Il nonno ebreo di Mikal

16 Dicembre.

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    La risposta dell'astronoma era arrivata a qualche giorno di distanza dall'invio della prima missiva, ma Ronnie non aveva avuto dubbi nell'imputare il ritardo ad una carente gestione del sistema postale britannico degli ultimi decenni; non era stato un problema che riguardasse anche le lettere via gufo, che lui sapesse, ma probabilmente con gli anni, quasi per osmosi, anche il corrispettivo magico della Posta Inglese Babbana stava iniziando a perdere colpi. Per evitare che un fatto tanto increscioso potesse capitare nuovamente, aveva spedito in fretta e furia la risposta, semplicemente scrivendo:
    CITAZIONE
    Buongiorno,
    16 Dicembre, Paiolo Magico alle 9:45.
    Buona giornata.

    Certo era stato breve, ma almeno poteva essere sicuro che entro la settimana la donna avrebbe ricevuto la sua lettera.
    Le nove e quarantacinque erano un orario strano: né le dieci, né le nove e trenta, a metà tra un "troppo presto" ed un "troppo tardi", ed in fondo era quello il motivo per cui il Ridgerton lo aveva scelto. Perché il Paiolo, invece? Boh, non c'era un reale motivo.
    L'ex-shintysta non era un grande frequentatore di pub o locali della Londra Magica, anzi, le rare volte che preferiva il whiskey di un locale piuttosto al suo, realizzato con la fedele ricetta di Nonna Ridgerton, prediligeva qualche bettola non-magica poco frequentata; data la fretta che lo costringeva ad una risposta d'impulso, aveva scritto il primo nome che gli era venuto in mente che, forse per sentito dire, forse per un segno del destino, era stato proprio il locale di Diagon Alley.
    Ed ora era lì, in anticipo di dieci minuti, già col fido bicchiere ricolmo di gioia scozzese in bottiglia, ad attendere l'arrivo della sua paziente, se così si poteva definirla, mentre rileggeva i resoconti forniti dal Ministero.

    Un vuoto da colmare...

    Forse portare la donna cleptomane in un locale pubblico, dove la maggior parte degli oggetti in bella vista erano di proprietà altrui o da dover pagare, non era stata una magnifica idea, ma lo stesso sfogliare documenti ministeriali ad un tavolino del Paiolo, con l'altra mano impegnata a tenere il bicchiere di liquore ben lontano da quelle pagine, certo non si poteva definire un colpo di genio. Ronnie non era una persona irruenta solitamente, ma quel brivido che provava sfogliando le pagine narranti una piaga incognita da dover studiare, gli faceva spegnere il cervello dall'eccitazione. Doveva controllarsi.
    Chiuse il piccolo fascicolo, riponendolo nella valigetta, e piazzando questa sulla sedia adiacente alla sua, in modo che potesse essere sempre sotto controllo; dunque, aspettò sorseggiando.

    Mikal Levischmiedt


    Edited by Il Tessitore - 14/1/2021, 17:06
     
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    La bramosia era diventata tanto forte, nel corso del tempo, da farle sognare l'oscurità: chissà se la mancanza della vista avrebbe messo un freno ai suoi desideri.
    La natura della sua piaga, come quella degli altri ventuno sfortunati, era occulta: potevano soltanto ipotizzare, sperimentare, sperare.
    La speranza era ciò che animava il cuore della strega, che giorno dopo giorno continuava a svolgere i suoi compiti e ad esserci per l'Accademia soltanto in sua virtù. C'erano momenti in cui pur di non cedere ai suoi impulsi, scappava altrove: lasciava la classe per minuti interminabili, sorvegliati dai fantasmi; andava via dalla Sala Grande durante pranzi e cene, accogliendo con più gioia il vuoto famelico piuttosto che quello del cuore.
    Si rifugiava in camera sua, dove tutto ciò che la circondava le apparteneva, cercando di strozzare il più possibile quel nodo all'altezza dello stomaco. A volte, pensava di dover lasciare tutto, chiudersi in una grotta e abbandonare la bacchetta per impedirsi qualsiasi mossa.
    Ma il vuoto era più forte di lei. Come fosse animata da un essere invisibile che, più spesso di quanto volesse, prendeva possesso del suo corpo, della sua mente, della sua anima.
    Aveva riflettuto diverse ore prima di accettare l'aiuto del Professor Ridgerton. Non perché fosse schizzinosa: non voleva rubare due mani e una mente agli altri sfortunati. Alla fine, aveva ceduto: se il docente si era rivolto a lei e non ad altri, era perché aveva i mezzi e le competenze per poter gestire il suo caso, o quanto meno provarci.
    Era arrivata al paiolo magico per l'orario stabilito. Si guardò intorno, cercando di concentrarsi solo ed esclusivamente su quello che aveva da fare: sedersi, aspettare. Chiudere gli occhi, respirare.
    Dopo qualche minuto di silenzio, realizzò d'improvviso di non avere idea di chi fosse Ronnie Ridgerton. Non aveva mai visto sue foto in giro per i giornali magici, né aveva avuto modo di interagirci in precedenza.
    Questa consapevolezza la preoccupò appena: se nemmeno l'uomo avesse saputo riconoscerla, avrebbero avuto una bella gatta da pelare. Cominciò dunque a guardarsi intorno con fare indagatore, cercando di immaginare che tipo di uomo potesse indossare il nome Ronnie Ridgerton: immaginava un uomo alto, adulto, dal portamento fiero, essendo un pozionista, un po' come il Professor Price. Aspettò dunque che qualcuno le si avvicinasse, convinta che le sue foto sulla Gazzetta del Profeta per via della sua appartenenza agli sfortunati ventidue, l'avrebbe in qualche modo ripagata, consentendo al Docente di riconoscerla fra i molti presenti in quel locale.

