Caso n°X

Raccolta di dati e informazioni sulle piaghe

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    1 Novembre 2031, fra l'una e le quattro di notte
    Un funzionario ministeriale del decimo livello, un medimago e un notaio entrano in contatto con ognuno dei pazienti. A turno, il funzionario e il medimago pongono le seguenti domande mentre il notaio vi osserva e prende appunti su ciò che dite e sul vostro comportamento. Essi si rivolgono a voi chiamandovi per numero, quello a cui siete stati assegnati come pazienti.
    "Caso numero 3, come si sente?" ; "Caso numero 7, cosa ha notato nelle Segrete?" e così via.
    Il tutto ovviamente per mantenere una certa... professionalità. Insomma, sappiamo tutti che i maghi sono strani.

    Allen: Caso numero 1
    Bonkey: Caso numero 2
    Cage: Caso numero 3
    Callaghan: Caso numero 4
    Crane: Caso numero 5
    Eburneo: Caso numero 6
    Fontana: Caso numero 7
    Harp: Caso numero 8
    Hunt: Caso numero 9
    Huxley: Caso numero 10
    Laeddis: Caso numero 11
    Levischmiedt: Caso numero 12
    Lullaby: Caso numero 13
    Lygeon: Caso numero 14
    Min: Caso numero 15
    Montyliet: Caso numero 16
    Murray: Caso numero 17
    Silverclaw: Caso numero 18
    Stitcher: Caso numero 19
    Thornton: Caso numero 20
    Webb: Caso numero 21
    Wigley: Caso numero 22


    Medimago:
    - Come si sente adesso?
    - Cosa ha provato, fisicamente e/o emotivamente?
    - Quanto è durato?
    - Ogni quanto si è ripetuto, se si è ripetuto?

    Funzionario:
    - Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?
    - Ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?
    - Ricorda di avere fatto qualcosa di strano, un gesto che può avere dato inizio a tutto
    - Abbiamo saputo da un tale... Webb, esservi una porta in fondo alle Segrete. Ricorda qualcosa di essa?
    - Ricorda di avere visto qualcos'altro in particolare, in uno qualsiasi dei momenti passati nelle segrete?

    Cosa dovete fare: scrivere un post in cui rispondete alle domande di cui sopra. Dato che per molti la piaga ha inizio col primo post di ogni role, potete asserire di averla appena subita prima di essere stati sottoposti a interrogazione. Tuttavia, in questo preciso momento della giornata siete tutti ancora vittima dell’illusione che vi rende nemici: vi appariranno come tali anche funzionari e medimaghi. Potete perciò reagire come ritenete più coerente per voi, anche a costo di non dare delle risposte del tutto veritiere o soddisfacenti.
    Eventuali domande fatte dai medimaghi nei vostri confronti sono sempre precedute dal vostro appellativo numerico [spoiler e quote sopra].

    Per il vostro post gli studenti riceveranno 2 PE, i Docenti 3 PE.

    CITAZIONE
    Fine settimana di Novembre 2031, fra le Nove e le Undici di mattina

    Nel corso delle settimane precedenti gli studenti sono stati chiamati di volta in volta a recarsi al San Mungo in compagnia di un Docente che ne fa da Responsabile per essere studiati. Essi vengono infatti chiusi in una stanza per circa un'ora alla settimana di modo che possano essere osservati dai medimaghi che possono così tentare di costruire la storia clinica dei loro pazienti. La stanza è bianca e sterilizzata, e al suo interno contiene solamente una scrivania con una sedia, un insieme di pergamene, penne e calamaio, e un letto singolo. Possono comunicare con i Medimaghi che li osservano da uno specchio nascosto, senza poter essere visti dai pazienti.
    I medimaghi raccolgono quindi dei dati sui loro comportamenti per poi stilare una relazione.
    Anche in questo caso vi si rivolgono col vostro appellativo numerico [primo quote e primo spoiler].

    Cosa bisogna fare: ruolare una di queste ore tipo passate all'interno della stanza speciale del San Mungo. La descrizione deve non soltanto tenere conto dell'attuazione della Piaga (in un'ora per chi la manifesta 1 volta ogni 5 post, sarà accaduta circa due volte), ma anche del modo in cui coerentemente si comporterebbero. Ad esempio, i vostri PG potrebbero essere arrabbiati per via di tutte quelle attenzioni e dalla stessa reclusione, che potrebbe farli sentire chiusi in una gabbia come cavie da laboratorio. Al contempo, potrebbero rispondere male ai medimaghi per vari motivi, per conseguenza della piaga o anche solo per indole. Oppure ancora, potrebbero adattarsi bene alle circostanze, sapendo che tutto è per il loro bene. L'importante, dunque, è giocare con coerenza.
    Potete descrivere più settimane nel vostro unico post o un solo momento, purché ruoliate il comportamento tipo/medio del vostro PG in tale condizione.

    Per questo post gli studenti riceveranno 2 PE, i Docenti 3 PE.

    CITAZIONE
    1 Dicembre 2031, subito dopo le lezioni

    Un mese dopo quanto accaduto in Accademia, i funzionari del Ministero fanno ritorno ad Amestris per interrogare nuovamente studenti e Docenti, che si suppone possano rispondere alle domande con più lucidità. Hanno tentato di interrogarli più volte nel corso delle settimane, ma il San Mungo ha fortemente consigliato l'Accademia e il Ministero a non sottoporli ad ulteriore stress, considerate le osservazioni svolte dai medimaghi settimanalmente al San Mungo.
    Così, hanno ottenuto il consenso di intervenire esattamente un mese dopo, ponendo ai ragazzi le stesse domande dell'ultima volta a cui speravano di ottenere risposte più certe.

    - Adesso che è passato un po' di tempo, ha ricordato qualcosa di nuovo o di diverso rispetto a quanto ci ha raccontato l'ultima volta sulla sua esperienza nelle Segrete? [il PNG legge il resoconto dal verbale del 1 Novembre, se necessario].
    - Può raccontarci quanto ha vissuto dall'inizio alla fine in maniera più specifica
    - In che momento ha iniziato a sentirsi in questo modo?
    - Ricorda adesso maggiori dettagli rispetto alla porta misteriosa?
    - Ricorda di avere visto qualcos'altro in particolare, in uno qualsiasi dei momenti passati nelle segrete?
    - Vuole dirci qualcosa?

    Dovrete ovviamente rispondere con coerenza: avete davanti delle figure di rilievo, in che modo si comportano i vostri PG? Sono ovviamente stanchi, stressati e spaventati, per cui quanto sono lucide le loro risposte anche a distanza di tempo? Come vi fa sentire essere vittima di una piaga e adesso anche del Ministero, seppur per il vostro bene?
    Anche in questo caso per chi subisce la piaga 1 ogni 5 post questo interrogatorio può essere ruolato come la piaga fosse appena avvenuta.

    Per il vostro post gli studenti riceveranno 2 PE, i Docenti 3 PE.

