Caso n°X

Raccolta di dati e informazioni sulle piaghe

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    [1 Novembre 2031, fra l'una e le quattro di notte - Caso numero 8]



    Tutto non cessò una volta che studenti e docenti uscirono dall'incubo sotterraneo. Chi si lamentava a destra, chi a sinistra, tanto che la sensazione di rincorrere i secondi era assai palpabile nelle mani. Nonostante Eloise fosse diventata Baby Florence Nithingale e avesse perso credibilità ai suoi occhi, Amalia, come qualche collega, seguiva indirettamente le sue direttive, cercando di fornire un soccorso immediato ai ragazzi. Ma il tempo sembrava sfuggirle di mano e prenderla silenziosamente in giro: puntuale nel farsi sentire con voce grave e avvertirla della sua corsa quando finiva di aiutare qualcuno e invalidare l suo lavoro perché pronto c'era un altro che aveva bisogno.

    Ah, maledetto Halloween.
    Festeggiamo, f-e-s-t-e-g-g-i-a-m-o...
    Non succede nulla... addobbiamo il castello... idioti.


    Le ulltime due frasi le disse palesemente con tono di scherno, accompagnate da un timbro sottile, volto a sbeffeggiare quelle che, tra gli adulti, avevano sottovalutato le insidie che quella maledettissima sera portava con sé.
    Invece di divertirsi e di mettere al sicuro gli studenti avevano aperto per l'ennesima volta le porte all'oscurità, cadendo in essa con i propri piedi.
    Idioti, appunto.
    E non si preoccupò nemmeno di abbassare la voce nel dirlo.

    Expelliarmus.

    Disarmò prontamente una ragazza palesemente in preda al panico e pronta a scagliare magie stordenti a destra e a manca. Ma che avevano? Erano allucinati? Che cavolo era successo lì sotto.

    Ferma, ferma, sono la professoressa Harp. Così caverai l'occhio a qualcuno.
    Siamo fuori ormai. Te la ridò, ma sta calma.


    Inarcò un sopracciglio nel guardarla, mentre con un movimento titubante ridava il catalizzatore alla studentessa, peri poi continuare a seguirla con lo sguardo un altro po' mentre si allontanava per aiutare altrove.
    Quella situazione aveva del grottesco, del ridicolo e lo divenne maggiormente quando gli avvoltoi del Ministero e del San Mungo iniziarono a passarli in rassegna, riducendoli ad un numero.
    Nessun tatto, nessuna comprensione. No, erano lì a fare domande su domande e al diavolo se per caso, - p-e-r-c-a-s-o-, erano un tantino scossi da ciò che era accaduto.

    Chiudiamo in fretta sta buffonata. La pazienza ha un limite anche per me.

    Prese un bicchiere d'acqua ed entrò a passo svelto con l'intenzione di uscire da lì ancora più velocemente di come era entrata. Un Fontana abbastanza sconvolto percorreva la stessa strada a ritroso.

    Caso numero 8, prego. Come si sente adesso?

    Secondo lei?
    Incazzata.


    Cosa ha provato, fisicamente e/o emotivamente?

    Ma questo c'era o ci faceva? Amalia lo guardò con aria palesemente di sufficienza perché quello insisteva con domande sciocche e inutili in quel momento. Perché invece di perdere tempo a porre domande idiote, non dava una mano anche lui ai suoi colleghi?
    La professoressa capiva l'importanza di raccogliere testimonianze a caldo, ma era troppo evidente che dagli studenti avrebbero ricavato poco o niente in quel momento. Nessuno di loro era in grado di reggersi in piedi, figuriamoci avere la forza di rivivere l'incubo dal quale erano appena usciti.

    Caso numero otto, sto parlando con lei.

    Le ho già risposto. Sto bene io.

    Lui non tanto.

    Quanto è durato? Ogni quanto si è ripetuto, se si è ripetuto?

    Senti bel faccino, non stressarti in questo modo che poi ti vengono le rughe.
    Una domanda più interessante no, eh?
    Sai che hai dei bei capelli? Che balsamo usi?


    Gli si avvicinò con fare fin troppo sicuro, fissandolo negli occhi con un certa insistenza. Se non l'avesse lasciata in pace con le buone, lo avrebbe fatto adesso, ché l'intenzione di Amalia era tutta volta a metterlo a disagio e a fargli mollare la presa.
    Arrivata vicinissima a lui, un braccio si alzò, mentre le dit della sinistra andarono a scompigliare il ciuffo del dottorino. Il Medimago a quel punto restò interdetto dal suo modo di fare, rimanendo con la penna sollevata e la faccia - seppure dolciotta e graziosa - da pesce lesso.
    Messo KO il dottorino, stava per andarsene, quando un ministerile tutto impettito le si parò davanti.

    Caso numero otto, aspetti. Abbiamo altre domande.

    Che palle. Amalia fece un respiro profondo, sbuffando nell'espirare e roteando gli occhi al cielo.

    Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti? Ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?

    Ma mi molli? Eh?
    Secondo voi con tutto questo pensate che possa avere la concentrazione per rispondere alle vostre domande?
    Eddai, fate girare la rotellina che avete in quella scatola chiamata cervello.


    La professoressa capiva l'importanza di raccogliere notizie, ma cavolo la priorità l'avevano tutti quei feriti. Come facevano ad ignorarlo? Oltretutto, i tre funzionari del Dipartimento Catastrofi che erano scesi nelle Segrete di gran carriera per cercare di capirci qualcosa, non erano neppure riusciti a superare la pioggia acida. Ottimo!

    Ricorda di avere fatto qualcosa di strano, un gesto che può avere dato inizio a tutto

    Io non ho fatto proprio niente e neanche gli altri.
    Ma questo possono dirvelo i vostri p-r-o-d-i-g-i-o-s-i e c-o-m-p-e-t-e-n-t-i colleghi che sono scesi giù a vedere, no? Ah no, sono finiti in ospedale, mannaggia!


    Doveva durare ancora molto?

    Abbiamo saputo da un tale... Webb, esservi una porta in fondo alle Segrete. Ricorda qualcosa di essa?

    Sì, triangolare con simboli delle tre Case ai vertici e alcuni all'interno. La runa Raido capovolta credo, Nettuno...

    Aveva visto dell'altro, ma adesso non aveva nessuna voglia di fare il lavoro al posto loro che, fino adesso, si era rivelati degli inetti. E poi era ancora tutto confuso, tutto troppo sfocato per poter iniziare a tirare le fila di quel mistero.

    ... E credo dell'altro, ma ora basta. Ho sopportato abbastnza il vostro comportamento insolente.
    Voi avete il vostro lavoro da fare, io ho il mio.
    Adieu!


    E senza scusarsi minimamente, camminò con furia verso l'uscita.
    Nel farlo, vide Baby Florence Nightingale proseguire nel senso opposto.

    Scappa appena puoi, sono degli incompetenti!
     
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    Fine Novembre 2031 - Caso numero 11



    Quanto più erano cresciute le difficoltà, nelle ultime settimane, tanto più era aumentata la presunzione di Andrew nel farvi fronte. Era un cortocircuito abbastanza evidente, e lo stesso Preside faticava a ignorarlo quando un lampo di coscienza gli presentava l'ovvio. Scambiarlo per puro orgoglio era assai facile, e raccontarlo ancora di più, se avesse dovuto: se non era il primo dei maghi, di certo era ben lontano dall'essere l'ultimo, e così aveva finito per convincersi che l'auto analisi avrebbe potuto aiutarlo almeno quanto le procedure stabilite dal San Mungo.
    Non si era occupato di accompagnare alcuno studente, come invece era stato demandato agli altri docenti, preferibilmente quelli che avevano evitato di scendere nelle Segrete la notte di Halloween, ma aveva dovuto recarsi lui stesso al nosocomio magico per la prassi di osservazione.

    Mi sento stanco e affaticato.

    Aveva perso il conto di quante volte, negli ultimi venti giorni, aveva ripetuto quella giustificazione. Il problema era che poco altro di vero si nascondeva dietro quelle poche parole e, se non fosse stato per una particolare congiuntura, Andrew avrebbe continuato per un tempo indefinito a credere di essere riemerso dalle segrete solo con un gran mal di testa e una generale mancanza di concentrazione.
    Si sedette alla scrivania nella sala bianca del San Mungo, come se si trattasse del suo ufficio, con le pergamene, penne e calamaio e tanto spazio per pensare, come se non lo facesse a sufficienza anche fuori da lì. Incrociò le dita sul piano e inspirò a fondo. Non gli restava che aspettare che il tempo passasse, minuto dopo minuto, prima che gli fosse concesso di fare ritorno al castello. Nutriva un profondo rispetto per la professionalità degli operatori, ma aveva sviluppato le proprie idee riguardo a tutta quella vicenda e sapeva che quei sessanta minuti non avrebbero portato a nulla di concreto, come tutti quelli già spesi in maniera analoga sino a quel momento.
    Le lezioni si erano fatte faticose, lo studio rado e meno interessante, la magia traballante: erano le confessioni più stringate e significative che avrebbe fornito a precisa domanda. Ogni segno conduceva alla conclusione che Halloween gli avesse in qualche oscura maniera strozzato il pensiero e, benché non fosse una teoria articolata e ricca di conferme pratiche, Andrew non era riuscito ad approfondirla più di così. Ed era consistente il perché.

    Lumos.

    Scandì con insolita lentezza, come se fosse un insicuro tredicenne alle prese con i primi effetti della magia: dalla bacchetta sprizzarono scintille verdognole.
    Andrew abbassò il braccio scuro in volto e si alzò dalla sua sedia. Anche quell'ora era volta al termine.
     
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    1 Dicembre 2031


    Caso numero 12.
    Iniziamo?


    Mikal aveva seguito senza fiatare l'uomo che a distanza di un mese era tornato in Accademia per interrogare lei e chiunque avesse vissuto l'inferno durante la notte dell'ultimo Halloween.
    Si sedette in modo rigido, con la schiena dritta e le mani saldamente strette fra di loro sul suo ventre, schiacciando con forza la lunga gonna scura su cui poggiavano.
    Osservava l'uomo con sguardo teso non per timore di ciò che le avrebbe chiesto, ma per la consapevolezza di dover tornare con la mente e con l'anima ai fatti di quell'oscura notte.
    Mikal aveva avuto modo di ripensarci più volte già da sola, tentando di trovare un senso a qualcosa che, palesemente, non ne aveva uno se non quello di far del male a chiunque avesse voluto invadere le difese di quella porzione di segrete.
    Tuttavia, la Docente si aspettava quella visita, considerate le risposte appena accennate date durante il primo interrogatorio: adesso avrebbe cercato di rispondere nel modo più dettagliato possibile, sebbene avesse già iniziato ad adocchiare malignamente la penna dell'uomo.
    L'ultima che aveva preso loro si trovava in camera sua, ben custodita dalle pagine di alcuni tomi di Alchimia, e non aveva alcuna intenzione di restituirgliela. E se mai l'uomo gliene avesse fatto accenno, avrebbe negato con tutta la forza di cui era capace pur di non ammettere che portargliela via fosse stato un atto intenzionale.
    Anche se, inevitabilmente, chiunque del Ministero e del San Mungo oramai doveva sapere della sua spiacevole situazione. Mikal sospirò, tentando di ignorare quella consapevolezza e insieme ad essa il vuoto dentro al cuore che iniziava a farle bramare di possedere ciò che stava fra le mani dell'uomo.
    Lui le chiese se ricordava qualcosa di nuovo o di diverso rispetto all'ultima volta. Così iniziò, raccontandogli della sua esperienza nelle segrete.

