poteva intuire su di lui a sentir parlare il Cappello. Tuttavia, non avrebbe aggiunto altro alla discussione.

    E a tal proposito, di una cosa sono certo: senza gli studenti, coloro che incarnano per natura la magia delle loro case, puri come io li ho smistati non più di sette anni fa, non riuscirete a trovarle. È su di loro che aleggia lo spirito più incontaminato dei custodi perduti.

    A quel punto si abbandonò al silenzio che tanto apprezzava, prima di rivolgersi nuovamente agli insegnanti, o meglio, ai tre Responsabili.

    Scegliete dei volontari, fate cercare nelle loro Sale Comuni, a scuola, ovunque. Lasciate ai loro fantasmi raccontare di loro: so per certo che ne sanno qualcosa.
    Questo è un invito per voi, Responsabili.
    Mediterò sino al vostro ritorno: sono certo di avere dell'altro, da raccontare, tra queste pieghe di stoffa sgualcite e malconce.


    E, terminata la frase, borbottò un secondo e si rimise a pensare in silenzio.

    Scadenza: 28 incluso

    Questa role è aperta a tutto il corpo docentesco e personale accademico.
    Si tratta di un turno introduttivo: il Cappello Parlante, dopo mesi di silenzio, ha finalmente deciso di rispondere alle domande riguardo la magia delle Case!
    Per sapere in che modo è arrivata a voi la voce, leggete il post e lo spoiler del Preside Price.


    Edited by Il Tessitore - 17/5/2021, 22:12
     
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    Convocati. Con immediata urgenza.
    Questo fu il messaggio trasmesso quasi simultaneamente al risvegliarsi del Cappello con qualunque mezzo disponibile: via quadri e via gufo principalmente, così che tutti i professori fossero avvisati nel minor tempo possibile. Tutto era avvenuto in maniera inaspettata, cogliendo Everett intento a leggere alcune delle scartoffie onnipresentiaulla scrivania. Il vampiro si voltò lentamente a vedere il copricapo logoro prendere parola dopo settimane di mutismo. Finalmente. Il Preside ebbe quindi modo di avviare il meccanismo, finché in pochi istanti l'ufficio riservato al Preside si riempì accogliendo tutto il corpo docenti al suo interno.

    Ascoltiamo, dunque.

    L'uso del plurale fu pura e semplice constatazione di fatto per Price, che in realtà poco importava se alcuni si mostrassero fin troppo distratti dalle preziose informazioni rivelate. Piuttosto che lasciarsi andare su digressioni mentali Everett focalizzò gli occhi sul Cappello Parlante, lasciando che il suo racconto lo assorbisse al pari di una spugna.
    Il finale lo sovrastò impetuoso.

    Bacchette nascoste qui...

    Disdetta non poter constatare egli stesso la veridicità, causa adempimenti non spettanti a lui. Il Cappello aveva precisato che servisse la collaborazione degli studenti. Perché loro? Se le avessero danneggiate o peggio distrutte nel mentre? Un fiume di potere racchiuso in un catalizzatore, ognuno relativo a una delle Case di Amestris: sembrava fosse confermata l'idea che esistesse una fonte dal quale tutti attingessero per ricevere magie sconosciute ai più. Un simile cimelio andava protetto più che utilizzato. Dei ragazzini darebbero stati in grado di trovarle e maneggiarle con cura?
    Everett fu il primo a muoversi, dirigendo il proprio passo a uno dei quadri affissi al muro. Internamente ribolliva per la mancata concessione che il Cappello Parlante aveva implicitamente sancito, ma con un sospiro dovette al solito assecondare il gioco per rimanere il solito e inpeccabile professore, inflessibile tanto nelle decisioni quanto autoritario nelle azioni.

    Che gli Elfi domestici allestiscano in Sala Grande dei giacigli temporanei, per coloro i quali dovessero ritirarsi dalla ricerca.

    Quella comunicazione sarebbe giunta fino alle cucine, ove spostavano le piccole e servili creature in questione, che non avrebbero perso tempo in futili domande nell'obbedire all'ordine. La scuola, ormai lo sapeva, non era frequentata da molti "cuor di leone" per cui si attendeva che gran parte degli studenti avrebbero preferito defilarsi piuttosto che cercare attivamente quel che pareva una delle chiavi per risolvere il mistero della porta.

    Torniamo subito.

    Si congedò Price temporaneamente, essendo altresì Responsabile del Ghiaccio e dovendosi dunque occupare di quella primaria questione: avvisare gli studenti tramite i Fantasmi. Vide sparire gli altri due nelle rispettive direzioni mentre la sua prendeva la via dei Sotterranei, gli amati meandri oscuri, dove anche la Casa del Ghiaccio si celava a chiunque altro non vi appartenesse. Risolse in breve tempo la nuova meccanica di entrata in parte ideata da lui, selezionando le carte logicamente associabili in coppia, ritrovandosi all'interno della Sala Comune una volta oltrepassato lo specchio. Ebbe solo da cercare l'unica figura fluttuante che si aggirava lì vicino, con la speranza di non perdere altri minuti punendo dei lavativi ancora svegli nei dintorni. Anche perché di lì a poco sarebbero stati tutti svegli, a prescindere dal tardo orario. Price raccontò le vicende al fantasma appena accadute, sottolineando di spedire i ragazzi che avessero rifiutato di unirsi verso la Sala Grande così che fossero monitorati da alcuni colleghi, fra cui obbligatoriamente tutti quelli appartenenti alle classi TOPO. Il resto era nelle sue spettrali mani, che se non fossero stati impalpabili somigliavano cromaticamente a quelle del vampiro quand'era scevro dalla magia che lo attorniava.

    Immagino lei sappia cosa fare, Mr Todd. Dopotutto è stato il Cappello a raccomandarmi a lei.

    Si chiese cosa nascondesse quel fantasma, non loquace sui recenti avvenimenti ma evidentemente in grado di affibbiarsi un simile compito da trasmettere agli studenti. Gli ultimi pensieri andarono alle Prefette, augurandosi non vi fossero altri pericoli sparsi per il castello, e un fugace soffermarsi sul fu uomo. Che apprezzasse o meno le sue scelte, il Responsabile e i Prefetti dovevano essere rispettati. Forse celava in sé i veri pensieri al riguardo, ma se avesse mai osato mostrarsi ostile verso una dama ne avrebbe certamente discusso. Se il fantasma odiasse lui invece... il vampiro se ne curava ben poco. L'opinione di un uomo non contava mai, anche se morto.
    Aveva svolto il compito previsto, Everett poteva tornare nell'ufficio per ascoltare il seguito della storia. Informazioni aggiuntive non erano paragonabili a saggiare con mano l'importante reliquia, ma gli toccava essere uno spettatore al pari degli altri insegnanti. Ma probabilmente, almeno alla fine degli eventi, l'avrebbe vista anche solo di sfuggita.
    Potete decidere da voi il metodo di comunicazione utilizzato per la convocazione in ufficio, non cambia l'urgenza richiesta.

    Tratti da vampiro celati tramite Trasfigurazione.
    +3 Carisma per interazione con esseri umani = 39 -> 42
     
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    Sapeva che quella convocazione nell’ufficio del preside sarebbe state diversa. A lungo avevano atteso risposte, brancolato in un buio che pareva senza soluzioni, mentre la via d’uscita a quella situazione si mostrava sempre più lontana. 
Una notte, era bastata una sola notte affinché anche coloro che costituivano le colonne portanti della scuola crollassero e, quando anche i forti cedevano, qualsiasi certezza si sgretolava. Tranne una, l’unica consapevolezza lo annichiliva: lui non c’era stato. Aveva solo sentito, letto, osservato concretamente il cambiamento insinuarsi in modo infido fra le pareti dell’accademia, senza che potesse sperare di riconoscerne l’origine e non c’entravano affatto le sue apparentemente carenti conoscenza, ché Valerius s’atteggiava da stolto solo per abbassare le aspettative altrui ed assumersi il minor numero di responsabilità possibili.
    Era la prima volta in cui aveva la consapevolezza di dover essere utile a qualcosa. Normalmente, si sarebbe cullato nella certezza della propria inettitudine, benedicendo quel modo di fare naturale che, insieme al suo modo di apparire, contribuiva a tessere il ritratto d’un perfetto idiota, da cui nessuno si sarebbe aspettato granché. In quell’occasione, nemmeno l’accozzaglia improponibile di vestiti che aveva selezionato l’avrebbe risparmiato dall’ingrato compito di farsi carico delle proprie responsabilità. Nel suo caso, le responsabilità includevano un branco di adolescenti imbizzarriti, da cui avrebbe dovuto trarre un aiuto prezioso o che, in caso contrario, avrebbe dovuto sedare con ogni mezzo a disposizione. 
La serietà della situazione non aveva alcun potere sulla propria innata predisposizione all’inadeguatezza. Non si trattava di poca inclinazione all’intraprendenza, di timidezza o di assenza di leadership, ché il difetto peggiore di Valerius non era affatto, come credevano in molti, l’effettiva indolenza, ma l’assenza di stimoli opportuni. Con gli studenti del fuoco, per quanto ne temesse la spaventosa somiglianza con il sé adolescente, aveva avvertito da subito un’affinità a tratti ambigua, ma che mai avrebbe creduto lo portasse ed essere designato come responsabile di casata. 
Mentre si avviava verso la sala comune, il suo volto pareva non volergli concedere tregua, continuando a plasmarsi senza che riuscisse ad averne controllo e finendo per rievocare i tratti della pubertà, con l’assenza di barba e l’acceso rossore sulle guance.