    Capodanno 4/11


    Edited by Mikal Levischmiedt - 6/1/2021, 14:08
     
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    Ronnie Ridgerton non era un uomo che vantava una grande capacità di pianificazione, né si era mai sforzato per poter provare a cambiare minimamente questo suo aspetto: le cose migliori erano quelle che venivano fuori in maniera spontanea, e qualsiasi forzatura che si andasse a imprimere nel proprio modus vivendi per raggiungere uno scopo, non avrebbe eguagliato un risultato ottenuto in maniera naturale. Per questo non si era mai messo a dieta, anzi, esibiva il suo rotondo panciotto con fare quasi fiero, poiché se davvero il suo corpo avesse voluto essere atletico, non sarebbe nato nella contea di Kingussie, dove lo sport nazionale era la bevuta di whiskey alla goccia. Oltre allo shinty, s'intende.

    Signorina Lebismit!

    Agitò una tozza manina sopra di sé, sporgendosi in maniera minima da dietro al tavolo, in modo che almeno potesse raggiungere una quota minima per poter essere avvistato dall'ingresso; lui conosceva bene il volto della donna che aveva scelto di prendere in cura grazie ai quotidiani, ma non sapeva se il suo faccione fosse conosciuto all'astronoma. Forse Atticus glielo aveva descritto, in uno dei tanti incontri romantici che certamente aveva avuto con la professoressa, ma era meglio essere sicuri che potesse essere riconosciuto.
    Alla fine, per galanteria decise di alzarsi, attendendo la sua paziente in piedi, per poi prendere nuovamente posto subito dopo di lei; aveva letto più di qualcuno dei suoi articoli e, per quanto non potesse minimamente ritenersi alla sua altezza nel campo specifico, apprezzato i suoi lavori nella disciplina in cui era specializzata.

    Buongiorno! Sono Ronnie Ridgerton, molto piacere.

    Se non si fosse avvicinata minimamente al tavolo, sarebbe stato lui ad andare verso di lei, a tenderle la mano.

    Sì, lo so cosa sta pensando. Ronnie? No, non è un diminutivo di Ronald! E' una storia alquanto bizzarra in realtà, perché mio nonno Sonne, pace all'anima sua, non era un uomo prettamente educato, nel senso che aveva ricevuto soltanto l'educazione basilare per poter imparare a leggere e scrivere. Gran lavoratore lui, ma a causa della guerra si erano persi i registri in cui si manteneva il nome all'anagrafe della Contea, quindi l'addetto dell'epoca scrisse sul nuovo documento Sonnie, non Sonne. E da qui l'idea di chiamare il suo nipotino Ronnie, dato che a mia madre piaceva il nome Ronald, ma mio padre voleva mantenere la tradizione di famiglia, che a me sta benissimo!

    Aveva respirato poco e niente in quella sua personale introduzione; ogni volta che il Ridgerton si sentiva minimamente eccitato, o in ansia per un determinato avvenimento, travolgeva chi gli stava attorno con fiumi e fiumi di parole fuori controllo.

    Lei invece, come sta?
     
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    Signorina Lebismit!

    Sentì una certa vocina raggiungere il suo udito prima che ad esso potesse unirsi il senso della vista. La Docente di Astronomia si voltò verso la fonte di quel richiamo strabuzzando appena gli occhi nell'istante in cui si poggiarono su quello che, inevitabilmente doveva essere Ronnie Ridgerton. Nel vederlo, il suo volto si tinse di una gioia immediata che non sapeva spiegarsi.
    Non aveva nulla a che vedere col soddisfacimento del suo vuoto interiore, com'era solito di quei tempi: era stata piacevolmente sorpresa dal trovarsi di fronte ad un uomo che, a partire dal sorriso, le ispirò immediatamente fiducia e allegria in modo del tutto naturale.
    Lasciò dunque il suo tavolo, avvicinandosi il più in fretta possibile alla seduta dell'uomo.

    Mi chiami Mikal, Professore.

    Disse quelle parole mentre si sedeva al suo fianco e, fin troppo abituata a sentire il suo cognome storpiato in mille modi possibili, la Docente gli chiese subito di chiamarla col suo primo nome. Non era qualcosa che faceva, di solito: bastava pensare a come fossero passati degli anni prima che lo stesso Preside iniziasse a rivolgersi a lei chiamandola semplicemente Mikal.
    Rimase così ad osservarlo senza fare accenno a volersi alzare dalla seduta, ipnotizzata dal fiume di parole che seguirono poco dopo le presentazioni. Eppure, il sorriso non aveva smesso di abbandonare le sue labbra nemmeno una volta, così come gli occhi avevano continuato a fissare l'anziano uomo con vero interesse.

    Una storia davvero... affascinante.