    Ci trovavamo in Sala Grande, dove la festa si stava svolgendo in maniera tranquilla. Ad un certo punto qualcuno deve avere lanciato della polvere buiopesto, perché tutto era diventato improvvisamente scuro. Abbiamo pensato a qualche scherzetto da parte dei ragazzi, vista la festività.

    Ricordava chiaramente quel momento, e come ne avesse attribuito la causa alla goliardia dei ragazzi.

    Ma qualche tempo dopo, forse mezz'ora o poco meno, i fantasmi si avvicinarono con spavento e preoccupazione al nostro tavolo e insieme a loro altri ragazzi provenienti, a quanto sembrava, proprio dalle segrete: hanno parlato di urla e pericoli imminenti, da quel che ricordo.
    Io e altri Docenti, più l'infermiera Harp, siamo scesi subito nelle Segrete. Personalmente temevo ciò che avremmo trovato, viste le esperienze degli scorsi anni durante quella festività. Ma non potevo non scendere. Non potevo, immaginando che la mia sola presenza avrebbe potuto aiutare i ragazzi in qualche modo rispetto alla mia assenza, semmai ci fosse stato qualcosa di pericoloso da affrontare.
    E, in effetti, c'era.


    Chiuse gli occhi nel tentativo di far passare via i brividi che avevano iniziato ad invaderle le viscere per poi soffermarsi sulla sua pelle.
    Ma quelli non andavano via. Probabilmente, sarebbero apparsi ogni volta che avrebbe riportato a galla quegli spiacevoli ricordi.

    Non appena giù, il Preside iniziò a cercare degli indizi sulla presenza di qualcuno nelle vicinanze, e cosi anche Johanna: soltanto il primo riuscì a fare emergere delle impronte dorate dal pavimento. Ma a quel punto avvenne l'urlo, lo stesso che i ragazzi tornati in Sala Grande dalle segrete avevano detto di aver udito. Da quel momento, io... sto bene, mi creda, soprattutto rispetto ad altri colleghi.
    Ma sento come un vuoto nel cuore che... mi fa desiderare tutto ciò che non mi appartiene.
    La sua penna, ad esempio.
    Vorrei averla, posso?


    Aveva iniziato ad adocchiarla già da diversi secondi, cercando di trattenersi il più possibile dalla smania di desiderio. Per questo, aveva aperto i palmi delle mani trascinandoli avanti e indietro sulle sue cosce, in un implicito tentativo di distrazione: se era stringere fra le mani quell'oggetto ciò che voleva, avrebbe tenuto le mani impegnate per cercare di non pensarci troppo, ma invano.
    L'uomo, tuttavia, sembrò accontentarla, porgendole la sua penna autoscrivente. Provò soddisfazione in un primo istante, ma qualcosa le diceva che sarebbe stata realmente appagata soltanto se avesse potuto prenderla e tenerla per sé senza che se ne fosse accorto.
    Tuttavia, dalla sua giacca ne pescò un'altra subito dopo, rendendo quella che aveva appena guadagnato priva del valore che le aveva attribuito fino ad un istante prima. Tuttavia, iniziò a carezzarla leggermente fingendo fosse l'altra, nel tentativo di placare quelle emozioni contrastanti.

    Grazie...

    Ma gli occhi non smettevano di osservare l'altra penna.

    Caso numero 12?

    Mikal sembrò quasi svegliarsi di soprassalto, tornando a guardare l'ispettore negli occhi.

    Beh, ecco.
    Non mi sono resa conto subito di cosa volesse dire questo vuoto, e ancora, in realtà, faccio fatica a rendermene conto.
    Poi Johanna, la Professoressa Cage, puntò un gargoyle – non so ancora bene perché – e ne siamo rimasti scheggiati, ma non in modo grave. Il Preside è infatti riuscito a disarcionarla appena in tempo.
    Dopo di che, nonostante tutto, siamo andati avanti e tutto è diventato buio. Nessun incantesimo funzionava, e in più, le urla di mia madre e dei miei studenti mi assillavano la mente. Ho dovuto faticare non poco per riappropriarmi della lucidità necessaria per continuare ad avanzare. Eloise, invece, non ci riusciva: mi sono fermata per aiutare anche lei ad andare avanti.


    Ricordava chiaramente quel momento, come se l'infermiera, tornando a vestire i panni da adolescente, avesse smesso persino di vivere la sua quotidianità com'era abituata, o almeno così le era parso in quell'occasione.

    Superata quella porzione di segrete, ci siamo scontrati con una fitta coltre di sangue acido proveniente dal tetto. A mio parere una maledizione oscura molto ben eseguita.
    Tutti abbiamo provato a proteggerci con la magia, ma credo che la differenza l'abbia fatta lo scudo evocato da Johanna: siamo arrivati alla sezione successiva sostanzialmente senza un graffio.
    E il Preside...


    Il Preside. La sua mano.
    Sospirò al ricordo, senza neanche sapere bene il perché, senza neanche domandarselo, invero.

    No, nulla di importante.
    Abbiamo trovato un muro, a quel punto, ma è bastato lanciargli contro un incantesimo per arrivare dai ragazzi dietro di esso.
    La situazione era surreale: molti di loro puntavano la bacchetta contro l'altro, in un clima tensivo del tutto inaspettato. Ma non abbiamo avuto tempo e modo di preoccuparcene perché immediatamente il suono dell'acqua ha cominciato a farsi sempre più forte, fino a quando non ce ne siamo ritrovati sommersi. Anche in quel caso siamo riusciti a liberarcene tramite la magia, riportando i ragazzi fuori dalle Segrete senza incontrare ulteriori ostacoli sul nostro cammino: lì dove prima era caduta la pioggia di sangue, rimaneva soltanto il suo ricordo rosso sul pavimento, mentre il buio divenne buio facilmente affrontabile con un incantesimo di luce.


    Tornò quindi nel silenzio, le immagini di quell'ultima parte di disavventura a tenerla incollata alla sedia e ai ricordi con mesta attenzione.

    Una volta tornati in superficie, ci siete venuti in soccorso.
    E il resto della storia dovreste conoscerla.


    E per quanto riguarda la porta misteriosa?

    Mikal fece l'ennesimo sospiro.
    Nella foga, aveva quasi scordato quella parte della storia.

    La porta, sì... Abbiamo avuto appena qualche istante per osservarla, prima che giungesse l'acqua.
    Era grande, scura e triangolare. Circondata ad ogni vertice dai simboli di casata e da alcuni fori. C'erano anche delle scritte in alto sul muro, ma non saprei dirle cosa dicevano.
    I simboli, invece... Alcuni erano illuminati, molti degli altri invece no.
    Due di quelli circondati da luce erano simboli astronomici, Nettuno e Saturno. Accanto al primo di questi, il movimento magico di Engorgio, l'incantesimo ingozzante. Si trovavano sulla parte bassa della porta a sinistra, mentre Saturno era in alto, a destra.
    Più in basso si trovava una runa, Raido Capovolta, mentre al centro si ergeva maestosa una V d'oro, quel che l'Aritmanzia riconoscerebbe come “cinque”.
    E poi... poi vi era un altro simbolo, più in basso a destra. Di natura orientale, io credo, ma non sono ancora riuscita a stabilire cosa significasse con esattezza, ma posso disegnarvelo: era come un quadrato che incontrava un quattro. Lo ricordo principalmente per questo.
    Fra i simboli bui, invece, credo di averne individuati molti appartenenti a categorie diverse: astronomici, di certo. Poi vi erano movimenti di altri incantesimi e... quelli che credo fossero dei metalli, se non delle gemme.
    Per il resto, non ricordo altro, mi spiace.


    Il funzionario scrisse, dopo di che alzò ancora lo sguardo su di lei.
    Il suo, invece, continuava a fissare la penna oramai da quando aveva iniziato a parlare della porta.

    In conclusione, Caso numero 12, vuole dirci qualcosa?

    Mikal ci pensò su un istante. Si strinse maggiormente sulle spalle mentre gli occhi, finalmente, si spostavano dalla penna all'uomo che le sedeva di fronte.

    Sì.
    Posso avere anche quest'altra penna?
     
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    [Sabato 16 Novembre 2031: Caso Numero 8]




    Quel sabato vedeva la professoressa Harp insieme a Coral Allen. Aveva accettato di accompagnarla al San Mungo, ma si poteva dire lo stesso in merito alla studentessa, ché era stata chiamata anche lei dai Medimaghi. Sebbene Amalia o meglio, la parte di lei che ancora sopravviveva benché flebile, riconosceva l'importanza di quelle visite al fine di poter trovare un rimedio alla loro condizione, la professoressa non poteva fare a meno di essere restia ad andare in mezzo a quei camici bianchi con la puzza sotto il naso e la noia nell'animo.
    Entrambe erano silenziose verso la strada per l'ospedale. Le uniche parole che si scambiarono furono perlopiù dei monosillabi. Ciò non resntì la Docente perché, nonostante non potesse fare a meno di indossare vesti estranee alla sua quotidianità originale, riusciva a capire cosa oscurasse il cuore della ragazza. Perché quel buio era presente anche dentro di lei, benché si rifiutava con tutta se stessa di ospitarlo. Inutile. Tutto inutile.
    Dopo una materializzazione congiunta avvenuta poco dopo i cancelli dell'Accademia, l'atrio del San Mungo diede il "benvenuto" alle due streghe. Fortunatamente - per quanto possa ritenersi fortunata quella circostanza forzata - a Coral era stato assegnato un numero che anticipava di molto quello assegnato a lei. L'uno alla ragazza, l'otto a lei.

    Almeno tu ti levi subito il pensiero.
    Aspettami qui quando esci.


    Fu lì che le strade di professoressa e studentessa si divisero temporaneamente. Lo sguardo di ghiaccio la seguì fino a vederla scomparire insieme ad equipe medica, mentre lei si sedeva in sala d'aspetto ad attendere il suo turno. Non c'era niente di più noioso.
    Caso numero due... Caso numero tre... Caso numero quattro.
    Attesa. Che palle.
    Caso numero cinque... Caso numero sei... Caso numero sette.
    Altra infinita ed estenuante attesa. Che p-a-l-l-e.
    Potevano almeno rendere l'attesa più interessante: mettere in sala d'aspetto dell musica da sottofondo, offrire qualcosa, mettere dei giornali da leggere che non fossero datati al 15-18'. Che p-a-l-l-e.
    L'unico sforzo che avevano fatto era stato quello di affibbiare un numero ad ognuno di loro: dall'uno al ventidue. Niente nomi, nessuna identità, neanche fossero delle cavie da laboratorio. Per le testate giornalistiche - le quali erano andate a nozze con tutta quella faccenda -, erano diventati dei fenomeni da baraccone, noti come I Ventidue di Amestris e non c'era persona che non puntasse il dito contro di loro facendoli sentire colpevoli di qualcosa che in realtà non avevano mai voluto e con cui tutt'oggi vi si trovavano ad avere a che fare.