    
Donna? Avete visto Donna? Non cincischiate, su! Andate!

    Il marcato accento scozzese non l’avrebbe risparmiato nei momenti di tensione, specie se i quadri della sala comune non mostravano intenzione di rinunciare, nemmeno in quell’occasione, alla loro indole da sibillini.
    Quando finalmente riconobbe l’eterea creatura, colto dall’urgenza dell’attimo, si convinse a mettere da parte il solito timore reverenziale che l’avvolgeva quando si trovava in suo cospetto. Non c’era tempo da perdere, il cappello parlante su una cosa era stato chiaro, l’unione avrebbe fatto la forza, mentre il resto delle frasi allusive non avrebbe mai mostrato speranza di coglierle.

    Bisogna radunare tutta la casata, mi servono i prefetti

    Ma non avrebbe atteso che entrambe le francesi arrivassero per introdurre la questione a Donna. La guardò in quegli occhi che parevano trattenere ancora l’ardore della fiamma che la vinse, tentando di vincere, con la trasparenza del proprio sguardo, quel velo di diffidenza che normalmente la contraddistingueva.

    Avremo bisogno di te, Donna, siamo vicini alla risoluzione della maledizione della piaghe. Il cappello parlante ci ha raccontato di Gaius Harmony e delle bacchette..rammenti? Dobbiamo trovarle, ci serviranno per andare a fondo a questa storia. Per favore, chiedi ai prefetti di riunire dei volontari per cercarle, un numero esiguo, mentre il resto degli studenti andrà in sala grande e vi rimarrà fino al loro ritrovo. Price sta già disponendo dei letti per far sì che i dormitori e le sale comuni non siano accessibili, almeno per questa notte. Guidali, Donna. Sono permeati dalla magia del fuoco, solo loro potranno trovarla.
     
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    Cogito ergo...

    Renè Decartes era stato un grande filosofo e scienziato dei suoi tempi, fra il cinquecento e il seicento, iniziatore di un modo di pensare alla conoscenza in maniera prettamente razionale e scientifica, dettata da continua sperimentazione.
    In pochi sapevano che fu anche un grande mago, magistorico ordinario, aritmante superiore, persino un discreto astronomo; probabilmente lo stesso Decartes non ne era a conoscenza, sempre a dubitare di tutto ciò che lo circondava...
    Mikal aveva fatto apporre da poco il suo quadro all'interno del suo ufficio, di modo da avere qualcuno con cui scambiare riflessioni di tanto in tanto e, soprattutto, un tramite veloce attraverso cui comunicare a sua volta con il resto del mondo.
    Peccato che ciò che soleva ripetere fosse principalmente la frase per cui la sua filosofia era diventata famosa anche ai babbani. Fortunatamente Mikal non era una donna lamentevole.

    Cogito ergo... Sum.
    E anche lei è, Miss Levischsmìt.
    ... chiamata dal Prèsidde, per l'esattessa, e anche con una scerta urjenza, da quel che odono le mie orecchie.
    Sempre che sia tutto vero...


    In poche semplici parole, il mago francese era stato in grado di far sussultare Mikal sul posto, spargendo per la sua scrivania tutte le pergamene su cui nelle ultime ore aveva impresso voti e commenti, trattandosi dei compiti dei suoi studenti.
    Ma non poteva immaginare che il motivo per cui il Preside ad interim l'avesse fatta chiamare, fosse legato al Cappello Parlante che, finalmente, aveva deciso di parlare.

    ***



    Aveva ascoltato le parole del vecchio e prezioso cimelio con le labbra dischiuse e gli occhi illuminati da una fame di conoscenza saziata all'improvviso e in un colpo solo, dopo mesi di attesa.
    Aveva faticato a mettere insieme ogni parola del Cappello, sperando vivamente qualcuno stesse anche prendendo appunti. Si maledisse ogni secondo di non aver portato prima una penna prendi appunti.
    La sua spiegazione poneva un punto rispetto alle riflessioni che avevano condotto insieme, mesi prima, in compagnia del Rettore Sapiens; si sentì rasserenata e al contempo intimorita dalla miriade di informazioni che ancora non sapevano sulla magia delle case, e che stavano iniziando a sfiorare per davvero solo in quell'istante.
    La notizia dell'esistenza di alcune bacchette, probabilmente nascoste da sempre entro quelle mura, riempì la pelle candida della donna di brividi inspiegabili, costringendo Mikal ad alzarsi in piedi prima del dovuto per smaltire l'agitazione, respirando a pieni polmoni.
    Fu lieta di lasciare l'ufficio scuro, correndo con le braccia piegate a metà sui fianchi per le scalinate dell'Accademia, incurante degli sguardi straniti di quanti la vedevano procedere in maniera tanto scomposta per i corridoi del Castello.
    Si affrettò a raggiungere la Sala Comune e poi il suo Fantasma, Nephyna, che chiamò a parte: l'aveva interrogato nelle ultime settimane nel tentativo di carpir da lui qualcosa sulla magia delle Case e sulle Segrete, ma né lui, né altri Fantasmi, si erano dimostrati collaborativi in alcun modo.
    Si chiedeva se parlargli in maniera tanto esplicita avrebbe veramente fatto effetto e così fece, narrandogli le ultime parole del Cappello Parlante e le seguenti disposizioni del Preside.
    Il volto di Nephyna, se fosse stato ancora umano, si sarebbe di certo illuminato; questo fu quel che pensò Mikal nel vedergli apparire un grosso sorriso fra le labbra, mentre lui, con un gesto vigoroso delle mani, le indicava la porta.

    Lasci fare a Nephyna, il Grande Pescecane!
    Con me i marmocchietti e le pollastrelle troveranno quel bastoncino magico in men che non si dica, Capo Sguattera!


    In altre circostanze Mikal avrebbe rimbeccato Nephyna per i modi bruschi e rudi con cui era solito inveire nei confronti di chiunque, soprattutto delle donne; ma quella era un'occasione talmente singolare da portarla a reagire in maniera altrettanto unica, lasciando la Sala Comune di gran carriera di modo da tornare in fretta nell'ufficio del preside, spaventata di lasciare la Casa in balia dei fantasmi, ma consapevole che fosse necessario per ciò che immaginava sarebbe presto accaduto dentro al castello.
     
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    C’era un abisso di sogni tra Leonard e i suoi colleghi, uno spazio che a volte gli sembrava assai arduo colmare e che nel corso degli anni solo poche persone erano state in grado di valicare.

    Ragazza-stella…

    Qualche volta tornava con la mente alle loro Fatidiche sere; alle giornate passate discorrendo dei misteri del creato; o agli improbabili impicci in cui il Destino li aveva da sempre gettati a capofitto, assieme. E quando succedeva un calore stonato gli mordeva il petto, più malinconico di quanto avrebbe mai voluto essere: perché le mancava, sì, ora lo riconosceva chiaramente, ma più di tutto voleva credere che il Destino avrebbe trovato il modo di far riunire le loro strade un giorno, in un modo o nell’altro… come solo Lui sapeva fare.
    Tuttavia, a dispetto di ogni sua malinconia e ormai pressoché consueta alienazione dal resto dei colleghi, nulla avrebbe potuto coinvolgerlo più di quella chiamata nell’ufficio del Preside, che il suo Terzo Occhio aveva già Percepito essere prossima dapprima che uno dei gufi di Amestris decidesse di atterrare sulla sua così ben curata disposizione di Rune e Tarocchi.