    Scadenza: 19 incluso

    Alexandra:
    Bellamy:
    Coral:
    Cyrene:
    Frances:
    Kyle
    Lorenzo:
    Luke:
    Máiréad:
    Mattia Bonkey:
    Michelle Montilyet:
    Samantha:
    Sertoria Eburneo:
    Soobin Min
    Andrew E. Laeddis, Johanna Cage, Amalia Harp, Eloise Hunt, Mikal Levischmiedt

    Edited by Il Tessitore - 13/12/2020, 19:04
     
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    1 Novembre, Caso numero 7: Lorenzo Fontana


    Macché, davero fate? Anvedi questi...

    Mano a coppetta intorno alla parte destra della bocca, tra le proteste, lamentele ed insulti delle altre tre personalità, che assistevano inermi al caos provocato da quella semplice domanda; il ragazzino era passato rapidamente dallo spleen esistenziale al quale si era dedicato negli ultimi attimi nelle segrete ad uno strano senso di sicurezza interiore, mista ad una fin troppo marcata cafoneria.
    In quel momento, gli era stata posta la prima domanda dagli omuncoli che lo avevano relegato in quella stanza, dopo aver interrogato già qualcun altro dei bastardi rimasti bloccati con lui di sotto, responsabili del tremendo scherzetto di Halloween.
    Oh, ma l'avrebbero pagata, a costo di mettere a fuoco tutta Roma.

    Me chiamo Lorenzo! Loooo-reeeee-nzo! Nun è mica difficile, ma nun t'entra eh.

    Il mondo non lo capiva; avessero tutti dei prosciutti sulle orecchie, delle fette di salame sugli occhi o qualsiasi altro tipo di salume stampato sul naso, nessuno sembrava comprendere i polemici, incoerenti e politicamente scorretti pensieri del ragazzo, per come era in quel momento, ed il fatto che tutti lo continuassero a chiamare per numero anziché per nome, non pareva aiutare affatto. Non li poteva mica mandare a quel paese però, non dopo che gli avevano spento la luce che l'aveva quasi reso cieco lì sotto.

    Ma te rendi conto de che me stai a chiede? Ma m'hai visto npo' nfaccia? Come posso sta' seconno te?

    La prima, e forse originale, personalità del riccioluto stava probabilmente chiedendosi dove avesse potuto imparare, quel tipo che controllava le sue movenze, un accento simile, ma non avrebbe mai potuto cogliere le sfaccettature della maledizione che l'aveva colpito; durante le vacanze spesso avevano ricevuto la visita di Reggie, cugino carnale della mamma del bambino, che da quando era venuta a mancare non aveva mai smesso di provare a legare un po' di più col Fontana adulto, e che proprio non riusciva a vivere senza il suo accento.
    Era probabilmente da quelle situazioni che l'inconscio del ragazzino aveva immagazzinato quelle movenze e parole.

    Ch'ho provato... me pioveva merda addosso, gente me lanciava robba, certo non potevo fa i salti de gioia, no?
    Caso numero 7, quanto è durato?
    Aridaje co sto caso numero 7. De coccio proprio, eh?

    Sospiro.

    Che poi, quanto è durato che? Io ancora i senti gl'altri che s'aggitano n'testa qua. E avoja a ripeterse.

    Aveva risposto a tutto, ma praticamente a nulla, e quel Caino che gli stava di fronte doveva pure farsele andar bene le frasi che gli aveva rivolto, che era stata pura grazia divina quella che gli aveva impedito di prendersi un ceffone subito dopo il secondo interrogativo, al ripetere quel nomignolo idiota. Quindi, toccò all'altro.

    Ma nun'epotevate fa nsieme tutt'e due? Tacci vostra. Fa na cosa, fammele tutte, io te rispondo poi.

    Attese che gli fossero posti i quesiti, facendo ballare su e giù il piede destro, in impazienza, e contando con la mano sinistra i nuovi interrogativi, a mano a mano che il povero funzionario li poneva.

    O vedi ch'è più facile ccosì? Allora, amo trovato n'muro, amo sentito n'urlo e poi, dallà, nsè capito più ncazzo. Buio, urla, pioggia, corsi e ricorsi, e alla fine me so accorto che tutta sta situazione l'avevano congegnata i grandi capoccia che stavano commè là sotto. E a dilla tutta, pure voi mpo' me puzzate, ma c'avete la faccia poco sveglia. Io Webb nun me ricordo minimamente chi sia eh, ma a porta l'ho vista. Era piena de simboli strani, ma chi se i ricorda tutti quanti mo... Sai che? Uno m'è rimasto, che somigliava a na palla de Natale, quelle che se mettono su l'albero.

    In basso, letteralmente una palla, poi di nuovo in alto; disegnò il simbolo col dito indice sinistro, mentre il suo cervello continuava a cercare di processare. C'era un motivo per cui la sua memoria ad utilità si era soffermata su quella precisa incisione e non su un'altra qualsiasi, come se avesse già appreso e deciso di mantenere quello strano segno.
    Ma, al momento, i dolori, il fastidio di avere quella gente davanti e la stanchezza, stavano prendendo il sopravvento.

    Mo ve faccio io na proposta, npo' indecente. Che dite, me fate dormì? Grazie eh.

    *Il dialetto espresso in inglese è lo scozzese.

    EDIT SOLO PER LA MIA MEMORIA RIDICOLA: con questo mi mancano 3 post intuito e 4 carisma.

    Lorenzo Fontana: Carisma 13 (3), Intuito 9 (7)
    Piaga: il Gatto
    Lorenzo ora è solo una delle tante identità che possiedi, momentaneamente quella dominante. Soffri di un disturbo multiplo della personalità cambiando allineamento (a caso, purché ci sia varietà) da un momento all'altro, senza preavviso seppur per pochi minuti. Quanti nuovi "io" sono dentro di te? Chissà, sta a te scoprire i loro nomi, ma occhio alle future crisi d'identità e soprattutto non permettere che una di loro prenda il controllo su di te.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa. (1/5)
    Personalità attuale: Loreo, er mejo der Colosseo (BC).
    Usati per ora: Lollo (LN), Louie (CM), Lorenzhauer (NN), Loreo (BC)


    Edited by NukEddy - 9/12/2020, 12:55
     
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    1 Novembre - Caso numero 19: Frances Stitcher



    Non sapeva come fosse arrivata lì; non sapeva neppure dove fosse. Era sdraiata su un quella che forse era una barella, ma non poteva esserne sicura, assente com'era dalla realtà, con la percezione distorta di un sogno che pareva essere eterno. Quel che invece percepiva senza alcuna difficoltà come reale e pungente era il dolore, l'unico vero indizio che la costringeva a realizzare che quello non fosse effettivamente solo un sogno. Forse era passata un'ora, forse tutta la notte: Frances non poteva saperlo. A stento ricordava quel che era successo nelle segrete, e ancora una volta furono i tagli sulla pelle a ricordarle che non poteva esserselo inventato, quelle stesse piaghe che bruciavano come se la carne avesse preso fuoco d'improvviso.

    Caso numero diciannove, come si sente?

    Frances sollevò lo sguardo con evidente ritardo, troppo intenta a cercare di captare la voce tra gli echi che sentiva rimbombarle nella mente, come se ogni suono non fosse altro che il riverbero di un riverbero.