    Si sentì subito a suo agio, e soltanto nel giro di poche battute.
    Non era una cosa che le capitava spesso, costretta a navigare per diversi minuti dentro una nuova situazione sociale per iniziare a non sentirla stretta.
    Il sorriso si spense leggermente soltanto alla domanda finale dell'uomo, insieme alla luce nei suoi occhi. Quelli iniziarono a cercare d'istinto qualcosa addosso all'uomo che potesse ispirarla.
    Sospirò quindi con una punta di malinconia, prima di schiudere le labbra.

    Sono contenta che non porti addosso nulla di particolarmente...

    Affascinante? Eccentrico? Allettante?

    Vistoso.

    Ed era la verità: ad attrarla di solito erano oggetti di qualunque tipo, anche i più banali. Ma in quell'istante, l'unica cosa che avrebbe voluto far suo dell'uomo era il sorriso.
    L'angolo delle sue labbra si piegò verso l'alto, cercando di sdrammatizzare fin da subito l'ammissione che aveva fatto riguardo la sua piaga. Portò quindi il busto un po' in avanti, parlando all'uomo con un tono di voce più basso del solito, come volesse confidargli un segreto.

    A parte il suo nome, s'intende.
    Quello, fortunatamente, non posso rubarglielo.
     
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    Se prima di quelle ultime parole, pronunciate dalla donna, Ronnie aveva avuto qualche dubbio sul tipo di conversazione che avrebbe dovuto intavolare con la Levischmiedt, la battuta che coronò le sue poche e brevi frasi lo tranquillizzò; con un largo sorriso placido di risposta, abbandonò l'idea di un dialogo formale e distaccato, nonostante già il raccontare le origini del proprio nomignolo non fosse un vero esempio brillante di argomento da alta società magica.

    Avrei potuto suggerirle di portare con sé i miei riccioli rossi, ma, come può ben vedere, sto aspettando da anni che mi riforniscano il magazzino... hehe.

    E dopo aver passato la mano sulla lucida pelata, in concomitanza alla chiusura della sua tremenda battuta, si esibì in una piccola risata sommessa, quasi non riuscisse a contenere l'ilarità di quel suo stesso pezzo.

    Mi scusi, a volte è più forte di me. Ho sentito molto parlare di lei, da ben prima che accadesse lo sfortunato evento in Accademia, anche se dire che ho letto molto di lei, o meglio, delle sue opere, sembrerebbe una scelta più felice di vocaboli. Non credo che lei, signorina Mikal, abbia invece mai avuto la possibilità di incrociarmi da qualche parte, anche se so che il mio coinquilino, il signor Crane, avrebbe dovuto incontrarla per alcune faccende astronomiche che esulavano dalle mie spoglie conoscenze in materia. Forse le ha parlato lui di me? Bel ragazzo, eh?

    Con una coordinazione occhio-mano che aveva quasi del paranormale, l'ex shintysta lanciò un occhiolino all'astronoma mentre alzava il braccio sinistro, per richiamare l'attenzione del cameriere. Il tutto era ovviamente voluto: in fondo, se oltre a trovare il modo di curare la tremenda malattia che affliggeva la donna, fosse riuscito anche a carpire quali fossero le sue preferenze in campo di uomini, avrebbe potuto certamente trovare un modo per favorire la sistemazione di Atticus; magari, avrebbe scoperto che addirittura era già interessata all'uomo!

    Mi scusi!

    Ma non poteva farsi scoprire, doveva essere rapido! Dunque, la chiamata del cameriere avrebbe interrotto sull'immediato quell'input, in modo da concedergli qualche secondo per provare a leggere l'espressione di Mikal alle sue parole. O almeno, questa era la scena per come l'aveva immaginata durante le prove del movimento, effettuate nei minuti antecedenti all'arrivo della donna nel locale, ed era notevole osservare come avesse deciso di spostare l'incontro in un pub qualunque, piuttosto che a casa sua, proprio per la possibilità di chiamare qualcuno al tavolo.

    Lei, signorina Mikal, vuole qualcosa? Offro io!
     
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    La ringrazio, Professore.

    Per cosa, ancora, non era ben chiaro; forse per la gentilezza e per il modo in cui era stato capace di accoglierla, benché più di qualcosa gli suggerisse che l'allegria fosse una dote a lui innata.
    Sorrise con dolcezza di fronte all'ennesima battuta del docente, sospirando a fondo per mandare via gli ultimi rimasugli di tensione che ancora gli irrigidivano le spalle.
    Si mise dunque più comoda sulla seduta, ascoltando con interesse le successive parole del docente. Sapeva che ciò che aveva compiuto con Hela Styles creando l'Antilupo+ fosse stato un passo importante per la Medimagia ma ancora, dopo mesi, non aveva imparato il segreto per accettarne i complimenti senza sentirsi profondamente fuori luogo, oltre che desiderosa di fuggire e allontanarsi dallo sguardo di chi l'aveva posto.
    Persa fra quei pensieri, si ritrovò a strabuzzare gli occhi con sorpresa al sentir nominare il Docente che era giunto fino in Accademia per chiederle un colloquio qualche tempo prima, a quanto pareva coinquilino di colui che gli sedeva davanti adesso.

    Il Professor Crane?
    Ah...