    Caso numero 8, prego.

    Alla buonora...

    Amalia venne fatta entrare in una stanza tutta bianca, sterilizzata. Il Medimago che l'accompagnò la chiuse all'interno, lasciandola circondata da solo quelle quattro pareti. La professoressa poteva contare sulla compagnia silenziosa di una scrivania con sopra delle pergamene, delle penne e un calamaio, una sedia e un letto singolo.

    Scherziamo?
    Fate un corso speciale per trovare tutti i modi per essere pallosi e fastidosi?
    C-o-m-p-l-i-m-e-n-t-i!


    Per qunto amasse il bianco e il silenzio, lì era diverso: il bianco non era il suo, né il silenzio. Sentiva che era tutto sbagliato, tutto fuori posto, ma l'unica ad esserlo realmente era lei e una parte di sé ne era ben conscia, benché ammotolita prepotentemente dall'altra.

    Caso numero 8, come si sente oggi? Avverte qualcosa di diverso rispetto al normale?
    Se sì, cosa prova?


    Di nuovo con sta manfrina... cambiate disco, davvero.
    Secondo me avete bisogno di una seria sfogata. È evidente che stare troppo tempo qui vi nuoce notevolmente.
    Date retta a zia Amalia: un po' di movida dottorini!


    Facevano domande su domande, ma era esattamente quello il problema di Amalia. Non riusciva a fare niente per non esprimersi in quel modo e comportarsi così. Tutti i suoi sforzi erano vani e la parte quasi annichilita non poteva fare altro che disperarsi. Chi conosceva Amalia Harp sapeva che era una strega pacata, seria, puntuale. Era una strega completamente diversa da quella che stava seduta sopra la scrivania infischiandosene se era finito in terra ciò che c'era sopra. Non era un problema suo.

    Caso numero 8, la... la prego, cerchi di ricordare. Sente male in qualche punto? Se sì, quando ha iniziato ad avvertire questo fastidio/dolore.

    Ma ricordare cosa! Le sembra questo il modo? Parlate al di là di uno specchio che ci spia senza degnarvi di guardarci in faccia. Comunque sì, ho avvertito fastidio e dolore...

    Si? Quando, ci dica.

    Da quando mi avete chiusa qui e triturato il cervello con la solita cantilena.
    Voi siete pazzi se credete che debba sopportare altri giorni così.
    Mi fate uscire? MI FATE USCIRE? ADESSO!


    E fu così che finalmente la porta si aprì. Era passata un'ora e per quel giorno non potevano più trattenerla là dentro.
     
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    Ecco che anche lei era pronta a sottoporsi a quell’interrogatorio, lei che era ancora vestita come un tetro pagliaccio vestito di bianco, ma con delle vesciche sulle mani, un dolore lancinante al polpaccio destro e due righe di trucco nero che, mediante le lacrime, tagliavano verticalmente il suo niveo viso. Gli occhi erano spalancati, pronti a seguire ogni minimo movimento delle persone all’interno di quel corridoio, ipotizzando che ogni loro movimento fosse semplicemente un modo per procucarle del danno o della vergogna.
    Nominato il numero del suo caso, il numero 16, la giovane si alzò rapidamente da terra, dove era seduta con la schiena aderente al freddo muro del castello…in quanto ogni muro lì era straordinariamente freddo in quel periodo dell’anno.
    Una smorfia di dolore apparve sul di lei viso, a causa dei vari danni che il suo corpo aveva riportato durante quella magica notte, per poi, con passo zoppicante, andò nella stanza dove quelle famose domande dovrebbero chiarire il modo con cui curarla e riportare la sua vita al semplice fluire, senza maledizioni e senza paure insensate.
    I passi si mossero e, senza guardare i due funzionari presenti, la ragazza andò subito a sedersi. Fatto ciò, non appena lo sguardo si alzò sui due figuri, nuovamente un terrore attanagliava cervello, cuore e fegato, stringendo con entrambe le mani il relativo bracciolo della poltrona e indurendo la schiena, in una posa degna di un torturato nei film babbani.
    Lacrime di paura vennero secrete, mentre un nodo alla gola la soffocava e la testa cominciava a girare, non appena il medimago cominciò a parlare. Le sue parole furono chiaramente recepite, ma il modo con cui vennero espresse era la cosa più vicina al mellifluo invito del demonio a vendere la propria anima…
    m-mi se-se-sento…ro-rotta
    Rotta, incapace di parlare, incapace di usare il proprio carattere forte, incapace di affrontare tutto quello che era destinata a vivere. Lei che da sempre aveva avuto sempre problemi con i propri difetti linguistici era, ora, ancora più vincolata. Balbuziente e con accenti e la “r” francese. Ormai capirla era quasi impossibile se non vi fosse stata attenzione da parte dell’interlocutore.
    le u-u-urla, il mu-muro, l’a-a-aci-acido. Pa-paura
    Le lacrime non finivano più di scorrere, oltre che per la paura, ma per questo maledetto modo di parlare. Si vergognava, si sentiva scema.
    Alla domanda riguardante la durata di quella sera la ragazza non rispose, semplicemente mosse il capo in orizzontale palesando la sua impossibilità a rispondere, non ne aveva idea. Il tempo era del tutto relativo, era del tutto insignificante e, soprattutto, a lei sconosciuto.
    Si vide che il medico aveva una domanda in mente e che stava per formularla, ma, forse vedendo la giovane, non la formulò, lasciando la ragazza anche un po’ curiosa su quale fosse il quesito a cui avrebbe dovuto rispondere.
    A prendere la parola, dopo uno scambio di sguardi tra i due, fu l’altro funzionario, il quale molto meno empatico, e non per colpa della fattura del nemico, cominciò a chiedere eventi e dettagli, di cui la giovane poco ricordava sinceramente…
    La prima domanda era, praticamente, una domanda a cui la giovane aveva già risposto, ma si sforzo di ripetersi, anche per paura che se non lo avesse fatto qualcuno l’avrebbe sgozzata.
    E-e-e-ent-entrati è ap-ap-appa-apparso un mu-muro. Un ur-urlo e ho com-com-comin-cominciato a bal-bal-balbe-balbett-balbettare. Il mu-muro ha com-com-comin-cominciato a muo-muo-muoversi. Po-poi ha pio-pio-piovu-piovuto aci-aci-acido. Poi tu-tu-tutti mi ha-ha-hanno com-com-comin-cominciato ad odi-odi-odiare.
    Per quanto abbia evitato molti dettagli, il solo articolare una risposta così semplice era stressante e molto faticoso, per questa ragione, dopo aver spiegato, superficialmente, le dinamiche, decise che le altre risposte sarebbero state molto più brevi, sperando che bastassero…
    do-dopo l’ur-ururlo
    Alla terza domanda seguì una piccola pausa, ripercorrendo con la mente tutta la serata, in quel ricorso nebbioso e sfocato, ma lei nessun gesto diverso dal solito eseguì, per tal ragione, l’unica risposta che le venne in mente di dare fu…
    se-se-segre-segrete
    Alla quarta domanda la ragazza non si espresse con le parole, ma, agguantando un foglio sulla scrivania e aspettando che il medico le prestasse la piuma, andò a tracciare due simboli che non capiva, ma ricordava abbastanza bene:
    il primo fu raffigurato come un’ “h” scritta in corsivo con una “grazia” arrotondata, vagamente a forma di “u” dall’estremità destra del carattere e, lungo il corpo verticale, un tratto orizzontale.
    Il secondo carattere fu molto più semplice da raffigurare, ma molto più impreciso ca causa della circonferenza da cover raffigurare. Infatti il simbolo era semplicemente una circonferenza incompleta, dove sulla zona mediale superiore si trovavano due segmenti verticale paralleli.
    Come successo in precedenza, invece, all’ultima domanda la giovane non rispose se non con un movimento orizzontale del capo, aggiungendo infine…
    po-po-posso an-andare?
    Aspettando una risposta positiva per poter, finalmente, andare a letto, per piangere in privato.
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    Fine settimana di Novembre 2031, fra le Nove e le Undici di mattina

    Ancora una volta si trovava in quella stanza dell’ospedale. Era seduta su una sedia avanti un vetro specchio. Un finto sorriso si palesava sul suo volto. Era vissuta tra babbani, sapeva che quei vetri erano specchiati solo da un lato e che dall’altro vi fossero i medici, perché tanto mistero. Soprattutto non riusciva a concepire il motivo per cui lei doveva essere tenuta per un’ora da sola in quella stanza. La maledizione che l’affliggeva era una maledizione che interessava il suo modo di parlare, quindi che senso aveva farla stare da sola, e no, non è abbastanza psicopatica da parlare da sola, almeno non ancora.
    Gli occhi si posavano sulle unghie, passando il tempo ad osservare come la luce di quel luogo si rifletteva sulle superfici cheratinose.
    Solo dopo venti minuti, dove i nervi andavano sempre più a saltare, lo sguardo venne portato al vetro e una semplice frase fu formulata, con estremo disagio e fatica…

    ge-ge-geni de-del cri-cri-crimi-crimine, co-cosa sta-sta-state asp-asp-aspe-aspetta-aspettando? Che la cu-cura si cre-crei da so-so-sola? Bal-bal-balbe-balbetto, non di-di-dive-divento li-liqui-liquida. Po-posso tor-tor-torna-tornare al ca.ca-caste-castello?

    Chiese, dunque, aspettando una risposta che non arrivò mai, ma come mai giunsero nuovi sintomi, per cui, nella noia più totale e con vari respiri profondi, il cui scopo era quello di calmare una ragazza che voleva dare fuoco a tutti, il resto del tempo di osservazione venne trascorso in silenzio. Ok non era molto d’aiuto il suo comportamento, ma…cosa avrebbe dovuto fare, parlare e palesare il suo completo disagio con la sua maledizione mentre i medici potevano basarsi semplicemente sul fatto che balbettava? A cosa serviva passare tutto quel tempo lì, soprattutto per lei che non poteva essere osservata in questo modo. Diverso sarebbe stato se la avessero portata da un logopedista o, ancora meglio, da uno psicologo per affrontare lo stress psicologico che ormai la sta divorando da dentro e che mai la lascia libera di rilassarsi e di sentirsi adatta alle circostanze e alla sua nomina di Prefetta.
     