    Sono già morta?

    Già rispetto a che cosa, non avrebbe di certo saputo dirlo. Appena riemersa dal sonno forzato che era già diventato il suo peggior nemico, Frances non aveva neppure una percezione sana della realtà, figurarsi riuscire a riconoscere in quel viso sconosciuto qualcuno che fosse lì per aiutarla. Più guardava quei visi, e meno comprendeva la situazione. Sapeva solo che si sentiva stanca, stanca come mai s'era sentita in tutta la sua vita, nonostante lei non fosse estranea a notti insonni ed incubi lucidi, quegli stessi incubi che era certa la stessero perseguitando in quel momento, racchiusi nei volti ostili di quegli insistenti funzionari. Non che avesse alcuna forza, fisica o di volontà che fosse, per difendersi da loro; aveva finito di difendersi, aveva finito tutto e basta.

    Sono morta, come vuoi che mi senta? Morta.

    E invece non era morta, e lo sapeva, o forse lo sperava soltanto, ché sarebbe stata una vera tortura portarsi nell'aldilà tutto quel dolore generalizzato. Non avrebbe saputo indicare il punto che le faceva più male, ché sentiva la testa pulsare nel punto in cui l'aveva sbattuta a terra quando Cyrene l'aveva fracassata, i muscoli bruciare, la pelle ardere. Forse quello era l'inferno, a dimostrazione che la pace non arriva mai.

    Caso numero diciannove, ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?

    Era una voce diversa da quella precedente, più decisa, quasi aggressiva. Frances strizzò gli occhi in presa alla confusione e alla paura, ché non voleva guardare, non voleva voltarsi nella sua direzione, come temesse che l'uomo avrebbe potuto fulminarla con lo sguardo. Ma chi erano? Cosa volevano?

    C'era Cyrene.

    E quello lo ricordava eccome, ché le memorie riaffioravano dal sonno al suo pari ogni secondo di veglia che passava. Cyrene c'era eccome, ad ogni singolo passaggio, sempre affianco a lei finché non le si è messa contro. Cyrene c'era mentre scendeva nelle segrete, c'era quando era comparso il muro, c'era in quel grido implorante d'aiuto, c'era sotto la pioggia acida di cui ancora portava i segni; Cyrene c'era quando l'aveva implorata, c'era quando l'aveva distrutta.
    Le lacrime calde si tradussero in singhiozzi sommessi, ché piangere le faceva più male di quel che le stava provocando, ma non aveva alcuna forza di trattenerle. Non sarebbero riusciti a cavare nulla di più da lei, non di certo in quel momento, lo stesso in cui Frances realizzò di essere ancora aggrappata alla vita senza sapere se ne stesse valendo la pena.

    Post intuito: 4/5
    Post carisma 4/6

    CITAZIONE
    Piaga: il Ghiro
    Neanche le normali ore di sonno notturne ti aiutano a rinsavire da una stanchezza incontrollabile, una spossatezza che durante il giorno ti rende poco reattiva fino a sfociare in placide dormite senza ritegno ovunque capiti, a prescindere dal luogo e dal momento in cui ti trovi. Sogni di qualsiasi genere, anche a occhi aperti, sono i benvenuti in questi momenti in cui ti appisoli. Disclaimer: effetti collaterali quali rivolo di bava e lieve russare potrebbero essere inclusi.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa.


    Edited by Frances Stitcher - 10/12/2020, 00:23
     
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    1 Novembre 2031, 01:00 - 04:00 a.m., Lygeon: Caso numero 14



    Capiva cosa ci faceva lì, lo capiva davvero in un certo senso, solo che non lo accettava.
    Era assolutamente esausto, provato da quell’interminabile notte e per buona misura ancora parecchio dolorante; giusto la gentilezza di riassestargli rapidamente il naso gli avevano concesso, prima di gettarlo in pasto alla curiosità altrui.
    Cosa si potevano aspettare da lui in quello stato? C’era un limite a quanto una persona fosse in grado di tollerare e Luke, di certo, l’aveva superato da un pezzo.
    A quel punto solo una cosa era chiara, non si poteva fidare neppure di quei tre, anche loro come i compagni erano pericolosi, quantomeno ostili, anche loro ce l’avevano con lui e non facevano nulla per nasconderlo. Ma se voleva andarsene di lì il prima possibile assecondarli, a quel che pareva, era la sua unica via di scampo.

    Come mi sento?

    Si dovette ripetere la domanda una seconda volta, sia perché dalla stanchezza quasi non ci sentiva più sia perché a stento riusciva a credere glielo stesse davvero chiedendo.
    A quel punto non aveva più alcun dubbio, quelle persone non si meritavano nemmeno i suoi ultimi sforzi, nemmeno il più pallido tentativo di rimettere in ordine mezza frase prima di pronunciarla ad alta voce.

    Stanco sono, pezzi a.
    Sconvolto. Stanco molto solo.
    Dappertutto male fa mi e.


    Incrociò le braccia, lasciandosi andare sulla sedia come se dovesse addormentarsi da un momento all’altro, ma si trattenne: non voleva rischiare che approfittassero di un suo momento di vulnerabilità per attaccarlo.

    Ricordo non, so lo non.
    Confuso troppo tutto è.


    Come se potesse andare a dirlo loro. A cosa poteva interessargli saperlo se non per usarlo contro di lui?

    Nulla assolutamente ricordo non.
    Altri agli assieme via scapparne a ritrovato sono mi… nulla più poi e segrete nelle entrato essere di soltanto ricordo, memoria di buco un proprio ho.
    Davvero, nient’altro.


    Insisteva pure! Se gli diceva - per quanto al rovescio - che non ricordava niente era così e doveva farsene una ragione, fine del discorso. Non gli avrebbe certo servito i suoi punti deboli su un piatto d’argento, nemmeno il più piccolo indizio.

    Ore due meno o più direi quindi, dieci le attorno scesi siamo.

    Si strofinò con forza gli occhi un paio di volte, cercando di resistere alla tentazione di prendere sonno.

    Capire far devo lo ve come, successo è che quello di nulla ricordo non. Detto già l’ho!

    Non doveva niente a loro né a nessun altro, come dimostravano le sue risposte stentate. A maggior ragione quando sapeva che volevano soltanto fargli del male, per quello lo chiamavano per numero dopotutto, perché non contava nulla più di quello per loro, un paio di cifre senza valore e di cui liberarsi alla prima occasione utile.
    Ma lui non glielo avrebbe permesso, no. Doveva rimanere vigile e in guardia, diffidare di ogni parola e ogni singolo gesto. Se era stato in grado di uscire vivo dalle Segrete circondato da temibili avversari, allora sarebbe senz’altro sopravvissuto a quei tre avvoltoi della malora.

    Tutto qui è.