    Ancor peggio che incassare i complimenti, per Mikal, c'era solo l'idea di dover parlare di uomini in un senso che ancora, all'alba dei trent'anni, non aveva imparato a scoprire.
    Si ritrovò così profondamente in imbarazzo, fuggendo via dallo sguardo dell'uomo per la prima volta da quando aveva preso posto accanto a lui.
    Al contempo, l'idea di sembrargli scortese non la faceva sentire bene allo stesso modo. Così, col cuore balzante dentro al petto, cercò di trovare subito qualcosa da dire abbastanza in fretta perché fra di loro non cadesse un gelo da cui non sarebbe stata capace di scappare facilmente.

    ...Sembrerebbe un uomo di... classe.
    Dell'acquaviola, grazie.


    Fortuna voleva che il Docente pensò bene di chiamare un cameriere, e fu su di lui che subito puntò entrambi gli occhi mentre allontanava dal suo cuore - e con non poca fatica - il disagio dentro cui sentiva di stare per annegare.
    Tossicchiò, dunque, sorridendo stavolta in maniera meno spontanea rispetto al solito.
    Alzò gli occhi scuri su quelli del suo interlocutore, respirando profondamente.

    Dunque, Professore...
    Ha avuto modo di leggere i miei verbali ministeriali?


    Sapeva che fossero stati spediti non perché ne avesse ricevuto una copia, ma perché anche lei si era proposta come Esperta per curare uno dei ventidue maledetti.

    Edited by Mikal Levischmiedt - 17/1/2021, 20:08
     
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    Perfetto, stava andando tutto secondo il piano.
    Purtroppo, nella foga dell'atto, s'era inclinato di lato per poter essere più credibile, dimenticandosi di prestare attenzione alla reazione della donna; almeno, era riuscito a carpire le, seppur poche, parole che aveva espresso la piagata riguardo il suo coinquilino.

    Ohoho! E' imbarazzata perché, forse, gli piace?

    Ancora guardando il cameriere in arrivo, gli scappò una piccola risata, allargando un largo sorriso.

    Oh, scusi. Un whiskey incendiario ed un'acquaviola, per cortesia.

    E, sussurrando, aggiunse:

    Glieli pago io dopo al bancone, grazie.

    Dunque, di nuovo verso il motivo per cui era lì.

    Dicevamo? Ah sì, i verbali. Certo, l'ho ricevuto anche io, ed ho avuto modo di leggerlo, anche se in maniera abbastanza superficiale per il momento. So che, probabilmente, in questo periodo non le sarà stata data molta tregua con domande, osservazioni o tentativi di comprensione di altra natura, ma le voglio premettere che, purtroppo, dovremo continuare anche con quelle per il primo periodo. Poi, compreso a fondo il problema, potremo adoperarci per cercare un modo per riportare la sua vita, finalmente, alla normalità.

    Allargò i palmi e le braccia sull'ultima parola, quasi a volerla accentuare in maniera... accogliente? Non sempre erano chiari i motivi dietro un movimento o l'altro che accompagnava il parlato dell'ometto scozzese, ma, almeno nella sua mente, cercava di assecondare le movenze che sarebbero parse coerenti con il contenuto delle sue frasi. E, a volte, ci riusciva.

    Ovviamente, signorina Mikal, sto usando la prima persona plurale perché ritengo che lasciarla fuori da ogni ragionamento, intuizione o tentativo, senza neppure metterla al corrente di cosa potremmo o non potremmo tentare, potrebbe essere equiparato allo sperimentare su poveri ed inconsci esseri in gabbia. Come i topolini, nei labirinti di plastica dove... hanno davvero delle strane usanze i Babbani, sa?

    Stava divagando, di nuovo. Abbassò il tono, rendendolo, per quanto fosse possibile per quella tozza figura, più serio.

    In parole povere, signorina, voglio che lei sappia che se in qualunque momento, secondo il suo giudizio, ci stessimo per spingere troppo oltre, potremo sempre fermarci e rielaborare. La sua esperienza di guarigione non sarà una tortura.
    Ora...


    Dunque, sull'ultima parola, tornò alla normale colloquialità della voce.

    L'incontro di oggi voleva essere una semplice conoscenza, in modo che entrambi non iniziassimo questo particolare percorso totalmente al buio, quindi, se vuole, può farmi qualche domanda per approfondire la sua prima impressione. Se mi permette, avrei anche io qualche curiosità da soddisfare, come prima le accennavo.

    Finse in maniera pessima di essere disinteressato, ma aveva un piano ben preciso.

    Per esempio, c'è per caso un signor Lebismit? Lo chiedo solo...
    Per vedere se Atty ha campo libero!
    per organizzarci meglio in un'eventuale logistica degli incontri.
     
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    Un Signor...

    Mikal strabuzzò gli occhi cercando di comprendere a cosa si riferisse il Professor Ridgerton, stringendosi sulle spalle e portandosi in avanti col busto, come solo la vicinanza rispetto all'uomo potesse sciogliere ogni nodo nella sua mente.
    Sorrise, dunque, comprendendo che Lebismit fosse solo un modo abbastanza distorto, e neanche poco comune, di riferirsi al suo cognome. Si sentì più tranquilla, allora, comprendendo fino in fondo la domanda dell'uomo, tornando a poggiarsi sulla seduta con entrambe le spalle, di nuovo allargate verso il mondo.
    Rispose, tuttavia, con particolare serietà.

    Mio padre si trova a Londra, Professore, e decisamente non interferirà con i nostri incontri.