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    1 Dicembre 2031, subito dopo le lezioni

    La giovane si trovò, nuovamente, a doversi sottoporre ad un interrogatorio già vissuto. Entrata nella stanza, come la prima volta, si diresse direttamente alla poltrona, dove, ai piedi della stessa, fece cadere senza troppe attenzioni la sua tracolla. Seduta La giovane cercava di non incrociare lo sguardo del funzionario, in quanto ancora era impaurita da chiunque incontrasse sul suo cammino.
    Questa sensazione, però, cominciava a diminuire, lasciando spazio alla stanchezza, allo stress e al malessere generale.
    Il funzionario cominciò a formulare le varie domande a cui la giovane dovrebbe rispondere, ma la reazione sarebbe diversa da quella aspettata dal professionista, ricevendo una semplice risposta.

    quel-quella se-sera ho ri-ri-rispo-risposto a tu-tutte le do.do.doman.domande. Co-come cre-cre-credete sia pos-pos-possi-possibile che do-dopo un me-mese po-possa ri-ri-ricor-ricordare det-det-dettagli più ni-niti-nitidi?

    Un momento di pausa, in seguito, per riprendere fiato, dato che parlare in codesto modo era molto stancante per la ragazza, che tra tutti i partecipanti a quella maledetta sera, era quella che, egoisticamente, più si sentiva colpita, in quanto la sua maledizione la limitava anche nel suo essere strega e nel suo studio, non riuscendo a pronunciare correttamente le formule e quindi gli effetti degli incantesimi ne verrebbero limitati.
    Solo dopo questa pausa, con voce palesemente stanca e disinteressata, data che nessuno le aveva ancora trovato una cura, ma soprattutto nessuno si era interessato al suo caso, la giovane espresse un’ultima domanda, così come faceva ogni volta in ospedale…

    a-a-ave-avete la mia de-depo-deposiz-deposizione di quel.quella se-sera. Po-pote-potete basa-basa-basarvi su quel-quella? Io no-non ho ne-ne-nessu-nessuna co-cosa da aggiu-aggiu-aggiungere.

    Chioserebbe, abbassando infine lo sguardo, attendendo una risposta da parte del funzionario, il quale non aveva altre risposte da dare se non il via libera ad andare via da quella stanza, in quanto la ragazza si sarebbe chiusa in un guscio di omertà, rifiutandosi di aprir bocca per dire qualsiasi altra cosa.

    Era come se nessuno si rendesse conto quanto stava male ogni volta che la più semplice delle frasi doveva essere formulata, pronunciata, scandita. Non era più capace di fare discorsi, non era più capace di esprimere il suo carattere, basato su frasi aggressive e rispetto verbale. Questo era alimentato dal minore rispetto che anche i primini della sua casa, per quanto comunque ripresi e rimessi in riga, non erano più intimoriti nemmeno da quello stupido assoggettamento che da sempre i Prefetti, e comunque uno studente molto più grande, aveva su di loro.
    maledizione 3/7
     
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    1 dicembre - Caso numero 4: Máiréad Callaghan

    Tutto daccapo. Un mese esatto e tutto era tornato come prima. Gli sconosciuti, le domande, il "caso 4" affibbiato in continuazione. Ma Máiréad invece aveva qualcosa di diverso. Non la maledizione, senza il minimo accenno a volersene andare come dimostrato durante la sessione di cavie, però quegli stessi visi le parevano più umani della prima volta e così anche la nebbia che le impediva di pensare ad altro che non fosse la salvaguardia dei cuccioli laggiù con lei. Quante volte si era rammaricata, quasi pentita, di aver rischiato così tanto! L'effetto tuttavia, per i primi tempi, causò in lei un distacco impossibile tanto da portarseli pur di avere la certezza che stessero bene. E anche dopo, in realtà.
    Seduta di nuovo, imbarazzata nel sentire gli sguardi fissi come avvoltoi che volavano in tondo aspettando che la preda si accasciasse senza più forze, la Callaghan sbirciò dalla testa lievemente china i volti di ministeriali e Medimagi. Volevano sapere le stesse cose del mese prima, solo magari con più dettagli rispetto alla scena semi muta accaduta dopo tutti quei traumi.

    Provo a non parlare Gaeilge. Cioè irlandese, no non nel senso che lo parlo cioè sì lo parlo di solito ma ora... Insomma, mi sforzerò di usare l'inglese.

    Che per lei era uno sforzo immane, tanto che ogni frase elaborata subito dopo fu inframmezzata da enormi pause per tradurre in sé le parole che avrebbe voluto esprimere nella sua lingua madre.

    Allora, siamo scesi giù e c'era un muro ma finto mentre invece dietro di noi si è formato uno vero che non ci faceva più uscire. Qualcuno ha urlato e da quel momento a tutti è capitato qualcosa, come la gamba per me. Poi andando avanti buio, il muro ci spingeva in mezzo a voci che avevano paura e bisogno di noi. Io ho sentito i miei animali e i miei genitori. Poi rosso, sangue che cadeva e bruciava, mi hanno preso in braccio per continuare. E poi in fondo in fondo una porta...

    Si fermò, rievocando non senza un brivido gli ultimi momenti di quella terrorizzante avventura. Muro di pietra, torce con fiamme dalle ombre oblique, penombra che sembrava infiltrarsi dentro ciascuno di loro. E quella porta, se porta si poteva chiamare. Che poi perché la chiamava porta se non c'era serratura? Tutte le porte si aprivano con un'apposita chiave inserita nella toppa. Era strano che chiamasse quel triangolo porta senza che ricordasse qualcosa assomigliante a un foro per inserire una chiave, né una maniglia o un pomello con cui spingere/tirare.
    Servirono pochi minuti perché Máiréad riprendesse da dove aveva interrotto il racconto.

    ... grande, a triangolo, con una V dorata al centro. C'erano anche scritte e i simboli di Fuoco, Ghiaccio e Tempesta, come questo qui.

    E indicò il proprio stemma cucito sulla divisa, una saetta riccioluta di colore viola su sfondo dorato. Laggiù di dorato a parte la V non stava altro, solo pietra, ma la ragazza era certa di quanto aveva visto. Anche se ripensò velocemente a un dettaglio: davvero era così strano il simbolo del Ghiaccio?
    Oh, giusto. Simboli.

    Tanti simboli, vero, la porta ne era piena zeppa. Alcuni si assomigliavano e credo di averne visti di familiari, tipo quelli che si vedono quando esegui gli incantesimi. Ah e pezzetti che luccicavano come metalli o pietre. Solo pochi simboli però erano illuminati, mi ricordo della runa Raido ma capovolta e l'altro, quello mitologico a tridente... Nettuno. Sì, quei due li ho trovati sui libri per capirli. Non ho visti altro anche perché tutti all'improvviso sono diventati mostri spaventosi e si colpivano.

    E quello era, per quanto piccino e semplice, il contributo che diede a quella vicenda che sperava fosse finalmente finita. Non vedeva l'ora di ributtarsi a capofitto nel letto.

    La role in cui Máiréad ricerca il significato dei simboli, essendo Nella Norma, è questa.

    PA modificati:
    -Agilità 3
    -Prontezza 3

    Piaga: la Tartaruga
    A giorni alterni una delle tue gambe smette di funzionare: nei giorni pari la gamba destra, nei dispari la sinistra. Tutte le volte che cammini, corri o durante qualunque altra azione che costringa a muoverti occorre il doppio del tempo necessario, nonché maggiori dolori dovuti allo sforzo muscolare di una sola gamba. Inizia a saltellare, perché è la tua unica chance!
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.


    Edited by Máiréad Callaghan - 23/12/2020, 21:37
     
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    [Novembre]



    Sì, per favore. Ancora, per favore.
    Stava così bene, Sertoria. Quella era rapidamente diventata l'ora prediletta della sua settimana, quando la porta della stanza bianca si chiudeva alle sue spalle e il paradiso scendeva a baciarle i capelli.
    Il primo giorno era stato bellissimo, la sua prima notte di nozze. E come in tutte le prime relazioni amorose, anche quella era sembrata più bella di volta in volta, nel mentre che il senso di familiarità si radicava nel suo spirito. Sertoria sedeva alla scrivania e fissava il muro, respirando pian piano nel fazzoletto impregnato di canfora. Inalazioni ed espirazioni si erano fatte ancor più silenti di prima; la bimba di cenere s'era fatta di polvere, di pulviscolo.

    Quando finisce tutto, quando finisce io divento difficilissima da trovare.

    Se lo ripeteva spesso per confortarsi, che sarebbe diventato pressoché impossibile notare il suo passaggio, ormai. Sertoria aveva preso l'abitudine di camminare nell'ombra, radente ai muri, la voce appena udibile, il passo di una donna molto anziana. Toccava le cose e le cose quasi non si muovevano, quasi non si scaldavano. Afferrava il bicchiere e l'acqua fremeva appena in superficie.

    Mi studiano.

    Non le importava, dacché non potevano avvertire il fetore che la pervadeva. Si girò in direzione della porta, ma lentamente, tanto lentamente: aveva imparato che muovendosi piano il senso di nausea non cresceva. L'idea che ci fossero i maghi col camice a controllarla la confortava: controllarsi da sola stava diventando un peso considerevole. Ogni giorno, ogni ora o minuto correva il rischio di vomitarsi sul seno, un seno che iniziava a svilupparsi e lo faceva irrigato dai fluidi gastrici, che Sertoria buttava fuori ogni qual volta non le riuscisse di mantenere il senso di vigilanza - respira non vomitare respira non vomitare respira non vomitare .
    Socchiuse gli occhi; visualizzò il tormento dello stomaco. Non poteva permettersi di pensare troppo al mondo esterno.
    Sicuramente doveva essere il soggetto meno interessante di tutti quelli passati in rassegna. O meglio, Sertoria sarebbe sempre rimasta anomala, al di là delle piaghe che poteva recarsi addosso. E magari proprio per quello il Fato l'aveva castigata con un martirio così essenziale: il suo cervello era già afflitto dalla paranoia per nascita e non ci sarebbe stata cura, proprio mai.

    Ora mi concentro meglio. A scuola sarò brava.
    Soggetto Sei.

    Non rispose. Ecco, la voce senza corpo era l'unica cosa che non le piacesse di quella stanza.

    Sertoria, il tuo nome è Soggetto Sei.
    No, è Sertoria.
    Vuoi dire qualcosa?
    Non voglio dire qualcosa.
    Dillo comunque.

    E lei obbedì.

    Qualcosa.

    Perché lei obbediva sempre.
     
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    La cura a ogni male...



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    [1 dicembre - Caso numero 9: Eloise Hunt]



    Sembrava un déjà vu, ma era fin troppo consapevole che non era altro che l'inizio di qualcosa che non riuscivano a capire e di cui lei stessa era vittima, anche se in modo molto marginale per come la vedeva. Seduta di fronte all'uomo che l'aveva interrogata un mese prima, dopo quell'assurda notte, non sapeva se ridere o infuriarsi. Probabilmente sarebbe parsa una pazza nel primo caso e sarebbe stato inutile nel secondo. Nel dubbio rimase impassibile a fissare il dipendente del Ministero seduto davanti a lei, mentre si sistemava la giacca, pronto a porre le stesse domande che aveva già pronunciato chissà quante volte da quando gli era stato permesso entrare ad Amestris quel giorno. Era felice che i ragazzi fossero stati lasciati "tranquilli", almeno su quel fronte. Già dovevano andare alle visite una volta a settimana e lei tentava di aiutarli come poteva tutti gli altri giorni della settimana, ma le cose erano molto cambiate dal 31 ottobre. Sapeva di avere un aspetto poco formale e non solo perché sembrava una quindicenne piena di brufoli. No, la verità era che aveva delle occhiaie che avrebbero fatto invidia a chiunque. Faceva fatica a dormire, perché il pensiero dei ragazzi non le faceva chiudere gli occhi se non quando il fisico non riusciva proprio più a reggere. Si rendeva conto che così non sarebbe stata d'aiuto a nessuno, ma non poteva farci davvero nulla.