    Buona sera a tutti.

    Al proprio arrivo concesse giusto la formalità di un profondo inchino tutto nipponico e un rispettoso saluto ai presenti, e vista l’urgenza e l’atmosfera del momento anche cercando di astenersi - una volta tanto - da una delle proprie e divinatorie considerazioni che i più raramente sembravano capaci di condividere.
    Per tutto il tempo si perse nelle parole del Cappello parlante come avrebbe fatto in un sogno o una Visione ad occhi aperti, a tratti rapito e sopraffatto da tanta conoscenza. Lo aveva sempre pensato, era indispensabile padroneggiare il Passato se si volevano schiudere le porte del Futuro; in fin dei conti, se così non fosse stato, lui neppure si sarebbe mai trovato su suolo inglese.

    Con sé Leonard porta anche 2 pietre semi-preziose (Ametista e Giada) dal baule.
     
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    L’idea che aveva proposto di interrogare il Cappello Parlante era stata accettata non solo da Sofocles Sapiens, ma dal resto dei partecipanti alla Riunione sulla Magia delle Case.
    Quella notte però lei e tutti gli altri non ottennero che sbuffi e occhiatacce dal prezioso e antico cimelio magico. Del resto il Cappello era antichissimo e conosceva una miriade di cose sulla magia delle Case, per cui era logico che avesse bisogno di fare chiarezza, di scavare nei meandri della sua memoria per poter viaggiare in essa chissà quanto indietro. Dal Libro degli Elementi avevano avuto la conferma che la Magia del Fuoco, del Ghiaccio e della Tempesta era primordiale tanto da gettare propria fondamenta in un'era assai lontana. Una parte di lei, quella riflessiva e per niente istintiva, riusciva a comprendere tale necessità. Capiva che era assurdo pretendere una risposta esaustiva così su due piedi. L’altra - l’altra Amalia - invece non contemplava per niente ed era più che irritata dal silenzio ottenuto. Stare lì era un’attesa senza sbocchi, una partita giunta alla fase di stallo. Quando ebbe la conferma che quella notte era del tutto inutile e che il massimo che si potesse ottenere fosse fissare il vuoto e risentire chissà quanti altri sbuffi, girò i tacchi e senza alcuna cerimonia abbandonò la stanza.

    [Sabato 29 Maggio, ore 22.10 circa - Ufficio del Preside]



    Miss Harp è urgente.

    Cosa?

    Price.

    Sì, ma cosa?

    ... la convocazione.

    Va bene, vado. Ah, raggio di sole, dovresti imparare meglio a dare le comunicazioni, eh. Tutto il giorno a sollazzarsi non va bene.

    Chiuse le pergamene a cui stava lavorando, lasciando cadere la piuma argentea nel calamaio, dirigendosi fuori dal suo ufficio dopo averlo chiuso con un colpo di bacchetta. Regalò un’occhiataccia ad una rampa di scale che giusto in quel momento aveva deciso di cambiare direzione, riportandola al secondo piano e costringendola a risalire una seconda volta. Per fortuna quando varcò l’ufficio, constatò che era ancora in tempo perché di lì a poco sentì Price dare il via al Cappello Parlante, protagonista principale della stanza e della scrivania sulla quale troneggiava. Sembrava proprio che finalmente stessero per ottenere le risposte tanto agognate in quei mesi. Anche se la stanza era riempita dai colleghi, lei parve estraniarsi e concedere estrema attenzione alle parole del vecchio Cappello. Lei e l’altra Amalia sembravano pendere unicamente dalle sua labbra. In quei momenti non c’era spazio per nient’altro che non fosse la sua voce, il suo racconto, i suoi ricordi e le sue rivelazioni.
    Più il cimelio parlava, più si consolidava nella professoressa ciò che già pensava dalla prima avventura fatta in Norvegia: sulle Case e sulla loro Magia non sapevano che un granello di sabbia. La miriade di informazioni che stava registrando la sua mente le faceva salire pian piano l’adrenalina e la voglia di sapere sempre di più.
    Benché la docente appariva immobile e silente, dentro di sé il cuore stava battendo all’impazzata tanto da stonarla con i rimbombi dei battiti. Sebbene avesse partecipato alla fondazione della scuola, nemmeno lei era al corrente dell’esistenza di quelle bacchette. Spostò le iridi di ghiaccio sul quadro del defunto Preside Harmony quando il Cappello lo nominò, facendoli presenti della prodezza da lui compiuta tempo fa, per poi riportarlo sul saggio e vecchio cimelio. Essendo una Strega affascinata dalla Magia al punto diventarne discepola e mentore, provava curiosità verso quelle reliquie, e in egual modo rispetto. Così il compito di ritrovarle spettava ai Figli del Fuoco, del Ghiaccio e della Tempesta e in loro confidava, senza dubbi, né incertezze perché in quanto tali, loro avevano il sacrosanto diritto di ritrovarle.
     
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    Il Cappello Parlante, la cui natura magica era affascinante e misteriosa allo stesso tempo, osservò i Responsabili sgusciare via dall'Ufficio del Preside per recarsi nelle rispettive Sale Comuni.
    Il Cappello, per allora, rimase in silenzio ad osservare apparentemente tutti gli altri docenti. In realtà, stava soltanto continuando a sonnecchiare e rimuginare sulle informazioni in suo possesso, sospirando appena per l'attesa.
    Come se lui stesso non si fosse fatto aspettare per mesi...
    Al loro ritorno, tuttavia, sembrò riprendersi d'un tratto. Socchiuse gli strappi a margine del tessuto, dissimili alle sue labbra, per poi aggiungere a quanto accennato in precedenza un nuovo, sorprendente dettaglio: la maggior parte di ciò che sapeva, come anticipato, erano i ricordi dei racconti che molti Presidi prima di Laeddis e Price gli avevano rivolto e che lui avrebbe custodito probabilmente per l'eternità.
    Il Preside Harmony, pace all'anima sua, riempiva spesso la solitudine di quelle mura rivolgendosi al vecchio Cappello, la cui saggezza infinita lo rendeva ai suoi occhi un degno compagno di confidenze.
    Ma a quel punto non serviva più che le conoscenze accumulate negli anni restassero tali: Amestris e i suoi studenti sembravano essere in pericolo, e cosa sarebbe rimasto di un Cappello Parlante senza studenti da smistare?
    Chiese dunque ai presenti di guardarsi intorno, in particolar modo in direzione della porta di quercia che occultava la stanza da letto del vecchio Preside Harmony.
    Suggerì loro di rivolgersi allo stendardo di Amestris esposto lì dentro e pronunciare la parola Hybris: col suo suggerimento, il drappo si sarebbe fatto da parte, svelando un'altra Stanza che faceva da preludio a un'apertura nella pietra, un corridoio buio e segretissimo.
    Si trattava per lo più di un laboratorio: in esso abbondavano il nero e lo smeraldo, nonché i tavoli da lavoro, calderoni, manichini, scorte di ingredienti ormai danneggiati o putrefatti che rendevano l'ambiente olfattivamente ostile.
    Era presente una sola finestra al suo interno dalla quale passava un cannocchiale dalle enormi dimensioni; ai suoi piedi mappe stellare, testi in runico, pergamene.
    Era un luogo oscuro, decisamente silenzioso, spazioso quanto bastava per poter lavorare con tranquillità e usufruire di tutti i cimeli esposti. Vi erano anche diverse penne e il trespolo appartenuto probabilmente al vecchio famiglio del Preside, il Gufo Shakespeare, ancora vivo e vegeto e al servizio dell'attuale Preside.
    Vi erano anche molti libri stipati in grosse pile sopra i banconi: parlavano di magia, di lingue antiche, orientali; di numeri, di pozioni, di astri. Probabilmente quello era il luogo in cui Harmony lavorava e studiava di notte, lontano da orecchie e occhi indiscreti. Vi erano anche i resti di vecchie lanterne dai vetri rotti e di candele ormai sciolte da tempo.
    Sarebbe bastato guardarsi attorno per notare infine un armadio scuro non troppo grande, stipato in uno degli angoli della stanza buia. Aprendolo, i docenti vi avrebbero trovato un cimelio prestigioso e dalle fattezze antiche: un pensatoio.
    A lato, ben dieci boccette contenenti del liquido argentato di ovvia provenienza.
    Sarebbe spettato ai docenti scegliere come agire, se cimentarsi subito nella visione dei ricordi privati appartenuti probabilmente al vecchio Preside, oppure se andare via da quel luogo oscuro per chiedere al Cappello ulteriori spiegazioni.
    XhBYdLg
    Nel mentre, il ritratto di Gaius Harmony continuava a rimanere in silenzio, carezzando con lentezza il mento, l'ennesimo sorriso ambiguo a riempire il suo volto pallido.