    Luke risponde per lo più solo ad alcune delle domande del medimago, mentre si ostina ad affermare col funzionario di non ricordare nulla di ciò che è avvenuto nelle Segrete

    CITAZIONE
    Carisma 23 (18), Saggezza 21 (9)
    Piaga: il Salmone
    Sembra che l'unico modo con cui tu riesca a comunicare è solo ed esclusivamente facendolo al contrario. Qualsiasi frase pronunciata o scritta, anche la più semplice, comincia dalla fine piuttosto che l'opposto come succede normalmente. E non s'intende lo specchiare delle parole, bensì l'ordine all'interno di una frase. Trovare un modo per venire incontro al problema può anche essere risolutivo, ma non per questo meno frustrante.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
    Piaga aggiuntiva:
    adesso vedete chi vi circonda come nemico e pericoloso avversario, e più il vostro legame è forte più vi apparirà come qualcuno da cui difendersi/fuggire/attaccare a seconda della vostra indole.
    Potete infatti reagire come ritenete più opportuno, lottando con la magia, a mani nude, con le parole, allontanandovi, tutto purché siate consapevoli di chi quelle persone NON sono.
    Ovviamente questo vale per tutti i PG presenti: se è vero che i PG a cui siete più legati ON sono quelli da cui guardarsi particolarmente, è vero anche che pure gli altri vi sono nemici.

    Intuito: 3 post di 5
    Carisma: 3 post di 7


    Edited by Luke Lygeon - 14/12/2020, 19:58
     
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    1 novembre, poco dopo l'una di notte - Caso numero 4: Máiréad Callaghan

    Moooreeed. Si pronuncia Mored.

    Quasi in automatico e con enorme fatica Máiréad corresse la pronuncia dell'uomo sconosciuto che la stava visitando, rintronata dalla bacchetta illuminata che utilizzava ora per controllarle la vista ora per esaminarle altri punti del corpo. Non aveva mollato la presa dai tre cuccioli, ancora saldamente fra le braccia anche dopo essere finalmente sbucata dalle segrete. La vista la tradiva, un po' appannata e un po' accecata dopo essere stata ben due ore al buio. Inoltre non capiva dove si trovasse e soprattutto come ci fosse arrivata. Infermeria? O non era più ad Amestris? Quanto avrebbe voluto vedere mamaí al posto del signore in camice verde acido per niente amichevole... O il Dochtúir, quello che le aveva controllato il sangue, che era stato tanto delicato quanto gentile...
    Domande su domande. La testa martellava per quante ce ne fossero e quante altre probabilmente sarebbero arrivate. Ma a Máiréad importava poco, voleva solo scappare da lì e rifugiarsi in coperte viola che però avrebbero solo profumato di lavanda e non di casa. Quel piacevole tepore che percepiva anche solo a camminare per i corridoi non c'era più, svanito nelle profondità del castello. Chi altri le rimaneva ormai? Sentiva che a ogni passo sarebbe sbucata qualche strana figura a colpire, che nessun luogo era più sicuro di quanto pensasse. Voleva dormire, spedire un gufo ai suoi genitori per rivederli presto, stringere forte il cuscino e sprofondare in quel campo tutto nero e pieno di luci colorate sperando di dimenticare tutto.
    Sussultò quando la apostrofarono ancora una volta con il numero di categoria attribuito fin dal suo arrivo, dopo essere stata in mezzo a tutti gli altri recuperati dalle segrete insieme ai professori che li avevano salvati.

    Moooreeed.

    Ripeté stancamente. Non le piaceva che la chiamassero Caso 4. Caso era ciò che capitava senza senza che fosse voluto, caso era l'ipotesi di uno scenario fra i tanti, ma lei non si sentiva un caso. Aveva un motivo preciso per cui era lì, diventare magiveterinaria, obiettivo che però sembrava talmente lontano se non irraggiungibile. Ad alcune domande non prestò attenzione, riservando la voce a quelle più importanti. Come gli effetti su di lei, che a quanto aveva capito guardando gli altri erano capitati a chiunque intaccandoli però in maniera diversa.

    Male. Alla gamba. Prima era la sinistra e ora la destra che non sento più. E la schiena... Gortaíonn mo chúl [Mi fa male la schiena], brucia. Ma i miei piccoli stanno bene, mi interessa questo.

    Ancor prima di se stessa gli animali. Non poteva dire lo stesso dei suoi amici, ora che aveva perso la fiducia in chiunque si trovasse all'interno della scuola. Di chi poteva davvero considerarsi amica se loro stessi le si erano rivoltato contro? Era la prima volta che le capitava di sentirsi abbandonata, che nemmeno il suo animo buono riusciva a giustificare cosa avesse provato lì sotto. Non poteva essere colpa sua. Allora... Di chi era? Forse l'unico sbaglio commesso fino a quel momento le stava per ritorcersi contro.

    Ricordo la barba, la corsa, an balla [il muro], i-il buio...

    La voce si ruppe nel resoconto per poi scoppiare in lacrime. Aveva dimenticato di menzionare il sangue e la porta, per quanto la riguardava tutto aveva smesso di avere senso da quel momento. Da quando aveva sentito quelle terribili urla disperate, che avevano costretto il Caposcuola a occuparsi di lei successivamente e a lasciarsi abbandonare al termine del tunnel. Cercava ormai rifugio in tutto ciò che fosse al di là della scuola, luogo non più sicuro nonostante le alte mura che si ergevano a protezione. Ma come ci si poteva proteggere dai pericoli che nascevano all'interno? Gli abitanti delle grotte le amavano per permettere loro di conservare cibo e dare una casa ai cuccioli, ma se queste crollavano allora anche loro scappavano lontano in cerca di un nuovo rifugio, traditi dalla terra che li aveva precedentemente accolti. E lei? Era come un orso impaurito o una Fenice libera di volare senza paura dei sassi in caduta sopra la sua testa?

    Is mian liom go raibh Lilith anseo... [Vorrei che Lilith fosse qui...]

    Uno dei pochi riferimenti ancora intatti oltre ai genitori. Un gufo avrebbe sempre potuto spedirlo non appena fosse stata in grado di ragionare. In quel momento invece piangere pareva essere l'unico sfogo senza il quale poter fare a meno, in mancanza di un abbraccio umano in cui rifugiarsi. Solo pelo e lingue ruvide, che per Máiréad sotto lo sguardo inquisitorio di sconosciuti spaventosi valeva tutto.
    Post Intuito: 3/6
    Post Carisma: 3/7
    HP: 50 - 27 = 23 -> regolamento HP
    PA modificati:
    -Agilità 1
    -Prontezza 0
    -Intuito 7
    -Saggezza 17

    Piaga: la Tartaruga
    A giorni alterni una delle tue gambe smette di funzionare: nei giorni pari la gamba destra, nei dispari la sinistra. Tutte le volte che cammini, corri o durante qualunque altra azione che costringa a muoverti occorre il doppio del tempo necessario, nonché maggiori dolori dovuti allo sforzo muscolare di una sola gamba. Inizia a saltellare, perché è la tua unica chance!
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    1 Novembre - Caso numero 17: Bellamy Murray



    Caso numero diciassette, come si sente adesso?