    Caso numero 9, adesso che è passato un po' di tempo, ha ricordato qualcosa di nuovo o di diverso rispetto a quanto ci ha raccontato l'ultima volta sulla sua esperienza nelle Segrete?

    Guardò negli occhi quell'uomo per un paio di secondi, mentre la rabbia montava dentro di lei, ignorando del tutto la volontà di Eloise di restare calma e impassibile.

    Caso numero 9? Tutto bene?

    Domanda stupida, ma cosa si poteva aspettare da chi non era stato in grado di imparare ventidue nomi dopo che probabilmente aveva guardato i loro verbali per un intero mese, giorno dopo giorno? Non poteva davvero aspettarsi qualcosa di più. Fece un profondo respiro e cercò di porre fine a quel colloquio.

    Niente di più rispetto a quello che le ho già detto un mese fa, in realtà. L'unica cosa che potrei aggiungere è che quando sono stata circondata dal buio di cui vi ho già parlato...

    Non riuscì a terminare la frase che venne interrotta dal suono di qualcosa che picchiettava contro la cartelletta che l'uomo teneva tra le mani. Stava battendo con la punta della piuma sul foglio, come a voler sottolineare di aver trovato un passaggio degno di nota. Corrugò leggermente la fronte, confusa.

    Quello che ha definito di natura magica e potente, caso numero nove? Era molto turbata quella notte, molto...distratta.

    Annuì lentamente, osservando l'uomo, ma si trattenne nuovamente dal dire qualcosa di sconveniente, anche se dentro sentiva montare la rabbia.

    Dovevo prendermi cura dei ragazzi, ovviamente. Comunque confermo ciò che le ho detto quella sera. In ogni caso, se posso proseguire... mentre ero avvolta da quell'oscurità ho sentito la voce di persone a me care che mi chiedevano aiuto, chiedevano di essere salvate.

    Non era certa se fosse un'informazione utile o importante, però era l'unica aggiunta che si sentiva di fare. In fondo quella sera era stata molto chiara su ciò che avevano passato nei Sotterranei, sperando che potesse servire al Ministero per scoprire subito cosa fosse accaduto là sotto. Invece le cose erano andate in modo totalmente diverso.

    Caso numero 9, può raccontarci quanto ha vissuto dall'inizio alla fine in maniera più specifica?
    In che momento ha iniziato a sentirsi in questo modo? L'altra volta ha detto di non essersi accorta del cambiamento.


    La indicò, mentre pronunciava quelle parole e la cosa le fece abbassare lo sguardo sulle proprie mani per un secondo. Era la stessa cosa che aveva fatto nelle Segrete dopo aver visto lo sguardo di Mikal e Johanna eppure non aveva capito davvero cosa fosse accaduto.

    No, davvero. Tutto quello che le ho detto quella notte è ciò che ricordo tutt'ora, a parte il particolare che ho aggiunto poco fa. Inoltre vorrei ribadire che io davvero non mi sono resa conto del cambiamento fino a quando non me lo avete mostrato voi.

    Si massaggiò le tempie per un attimo, sperando di alleviare il male alla testa che provava in quel momento. Dormire poco aveva i suoi effetti negativi, anche se tentava di non farci caso. In quel momento sentiva su di sé ogni anno che il suo fisico non mostrava più, ma che lei percepiva dentro di sé.

    Caso numero 9, ricorda adesso maggiori dettagli rispetto alla porta misteriosa?

    Fu un accumulo di cose: male alla testa, fastidio, stanchezza, frustrazione... alla fine non ce la fece davvero più. Non era una cosa possibile.

    Siccome ha tutto segnato lì sopra... perché non ha imparato i nomi dei ragazzi a memoria come le avevo chiesto?

    Ribatté stanca e irritata. Si erano imparati tutto quello che era uscito dalle loro labbra quella notte, se lo erano segnato in ogni minima virgola e dettaglio. Ricordavano persino il loro stato d'animo, possibile che dei nomi creassero tutti quei disagi? Non erano stati colpiti in centinaia da quella dannata maledizione, quindi non era così difficile portare a termine quel compito.

    Non è quello che le ho chiesto, caso numero 9.

    Non riuscì a capire se fosse riuscita a metterlo a disagio, ma non credeva proprio. Non riusciva a incutere timore o a ispirare rispetto in nessuno da un mese a quella parte. Scosse la testa e rispose rapidamente alla domanda dell'uomo.

    Posso aggiungere che dove vi erano i simboli delle tre Case ho notato dei fori. Al centro della porta c'era una grande V. Ho riconosciuto anche il simbolo di Nettuno e Saturno. Inoltre ho riconosciuto un simbolo che rappresentava il movimento compiuto quando si casta l'incantesimo ingozzante. Vi era anche una R rovesciata, potrebbe essere una Runa, ,a non ne ho la certezza. Infine vi erano delle perle o dei metalli... non so dirle cosa fossero con precisione, posso solo dirle che avevano colori e forme differenti.

    A quel punto non aveva davvero altro da aggiungere, perché tutto ciò che poteva fare lo aveva fatto, anche se era poco. Lei avrebbe potuto essere utile in altri modi, avrebbero potuto spiegarle cosa stessero ipotizzando al San Mungo.

    Potrei esservi utile, mi creda. Sono brava nel mio lavoro. Mi dica cosa avete scoperto, cosa ha scoperto il San Mungo e posso lavorare con voi.

    Si sporse in avanti per cercare di essere il più convincente possibile, ma sentiva dentro di sé una strana disperazione rassegnata. Sapeva già cosa le avrebbe risposto prima ancora di vedere la testa dell'uomo spostarsi a destra e sinistra in segno di diniego.

    Lei è uno dei Casi da studiare. Non si preoccupi, Guaritori migliori di me e lei sono in azione e le assicuro che è in buone mani.

    Eloise si ritrasse, mentre il suo viso tornava impassibile. Dentro stava urlando come mai prima di allora. Quelle parole le avevano chiarito due cose: non le avrebbero mai detto nulla e non la ritenevano nemmeno una buona guaritrice. Non era nemmeno certa che l'uomo si rendesse conto di averli messi a confronto su una materia che era il suo pane quotidiano. Lei non era un funzionario ministeriale, era una Guaritrice.
    Non le davano credito in alcun modo.
    Scosse la testa una sola volta, quando le chiese se avesse altri particolari da aggiungere. Sentiva di volersene andare da quella stanza. Doveva tornare in Infermeria. Voleva farlo.

    Caso numero 9, vuole dirci qualcosa?

    Aprì la bocca per tentare un'ultima volta di convincerlo che fosse la persona giusta da coinvolgere in quegli studi, poi la chiuse e scosse la testa, mentre un sorriso triste e finto le incurvava le labbra.

    Tanto non mi ascoltereste. Non per davvero.

    A quel punto si alzò e strinse la mano al funzionario, prima di voltargli le spalle. Il male alla testa era notevolmente aumentato.

    Piaga: A volte si ripensa con nostalgia ai momenti della giovinezza, ideando percorsi diversi intrapresi nella propria vita o semplicemente per rivangare il passato e i bei tempi andati. Sarebbe bello poter tornare indietro nel tempo per un po', vero? Nel tuo caso accade solo in parte: il tuo corpo ringiovanisce, le rughe spariscono lasciando il posto alla tua versione in fase adolescenziale. La tua coscienza, però, è sempre la stessa da adulta ma con un aspetto così poco "rispettabile" agli occhi degli studenti (persino a quelli degli adulti, in certi casi) che farti valere è un compito ben più arduo del solito. Quasi rimpiangi di non essere più totalmente adulta.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
    Riduzione malus con:
    - Mente su Corpo Talento 1 (bonus 5% Carisma)
    PA intaccati:
    - Affinità 22: 25% -> Affinità 17
    - Carisma 40 x2: 50% (45%); 25% (20%) -> Carisma 18
     
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    1 Dicembre, Caso numero 15: Soobin Min



    Soobin era nervoso.
    L’ultima volta che aveva parlato con i ministeriali, poco dopo essere stato tirato fuori dalle segrete, non era andata troppo bene.
    Si era comportato in maniera illogica e estremamente maleducata e, per quanto sapesse di aver avuto un più che ottimo motivo – chiunque avesse passato quello che avevano passato loro ne sarebbe uscito più che scombussolato – quel comportamento lo aveva portato avanti per settimane.
    Aveva ancora paura di scoprire, una volta sveglio al mattino, che aspetto avrebbe avuto il suo mondo quel giorno, ma tutto l’astio che provava nei confronti del mondo intero sembrava essersi dissipato del tutto.
    Aveva iniziato di nuovo a parlare con gli altri senza provare disprezzo, soprattutto con Yeonjun, con cui si trovava più a suo agio per ovvi motivi, lo faceva sentire un po’ più a casa e, di conseguenza, un po’ più al sicuro.
    Per gli “estranei”, i guaritori e i ministeriali, in realtà continuava a provare un po’ di risentimento: continuavano a chiamarlo non con il suo nome ma con un numero, il 15. Continuavano a studiarlo come una cavia da laboratorio e sebbene ormai avesse capito che era per il suo bene, non poteva fare a meno di sentirsi totalmente deumanizzato.
    Con questo stato d’animo confuso, Soobin si sedette davanti all’impiegato ministeriale che si sarebbe occupato di raccogliere la sua… cos’era? Una deposizione?
    Accavallò le gambe e si trattenne dall’incrociare le braccia al petto solo perché sua madre gli aveva detto che non era educato, era segno di chiusura e, per quanto in realtà volesse chiudersi completamente a riccio davanti a quello sconosciuto, se voleva essere aiutato doveva farsi aiutare.

    Volevo scusarmi per come mi sono comportato in precedenza...

    Esordì Soobin, quindi, sforzandosi di guardare il funzionario per quanto fosse grottesco il suo aspetto. La barba che presumibilmente aveva sul viso sembrava fatta di aghi, quindi dava l’impressione di avere la carne trafitta da centinaia di essi. Iridi e cornee erano nere quanto le pupille, mentre la pelle fin troppo pallida per poter appartenere ad una persona viva.
    Sapeva che era solo l’ennesima allucinazione, nessuno avrebbe fatto entrare ad Amestris qualcuno di tanto grottesco, ma lui faceva proprio fatica a guardarlo.

    Non si preoccupi, caso numero 15.
    La scorsa volta si è rifiutato di parlare, ora può raccontarmi cosa ricorda della notte del 31 ottobre?