    Il Signor Levischmiedt era un uomo babbano di origine e Religione Ebraica che non aveva idea della natura di strega della figlia, o meglio, non sapeva che avesse continuato su quella strada: l'infanzia e l'adolescenza di Mikal erano state segnate da un miscuglio di bugie, da una sordida complicità con la madre, strega che per amore aveva rinunciato alla magia, incapace tuttavia di costringere la figlia allo stesso destino.
    Ma mentre soltanto la madre, strega, sapeva della doppia vita di Mikal, nessuno dei suoi genitori era a conoscenza della piaga che l'attanagliava ormai da diverso tempo.
    In ogni caso, a suo dire, c'erano domande più urgenti a cui rispondere.
    La Docente di Astronomia aveva cercato il nome del suo interlocutore nel Registro degli Esperti del Mondomagico: si trattava di un pozionista. La conclusione più immediata a cui era giunta, era che avrebbe tentato di curarla tramite una pozione, ma da quel che ricordava sui suoi studi non ce n'era una esattamente incentrata sulla Cleptomania.
    Probabilmente ne avrebbe inventata una nuova, o ancora, avrebbe utilizzato qualche metodo a lei totalmente sconosciuto ma di cui bramava essere messa all'occorrente.
    In ogni caso, era confortevole, ancora, sapere che l'uomo la tenesse in considerazione e rispettasse in toto anche i suoi pensieri, rendendola soggetto partecipante oltre che oggetto di discussione.

    Ho solo una domanda, al momento.
    E mi perdoni se arrivo diritto al dunque: in che modo pensa di risolvere il mio problema, Professore?
     
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    Il padre era a Londra, ma con un cognome particolare come il suo, certo non poteva essere britannico; nonostante la curiosità dell'ometto lo spingesse, come di consueto, a tastare i limiti della pazienza dei suoi sventurati interlocutori, il cambio di tono abbastanza ferrato da parte della donna era avrebbe perforato qualsiasi fetta di prosciutto, con l'evidente desiderio di non toccare l'argomento "padre."
    Fortunatamente, Ronnie era un uomo furbo.

    E, se posso, suo nonno invece? Londinese anche lui?

    Con un colpo di genio del genere, si sarebbe assicurato di scoprire le origini di quello strambo cognome senza neppure affrontare il tabù impostogli. Da giovane alle volte aveva pensato di aprire un'agenzia d'investigazione privata, ma non era mai stato realmente in grado, per mancanza di soldi o tempo, di poter provare quella folle strada; lo rimpiangeva? Certo che no, amava ciò che faceva, ma quei lampi d'acume incontrollati non potevano che riportarlo col pensiero a quel suo sogno giovanile.
    Dunque, anche Mikal si pronunciò, ponendo la domanda che probabilmente tutti coloro che si erano proposti per aiutare i piagati si sarebbero dovuti aspettare, prima o dopo: lo scozzese aveva riflettuto a lungo su come poter rispondere, pensando di dover magari preparare un piccolo discorso d'incoraggiamento, per sperare che entrasse in azione una sorta di effetto psicosomatico ad accelerare la guarigione, ma alla fine aveva deciso di ripiegare su qualcosa di ben più basilare, come la mera verità.

    Sarò molto sincero, signorina Mikal. Ad ora non ne ho la minima idea.

    Cercò di pronunciare quella coppia di frasi nella maniera più placida e tranquilla che gli riuscì.

    Non è la prima volta che cerco di aiutare come posso soggetti affetti da strambe malattie o particolari fatture, né tantomeno mi definirei inesperto nell'arte pozionistica, ma sarebbe sciocco pensare di poter paragonare ciò che vi è accaduto quella notte a dei semplici malanni, o a blande maledizioni. Dunque, prima di affrettarci ad ipotizzare teorie per una veloce soluzione, avremo bisogno di comprendere più a fondo cosa la stia affliggendo.

    Piccola pausa, concordante con l'arrivo del cameriere e delle bevande.

    Se se lo sta chiedendo, come è giusto che sia, no, non è stato quello che ho detto ai Ministeriali, o probabilmente non mi avrebbero mai assegnato l'incarico. Ho preferito esordire con una bugia bianca, per evitare che il suo caso potesse finire tra le mani di qualche burbero incompetente.
    O peggio, di qualche bel ragazzone.
    Non mi aspetto che lei sia soddisfatta da ciò che le ho detto, ma penso sia consapevole della realtà dei fatti ben più di quanto lo sia io, dunque...


    Prese il bicchiere contenente il liquido scuro, avvicinando l'acquaviola alla Levischimedt.

    Ad una pronta guarigione. Salute!
     
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    Al vecchio cimitero di Tel Aviv, temo.