    Scadenza: 10 Maggio incluso.

    Vi trovate davanti 10 boccette colme di ricordi.
    Potete scegliere di tornare indietro o di guardare i ricordi, scegliendone 1 a testa per ogni turno e segnalandolo in spoiler (Es. Amalia prende la terza boccetta). Potete versarli dentro il pensatoio autoconclusivamente, per poi immergervi due alla volta, narrando dunque dopo i primi due eventuali post, di farlo subito dopo i colleghi.
    Qualsiasi interazione con l'ambiente tramite l'uso della magia o altri intenti va destinizzato.

    Andrew E. Laeddis Everett Marshall Price Valerius Cunningham Mikal Levischmiedt Michael JD Rosenbaum Amalia Harp Leonard Lennox Meredith Seaver Calgacus McDougall Gerald Caulfield
     
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    Tornò in Ufficio del Preside col cuore ancora in panne e il respiro affannato dalla piccola corsa che aveva fatto per giungere fin lì il prima possibile.
    Si chiese se i ragazzi sarebbero stati al sicuro, se non fosse più saggio tornare indietro e rimanere con loro, lasciando le parole del Cappello a chi avrebbe potuto narrargliele in seconda battuta. Ma lo stesso Cappello era stato categorico: il compito di ritrovare le bacchette spettava ai ragazzi e a loro soltanto, probabilmente perché scrigni di un potere ancora integro nella loro purezza.
    Non riuscì a sedere, una volta in mezzo ai colleghi, tanta era l'agitazione provata. Rimase allora in piedi, con le braccia incrociate davanti il ventre e i passi veloci che scandivano lo scorrere del tempo ad ogni parola del Cappello, sempre più stupita di quanto stava ascoltando.
    Mikal non aveva conosciuto Harmony. Quando aveva avanzato la sua candidatura era stato Andrew ad accoglierla: del vecchio Preside sapeva soltanto ciò che tutti sapevano, quanto narravano le pagine di Storia di Amestris e gli aneddoti dei colleghi che vivevano fra le mura di quel castello da più tempo.
    La prospettiva che ci fosse una stanza occulta proprio nei pressi di quell'ufficio e in cui Harmony aveva lavorato segretamente era insidiosa, a suo dire, senza saper spiegarne fino in fondo il motivo: perché occultare un luogo di lavoro, se di questo si trattava? Che genere di esperimenti conduceva al suo interno?
    Mikal non esitò un istante: quando il Cappello terminò il suo discorso, si avvicinò alla stanza incriminata con la bacchetta sguainata, attendendo che qualcuno, magari Price, pronunciasse la parola d'ordine prima di entrarvi, o facendolo altrimenti lei stessa.
    Si ritrovò in un posto buio, spazioso ma disordinato, colmo di oggetti, pergamene e cimeli di lavoro. Fu costretta a portare la mano al viso per difendersi dal puzzo emesso probabilmente da ingredienti ormai andati, osservando quel posto senza toccare alcunché, nemmeno il grande cannocchiale.
    Persino la sua piaga parve ammutolire di fronte quel marasma, la paura e il timore per i ragazzi a riempire qualsiasi vuoto avesse nello stomaco, benché il pensiero di poter rubare qualcosa persino da quel luogo l'assillasse in sottofondo.

    Aperio.

    Puntò il catalizzatore sull'armadio scuro posto su uno degli angoli della stanza, scoprendovi poi dentro qualcosa di inaspettato: un pensatoio.
    Rimase a guardarlo affascinata, prima che preoccupata, consapevole di non poterlo portare via senza essere vista.

    Un pensatoio.
    E dei... ricordi.


    Annunciò ai colleghi, se mai l'avessero seguita fin lì. Inseguì l'istinto di toccare una boccetta per versarla nel pensatoio e tuffarvici senza troppi dubbi: quella situazione richiedeva il massimo sforzo da chiunque. Se per curare i ragazzi e se stessa avrebbe dovuto tuffarsi, letteralmente, nei ricordi del defunto Preside allora lo avrebbe fatto senza alcuna remora, sperando di trovarvi qualcosa che potesse fare al caso loro, come sembrava aver fatto intuire il Cappello.
    Senza esitazione, allora, afferrò la prima boccetta che le capitò sotto mano, versandola poi nel pensatoio nel quale si sarebbe immersa, aspettando l'eventuale inserimento di altri ricordi, col fine di mettere un freno ad ogni altra preoccupazione trattenendo il respiro.

    - Ho autoconcluso Aperio, considerata la possibilità di scoprire del pensatoio autoconclusivamente;
    - Mikal aspetta che qualcuno pronunci la parola d'ordine al posto suo, altrimenti è lei a farlo;
    - Mikal versa un ricordo e aspetta eventualmente che lo faccia qualcun altro, prima di immergersi nel pensatoio.
    Mikal sceglie il ricordo numero...: 9
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      Mikal Levischmiedt
     
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    Erano trascorsi quasi quattro mesi da quando il rito di Mikal in una gelida notte di Febbraio gli aveva permesso di galleggiare, quantomeno, respirare a pieni polmoni aria fresca ogni giorno e riprendere coscienza di sé e della complessità degli eventi che si snodavano attorno a lui. Ma nessun malanno gli aveva portato via il cuore pulsante di impulsi e nessuna cura l'aveva messo a tacere: era tutto ciò che gli era rimasto, menomato nel pensiero, e aveva rapidamente ripreso il suo spazio in assenza di nemici. Entrare nell'ufficio del Preside non aveva smesso neppure per un istante di essere umiliante. Tutto, di quella stanza, rievocava cinque anni di lavoro e sofferenze e tutto, di quella stanza, rievocava l'esatto momento in cui Audrey Dixon, che pure l'aveva accompagnato su quella poltrona coi voti di nessuno, riusciva finalmente a buttarlo fuori con la perfetta motivazione. Era vittima di un'ingiustizia, oltre che di una rovinosa piaga, e non riusciva a dimenticarlo.
    Fece il suo ingresso a bocca cucita, lo sguardo finalmente vispo, l'attenzione catturata ancora una volta dalla strana prospettiva di entrare da atteso, lui che attendeva che altri entrassero, dall'altro lato.

    Ha deciso, dunque.

    Commentò a denti stretti l'illuminazione del Cappello. L'attendevano tutti da che aveva memoria rinnovata, dalla sera dell'anello o poco più in là, e sembrava davvero giunta l'ora che conferisse con loro. Dal canto suo, Andrew scambiò uno sguardo con Mikal, accorsa affannata prima di lui, e un doveroso al Preside in pectore, per l'inguaribile senso delle istituzioni a cui non sapeva porre freno neppure col rancore. E per quanto Everett Price avesse semplicemente ereditato quanto previsto dalle norme, Andrew non poteva fare a meno di assottigliare lo sguardo e irrigidire le spalle in sua presenza. Non l'avrebbe ammesso neppure durante una trance come quella in cui l'aveva calato Mikal per salvarlo, ma vi era un anfratto remotissimo nel quale si annidava l'idea viscida che l'insegnante di Pozioni fosse, in fondo, un usurpatore.
    Durante il racconto del Cappello, il professore di Aritmanzia si domandò se ci avesse mai conversato come quello diceva dei Presidi che l'avevano preceduto, ma la risposta era perlopiù negativa. Quanto avrebbe scoperto, se solo ci avesse provato, come era parso naturale, quasi rituale per tutti ma non per lui. Poi, un dettaglio lo fulminò e lo paralizzò.

    Hybris…

    CITAZIONE (Il Tessitore @ 13/11/2016, 20:26) 

    XhBYdLg



    Come può un morto modificare la realtà dei vivi?
    L'alone di mistero nel quadro dell'ex preside e fondatore di Amestris non lo abbandonava neanche nell'immagine magicamente animata.

    Ingenuo.