    Soobin si concesse un sospiro, per poi raccogliere controvoglia i ricordi di quella notte. Ricordare quegli avvenimenti non gli piaceva, preferiva andare avanti nelle sue giornate facendo finta che non fosse mai avvenuto nulla, nonostante ne avesse ancora addosso gli effetti.

    Qualcuno aveva organizzato una specie di caccia al tesoro nelle segrete. Avrebbe dovuto essere divertente… non lo è stato.
    Abbiamo girato per un po’ fino a trovarci davanti a quello che pensavamo fosse un vicolo cieco, ma quello davanti a noi non era davvero un muro…
    Quello dietro di noi, a bloccarci il passaggio verso l’uscita dalle segrete, era vero eccome, invece.
    Qualcosa credo ci stesse chiamando, poi c’è stato un urlo.
    Io… non credo di aver mai sentite un suono tanto forte, mi sono addirittura cedute le ginocchia e sono caduto a terra!
    Quando mi sono alzato, tutto era diventato assurdo, tutto era colorato in modo sbagliato. Molti particolari erano diventati grotteschi, non riconoscevo più nessuno delle persone che avevo attorno.


    Si fermò qualche attimo per guardarsi attorno e riprendere contatto con la realtà: non era più nelle segrete per quanto parlarne gli desse quella sensazione.

    Il muro dietro di noi ha iniziato a muoversi e da quel punto abbiamo perso completamente il controllo di ciò che accadeva: qualsiasi cosa accadesse, non avevamo scelta se non quella di avanzare o ci avrebbe pensato il muro stesso a spingerci in avanti.
    Abbiamo attraversato una sezione di buio totale in cui… non so cos’è accaduto, ho sentito le voci dei miei genitori, stavano urlando, pensavo che qualcuno stesse facendo loro del male, ma poi una volta finito tutto ho scoperto che non si sono mai spostati da Busan, quindi non potevano essere qui.
    Dopo, comunque, c’è stato un momento che definirei di calma, poi… poi ha iniziato a piovere qualcosa dal soffitto. Puzzava di sangue e bruciava tantissimo, ma una volta attraversato quel pezzo di corridoio anche il muro che ci spingeva in avanti si è fermato e dopo un po’ sono arrivati i professori ed Eloise noona a salvarci.


    L’uomo prese nota di quel che stava dicendo o, almeno, Soobin vedeva la sua piuma trascrivere frenetica e diede per scontato che si trattasse di quello.

    Ma dove siete stati trovati c’era una porta. Cosa ricorda di quella porta, caso numero 15?

    Soobin non aveva prestato troppa attenzione alla porta, troppe emozioni tutte negative lo avevano riempito in quel momento perché lui potesse prestare davvero attenzione a qualcosa, tuttavia qualcosa c’era.
    Doveva parlarne con il ministeriale? Magari dietro a quella porta c’era una soluzione alla sua condizione e a quella di tutti gli altri. Magari c’era qualsiasi cosa avesse causato tutto quello e, una volta sconfitta l’entità, tutto sarebbe tornato normale.
    C’erano troppi magari. Magari quella porta era un inganno, esattamente come era stato un inganno tutto quel orribile tour delle segrete.
    Non voleva che il ministero si concentrasse troppo su quella porta, aveva paura che se avessero dato troppa importanza alla porta, avrebbero smesso di cercare di aiutare loro… insomma, già li trattavano meno che da esseri umani, non voleva rischiare di diventare anche meno importante di una dannatissima porta.

    Non la ricordo bene, ero stravolto completamente da quello che era successo prima.

    Disse, distogliendo lo sguardo.

    Sta dicendo la verità, caso numero 15?

    No, non la stava dicendo, stava omettendo i due simboli astronomici che era sicuro di aver visto, ma non lo avrebbe detto, nossignore.
    Cercò di fingersi indignato.

    Ero spaventato! Avevo sentito le voci dei miei genitori urlare e implorare aiuto! Ero quasi mortalmente ferito da della pioggia acida! Ero completamente distrutto, quindi, sì! Non ricordo bene quella porta, non ci ho fatto caso!

    Disse, continuando comunque a guardare altrove.
    Non riuscì a dire se l’uomo fosse convinto o meno, ma in ogni caso sembrò lasciar perdere.

    Ricorda di avere visto qualcos'altro in particolare, in uno qualsiasi dei momenti passati nelle segrete?

    Tipo quando tutti loro avevano perso il senno e avevano iniziato ad attaccarsi a vicenda? Quella era un’altra cosa che preferiva omettere, si vergognava troppo di aver a sua volta attaccato qualcuno.
    L’unica cosa che lo consolava era che quel qualcuno, chiunque fosse stato, non aveva riportato ferite permanenti per il suo attacco. Questo lo sapeva per certo perché adesso tutti loro stavano “bene”, quindi non aveva fatto troppo male a nessuno.

    Mi spiace, no, le ho raccontato tutto quello che ricordo. Ora vorrei solo dimenticare.

    L’uomo sospirò, era evidente che sperava in qualcosa di più. Probabilmente non aveva fatto altro che confermare altre versioni tutte uguali di quello che era accaduto in quelle dannate segrete con, anzi, qualche informazione in meno, dato che non aveva detto una parola sulla porta.
    Si mordicchiò il labbro, domandandosi di nuovo se avesse dovuto essere sincero. Nonostante il dubbio lo attanagliasse, ancora una volta decise di no.
    Dovevano curare loro, non studiare una stupidissima porta.

    Vuole dirci qualcosa?

    In che senso? Cosa doveva dir loro? Forse poteva ancora togliersi un sassolino dalla scarpa, nonostante in passato fosse già stato estremamente maleducato?

    Solo una: noi siamo solo dei ragazzini, eppure passiamo le giornate a studiare e a imparare a memoria un sacco di cose. Voi siete adulti, dovreste essere più abili di noi, eppure non riuscite ad imparare dei nomi nemmeno per il tempo necessario a rivolgervi a noi.
    Non è rassicurante.



    Soobin Min: Carisma 25 (13), Intuito 5 (4), Saggezza 11 (8)
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    Ogni giorno non è mai uguale al precedente a livello di percezione visiva. L'aspetto di ciò che ti circonda muta ogni giorno, sia di oggetti che di persone: divise di un certo colore ne hanno un altro completamente diverso, elementi fisionomici di amici e professori stravolti, anche il materiale all'apparenza non è come quello che ricordi. Gli altri quattro sensi, però, ti aiutano a riconoscere la realtà dei fatti: le voci di chi conosci sono sempre le stesse, così come i sapori dei cibi, i loro profumi e le sensazioni tattili. Attenzione perciò a non giudicare dalla copertina.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    [1 Dicembre]



    La stanza bianca. Perché non l'avevano più portata nella stanza bianca? Le piaceva tanto la stanza bianca.

    Adesso che è passato un po' di tempo...
    Voglio tornare nella stanza bianca.
    Soggetto Sei.
    Sono Sertoria. Soggetto Sertoria.

    Ma tanto non capivano. O meglio, capivano a modo proprio. Esattamente come lei, anche quegli uomini rispettavano una prassi catalogatrice che la quattordicenne non poteva che comprendere e apprezzare; ma il fatto che la complessità del quadro fosse sottratto alla sua vista le riusciva insopportabile. Ebbene sì, c'erano senz'altro un Soggetto Cinque, un Soggetto Quattro, magari pure un Soggetto Sette; ma esistevano nei loro schemi, non nei suoi. Agli occhi del Soggetto Sertoria non c'era che un Sei, la Sephirah centrale ad aleggiare in un albero kabbalico a lei invisibile, ché non era tra gli iniziati di quel circolo, non le era dato di sapere.
    Il funzionario ci riprovò.

    Ricorda qualcosa di nuovo?
    Il pavimento.
    ...Il pavimento?
    Era sbagliato.
    Sbagliato come?
    A un certo punto ho girato a destra e c'era una lastra rotta. Era tutta sollevata. Volevo metterla a posto perché rovinava tutto.
    Certo... capisco.

    Sertoria scosse la testa, ma se ne pentì subito. Ingollò un conato di vomito, prima che terminasse la risalita verso la trachea.

    No, capisco solo io. Io le cose così le noto, anche se dicono che non importano. A me tanto. E poi io tengo sempre gli occhi bassi.
    Può raccontarci dall'inizio alla fine, in maniera più specifica?
    Spe-ci-fi-ca. Sono scesa con Luke e Samantha e Lorenzo e Máiréad. Loro sono i miei amici. Poi sono successe cose che non capivo. I muri si muovevano. Rosso. Ho paura del rosso.
    In che momento ha iniziato a sentirsi così?
    Io non mi sento, io sono. Vorrei stare senza odore, per piacere. Anche se senza odore ho letto che nessuno mi vorrebbe bene, perché tutti gli umani hanno un odore. Ma a me non importa, se mi lasciano sola sto bene.
    Soggetto Sei, si concentri.
    Se non lo facessi vomiterei sempre.

    Durante il primo anno accademico era caduta a capofitto su una Mimbulus Mimbletonia, assaporandone la dubbia fragranza; in seguito il Professor Rosenbaum l'aveva messa di fronte a un esemplare scontroso con l'ordine di estrarne la linfa. L'esperienza si era ripetuta con tanto di bis e Sertoria aveva confermato a se stessa di non aver mai avuto a che fare con un odore così pestilenziale.
    La maledizione l'aveva costretta suo malgrado a ricalcolare i propri limiti sensoriali.
    Guardò il funzionario, bello riparato nel proprio incanto Testabolla.

    E la porta?, tentò nuovamente il sant'uomo.
    Simboli. Gli elementi. Non mi ricordo altro, erano tutti cattivi e avevo i vestiti rossi. Io odio il rosso.

    L'uomo sospirò, ormai allo stremo.

    C'è qualcosa che vuole dirci, Soggetto Sei?

    Sertoria annuì.

    Mi promette che ci sono un Soggetto Uno, un Soggetto Due, un Soggetto Tre, un Soggetto Quattro e un Soggetto Cinque? Eh? Me lo promette? Io devo sapere che ci sono. Questo è molto importante.
    Molto. Molto importante.
     
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    1 Dicembre - Caso numero 17: Bellamy Murray



    Era passato un mese esatto da quella notte maledetta. Era stato un mese strano, un mese in cui tutti avevano dovuto combattere non soltanto con gli strascichi dei traumi rimasti nella loro testa e con le loro piaghe, ma anche con le mille domande dei giornalisti, dei funzionari del Ministero, gli esperimenti dei Medimaghi. Con la popolarità che ormai avevano raggiunto, loro e l'Accademia, agli occhi del mondo esterno, passare una giornata in pace e tranquillità sembrava un miraggio. E lui aveva sempre desiderato diventare popolare, all'interno della scuola ed anche fuori, non a questo prezzo però. Non così.
    Dopo tutte le lezioni di quel lunedì, il suo unico desiderio era quello di andare a nascondersi sotto le coperte del suo letto e dormire fino all'ora di cena. Non che desiderasse particolarmente mangiare, la sua incapacità di tenere le posate e quindi di mangiare in maniera normale l'aveva portato persino a perdere l'appetito. Una volta uscito dall'Aula di Storia della Magia, però, era stato fermato da dei funzionari del Ministero che si trovavano lì per fare ancora delle domande. L'ennesime, da quando era iniziata tutta quella faccenda. Così li aveva seguiti svogliatamente, già innervosito nonostante non avessero ancora iniziato a domandargli niente, tuttavia con la consapevolezza che magari stavolta sarebbe stata l'ultima.