    Era almeno la quarta volta nel giro di dieci minuti che quel medimago glielo chiedeva. E non era l'unica domanda che gli stava facendo, anzi le domande erano piuttosto numerose, e continuava a ripetergliele come un disco rotto. Per toglierselo di torno, a Bellamy sarebbe bastato rispondere. Eppure non ci riusciva, sentiva come un nodo alla gola bloccargli le vie respiratorie, in maniera opprimente da non permettergli nemmeno di parlare. Stava resistendo all'impulso di saltare addosso a quell'uomo che non sembrava volerlo lasciare in pace, ma era talmente stremato che non avrebbe avuto nessun tipo di forza, nè fisica nè mentale, per farlo anche se avesse voluto.
    Di nuovo, si sentì rivolgergli quella domanda. Per la prima volta da quando era stato avvicinato da quegli uomini, il Caposcuola alzò lo sguardo color ghiaccio, spento e distrutto, in direzione di quello che continuava a chiedergli come si sentisse.
    Uno schifo, ecco come si sentiva.
    Se ne stava da un tempo indeterminato seduto sullo scalino più alto della scalinata che portava al quarto piano, gli sarebbe bastato fare due passi per entrare in infermeria e farsi visitare, togliersi di dosso tutta quella sporcizia che aveva, il suo costume da principe ormai ridotto a brandelli. Non l'aveva ancora fatto però, per qualche motivo aveva lasciato che i medimaghi, gli infermieri e chiunque altro si occupassero prima di tutti gli altri che erano ridotti ben peggio di lui. In qualche modo era ancora tutto intero, in condizioni pessime, incapace di utilizzare una mano, ma c'era chi stava in condizioni decisamente più preoccupanti.
    Non era stato un gesto di altruismo dei confronti dei compagni che ancora odiava: la consapevolezza del fatto che una volta entrato infermeria vi sarebbe dovuto rimanere bloccato almeno per qualche giorno lo tratteneva ancora dal farlo, anche se sapeva che non avrebbe resistito ancora a lungo. La pelle gli bruciava in più punti, i muscoli di tutto il corpo si lamentavano incessantemente e chiedevano riposo. E se a parte quello, all'apparenza - dall'esterno - sembrava non essere messo poi così male, nella sua testa c'erano le più grandi ferite che quella serata gli aveva inferto.

    Caso numero diciassette...

    Basta.

    Non ce la faceva più. Voleva urlare ma allo stesso tempo non ne aveva le forze, voleva scappare ma era troppo stanco. Si sentiva spento, vuoto, assente come mai gli era capitato in vita sua. Voleva che quei tre se ne andassero e lo lasciassero in pace, a dormire su quelle scale, sporco e dolorante così com'era.
    Sapeva però che non sarebbe successo fin quando non avrebbe detto loro qualcosa. Sapeva che loro erano lì per aiutare, per cercare di capire di più riguardo tutto quello che era successo, eppure a lui non interessava nulla del loro aiuto. Quello che era successo non poteva essere cancellato, potevano soltanto cercare di curare le ferite sui loro corpi, ma sarebbero mai riusciti a risanare quelle della mente?
    Ne dubitava.

    N-non lo so come mi sento.

    Finalmente diede loro una risposta, che tuttavia non sarebbe stata molto d'aiuto ai suoi poveri interlocutori. Tuttavia, era stata una risposta sincera. Non sapeva definire tutto quello che sentiva.
    Era sfinito, stravolto, totalmente privo di forze. La testa non riusciva a pensare a nulla.
    Si passò la mano destra tra i capelli biondi sporchi di sangue, disordinati e incollati alla fronte dallo stesso liquido rosso e dal sudore, e persino quel gesto gli apparve innaturale, come se non fosse lui a farlo, come se fosse mosso da una marionetta. E nel provare quella sensazione, le lacrime che fino a quel momento aveva trattenuto iniziarono ad uscire silenziose dai suoi occhi assenti. Lacrime che bruciavano sulla pelle ustionata del viso.

    Ho f-freddo.

    Certo che aveva freddo, era colpa delle bruciature e di tutta l'adrenalina che ormai aveva abbandonato il suo corpo, lasciando il posto al nulla. Lui non tremava, ma era il suo labbro inferiore a farlo ogni volta che cercava di parlare.
    Sperava che nessuno degli altri studenti lo stesse guardando. Se l'avessero visto piangere, avrebbero pensato che fosse ancora di più un bersaglio facile da attaccare, tanto verbalmente quanto fisicamente. Allo stesse tempo, non aveva intenzione di asciugarsi gli occhi. Ma era un pianto silenzioso il suo, fatto di quelle lacrime che scendevano praticamente da sole e senza che potesse fermarle, sul volto che aveva ormai assunto quello sguardo apparentemente distante dalla realtà.

    Caso numero diciassette, ricorda di avere fatto qualcosa di strano, un gesto che può avere dato inizio a tutto?

    Era davvero difficile riuscire a ricordare qualcosa di concreto. O meglio, riusciva a ricordare: volti, suoni, oggetti e altro...ma era tutto estremamente confuso. Non avrebbe saputo precisamente dire se avesse immaginato la maggior parte delle cose o se le avesse vissute davvero. L'unica cosa di cui era certo era il fatto che, qualsiasi cosa fosse accaduta lì sotto, l'aveva totalmente prosciugato come mai gli era successo prima.

    I-io...c'era un muro. Mi sono poggiato...c-contro...c-contro il muro e sono caduto.
    Non era...u-un vero muro.


    Questo lo ricordava bene, ed era piuttosto sicuro che la situazione fosse degenerata da quel momento in poi.
    Non riusciva a dire una frase intera senza balbettare, colpa delle lacrime e colpa di tutto. Non sapeva come contrastare tutto quello che stava provando, o forse il punto era proprio che non stava provando niente, svuotato di qualsiasi capacità di sentire, lui che faceva delle sue emozioni la sua arma migliore. Come se la fiamma che sentiva bruciare costantemente all'interno del proprio petto si fosse improvvisamente estinta.

    Caso numero diciassette, cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?

    Voci...le voci...chiedevano aiuto.
    Coral.
    Casey.


    Nel ripensare a quei momenti, le lacrime iniziarono a scendere ancora più intensamente lungo il suo volto e lui non aveva la minima idea di come fermarle. Abbassò lo sguardo, nascondendo la testa tra le ginocchia, stanco di tutto quello. Stanco e basta. Non ne poteva più, voleva dormire, dormire e non pensare a nulla. Cancellare tutti i suoi ricordi di quella notte, non poteva farlo. In realtà non poteva nemmeno smettere di pensare.
    La mano destra, che si stringeva ancora intorno ai ciuffi di capelli come se strappandoli potesse tirare via tutto il dolore, tremava ancora. La sinistra, poggiata sopra un ginocchio, rimaneva immobile.
    Doveva assolutamente andare in infermeria, doveva farsi sistemare e poi doveva addormentarsi, nella speranza di svegliarsi il più tardi possibile.

    Caso numero diciassette, cosa ha provato emotivamente?

    Basta.