    Non si chiese il perché di quella domanda, rispose e basta, sinceramente convinta della genuinità del suo interlocutore, che forse voleva semplicemente avere un quadro chiaro e completo della persona che le stava di fronte, e per cui avrebbe tentato l'impossibile pur di estirparle il male che le abitava dentro, un male ancora ignoto e oscuro.
    Mikal, d'altra parte, non aveva mai conosciuto i suoi nonni; sapeva per certo che oramai non abitassero più su quel mondo, e d'improvviso un vago senso di nostalgia, nostalgia del mai avuto, la invase totalmente.
    Non avrebbe avuto comunque il tempo di rimanere ancorata a quelle strane sensazioni, rapita ancora una volta dalle parole del Professor Ridgerton.
    Rimase confusa di fronte la sua confessione, senza, tuttavia, sentirsene avvilita in alcun modo, straordinariamente placida e calma anche lei di fronte una tale ammissione.
    Le parole dell'uomo non facevano una piega, anzi, se ne sentì paradossalmente rassicurata: non poteva credere in alcun modo che nessuno in quei mesi fosse riuscito a trovare una soluzione definitiva alle piaghe, nessuno meno che l'uomo che casualmente aveva scelto di prenderla sotto la sua ala protettiva.
    Rimaneva comunque rassicurante che qualcuno avesse scelto di curarsi di lei, rispettando i suoi pensieri, la sua problematica, e il più possibile le sue opinioni.
    Mikal accolse con un piccolo sorriso il cameriere, portando subito la bevanda alle labbra, e lo sguardo verso il basso. Certo, non concordava a pieno con i metodi scelti per arrivare fin lì, ma era anche consapevole che senza agire in quel modo probabilmente non si sarebbero mai trovati a quel tavolo.
    Se fosse andata bene, parlando, avrebbero trovato una possibile soluzione fortuita al suo problema; se fosse andata male, invece, aveva avuto modo di conoscere un uomo capace di farla sentire a suo agio come mai prima d'allora, trovando dell'oro anche nel più oscuro dei deserti.
    Cercò di sorridere comprensiva in sua direzione, lasciando che i due bicchieri si incontrassero, e che il suo solo augurio fosse dato dal silenzio, solitamente incapace di troppe parole.

    E' positivo, a mio dire, che creda profondamente nella difficoltà della mia situazione.
    Mi dice che non la sta prendendo sotto gamba.


    E il contrario, probabilmente, sarebbe stato persino più pericoloso.
    Disperse lo sguardo sulle figure vicine. Qualcosa le diceva che l'uomo amava perdersi nelle parole, e benché Mikal non ne fosse un'esperta, le piaceva l'aria di normalità che le stava infondendo.
    Lo sguardo interruppe la sua corsa soltanto quando si adagiò sulla grossa spilla d'argento poggiata sul cappotto di una signora vicina, a qualche tavolo di distanza. Strabuzzò gli occhi, Mikal, affogandosi quasi con la bevanda che allontanò in fretta e furia dalle labbra.

    Quella spilla, Professore.

    Non era nulla di che, sembrava semplicemente uno stemma di casata, o forse neanche quello, forse un semplice monile ornamentale.
    Eppure, quel semplice oggetto, era stato capace di risvegliare la tigre avara che giaceva dentro al suo animo, risvegliando i suoi istinti: fu quasi tentata di tirare fuori la bacchetta e richiamare a sé la spilla, facendo invece forza sul bicchiere per resistervi il più possibile, il tempo che bastava per esporre al Docente il suo problema.

    Non ha nulla di che.
    Non sembra troppo preziosa, colorata, colma di magia. Eppure la voglio.
    La voglio al punto da essere disposta a lanciare un incantesimo contro quella donna, adesso, davanti a tutti.


    Non riuscì più a reggere lo sguardo dell'uomo di fronte quell'ammissione, sospirando con affanno, vergognandosi profondamente di se stessa.

    Ecco quanto è profondo ciò che mi sta affliggendo.
     
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    Senza neppure volerlo, la signorina Mikal aveva risposto esplicitamente alla prima domanda che Ronnie le avrebbe posto una volta al lavoro: non era un colore o una forma ben precisa ad attirare la sua attenzione, anzi, un oggetto blando come quella spilla di pessimo gusto poteva divenire un bersaglio ai suoi occhi.

    Capisco. Sto per farle una domanda molto strana.

    Come se tutto ciò che le aveva chiesto a proposito della sua genealogia familiare fosse stato normale amministrazione.

    So che le avevo promesso che questo sarebbe stato un semplice incontro di conoscenza, ma visto che l'argomento è venuto fuori... sarebbe molto utile trovare un filo conduttore che possa collegare tutti i premi da cui è attratta. Per esempio, ricorda se tutti gli oggetti che le fanno sentire questo bisogno, luccicano come quella spilla?

    Non accennò verso il tavolo della signora dall'orrenda spilla in alcun modo, mantenendo lo sguardo curioso sulla donna mentre mandava giù un altro sorso della sua bevanda.

    Non si preoccupi se non riesce a rispondermi, capisco che non sia facile provare a ricordarlo, né tantomeno farlo ora, su due piedi. Accetterei anche se non volesse semplicemente parlarne, per rimandare al nostro prossimo incontro questo genere di interrogativi scomodi.

    Chi conosceva quello scozzese, sapeva di non avere a che fare con un individuo che poteva rispecchiare qualche barlume di normalità nel suo essere, e lo stesso ometto spesso e volentieri non pareva sforzarsi per dimostrare il contrario: sapeva di essere anormale, era conscio di poter sembrare strambo, ma forse era in quello che risiedeva il suo talento. Pensare fuori dagli schemi ed agire in maniera non convenzionale, non era necessariamente un male.