    Caso numero diciassette, la notte del primo novembre lei ci ha detto alcune cose riguardo ciò che è accaduto nelle Segrete, cito testualmente le sue parole: ''C'era un muro. Mi sono poggiato contro il muro e sono caduto. Non era un vero muro. Le voci chiedevano aiuto''.
    Era chiaramente sconvolto dagli avvenimenti, ma ora che è passato un mese, riesce a ricordare e a descrivere in maniera più specifica cosa è successo lì sotto?


    Gli aveva chiesto il più anziano dei due, una volta trovato un posto isolato dove sedersi, loro da una parte di quella scrivania e lui dall'altra. Per l'ennesima volta, si sentiva come il protagonista di un interrogatorio. Era veramente stufo di quella storia, non ne poteva più.
    Sospirò, prendendosi qualche attimo per riflettere su come rispondere. Cercando di scavare nella sua memoria, alla ricerca di immagini che aveva cercato in tutti i modi di dimenticare ma che inevitabilmente si trovavano ancora lì.

    Emh...io ricordo...ve l'ho detto, c'era un muro. Cioè, siamo scesi tutti nelle segrete alla ricerca di...boh, non so bene cosa, doveva essere una caccia al tesoro.

    Cercava di raccontare quello che ricordava, nonostante quei ricordi facessero male, e cercava di mantenere il più possibile la calma perchè sapeva che innervosendosi non avrebbe risolto nulla. Prima avrebbe risposto e prima l'avrebbero lasciato in pace, probabilmente.
    Con lo sguardo lo invitavano a proseguire, quindi prese un respiro profondo e continuò il racconto.

    C'era quel muro che vi ho detto a bloccarci la strada, mi sono appoggiato e ho scoperto che non era un vero muro. Ed un altro muro ha iniziato ad inseguirci per chiuderci la strada.
    Poi...non me lo ricordo di preciso in che ordine sono successe le cose.


    Era vero, ricordava quasi tutto ma perlopiù a grandi linee.

    Ad un certo punto la mia mano sinistra ha smesso di funzionare. Proprio non la sento più. Come se non ci fosse.
    Poi...abbiamo iniziato a scappare per i corridoi e sono successe cose. Si sentivano delle voci che chiedevano aiuto, c'era una pioggia di sangue acido...


    Nel ricordarlo, poteva quasi sentire alcuni punti della pelle bruciare ancora. Come se vi fossero rimasti dei marchi indelebili che si accendevano di tanto in tanto, a ricordargli quello che avevano passato, tipo una maledizione.

    Prosegua, numero diciassette.

    E un attimo.
    C'era un gran casino, ognuno se la doveva vedere con le sue...cose. Poi c'è stato un momento, non so quando di preciso, in cui abbiamo iniziato tutti quanti ad odiarci.
    Poi...ricordo di aver visto una porta...triangolare. Sono arrivati i professori e ci hanno salvati da altri casini che stavano succedendo.


    Rabbrividì, nel ripensare alle parole di odio che aveva rivolto a Coral, al naso che aveva rotto ad uno studente del Ghiaccio. Non era mai stato più felice di vedere i professori in quel momento, allo stesso tempo ricordava bene di aver passato parecchio tempo a chiedersi dove diavolo fossero mentre loro rischiavano la morte, e cosa sarebbe successo se loro fossero arrivati prima.

    Riguardo la porta di cui parla, ricorda adesso maggiori dettagli, numero diciassette?

    Potete chiamarmi Bellamy per favore?

    Era un mese che veniva richiamato come se fosse un esperimento scientifico, un oggetto con un codice, come le persone cattive avevano fatto nei peggiori momenti della storia umana.

    Stiamo cercando di lavorare per il suo bene, diciassette. Cerchi di collaborare.

    Per l'ennesima volta, il ragazzo irlandese fu costretto a trattenersi dall'iniziare ad urlare ed andarsene via di lì. Aveva ragione quel tizio, stavano lavorando per il suo bene. Se non li avesse aiutati, nessuno sarebbe mai riuscito a scoprire cosa aveva che non andava la sua mano e sarebbe rimasto senza per sempre. Tanto valeva farsela tagliare via. Ma non poteva rimanere monco a diciassette anni, no. Già quel mese era stato abbastanza deprimente, l'incapacità di fare qualsiasi cosa lo aveva reso talmente inetto che la mattina faticava persino ad alzarsi dal letto per andare a seguire le lezioni. Ancora più fatica del solito.

    La porta...era triangolare. Sopra c'erano come delle piccole righe mi sembra...e ai vertici c'erano i simboli delle tre Case di Amestris. Sotto ad ogni stemma c'era tipo...un forellino. Non so, l'ho visto di sfuggita, ma non mi sembravano casuali.

    Stava dicendo tutto quello che gli tornava in mente, addirittura ogni tanto era costretto a chiudere per qualche istante gli occhi, così da riuscire a figurarsi meglio l'immagine della porta, che aveva visto troppo frettolosamente per riuscire a ricordare alla perfezione.

    Poi c'erano un sacco di simboli diversi...solo che alcuni erano illuminati ed altri spenti. Tra quelli illuminati, in basso a sinistra c'era il simbolo del movimento dell'incantesimo Ingozzante. Al centro, un po' sulla sinistra...c'era la runa Raido rovesciata. Poi c'era...un simbolo astronomico, credo, una specie di tridente. Ed una V dorata, proprio al centro della porta.

    Li ricordava, ma non a tutti aveva saputo associare un significato. Sperava che si facessero bastare tutto quello che gli stava dicendo, perchè di più non sapeva che raccontare.

    Quelli spenti invece erano diversi ma simili tra loro. Non ne sono sicuro, ma credo...sottolineo credo, non ne ho la certezza...che alcuni fossero numeri romani...altri movimenti di incantesimi, poi forse altre rune. Ma li ho visti troppo in fretta per potervelo dire con sicurezza.

    Non aveva più nient'altro da dire, o almeno gli sembrava.
    E quando gli chiesero se aveva altro da dirgli, si limitò a scuotere il capo e ad aspettare che gli dessero il via libera per andarsene. Così avrebbe potuto finalmente esaudire il proprio desiderio, ovvero nascondersi tra le coperte ed il buio della sua stanza ed aspettare. Cosa, di preciso, non avrebbe saputo dirlo. Forse, che tutta quella storia finisse. Che trovassero una soluzione, una cura per la sua mano. Forse erano solo speranze vane. Non poteva saperlo. Tutto ciò che sapeva è che non poteva fare altro che aspettare.

    In biblioteca ho aperto la role di ricerca per la materia con Nella Norma.

    Bellamy Octavian Murray : Capacità Magiche 37 (25), Carisma 39 (20), Manualità 24 (17)
    Piaga: il Serpente
    La tua mano dominante non è più utilizzabile, come se non rispondesse più o fosse profondamente addormentata, il che limita pesantemente lo svolgimento della maggior parte delle azioni quotidiane. Impugnare una bacchetta, interagire con piante, fabbricare pozioni, persino scrivere: la tua manualità è compromessa e a meno che non impari a utilizzare l'altra serve trovare alternative valide.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    [1 Dicembre 2031 - Caso numero 8]



    Un mese era intercorso tra la notte maledetta e l'invasione 2.0 dell'Accademia da parte dei funzionari del Ministero.
    Un via vai continuo. Asfissiante. Opprimente. Invadente.
    Ai Ventidue di Amestris era stato concesso solo un mese di riposo, termine alquanto discutibile e spogliato del reale significato che detenva da sempre.
    Riposo? Sul serio?
    Dai, era il caso di smetterla con questa cavolata.
    Riposo forse dalle divise del Ministero - che tra l'altro erano una delle poche gioie per gli occhi della professoressa -, e dai paparazzi che approfittavano di ogni cosa per strappare uno scoop.
    Ma quanto era costato questo fantomatico riposo? Perché un prezzo lo aveva avuto. Eccome.
    Da disagiati e maledetti qual erano, i Venidue di Amestris erano stati costretti ad essere passati al setaccio dai Medimaghi del San Mungo e non nel senso più divertente della parola. Privati della loro identità, ridotti ad numero che non aveva altro che la funzione di differenziarli l'uno dall'altro. Cavie da laboratorio che, a differenza loro, alcune volte avevano persino un nome.
    Paradossale.
    Del resto un numero era più facile da ricordare del nome. Eh, poverini andavano capiti. Loro.
    E durante quel mese le domande non erano cessate. Aumentate in verità.
    Se l'Amalia di ora non sopportava tutti quei controlli, tutte quelle domande, tutti gli sguardi che le si appicicavano addosso; quella originale era più che disposta a collaborare, a trovare un senso a tutto quello. La volontà assai propensa ad aiutare a riportare la luce in mezzo a tutto quel buio che dallo stramaledetto 31 ottobre non aveva smesso di tormentarli.
    Era estenuante.
    Si sentiva in vesti non sue, estranee e impossibili da levare. Erano una seconda pelle ormai, eppure non possedevano alcuna comodità. Infime e sfacciate, pian piano stavano prendendo possesso delle ossa, delle vene, dei muscoli... in silenzio insinuavano le sue membra.
    E se non si trovava un rimedio, nelle loro grinfie sarebbe finita pure la sua anima.
    Nonostante lottasse con tutte le forze, l'altra lei riusciva costantemente ad avere la meglio.
    L'unico punto che accomunava le due versioni di Amalia era la volontà di farla finita con tutto quello: basta dottori, basta funzionari, basta essere sbattuti in prima pagina, basta domande. Sebbene l'una lo voleva perché bramava di restare per sempre e l'altra invece perché l'ospite indesiderato sparisse una volta per tutte, entrambe volevano finire quella storia.
    Per questo motivo adesso si trovava faccia a faccia con uno dei funzionari ministeriali. Avrebbe provato ad avere un atteggiamento collaborativo, ma era consapevole che non avrebbe potuto tenere a bada l'altra.

    Caso numero otto, adesso che è passato un po' di tempo, ha ricordato qualcosa di nuovo o di diverso rispetto a quanto ci ha raccontato l'ultima volta sulla sua esperienza nelle Segrete?
    Negli altri incontri ci ha parlato di una porta in pietra con alcuni simboli luminosi e altri poco visibili. Ha detto anche di aver visto delle incisioni lungo i lati del triangolo e di una sopra il vertice alto della porta. Tutte in latino... conferma?


    ezgif-com-gif-maker-1

    Sì. So cosa ho detto.