    Il vecchio preside guardò Carlotta bieco, poi Laeddis, con l'aria vuota, assente, sua tipica espressione in vita. Era già da un anno, ormai, che il suo ricordo era rimasto impresso nel quadro. Non aveva mai parlato al nuovo preside, né si era mai mescolato ai borbottii degli altri quadri.
    Guardava Laeddis con disprezzo.

    Un Preside che non conosce il proprio castello.

    Il cappuccio nero, poggiato sulla nuca bianca, scese d'un tratto, e lo sguardo inquietante di
    Gaius si fece più severo, privo di qualsiasi benevolenza, decise di schernirlo.

    Un mago che non sa che non esiste mai una sola via d'uscita.
    Credi che preferissi sentirmi prigioniero, qui dentro, Laeddis?

    Lo sapevo.

    Parlò senza accorgersene, che gli occhi tornavano a guardarsi intorno dopo aver vagato senza vista per una manciata di attimi. Si voltò di scatto a cercare quel solo, singolo quadro che oltre quattro anni e mezzo prima si era preso gioco di lui mentre la più grande minaccia che quella Scuola avesse mai visto si abbatteva sulle sue mura, sventrando quello stesso ufficio. Aveva avuto sotto il suo naso uno scrigno segreto per tutto quel tempo e non se n'era mai accorto.
    Si ritrovò con una fiala tra le mani e se ne accorse solo quando ne avvertì il gelo attecchito sulla superficie. Per quanto si sforzasse, non riuscì a ricordare com'era arrivato a quel punto. Vedeva solo un armadio aperto e Mikal che prima di tutti vi si era avvicinata e l'aveva aperto per tutti loro.

    Cosa stiamo facendo?

    Si fissò le mani, poi cercò i colleghi in un impeto di distorta lucidità, lo sguardo vacuo e disorientato. Provava così tanto, tutto insieme, che gli mancò il fiato: delusione, paura, poi vergogna e rabbia e ancora mancanza, soffocamento. Si sentì un bambino in colpa, poi un mutilato che mieteva la sua vendetta, poi un incapace rimosso in fondo solo troppo tardi.
    Quando vuotò la boccetta nel pensatoio sperò solo che il turbinare dei ricordi di quell'uomo così misterioso, morto con troppi segreti ancora nei polmoni, lo mettessero a tacere per più tempo possibile.


    Andrew prende la boccetta numero: 3
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      Andrew E. Laeddis
     
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    Amalia fissava il Cappello Parlante. Numerose erano le cose che le passavano in testa in quel momento, al punto da camminarle sulle labbra ed essere in procinto di sfuggire da esse da un momento all'altro. Per qualche motivo però sembrava essere riuscita a trattenerle, semmai questa era la sua intenzione. Ma chi poteva saperlo? Non lei in quel momento, ché troppo intenta rimanere silente in favore di un dialogo con se stessa. Più concentrazione così. Sì. E allora ripercorreva ancora una volta le parole del cimelio per trovare qualcosa che le era sfuggito o che risaltasse in quell'insieme di informazioni ancora troppo spiazzanti da digerire.
    Eppure, Amalia sapeva che era l'unica cosa da fare perché una soluzione andava trovata. Avevano aspettato anche troppo, per cui niente secondi sprecati a smaltire lo stupore scatenato dalle sue parole. Agire. Ora che si era deciso. Ora che avevano una pista. Dopo, forse, i giorni che sarebbero venuti una volta che tutto avrebbe avuto fine, avrebbero concesso a tutti loro di far assorbire quelle novità alla pelle con un ritmo decente. Adesso, proprio quello non potevano permetterselo.

    Ma si è addormentato?

    Aveva pensato con lo sguardo vitreo assottigliato sul Cappello Parlante e proprio nel momento in cui stava per esprime quel pensiero con la voce, si accorse del ritorno della Stella. E via via anche degli altri. Dunque non era più necessario porre quella domanda nonostante fosse priva di quella stessa intenzione: il Cappello sembrò essersi destato.
    Benché aveva camminato per quella scuola fin dalla sua nascita e stata Vicepreside sotto Harmony fino alla sua dipartita, Amalia si trovò a prendere atto di questa stanza segreta per la prima volta. Tutto ciò la destabilizzava e l'incuriosiva allo stesso tempo, ma le permetteva di riconoscere l'abilità di Gaius di averlo tenuto celato per tutto questo tempo. Tra le dita non vi aveva mai trovato il presentimento dell'esistenza di tutto ciò.
    I perché che derivavano da quella novella erano tanti, e probabilmente sarebbero stati ancora di più se la professoressa di Incantesimi si fosse fermata a rimuginarci su. Ma come detto prima, i secondi non andavano impiegati in altro se non in quella traversata con i colleghi. Così seguì Mikal ed Andrew allo stendardo di Amestris e dopo che quest'ultimo pronunciò la parola d'ordine, Amalia entrò nella stanza con loro. Olezzo pungente e oscurità furono i primi a dare il benvenuto, seguiti da
    una mobilia scura e da un quantità di tappezzeria smeralda. Mano a mano che avanzava, lo sguardo della strega metteva a fuoco gli altri ospiti della stanza: oggetti di vario genere, arcani e antichi, in compagnia di una molte cospicua di pergamene e altri strumenti da lavoro. Per un attimo la vista venne catalizzata dal grande cannocchiale che attraversava la finestra, ma subito l'attenzione tornò all'armadio scuro. Aperto dalla Stella, Amalia ebbe occhi e adrenalina solo per il pensatoio che conteneva.
    Già, ricordi. Dieci boccette messe lì. Dieci vie possibili da seguire o collegare in una soluzione unica. Se il Cappello li aveva condotti lì, significava che dovevano vedere quei ricordi o non aveva alcun senso.
    Allungò il braccio candido e schiuse il palmo sinistro per afferrare anche lei una delle fiale e ne avrebbe versato il contenuto dopo che Mikal ed Andrerw si sarebbero immersi.

    - Amalia versa la boccetta e si immerge attendendo Mikal e Andrew come da direttive.


    Amalia prende la boccetta numero:: 2
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      Amalia Harp
     
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    Neanche a dirlo, Leonard si era fatto trascinare dagli eventi come se fossero stati guidati dalla mano di Madama Sorte in persona, il che per lui era un punto di vista tanto incantevole quanto affatto improbabile. I suoi occhi chiari, in fondo, erano sempre stati due sfere di cristallo rivolte su un mondo ai più Velato, attraverso cui scrutava la realtà a ritmo di sfavillii celestiali e sensazioni divine.
    A un certo punto era così preso dai suoi sogni a occhi aperti che, entrando nella stanza segreta, nemmeno notò la diffidenza fatta a bacchetta sguainata della collega di Astronomia se non quando ormai la prima magia fu compiuta, rivelando nientemeno che il pensatoio del defunto Harmony. Uno strumento a lui senz’altro familiare, eppure dai riflessi sempre così pieni e ammalianti da risultargli difficile staccare lo sguardo prima di una ragguardevole manciata di secondi.

    Volete- cioè, dobbiamo…

    Il dito che indicava un punto imprecisato dell’artefatto magico, alquanto interdetto sul da farsi sebbene non potesse essere più ovvio di così nemmeno volendo. In fin dei conti chi erano loro per sottarsi al Destino, Leonard primo fra tutti non avrebbe mai osato contraddire la scelta davanti cui il Fato li stava ponendo; al più, si interrogava su quale misterioso Futuro ciò avrebbe riservato loro. E, così facendo, la sua mente riprese a fantasticare tra cieli infiniti e visioni imperscrutabili.
    Quando tornò a posare lo sguardo sui colleghi, nuovamente presente a sé stesso, poté essere quasi certo - come spesso accadeva - di essersi perso qualcosa. E dire che quella era una delle ultime situazioni in cui si sarebbe dovuto permettere distrazioni, divinatorie o meno che fossero.
    Avvicinò le dita alla fila di ricordi restanti, esitando appena prima di afferrare la numero sette.

    Sperando che il numero magico ci sia propizio.