    Vede, signorina Mikal, la cosa che più mi ha colpito della sua situazione, è proprio questo vuoto di cui parla. Mi ha ricordato molto il primo approccio che si ha all'amore per qualcuno, o qualcosa, e il come mi ha descritto ora il suo tormento depone a favore della tesi.
    All'inizio è come un lampo. Da ragazzo pensi che la tua vita non potrà mai essere completa, mai vissuta a pieno senza l'altra, e provi a fare letteralmente qualsiasi cosa per raggiungere l'assurdo scopo di conquistarla. Quando sei così giovane, senti un tremendo vuoto che pensi solo lei possa colmare...


    Su quelle parole, guardò un paio di secondi nel vuoto prendendo un lungo sorso, prima di continuare.

    Come nel suo caso, da ciò che ho capito, ma mi corregga se sbaglio. Potremmo iniziare a lavorare da lì.

    Paragonare l'effetto di quella maledizione al più potente filtro d'amore che esistesse, sarebbe stata la scelta giusta?
     
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    Non si preoccupi di risultare scomodo, Professor Ridgerton.
    E' la mia piaga ad esserlo.


    Quella era la realtà, una realtà fastidiosa e oscura, colma di un buio che non riusciva a sopportare addosso alla sua pelle candida, ma di cui non poteva fare a meno, avendo l'oscurità dentro al cuore.
    Il Professore non doveva avere timore di apparire infausto, anzi, doveva esserlo, era lì per questo e per provare a salvarla dalla sua condizione, nonostante avesse placidamente ammesso di non avere ancora una vera e propria idea. Diede un'ultima occhiata in direzione della donna con la spilla, chiudendo gli occhi con forza e con forza le dita attorno al ginocchio, respirando profondamente per cercare di mantenersi aggrappata a quel poco di lucidità che le era rimasta.

    Per rispondere alla sua domanda, in ogni caso, no.
    Non c'è un denominatore comune se non uno: nessuno degli oggetti desiderati appartiene a me.


    Aveva una collezione improbabile di oggetti tutti diversi fra di loro, da semplici sassi a fermagli, lattine aperte, calzini, cimeli di valore e non di valore che aveva raccolto al San Mungo durante le osservazioni fatte su di lei.
    Ascoltò dunque le ipotesi del suo interlocutore, sorridendo con fare amaro mentre cercava di comprendere in che modo avesse percepito il suo vuoto, un vuoto che, ahimè, non aveva nulla a che vedere con qualcosa di tanto bello, seppur tormentato, quanto l'innamoramento. Non che l'avesse sperimentato chissà quante volte nell'arco della sua breve vita.

    Sarebbe molto più bello se fosse così, Professore.

    Stese completamente la schiena sulla seduta, liberando un po' la stretta delle mani sul grembo, lasciandosi pervadere per qualche istante dall'aurea sognante di chi era innamorato o semplicemente di chi voleva descriverne le sensazioni.

    Un amante ti fa sognare e il vuoto ne è il promemoria.
    Quello che sento io, invece, è solo nera ingordigia.


    Strinse le labbra in una linea sottile a quell'ultima affermazione, squarciando l'aria sognante con un graffio felino pieno di orrore, timore, risentimento, abbandono.

    Si attacca al ventre, al petto, alla gola. E' brama, dipendenza, desiderio irrisolto.
    Un vuoto da colmare, letteralmente, con oggetti che non mi appartengono.
     
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    Sarebbe stato troppo facile, eh?

    Anche se per un solo momento, l'ometto aveva sperato di poter comprendere il funzionamento di un male tanto imponente semplicemente provando a buttare la prima ipotesi che gli era balzata nella mente; un babbano l'avrebbe probabilmente paragonato al tenente Colombo per il suo atteggiamento generale, ma di certo lo scozzese non sarebbe stato in grado di eguagliare l'incredibile intuito che contraddistingueva quel poliziotto. Insomma, quello era un personaggio di finzione, era ovvio che dovesse eccellere in ciò che faceva, ed inoltre non poteva vantare una brillante quanto breve carriera nell'abile arte dello Shinty.

    Mi sento sinceramente in colpa a dirle quanto sia interessante la cosa, considerato quanto debilitante sia per lei il tutto. Devo fare di certo un plauso alla sua capacità di autocontrollo, piuttosto. Non deve essere facile...

    Ultimo sorso, col quale terminò il bicchiere arrivato poco prima. Ecco, il tenente Colombo ci avrebbe messo di più.

    Per poterci meglio conciliare con orari e tempi, se per lei fosse possibile, gradirei poter avere una copia dell'orario scolastico dell'Accademia a cui lei deve sottostare. E visto che sarebbe scorretto chiedere ad una signorina graziosa come lei delle informazioni, senza ricambiare in qualche modo...

    Iniziando il suo discorso, aveva già cominciato a curiosare con la mancina all'interno della sua valigetta, tirando infine fuori una piccola pergamena chiusa da un fiocchetto rosso acceso dalla rifinitura dorata. Quello, era decisamente stato un colpo di genio.

    Eccole il mio orario alla LUMOS. In caso non dovesse sentirsi bene, o volesse semplicemente scambiare una parola con qualcuno, può mandare un gufo senza alcun problema.
    O può mandarlo ad Atticus, il mio giovane e simpatico coinquilino. Ho allegato anche il suo orario qui, ma non si preoccupi di rispettarlo, mandi tutte le missive che vuole.