    Ricorda adesso maggiori dettagli rispetto alla porta misteriosa? Provi a raccontarci quanto ha vissuto dall'inizio alla fine in maniera più specifica

    Una delle ultime cose che voleva era rivivere tutto, ma poi pensò che effettivamente lo faceva già nei ricordi che le rubavano il sonno e le riempivano i pensieri. Solo che dirlo a voce alta era come renderlo ancora più reale. Con la Stella e Baby Hunt si incontravano di notte in biblioteca per mettere insieme i pezzi, formulare teorie e ipotesi, ma nessuna delle tre parlava di quella sventura. Non ne avevano bisogno perché ognuna di loro era stata un pedone inchiodati alla quale restò solo la possibilità di assistere inermi al matto di quell'oscurità sotterranea.

    Va bene bel faccino, ma prendo questo.
    Che chioma, dovresti sfoggiarla di più Boccoli d'oro
    Adesso vorresti essere uno di quei malfattori eh, confessa.


    Ecco, non riusciva a frenarsi benché ogni volta ci provasse. Ma avrebbe sopportato le uscite dell'altra se stessa per cercare di aiutare in qualche modo. Altro non poteva e loro avrebbero dovuto capirlo.

    Ehm... io... to-torniamo alla domanda, la-la prego.

    Rilassati Boccoli d'oro, non ti facevo così timido.
    Comunque...


    Un sospiro camuffto abilmente dall'altra lei e si convinze a parlare.

    Cercherò di andare veloce riguardo tutta la parte che vi ho detto le altre volte e che suppongo vi abbiano detto studenti e colleghi.
    Sala Grande, festa - non chissà cosa, ma almeno v'era la parvenza -, e la diceria di una caccia al mostro nei sotterranei che prendeva voga tra i ragazzi. Nessuno degli adulti ci ha dato troppo peso, declassandola ad uno dei tanti giochetti di Halloween. Non quei giochetti. Male, malissimo perché la serata invece di decollare tra risate e beh, tutto ciò che rende una festa tale, intiende no?
    - ammiccò al funzionario che divenne paonazzo - finì per tramutarsi in uno schifo assoluto. Circa mezz'ora da quando un gruppo di studenti era sceso giù per partecipare a quella stupida caccia al mostro, alcuni fantasmi e parte degli studenti di quel gruppeto invasero il nostro tavolo con lo spavento marchiato sulla faccia: parlavano di urla, di compagni in pericolo e di fare qualcosa. Uno scherzo? No, troppo sconvolti per recitare così bene e allora cinque di noi scesero giù.

    Cinque...Le venne un flash in quel momento, ma scelse di non dirlo poiché ancora troppo acerbo e lacunoso.

    Dal suo verbale siete stati a scendere lei, il Preside, la professoressa Cage , la Mikal Levischmiedt e l'infermiera Hunt. Corretto?

    Sì, io, Pitagora de' noantri e le tre gnocche che ha nominato. Che belle figliole eh? Anche Pitty non è male, ma non fa per me. - Ammiccò di nuovo e quello non riuscì a diventare un peperone ai suoi occhi - Siamo scesi perché visti i precedenti, non potevamo lasciare i pargoli da soli, no? Precedenti che avrebbero far dovuto riflettere certe persone, ma lasciamo stare. Cooomunque, dopo alcuni passi il buio si palesò e grazie alla magia di Pitty abbiamo potuto vedere alcune orme degli studenti. È stato lì che abbiamo sentito lo stesso urlo descritto dai sopravvissuti che ci hanno avvertiti. L'infermiera da bella figliola è diventata Baby Hunt, ma il resto di noi era intero.

    D'accordo. Poi mi ha detto che tutto è diventato buio e che nessuna magia funzionava. Ha aggiunto che improvvisamente si sono udite altre urla e voci strane, ma che non erano reali. Conferma?

    Esatto Boccoli d'oro. Erano frutto di un'illusione, di qualche oscura maledizione.
    Confermo.


    Mi chiamo Smith.

    Boccoli d'oro.
    Confermo.


    O-ok. Mi interrompa se sbaglio: siete andati avanti e avete avuto a che fare con una pioggia di sangue acido, ma siete riusciti a fronteggiarla evocando protezioni magiche. Poi avete visto un muro, ma anche quello lo avete superato e fatto fuori con degli incantesimi. Quindi tra questi accadimenti e il primo urlo c'è stato come un blackout della vostra magia. In ogni caso, dopo il muro avete trovato gli studenti. Conferma?

    Confermo Bellicapelli.
    E qui non credevamo ai nostri occhi perché abbiamo trovato tutti in tivolta: gli uni contro gli altri a darsele di santa ragione. Ancora oggi non riusciamo a spiegarcelo. Voi invece?


    Non posso dirglielo adesso, abbia pazienza.

    Amalia sbuffò vistosamente e currugò le sopracciglia: quello sfigto dalla bella chioma faceva il prezioso? No, la verità era che neanche lui e la sua manica di agenti della fuffa lo sapeva.

    Certo che siete proprio noiosi.
    La verità è che neanche voi lo sapete, non avete capito proprio niente o no ci stareste con il fiato sul collo.


    Non posso rivelarle niente caso numero otto. Non adesso, la prego. Torniamo come prima. Allora, ha detto anche che da lì in poi avete sentito lo scosciare dell'acqua tra le pareti farsi sempre più forte e preannunciare il suo arrivo, ma anche qui la vostra magia è riuscita a contrastarla e avete tratto gli studenti in salvo. Il pavimento portava i segni della pioggia rossa di prima, ma non è più successo niente. Conferma?

    Ancora sì, Bellicapelli. Confermo.

    Della porta invece, ha altro da aggiungere?

    Ok, la pazienza stava per esaurirsi.

    Ancora? Ma quando finiamo, e su! C-o-m-e le ho già detto - e veramente basta, non fatemelo ripetere perché inizierà a fare mooolto freddo - era triangolare con simboli delle tre Case ai vertici e alcuni all'interno. Oltre alla runa Raido capovolta, ricordo di aver visto anche quella Ansuz sempre capovolta sotto la grande V dorata al centro, Numero romano o il movimento del Reducio ancora non lo so, anche se opterei per la prima visto le iscrizioni latine lungo i lati di essa e sopra il vertice alto. Sempre in dorato, sempre in latino. Sopra la V, sempre capovolta, ricodola presenza di un'altra runa: Othila. A destra invece c'era Gebo, penso normale e a sinistra il simbolo della magia amnesica. A nord-est della V mi è sembrato di vedere il movimento della magia di Crescita-Rapida, mentre a nord-ovest il movimento dell'Incantesimo Accendi-Bacchetta, ma su quest'ultimo non sono tanto sicura.

    Ha parlato anche di simboli astronomici, di quello di Saturno e di Nettuno. Corferma?

    Eh! Cambia disco però, che palle!
    Ancora sì comunque. C-o-n-f-e-r-m-o.


    Aveva detto anche che c'era il movimento dell'incantesimo Engorgio e che ai tre vertici c'erano i siboli delle Case di Amestris con dei fori accanto. Corfema?

    Incantesimo Ingozzante, comunque.
    Boccoli d'oro occhio ai temini, eh.
    Sì, comunque. Confermo e aggiungo che ricordo dei simboli orientali, cinesi o arabi. Non so altro.


    Nient'altro? Corfema?

    Confermo e me ne vado.
    Ah Bellicapelli, questo me lo tengo.


    Schioccò un bacio sulla guancia al funzionario che, come pietrificato dall'imbarazzo, non riuscì a dire e fare nulla.

    Ma... m...

    Mentre Bellicapelli provava a balbettare qualcosa, Amalia aveva già abbandonato la stanza.

    Edited by Amalia Harp - 24/12/2020, 05:32
     
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    1 Dicembre 2031 - Caso numero 11



    Era trascorso un mese e le certezze su cosa gli fosse capitato, attraversando quel corridoio sino ad allora sconosciuto delle Segrete, erano aumentate. Ma, per uno strano cortocircuito logico, non si trattava di nulla di positivo. Per di più, ciò che ora gli sembrava assodato, si rivelava poi essere un'osservazione empirica e poco più, senza fondamenti né radici logiche che la legassero ad alcunché. E per l'ennesima volta, quel giorno, il Preside avrebbe dovuto ripercorrere i concetti chiave di interminabili giorni di patimento e insofferenza: riluttanza al sapere, mancanza di controllo nella magia, generale debolezza e spossatezza.

    Adesso che è passato un po' di tempo, ha ricordato qualcosa di nuovo o di diverso rispetto a quanto ci ha raccontato l'ultima volta sulla sua esperienza nelle Segrete?

    Non aver dovuto abbandonare l'Accademia per l'ultima tornata di ispezioni era un elemento di conforto, perlomeno. L'insistenza dei funzionari, tuttavia, era limitante. Andrew era convinto che nessuno di loro avesse reali capacità per comprendere a fondo quanto fosse capitato ai ventidue scesi nelle segrete durante la notte di Halloween, ma non avrebbe saputo argomentarlo. Lo sentiva e basta, neanche fosse stato un ciarlatano qualunque, lui che aveva capacità elevate e riconosciute. Ma non era stato in grado di tirar su in un mese intero un solo piano di analisi, anche sommaria: era come se non sapesse neppure da dove cominciare. Che lo facessero dal Ministero attraverso di lui, però, non gli andava per niente a genio.

    Spiacente. Rinnovo quanto già dichiarato.

    La sua reticenza non pareva troppo accorta, certamente meno di quanto avrebbe desiderato.

    Può raccontarci quanto ha vissuto dall'inizio alla fine in maniera più specifica?

    Temo di no.

    Il forte rischio, cominciava a pensare, era che lo accusassero perfino di essere dietro agli incidenti, benché fosse finito vittima del suo stesso, ipotetico, piano scellerato. Ma era anche plausibile che una parola di troppo lo mettesse ugualmente nei guai, ad esempio sfilandogli la presidenza dalle mani.

    Ricorda adesso maggiori dettagli rispetto alla porta misteriosa?

    Avrebbe voluto rispondere prontamente, com'era capitato per le domande precedenti, ma il peso specifico di quell'ultima lo fece tentennare in maniera poco furba, lo sguardo che si faceva fisso e vuoto sui funzionari, sul primo e poi sull'altro.

    Non so neppure se fosse una porta, francamente.
    A quanto ne so potrebbe trattarsi di una placca fissata alla roccia.


    Mentì, ma con un briciolo di consapevolezza in più. Se avessero analizzato il suo malessere, in fondo, gli sarebbe stato anche d'aiuto, tutto ciò che si ostinava a respingere a testa bassa, testardo e orgoglioso. Ma che si parlasse del sottosuolo della scuola, no. Stanco, spossato, provato e senza neppure il pieno controllo delle sue facoltà, aveva ugualmente intuito che sotto il castello si nascondeva qualcosa che non doveva aiutare a raggiungere, non quelle persone. Era lui, l'esperto.

    Vuole dirci qualcosa?

    Voglio ringraziarvi.
    A nome di tutta la Scuola di Magia di Amestris.
    Con permesso.
     
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