    Intuito: 4/4
    Carisma: 4/6

    Bellamy Octavian Murray : Capacità Magiche 37 (25), Carisma 39 (20), Manualità 24 (17)
    Piaga: il Serpente
    La tua mano dominante non è più utilizzabile, come se non rispondesse più o fosse profondamente addormentata, il che limita pesantemente lo svolgimento della maggior parte delle azioni quotidiane. Impugnare una bacchetta, interagire con piante, fabbricare pozioni, persino scrivere: la tua manualità è compromessa e a meno che non impari a utilizzare l'altra serve trovare alternative valide.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    1 Novembre 2031 - Caso numero 1: Coral Allen


    Da quando aveva lasciato le Segrete, tutto ciò che seguì non dipese minimamente dalla volontà di Coral, non che avesse provato ad opporsi: andava dove le veniva detto di andare, troppo stanca, affaticata e fisicamente scombussolata per poter obiettare. E se pure avesse potuto, non l'avrebbe fatto: voleva semplicemente che qualcuno si prendesse cura di lei, pur odiando chiunque ci provasse, il che non aveva molto senso.
    In effetti, non lo aveva affatto.
    Ma non riusciva comunque a concentrarsi su quella sensazione: tutto ciò che sentiva era dolore e rabbia.
    Si trovò così stretta su una coperta patchwork che qualcuno le aveva gettato addosso, mentre lasciava che lo sguardo osservasse di sottecchi chiunque passasse dalla Sala Grande, lì dove si trovava adesso, lì dove sarebbe dovuta rimanere per tutta la serata.
    Se non fosse stato per quello stronzo di Bellamy e il suo fottuto compleanno, nulla del genere le sarebbe accaduto: un motivo in più per odiarlo più di quanto già non facesse.
    Quando poi si palesarono davanti a lei due figure che l'appellarono in un modo al quanto singolare, Coral rimase imbambolata per più di qualche secondo prima di capire di cosa si trattasse: volevano interrogarla.
    Non potevano aspettare il giorno dopo?
    Anche se tecnicamente era già il giorno dopo.

    Mi chiamo Coral.
    Coral Allen.


    Puntualizzò, benché l'associazione al numero uno, forse per il suo cognome, avrebbe anche potuto passare per apprezzabile in circostanze del tutto diverse.
    Detestava quei due per la loro irruenza. Ma era anche abbastanza sveglia, nonostante tutto, da sapere che rispondere alle loro stupide domande poteva aiutare lei a stare meglio.
    Avrebbe quindi cercato di rispondere al meglio delle sue possibilità, pur avendo soltanto voglia di dormire.

    Ok, caso numero uno.
    Come si sente adesso?


    Sto una merda.

    Cosa ha provato, fisicamente?

    Fra bruciature da pioggia acida, voli pindarici per tutte le segrete e atterraggi degni di un aereo babbano senza pilota, faccia un po' lei.

    Ed emotivamente?

    Emotivamente?
    Cos'è lei, un medimago o un giornalista del Settimanale delle Streghe?!


    Ecco, vediamo... Cosa intende per voli pindarici?

    Quello che ho detto.
    Io volo. Forte.
    E cado anche peggio.


    E quanto è durato? Ogni quanto si è ripetuto, se si è ripetuto?

    Crede che avessi un orologio con me?
    Non lo so... tante vo-.


    Coral si interruppe a metà, costretta a vomitare per la seconda volta tutto ciò che le era rimasto nello stomaco dalla Sala Grande. Si asciugò con un lembo della coperta, consapevole che tanto non avrebbe potuto fare peggio di così. D'altronde, se quei due non l'avessero tenuta ferma lì non avrebbero dovuto assistere a quello spettacolo.
    A quel punto sperava dunque avessero finito, ma invece non fu così.

    Caso numero 1, soltanto qualche altra domanda e poi la... la lasciamo a riprendersi.

    Tanto peggio di così può solo crollarci il tetto addosso.

    Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?

    Coral alzò gli occhi in aria. Non aveva la voglia né l'umore giusto per rispondere a tutte quelle domande proprio in quell'istante.

    I Fuoco hanno fatto i cazzoni, i Ghiaccio se ne sono andati, noi siamo rimasti per assistere all'inferno.
    C'era...


    Provò a spiegare alle autorità ciò a cui aveva assistito, dal buio alla pioggia di sangue acido, ma non ci riusciva.
    Il solo ricordo riempì i suoi occhi di lacrime.
    Respirò con affanno nei secondi successivi, sperando che questo per lo meno mandasse via i due uomini. E invece quelli rimasero lì, insistenti, resilienti.
    Le posero ulteriori domande, ma lei a quel punto cominciò a scuotere la testa: la consapevolezza di aiutarli ad aiutarla cominciò ad abbandonarla poco a poco, stanca di tutto quello stress sia emotivo che fisico che la stavano costringendo a rivivere.

    Basta. Non ricordo più niente.

    Non era vero, ovviamente; ma non riusciva a dire più nulla: il ricordo di ciò che aveva vissuto era ancora troppo fresco per riuscire a snocciolarlo con tranquillità. Si sarebbe dunque allontanata il più in fretta possibile da loro, sperando che qualcuno le portasse una tazza di cioccolata calda dove affogare ogni tormento.

    Intuito: 4/6
    Carisma: 4/6


    Edited by Coral Allen - 12/12/2020, 19:58
     
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    9 Novembre 2031, 09:00 - 10:00 a.m., Lygeon: Caso numero 14



    Come se già non ne avesse vissute abbastanza, adesso gli toccava pure passare dal San Mungo come una cavia da laboratorio: mancava soltanto un labirinto da portare a termine e delle ricompense alla fine di ogni tappa, dopodiché un occhio esterno avrebbe faticato a trovare la differenza fra lui e un qualsiasi topolino. D’altronde quello era per loro, un insignificante animale su cui condurre i propri esperimenti, qualcuno che valeva la pena immolare sull’altare della conoscenza senza farsi troppi scrupoli.

    Ora fare dovrei cosa?

    Ma perché tutti sembravano avercela con lui ultimamente? Persino i professori era chiaro nutrissero intenzioni ostili nei suoi confronti, come d’altronde dimostrava il fatto che si prendessero il disturbo di trascinarlo fin lì a fare da cavia.

    All’incontrario parlata dalla quello, tredici numero caso il sono io, esatto sì.

    Rispose cercando di tenere a freno la voce dell’irritazione.
    Essere identificato come un semplice numero era fastidioso almeno quanto stare chiuso lì, a farsi fissare e mettere alla prova con chissà quali scioglilingua. Per l’occasione gli avevano persino lasciato il necessario a mettere per iscritto ogni cosa se avesse voluto, ma fintanto che la facevano sembrare come una scelta facoltativa preferì evitare: erano pur sempre gente da cui tenersi in guardia, non poteva permettersi di cedere con troppa facilità ad ogni singola loro richiesta.

    Convalescenza di giorno qualche ancora rimane mi, oggi ad fino curare farmi a Infermeria in stato sono, male abbastanza messo ero sì.
    Tempo il tutto per male del farmi voleva che faccia in legge si le, Hunt dell’infermiera fido mi non se anche.


    E d’altronde come si poteva dare fiducia a qualcuno che sembrava dimostrare suppergiù la sua stessa età, era chiaramente pronta anche lei a fare qualche esperimento su di loro a proprio piacimento.

    Andare posso, oggi per finito abbiamo?