    Con un ampio sorriso, fece una piccola pausa per lasciare che la sua giovane interlocutrice assimilasse ciò che le era stato appena comunicato, e magari cominciasse ad imparare gli orari a cui avrebbe potuto trovare il Crane disponibile, per chiedergli di uscire.

    Io penso di aver terminato. Ha qualche domanda?
     
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    Sorrise flebilmente in direzione delle prime parole dell'uomo, piegando leggermente il capo in avanti per accentuare la riconoscenza che provava nei suoi confronti.
    La sua piaga era debilitante, certo, ma per lo meno non aveva subito grossi deficit cognitivi com'era accaduto ad alcuni dei suoi colleghi, o persino agli studenti; le sue conoscenze erano rimaste pressoché intatte. Ciò su cui invece sentiva maggiore difficoltà era la sua capacità solitamente discreta di poter osservare ciò che la circondava con occhi autentici, discernendo il vero dal falso senza troppe pretese. Da ottobre, invece, ogni percezione era alterata, ogni desiderio distorto, ogni tentativo di resistenza fallace.
    Doveva riconoscere che la sua situazione non era forse la più disastrosa fra le ventidue, ma neanche la più florida.
    Portò ancora una volta alle labbra la sua acquaviola, sorseggiando appena mentre lo sguardo si perdeva ad osservare silente il volto pacioso dell'uomo, capace di farle sentire dentro il più calmo dei mari come non le accadeva da mesi.
    Annuì, dunque, in sua direzione, prendendo dalla sua borsa una penna e una pergamena.

    Non si preoccupi, non le ho rubate.

    Si sentì di aggiungere con una vena di ironia di cui persino lei si stupì, convinta che derivasse dalla piacevole sensazione di agio in cui quell'uomo la faceva sentire.
    Scrisse così su due piedi i suoi orari, principalmente notturni, così da rendere ovvio al docente che avrebbe potuto trovarla a qualsiasi ora del giorno o del pomeriggio. Lei, d'altra parte, accolse senza esitazione gli orari del Docente, stupita dall'idea che avesse per coinquilino il Professor Crane, cercando però di non darlo troppo a vedere.
    Quei due erano così diversi che si chiese in che modo riuscissero a conciliare i loro animi opposti; ma d'altronde, persino il sole e la luna abitavano lo stesso cielo, nonostante le ovvie differenze.
    Non voleva tuttavia giudicare nulla di quella situazione, così si limitò ad accettare la pergamena dell'uomo, sorridendo appena, convinta si trattasse di un semplice e affabile gesto di cortesia.
    Sospirò, allora, di fronte l'ultima domanda, tanto pronta a tornare in Accademia da essersi posta già in piedi.
    Arrestò poi il passo, volgendo al docente una domanda che aveva i toni della speranza che tanto vantava, e di cui anche adesso sentiva terribilmente la mancanza.

    Pensa che riusciremo a trovare una soluzione, Professore?
     
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    Oh! Hehehehehe...

    Dopo una chiara espressione di sorpresa, davanti alla battuta fatta dalla giovane insegnante, aprì il volto in un largo sorriso divertito. Ronnie Ridgerton poteva essere di buon cuore, ma non era certamente un completo idiota: come aveva già ripetuto nella discussione con Mikal, quelle condizioni non erano per nulla uno scherzo, ed il poter mantenere il proprio spirito dopo mesi senza un'effettiva cura, neppure palliativa, non era cosa facile. Allo stesso modo, era sicuro che la quasi totalità delle vittime non avrebbe preso alla leggera il non avere assolutamente un'idea a cui poter fare riferimento per il loro processo di guarigione; trovare la comprensività della donna che aveva scelto di curare era stato rassicurante per l'ometto scozzese, che non aveva sentito minimamente il bisogno di doversi giustificare per le parole pronunciate.
    Mentre la Levischmiedt compilava la pergamena come richiesto, lo scozzese attirò nuovamente l'attenzione del cameriere, approfittando della distrazione di lei per evitare la "danza del conto" e pagare entrambi i drink senza alcun problema. Anche se lei se ne fosse accorta, alla fine l'anziano shintysta avrebbe insistito per poter fare da sé.
    Quando la piagata si fermò per pronunciare la sua ultima domanda, mentre stava per andarsene, Ronnie sorrise di nuovo.

    Prima che fosse inventata l'Antilupo, e realizzata la sua versione potenziata, si pensava che l'unico modo per avere a che fare con la licantropia fosse la segregazione e l'abbattimento di membri più pericolosi e non voglio neppure pensare a quanto difficoltoso e doloroso potesse essere il trattamento di alcuni pazienti, prima dell'avvento dell'Ossofast.
    C'è sempre una soluzione, signorina Mikal, dobbiamo soltanto scoprirla.


    Riposta la pergamena, raccolse a sua volta le proprie cose facendo particolare attenzione alla valigetta contenente il verbale, prima di alzarsi dal tavolino e dirigersi verso l'uscita, per aprire la porta alla Levischmiedt da bravo galantuomo.

    Mi può sempre trovare al trentaquattro di Peverell Court, interno tre. Nel caso in cui dovessi mancare, ci sarà Atticus ad accoglierla, non tema.

    Qualche passo in avanti, conseguente al passaggio anche dell'accompagnatrice.

    Buona giornata signorina!

    Per poi smaterializzarsi rapidamente in strada.

    [Role chiusa]

     
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