    Partendo da sinistra aveva contato ben quattro volte per essere sicuro di prendere la boccetta corrispondente, o era aritmanticamente certo che la sua mente trasognata lo avrebbe fatto incorrere nell’ennesima svista del caso.
    Fissò gli occhi chiari su quel turbinio argentato di ricordi, di una storia che non gli apparteneva e che pure ora avrebbe fatto sua. Chi Gaius Harmony fosse stato, in fondo, Leonard lo sapeva poco o per nulla, e per questo forse era anche da biasimare il suo scarso interesse per qualsiasi questione che esulasse dalla sfera del Divino. Adesso però non avrebbe avuto più modo di fuggire dalla propria ignoranza, ché poteva solo gettare la testa nel Passato e sparare di non esserne travolto… un’altra volta.

    Con sé Leonard porta anche 2 pietre semi-preziose (Ametista e Giada) dal baule.

    Leonard prende il ricordo contenuto nella boccetta numero 7
     
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    La cura a ogni male...



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    La chiamata da parte del nuovo Preside era giunta inattesa, ma quasi non lasciò il tempo ai quadri di sottolinearle una seconda volta l'urgenza. Si mosse rapida, correndo a tratti per poter raggiungere l'ufficio di Price e ascoltò silenziosa le parole del Cappello. Davvero ci aveva messo così tanto per decidersi? Per ricordare tutto il necessario? Cercava di ricordare a se stessa che il Cappello Parlante era molto antico e che probabilmente anche la magia che lo animava non era esattamente quella di una volta, per quanto potente. Da piccola lo aveva visto come un essere, una creatura vera e propria in grado di leggerla, di leggere la sua mente, il suo cuore e il suo animo, ma adesso non riusciva a vedere altro che il risultato dell'incantesimo potentissimo di un ex Fondatore di Hogwarts. La sua vecchia scuola era caduta sotto un attacco brutale, la sua nuova scuola stava perendo sotto l'azione lenta e malefica di una maledizione. Lei stessa si stava perdendo, anche se non lo voleva ammettere. Non ricordava più il suo viso e non voleva vedere ciò che le era stato ridato, perciò si sentiva come una persona priva di volto, qualcuno senza identità e nessuno sembrava volergliela ridare, perché praticamente nessuno riusciva a vederla. Rimase in attesa, vedendo Mikal e gli altri due Resposabili uscire di fretta dalla stanza per attivare i ragazzi. Quegli studenti avevano già sofferto abbastanza e ora si chiedeva loro di combattere per ciò che un tempo era stata data per scontata: la normalità e la quotidianità che non vivevano più ormai da mesi.
    Al rientro dei tre professori Eloise abbassò lo sguardo per un secondo, incapace di cercare lo sguardo di Mikal, perché sapeva che probabilmente vi avrebbe letto qualcosa che non le andava di vedere. Tornò a concentrarsi sul Cappello solo quando questo riprese a parlare senza dare alcun tipo di preavviso. Era stato in silenzio per mesi e ora invece riversava tutto quello che sapeva in un colpo solo. Una parte di lei provava rabbia e l'altra sollievo, ma non poteva dare libero sfogo a nessuna delle due.
    Guardò con la fronte corrucciata verso la porta indicata e poi osservò con malcelato stupore la comparsa di un luogo che era stato nascosto alla vista fino a quel momento. Muovendosi con il resto dei professori fece il suo ingresso in una specie di antro. No, non era davvero un antro, ma l'oscurità, il segreto e l'odore rendevano quel luogo decisamente poco associabile a uno "studio segreto". Mentre si guardava attorno, quasi fosse una vera e propria bambina in gita, si ricordò della sera in cui il vecchio preside morì. Anche lei era a Drayrdd, ma era stata preda di allucinazioni, incapace di difendersi, ma in grado di fare del male, cosa che aveva rischiato di fare. Quando tutto era finito, così come era iniziato, Harmony era morto. Guardando i suoi oggetti, i libri, gli ingredienti, il cannocchiale e, alla fine, il pensatoio si ritrovò a pensare che forse era morto senza dire un sacco di cose. Oppure voleva solo un luogo in cui poter stare tranquillo, ma perché non dirlo? Perché stare zitto nel suo quadro appeso nell'ufficio accanto a loro? Sent' di nuovo la rabbia salire. Era stanca e percepiva che la mancanza di totale autocontrollo sulle proprie emozioni era dovuto a quello e alla frustrazione di tutti quei mesi, di quella situazione e di quello stesso luogo. Avrebbe avuto un paio di paroline da dire al quadro di Harmony, ma avrebbe potuto farlo anche in un secondo momento. Senza pensarci due volte si mosse verso una delle boccette. Sentendo le parole del professore di Divinazione, senza nemmeno pensarci, ribatté seccamente, quasi lapidaria tanto era furente.

    Sì, dobbiamo.

    Tutti erano stati fin troppo zitti: il Cappello, il defunto preside... Se nessuno voleva dire loro la verità, allora se la sarebbero cercata. Finalmente avevano una piccola speranza. Se avessero scoperto che quei ricordi non riguardavano la loro situazione... pazienza. Se invece fossero stati utili? Lui era il fondatore di quella scuola, lui forse sapeva qualcosa.

    Caro Cappello Parlante, prega che qui ci sia qualcosa di utile o potrei pensare di darti fuoco...

    Non era stata smistata nella Casa del Fuoco? Glielo avrebbe potuto anche ricordare.
    Dopo aver afferrato uno dei ricordi si guardò attorno cercando di capire se tra gli ingredienti ci fosse qualcosa di utile.

    Eloise prende il ricordo 6 grazie al tiro di dado.
     
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    I quadri del corridoio del terzo piano avevano intercettato il professor McDougall poco distante dal suo studio. In particolare erano tre gentiluomini di periodo Tudor ad aver preso a cuore la missione di convocazione del preside Price. Avevano individuato il mezzo gigante da lontano e subito avevano cercato di raggiungerlo fisicamente, sconfinando dal loro fondo marrone scuro nel paesaggio bucolico del quadro alla loro destra. Correndo, accalcandosi l’uno sull’altro e bastonandosi a vicenda, l’avevano inseguito per diversi metri a malapena capaci di tenere il passo delle sue ampie falcate.

    Professore! Professore!
    Professore!
    Aspetti!

    Ma Calgacus aveva fatto finta di non sentire e aveva preso a camminare più in fretta nella direzione opposta, preoccupato che i quadri magici volessero semplicemente prendersi gioco di lui. La ritirata era stata fermata da un altro quadro, molto più convincente del precedente. Raffigurava uno scorcio di casa colonica con un grosso pentolone in primo piano e una mezzadra intenta a mescolare ancora e ancora. Ogni tanto dal pentolone usciva il braccio paffuto di un bambino e la donna si affrettava a rispingerlo giù con un colpo di mestolo.

    Il Preside chiede di lei, è urgente.

    Il mezzo gigante s’arrestò, annuì, balbettò un poco e poi prese letteralmente a correre in direzione dell’ufficio del Preside, pregando di non essere in ritardo.



    ***


    Era rimasto a lungo in silenzio, stordito dal peso delle dichiarazioni del Cappello Parlante. Quindi gli studenti avrebbero dovuto portare a termine delle missioni da soli e recuperare un qualche tipo di reliquia caratteristica della propria Casa. Nessuno degli adulti avrebbe potuto aiutarli e Calgacus la avvertì quasi come una propria negligenza, anche se razionalmente non c’era motivo per cui si sarebbe dovuto colpevolizzare. Era semplicemente impensierito all’idea di studenti, tra cui ce n'erano alcuni che ancora soffrivano le conseguenze di Halloween, che scorrazzavano senza protezione in giro per la scuola rischiando di incappare in chissà quale altra maledizione.
    Con aria contrita tentava di asciugarsi le mani sudate sui pantaloni senza davvero riuscirci. Lo sguardo era fisso sullo squarcio che faceva da bocca al Cappello, improvvisamente richiusosi come nient’altro che una piega del tessuto. Il mezzo gigante sospirò, seguendo i colleghi lungo il passaggio rivelatosi nella pietra. I suoi occhi chiari faticarono ad adattarsi alla scarsa illuminazione, ma pian piano riuscì a mettere a fuoco i contorni di oggetti riconoscibili come grossi tomi dall’aria antica, un enorme cannocchiale e dei calderoni. Trovò ancora più difficile abituarsi all’odore putrido, segno che qualcosa era marcito nel tempo: in un pugno chiuso soffocò un conato in potenza, il reflusso gastrico era un nemico inflessibile che si ripresentava quando meno ne aveva bisogno.
    La professoressa Levischmiedt aprì un armadio con la magia, rivelando un pensatoio contenuto all’interno e uno alla volta i suoi colleghi scelsero una delle fiale esposte e ne vuotarono i ricordi contenuti all’interno. Calgacus lanciò un’occhiata di sottecchi all’ex Preside Laeddis, incerto di come procedere. Avrebbe dovuto imitarli, scegliere un ricordo a propria volta?
    Aspettò qualche istante di troppo, forse, ma quando vide persino l’infermiera della scuola farsi avanti senza indugio decise che era sicuro seguirli. Esitante, mosse una mano in direzione della prima fiala, maneggiandola con quanta più delicatezza gli fosse possibile considerate le dimensioni considerevoli delle sue mani.
    Calgacus prende il ricordo 1
     
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    Uno dopo l'altro i docenti si immersero nel pensatoio, abbandonando la realtà così come la conoscevano.
    Spettatori e nulla più di ciò a cui poterono assistere, quei fili d'argento contenevano segreti e scoperte colme d'importanza: spettava soltanto a loro comprenderlo e capire cosa fare di quelle informazioni.