    Lo avevano fatto parlare alla rovescia per quasi un’ora filata, alquanto stancante. Di tanto in tanto gli avevano suggerito di scrivere e provare a leggere nella forma corretta o scorretta che fosse, ma Luke chiudeva in fretta la questione dicendo che non se la sentiva e rimandando il tentativo alla prossima seduta.

    30 Novembre 2031, 09:00 - 10:00 a.m., Lygeon: Caso numero 14



    Era angosciante quella situazione, tremendamente angosciante.
    Rinchiuso fra quattro mura e sotto gli sguardi clinici dei Medimaghi a studiarlo, Luke si poteva dire tutto meno che a proprio agio. Ma ormai avrebbe dovuto farci l’abitudine a simili sensazioni, lo sapeva fin troppo bene, da quando le prime e indesiderate attenzioni lo avevano colto alla sprovvista con fiumi di lettere, richieste di intervista e affini.
    Così aveva deciso di affrontare quell’ultima seduta di una lunga seria con atteggiamento posivito, cercando di non farsi scoraggiare o influenzare troppo dagli eventi.

    Buongiorno.

    Il suo umore e la sua visione sulla realtà, pur senza rendersene del tutto conto, erano cambiati drasticamente rispetto gli ultimi incontri. Durante l’intero controllo Luke fu ben disposto verso i Medimaghi, collaborando nel limite delle sue possibilità linguistiche.

    Momento il per frasi brevi solo ma, giusto verso nel parole le dire a riesco allora, prima attentamente molto penso e sforzo mi se, sì.

    Confermò alle voci fuoricampo, mentre iniziava a concentrarsi su una qualsiasi frase al contrario.

    Quindi… Quidditch a allenato mi sono ieri. No, sono mi ieri.
    Ieri mi sono allenato a Quidditch.

    Costava fatica, ma ne valeva la pena pur di sentir uscire qualcosa di sensato dalla sua bocca.

    Correttamente dirle a riuscire per testa in contrario al bene per pensarle devo, sì.
    Rovescio al totalmente escono mi scrivo o parlo quando solo, ordine in tutte sono frasi le me di dentro penso le quando, no.


    Quella situazione lo mandava ai matti, sperava solo che qualcuno trovasse una soluzione il più in fretta possibile. Persino fare i compiti e riordinare gli appunti era diventato un inferno, costandogli doppi tempi di lavoro, come non si era risparmiato dallo spiegare - rigorosamente al contrario, s’intende - ai Medimaghi del San Mungo. Gli aveva persino mostrato gli effetti della sua condizione direttamente lì, sul momento, con carta pergamena e inchiostro, scrivendo interi discorsi al contrario senza battere ciglio e rileggendoli poi ad alta voce e stavolta nel verso giusto l’attimo dopo.
    Tutto ciò lo faceva sentire molto un fenomeno da baraccone, ma se poteva esser loro anche solo un minimo di aiuto per trovare una cura, beh, allora era assolutamente disposto ad esserlo.

    Nel post ho descritto la prima e l’ultima settimana dello studio da parte dei Medimaghi, quindi rispettivamente sia con la piaga da illusione attiva che non (Aperta già qui la role successiva ad Halloween in cui formare i post utili e non raggiunti nel topic della quest, che ha luogo il 23 novembre).

    CITAZIONE
    Carisma 23 (18), Saggezza 21 (9)
    Piaga: il Salmone
    Sembra che l'unico modo con cui tu riesca a comunicare è solo ed esclusivamente facendolo al contrario. Qualsiasi frase pronunciata o scritta, anche la più semplice, comincia dalla fine piuttosto che l'opposto come succede normalmente. E non s'intende lo specchiare delle parole, bensì l'ordine all'interno di una frase. Trovare un modo per venire incontro al problema può anche essere risolutivo, ma non per questo meno frustrante.
    Frequenza: costante

    Intuito: 5 post di 5
    Carisma: 5 post di 7


    Edited by Luke Lygeon - 14/12/2020, 20:01
     
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    1 Novembre 2031
    Alexandra Wigley – Caso n°22



    Numero 22?

    La raggiunse una voce in lontananza. Non era, però, sicura che a sentirla fossero state le sue orecchie, poteva essere tranquillamente frutto della sua immaginazione, o ancora peggio, l’inizio di un altro incubo.
    Aveva dormito per quanto? Sicuramente poco, eppure quel breve sonno le era bastato per agitarla ancora di più.

    Caso numero 22, riesce a sentirmi?

    Ancora quella voce, stavolta più vicina, più nitida, ma del tutto sconosciuta.
    Preferì rimanere immobile, non capiva nemmeno a chi, si stesse riferendo, visto che il numero 22 non le suggeriva nulla.
    Poi si sentì sfiorare. Fu davvero un tocco delicato, ma lei trasalì comunque, come se si risvegliasse solo ora da una specie di trance: non era stato il dolore delle ferite, il medimago aveva sicuramente scelto un punto del suo corpo sopravvissuto alla pioggia acida, quanto la paura.
    Sgranò gli occhi azzurri e si trovò davanti due perfetti sconosciuti. Li fissò terrorizzata, senza riuscire ad emettere nemmeno un suono.

    Caso numero 22, come si sente adesso?

    L’adulto parlava proprio con lei, non poteva avere dubbi sul fatto che il caso 22 fosse lei.
    Da quando era diventata un caso?
    Girò la testa prima a sinistra e poi a destra, alla disperata ricerca di un volto famigliare: i suoi genitori, un suo compagno, o anche un professore, le sarebbe andato bene chiunque, purchè avesse sembianze conosciute. Purtroppo però riuscì a scorgere l’ennesimo ignoto, ad una scrivania, con piuma e calamaio in mano.

    Io.. Io non vi conosco.

    Rispose in un sussurro, che trasmetteva però tutto il suo terrore.
    Perché avrebbe dovuto parlare con degli estranei? Di cosa, poi? Aveva la mente completamente annebbiata dalla paura, tanto da non ricordare nemmeno quello che era accaduto poco prima.

    Ci manda il Ministero, 22, stia tranquilla e cerchi di concentrarsi.

    Concentrarsi? Su che cosa?
    Tutto ciò che sentiva le sembrava completamente sconnesso. Non sapeva dove si trovava, non sapeva cosa era successo, non aveva idea di chi avesse davanti e che cosa volessero da lei. L’unica cosa che adesso riusciva a percepire era il dolore, segno che, almeno il suo corpo, aveva ripreso a funzionare.

    Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?

    Quegli uomini la incalzavano, si sentiva oppressa ed osservata, ma alla parola “segrete” ebbe un primo flash, un bagliore nell’oscurità della sua testa.

    La caccia al tesoro..

    Fu l’unica cosa che riuscì a rispondere, prima di richiudere gli occhi e fare una smorfia dolorosa, anche in questo caso, dettata dalla paura più che dal dolore provocato dalle ustioni.

    Doveva essere divertente..