    ***



    La stanza era dismessa ma non abbastanza spartana da definirsi malconcia. Fuori il buio era spesso interrotto da una serie di fulmini, mentre il temporale imperversava la sua furia con tuoni e pioggia fitta.
    Piccole sfere lunimose erano state evocate per riaschiarare l'ambiente lugubre, si respirava aria di tragedia. Due figure occupavano quella che presto si rivelò essere una camera da letto, in un angolo poco distanti dalla finestra dove il giaciglio poggiava.
    La donna stesa nel letto era bellissima e semplice, sebbene ci fossero degli elementi particolari che denotassero un potere immenso. I lunghi capelli erano striati di varie tonalità di bianco e blu come venature di ghiaccio, la pelle candida trasudava un certo bagliore solo a guardarla, gli occhi azzurri profondi e colmi di una saggezza inusuale per l'età che dimostrava. Ma il respiro debole e affaticato indicavano qualcosa di grave in atto. Chi avesse indagato a fondo avrebbe trovato una lettera di un Guaritore su un tavolino, dove annunciava che per il veleno rinvenuto nel sangue della donna non era stata trovato un antidoto sufficientemente capace di contrastarlo. L'uomo alto, curvo al suo capezzale, le stringeva affettuosamente la mano. Una singola lacrima a rigargli il volto stanco e consumato dalla stanchezza e dal pianto.

    Troverò chi ti avvelenato e lo crucerò finché non si penta d'essere nato!

    Stava esclamando l'uomo con veemenza, stringendo le nocche mentre queste sbiancavano. All'udirlo così irato la donna posò l'altra mano sulla sua.

    Non è il momento della vendetta, Aleksej. Dobbiamo sbrigarci.

    La donna con estrema fatica raccolse dal comodino due oggetti. Fu lesta a cederli al compagno, ma gli occhi attenti degli spettatori invisibili avrebbero notato i dettagli: un ovale di Ghiaccio e una clessidra splendente. Entrambe di pregiata fattura, parevano cesellate dalla natura stessa piuttosto che da mano umana.

    Cosa-
    Fammi parlare, Aleksej. Non mi resta molto tempo. Devi prendere questi, continuare il compito che mi spettava.

    Ma questi sono...

    Sì, esattamente. Li ho protetti a costo della mia stessa vita e come vedi - cough cough - ne pago le conseguenze. Ma ora tocca a te. Sei la persona più adatta e fidata a rappresentare i Figli del Ghiaccio. E per questo ti servirà lo strumento migliore di tutti.

    Dalla tasca una bellissima bacchetta di rovere adornata di zaffiri comparve tra le dita indebolite della donna. L'uomo indietreggiò inorridito.

    La tua bacchetta? No, questo non posso accettarlo!

    Lei sorrise flebilmente.

    Devi, Aleksej. Ti aiuterà a donarti la pazienza, a capire, a riflettere. Forse… se accetterà di concederti i suoi privilegi. Ma non dubito che ciò accadrà.

    L'uomo strinse il catalizzatore con la mancina, incredulo su quanto stesse per accadere. Il volto si fece risoluto e deciso non appena rispose con un cenno d'assenso.

    Solo per te, Clara. Lo prometto.

    Lei lo guardò teneramente, trattenendo a stento le lacrime che inumidivano l'orlo degli occhi. Eppure sorrise nell’istante in cui capì che la bacchetta avrebbe accolto con piacere il suo nuovo padrone.

    Aleksej... Sii prudente.

    E con le ultime parole la vita abbandonò la donna, i capelli che si tinsero di castano naturale e le gote persero quell'aura di potere che sprigionava prima. Quelle caratteristiche erano ora visibili nell'uomo: non appena la sua amata aveva rinunciato al potere del Ghiaccio esso aveva scelto un nuovo custode, infondendo in lui tutta la sua essenza. Clara non si era sbagliata, Aleksej era stato davvero ritenuto degno dalla bacchetta di divenire il successivo Custode del Ghiaccio.



    Mikal Levischmiedt pesca il ricordo numero 9: del Ghiaccio

    Tutti i Docenti possono intuire che quel ricordo non appartenesse a Gaius.


    ***



    La notte era il momento migliore per studiare le stelle e i segreti che nascondevano dietro la loro luce; per apprezzare le loro potenzialità, fino a sfruttarle a suo favore.
    Gaius rimirava il cielo grazie all'enorme cannocchiale, al sicuro fra le mura del suo spazio personale occultato agli occhi e alla mente di qualsiasi altro membro del castello a parte se stesso e il suo fidato rapace, Shakespeare.
    Il silenzio la faceva da padrone in quel luogo sparso di libri, pergamene e porzioni di cibo lasciate a metà. La maggior parte dei manuali era aperta per terra o sui banconi, gli stessi che studenti e docenti continuavano a prendere in prestito dalla biblioteca per continuare i propri studi. Molti parlavano di aritmanzia, di alchimia e di stelle.
    I più attenti, in particolar modo, avrebbero notato che il Sole, la stella del sistema solare, era presente in un modo o nell'altro nella maggior parte dei testi di Astronomia: quali erano le sue caratteristiche, le sue peculiarità magiche, le sue proprietà rispetto all'influsso che aveva sulla magia degli uomini. I libri di alchimia, invece, recitavano formule legate a metalli e a cristalli, gemme e catalizzatori. Era l'oro il materiale più citato dai capitoli aperti, elemento che i più esperti non avrebbero fatto fatica a riallacciare proprio al Sole.

    Shakespeare.
    Ci siamo: posso farlo.


    Gaius, dopo minuti interminabili di osservazione astronomica, pareva aver raggiunto un obiettivo sconosciuto ai più: si avvicinò senza esitazione ad uno dei manuali di Numerologia aritmantica, soffermandosi sul numero cinque. Vi aggiunse alcuni simboli astronomici: il sole, Giove, Saturno.
    Lesse velocemente qualcosa, sogghignando con evidente soddisfazione al baiore della candela ormai quasi del tutto sciolta.

    Il numero dell'uomo...



    Andrew E. Laeddis pesca il ricordo numero 3: le Stelle

    - Chiunque abbia Intuito uguale o maggiore a 24 può intuire che Gaius stesse studiando qualcosa in particolare, poiché trova delle somiglianze fra gli argomenti dei manuali aperti;
    - Chiunque abbia Astronomia Avanzata I riconosce che ci sono libri astronomici che parlano del sole;
    - Chiunque abbia Alchimia riconosce molti libri che parlano di metalli e oro;
    - Chi ha Aritmanzia Avanzata I riconosce molti libri che parlano di numerologia.


    ***



    Due bacchette levate in aria, nella posizione di saluto tipica di un duello. Poi la polvere della terra sotto le suole dei due uomini si levò quando entrambi si volsero, allontanandosi l'uno dall'altro per raggiungere le estremità di un'arena abbozzata. Niente arbitro, niente pubblico: solo una sfida che riguardava i singoli partecipanti e con una posta in palio molto alta.

    La bacchetta sarà mia dopo averla battuta.

    Sentenziò colui che pareva essere il più anziano dei due, ovvero Gaius Harmony in persona. La risposta dell'altro non si fece attendere.

    Sciocco! Dimentica forse chi sono io?

    La barba scura e irsuta si scosse al ritmo delle risate tonanti mentre occhi di brace incenerivano l'avversario. Ardeva dalla voglia di cominciare quel duello e si notava da come si muoveva nervosamente sul posto, pronto a scatenare la potenza di cui era capace. Dalla bacchetta ricolma di rubini già si notavano lingue di fuoco, rosse quasi quanto i vestiti che indossava.
    Il duello fu lungo e combattuto, nessuno dei due sembrava voler cedere. Le magie dell'uomo erano spettacolari, il Fuoco gli rispondeva come non ve ne erano stati eguali, ma alla fine servì un pizzico di astuzia e di fortuna perché Gaius riuscisse a vincerlo.
    Stremato, tutta la massa di muscoli ricadde nella polvere, le vesti macchiate di quella stessa terra che lo aveva visto trionfare tante volte. Quel giorno la troppa sicurezza lo aveva tradito. L'uomo lanciò un ultimo sguardo carico di rabbia e rancore dal basso verso l'alto, le parole che rantolarono fuori come fossero sputate.

    No... non puoi...

    Lo farò, invece.

    Replicò Gaius, strappandogli la bacchetta dalle dita con sguardo vincente.



    Amalia Harp pesca il ricordo numero 2: il furto del Fuoco


    ***



    Un uomo. Una donna.
    Un castello in fiamme.



    Leonard Lennox pesca il ricordo numero 7: il Castello

    Tutti i Docenti possono asserire di aver riconosciuto Amalia Harp.


    ***


    Scarlett Sparkles era una ragazza desiderosa di attenzioni più numerose di quelle che riceveva: sapeva di poter brillare, di avere dentro di sé una luce capace di abbagliare chiunque avesse voltato lo sguardo in sua direzione, di poter fulminare con quello e con la magia che le scorreva fra le dita.
    Stava costruendo la sua carriera da scacchista scacco dopo scacco, mossa dopo mossa, strategia dopo strategia, e finalmente ci era riuscita: aveva vinto la partita che le aveva consentito di diventare la campionessa di scacchi dei maghi dell'intera Inghilterra magica, un traguardo finora raggiunto soltanto da uomini e goblin.
    Si trovava nella sua camera, Scarlett, a contemplare il suo trofeo della vittoria, una coppa in argento con disegni animati di scacchi che si rincorrevano fra di loro, distruggendosi a vicenda come in una battaglia.
    L'osservava compiaciuta, il volto pallido illuminato dalla luce fioca della candela, gli occhi inumiditi da lacrime di trionfante gioia. Portò le dita sulla scatola degli scacchi dei maghi, gli stessi su cui si allenava ormai da anni, quelli che custodivano ogni suo errore, ogni sua lacrima, ogni goccia di sudore che la strega aveva versato in quegli anni per arrivare dove si trovava adesso.
    Ma quando l'apri, stavolta, insieme ai suoi amati pezzi trovò qualcos'altro, qualcosa di al quanto singolare: una bacchetta.
    Era bella, di mogano, ornata da gemme violacee che riconobbe come ametiste. Non poté fare a meno di prenderla con sé, di toccarla, di osservarla con attenzione chiedendosi come potesse essere finito fin lì un cimelio simile. E proprio mentre provava a scoprire quale fosse stata l'ultima magia lanciata con quel catalizzatore, Scarlett, osservò la sua pelle cambiare diventando più lucida, lo sguardo accendersi di gioia, le labbra scurirsi, i capelli colorarsi di gemme: si guardò allo specchio e non riconobbe più se stessa; si guardò allo specchio e finalmente riuscì a vedersi per quella che aveva sempre saputo di essere.



    Eloise Hunt pesca il ricordo numero 6: Della Tempesta

    Tutti i Docenti possono asserire che il ricordo non appartiene a Gaius.


    ***



    Le mani pallide di Gaius rilucevano sotto la luce della luna, tremando al cospetto della notte e del freddo.
    Il respiro era affannato, gli occhi gonfi e sorpresi, il petto in balia del cuore martellante al suo interno.
    La bacchetta.
    Era nera, impreziosita di verde, sinuosa, splendida.
    Si trovava ai suoi piedi, gli sarebbe bastato soltanto piegarsi per afferrarla. Si piegò, e un velo di fumo rese impossibile scoprire cosa accadde dopo.
    C'era soltanto lui, Gaius, con delle ombre indistinguibili intorno. Aveva l'aria di chi aveva qualcosa da dire e cominciasse anche a farlo: ma dalla sua bocca fuoriuscirono versi indistinguibili, come uditi da lontano, o sott'acqua, o al contrario. Sembrava il ricordo di un ubriaco. Poi, come in una gigantesca pozza d'acqua, anche la scena si fece confusa e torbida e la storia finì senza un perché.



    Calgacus McDougall pesca il ricordo numero 1: Qualcosa di strano

    Tutti i docenti intuiscono che il ricordo è stato manomesso.


    --------------------------------------------------------------
    //OFF

    Scadenza: 16 incluso


    - Come specificato in precedenza, potete asserire di vedere tutti quanti i ricordi pescati in sequenza immergendovi a due a due, dando per scontato che la coppia precedente l'abbia già fatto nel corso del vostro post (per non costringervi a postare con ordine, sostanzialmente).

    Le coppie sono: Mikal-Andrew; Amalia-Leonard; Eloise-Calgacus che vale per tre;

    - Se volete potete pescare gli ultimi ricordi rimasti seguendo la modalità precedente, vale a dire 1 ricordo a testa.
    Sono rimasti con precisione i ricordi numero 4, 5, 8, 10.
    Potete asserire in seguito di immergervi nuovamente seguendo anche stavolta le direttive dell'ultimo post.

    - Chiunque degli altri docenti può ancora unirsi e asserire di aver assistito a tutti i ricordi: Valerius Cunningham Meredith Seaver Everett Marshall Price Gerald Caulfield



    Edited by Il Tessitore - 12/5/2021, 23:35
     
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    Nei ricordi, Leonard lo sapeva bene, si scendeva come in un qualsiasi sogno o Visione a occhi aperti. Piano e poi tutto in una volta. Così ebbe inizio una serie di turbinii inconsistenti fatta di luci e ombre del passato, su cui i suoi occhi trasognati si posarono senza meta per chissà quanto tempo.
    Si era gettato fra quei ricordi liquidi assieme alla Harp, ed ecco che la stessa boccetta scelta da lui gliene restituiva una versione più giovane eppure non meno provata dalla sciagura.

    La fondazione…

    Quanta storia, quanta sofferenza e quanti traguardi tutti assieme, che si susseguivano e intrecciavano tra loro sotto forma di magia argentata e splendente.
    Nei pressi di quel riscoperto pensatoio, persino una mente svanita come quella di Leonard poteva arrivare a capirlo: ciascuna di quelle memorie celava ben più di quanto non mostrasse alla vista. Ricerche, segreti e misteri velati dal passare del tempo e dalla persona che fu l’ex-Preside Harmony. E tanti altri ancora rimasti da svelare.
    Quale era il significato di quelle scene? Cosa aveva spinto l’uomo a raccoglierle e a compiere simili azioni? E perché uno di quei ricordi pareva tanto confuso, compromesso o persino alterato?
    Per diversi secondi lasciò vagare il suo sguardo da una parte all’altra della stanza, alla ricerca di qualche messaggio Divino o dei presenti da interpretare. Nessuno. Madama Sorte al momento percorreva le vie del silenzio, mentre il resto dei colleghi indugiava su quelle della contemplazione più assoluta, probabilmente. Lui per certo. E dire che di enigmi e stranezze ne passavano per i corridoi del nono livello, solo che raramente spettava a lui occuparsene immerso com’era tra l’analisi di una potenziale profezia e l’altra.
    Se le cose stavano così, allora c’era un unico modo in cui portare avanti se stessi e la ricerca della verità, ed era attraverso un’altra fiala di ricordi liquidi. Lasciò alla sua mano coglierne una qualsiasi, certo che sarebbe stato il Destino a guidarla in quel compito.

    Procedo.

    Un breve e non richiesto resoconto, che però nell’atmosfera generale gli era sembrato quasi impossibile omettere.
    Tutte quelle incognite lo caricavano con un misto di ansia, fascino e timore, di quelli che solo i misteri più imperscrutabili della magia sapevano instillare. Un attimo di esitazione, giusto quello si concesse, prima di sacrificare l’ennesima memoria d’argento sull’altare della conoscenza.

    Con sé Leonard porta anche 2 pietre semi-preziose (Ametista e Giada) dal baule.

    Leonard versa il ricordo contenuto nella boccetta numero 5
     
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