    Un altro mugugno ad occhi chiusi, in risposta al suo monologo interiore e non agli interrogativi dei professionisti. A quelli non sapeva, o forse non voleva rispondere, ma almeno riusciva a dare un senso alla loro presenza lì.
    Tornò a guardarli in volto, ancora come se si fosse appena svegliata, come se tutto ciò che avevano detto prima l’avesse già dimenticato.

    Io non vi conosco e non ho niente da dirvi.

    Chi le assicurava che quei due, tre fossero davvero del Ministero, come sostenevano?
    Lei non li aveva mai visti e non c’era nessuno in quella stanza di cui lei si fidasse che potesse confermarle la loro identità. Potevano essere chiunque, anche l’ennesima illusione nata nell’inferno delle segrete.

    Riesce a dirci come si sente? Fisicamente? Emotivamente?

    Il sanitario riprese la parola. Tra i due, forse, era quello più umano, per lo meno si interessava al suo stato di salute, ma la Wigley non riusciva comunque a coglierne l’empatia.

    Brucia un po’ ovunque.

    Il bruciore sul corpo si faceva via via più presente, ma non era in grado di localizzarlo: sembrava le prendesse tutto il corpo. La pioggia acida, in quel momento, proprio non la ricordava.

    Ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?

    Anche questa domanda per lei non aveva senso.

    In questo modo come?!

    Alzò la voce. Cosa ne sapeva lui di come si sentiva? Non sapeva nemmeno lei cosa provava in quel momento. Ma forse lui lo sapeva perché era stato lui a provocare tutto questo.

    Io non vi conosco! Andatevene! Andate via!

    Iniziò ad urlare, il suo viso si fece paonazzo.

    Qualcuno mi aiuti!

    Era talmente agitata che non si accorse nemmeno che aveva ripreso a piangere. La testa le scoppiava, qualsiasi movimento facesse, sentiva le scottature dilaniarle la pelle. Anche il cuore aveva iniziato a batterle velocemente, troppo velocemente: stava avendo una specie di crisi isterica, o di panico.

    I tre uomini si scambiarono degli sguardi silenziosi che la mandarono ancora di più in paranoia.

    Cosa – cosa volete da me?

    E’ troppo agitata adesso, non ha senso continuare.

    Avevano smesso di rivolgersi a lei: era chiaro che insistere sarebbe stata solo una perdita di tempo.

    Affinità 9 (7), Carisma 9 (7), Saggezza 9 (7), Intuito 11, HP 50 (-20=30)
    Post Intuito: 1/5
    Post Carisma: 1/8

    Piaga: la Falena
    Sei assillata ogni notte da incubi che non ti consentono di riposarti come vorresti e ti deconcentrano durante l'arco della giornata: ogni rumore ti spaventa, rendendoti sfiduciosa anche di chi ti è intorno. Inoltre cerchi sempre conforto nella luce, preferendo le zone più soleggiate del castello o evocando con la magia fonti luminose nei luoghi più bui.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo vostro post in questo topic.
     
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    [Domenica 16 Novembre, tra le 10 e le 11. Caso numero 19: Frances Stitcher]



    Era uscita dall'infermeria solo da un paio di giorni, e se n'era già pentita. Chiusa dentro la bolla silenziosa di quelle sale asettiche dell'Accademia aveva avuto molto tempo per stare da sola con sé stessa, il che non era necessariamente un bene, per una come lei. Certo era che non si sarebbe di certo aspettata tutta la risonanza mediatica che i loro casi avevano avuto, né tutte le attenzioni che le erano state poste in sole quarantotto ore. Sembrava che tutti si stessero interessando a loro eppure nessuno volesse conoscerli, come non fossero altro che piccole cavie da laboratorio senza un'esistenza al di fuori delle quattro mura dell'Accademia che in quel momento non servivano neppure a tenere fuori le minacce, quanto invece pareva le avessero sempre racchiuse.
    Frances covava una tale frustrazione da dare l'impressione di essere sempre sul punto di esplodere. La sua piaga la debilitava al punto da faticare a mantenere un contatto con la realtà, sempre al confine tra ciò che era reale e ciò che non lo era. Parlava pochissimo, e quando lo faceva sputava così tanto veleno da far passare la voglia di provare a comunicare di nuovo. Non rispondeva alle domande, ammesso che riuscisse a percepire a dovere cosa le venisse detto, e non sembrava affatto predisposta a collaborare in nessun modo. Non c'era nulla che potesse dire della sua condizione, in qualunque caso: non aveva alcuna percezione di quel che di più clinicamente interessante potesse esserci nella sua condizione, ovvero il momento in cui perdeva i sensi.
    Recarsi al San Mungo era un obbligo, a quanto pareva; altri s'erano recati lì prima di lei, in quella stanza bianca ed asettica che sembrava uscita da un film distopico di seconda categoria. Dopo la prima volta che si era addormentata aveva completamente perso la percezione del tempo, ché svegliarsi sul lettino d'ospedale che era stato messo lì dentro era stato alienante più del solito. Non aveva idea di quanto avesse impiegato a ricollegare dove si trovasse, anche se sapeva di non star vivendo un sogno: bastava mordersi la pelle del dorso della mano per accorgersi che quel dolore pizzicato non poteva che appartenere alla realtà, ed era quello che faceva con cadenza regolare, ogni cinque o dieci minuti.

    Caso numero diciannove, dica qualcosa. Faccia qualcosa.

    La voce fuori campo la fece sussultare, come se si fosse dimenticata del suono delle parole. E quelle erano metalliche e ostili, provenienti da persone che non poteva vedere ma che sapeva che la stavano osservando come fossero allo zoo al cospetto di un animale in gabbia.
    Frances si tirò a sedere sul letto, per poi insinuare le dita di entrambe le mani nei capelli e poggiare la fronte sui palmi, come se la testa pesasse troppo per sostenersi da sola. Non riusciva a pensare ad altro che a quanto misera fosse la sua condizione e quanto poco importasse realmente di lei a quella voce metallica al di là del vetro. Probabilmente la vedevano soltanto come il nuovo giocattolo con cui divertirsi, un fascicolo aperto e ancora in gran parte bianco che non aspettava altro che essere riempito di numeri e parole. Chissà cos'avrebbe vinto chiunque avesse scoperto la cura, chissà se l'avrebbero scoperta mai: probabilmente non lo facevano neppure per provare a farli stare meglio, ma soltanto per poter dire che sapevano le ragioni per cui non potevano sapere. Utile.

    Cosa pensa? Cosa sente? Caso numero diciannove, ci dica qualcosa.

    Sentire tutte quelle parole al contempo le diede il mal di testa, come se la sua labile coscienza non fosse pronta ad elaborare una frase così lunga. Frances s'alzò d'improvviso, poi, come avesse raccolto le energie per la precedente mezz'ora solo per poter compiere quel gesto. Si avvicinò al vetro che la separava dal mondo esterno, senza riuscire a vedere al di là; si trovò piuttosto faccia a faccia con sé stessa, un riflesso che non vedeva da giorni, ché lo evitava come la peste. Unì le dita con quelle del suo riflesso, sfiorando piano il vetro con i polpastrelli e percependo quanto fosse freddo; aveva sete di tutta quella percezione, come fosse l'unico contatto che avesse con la realtà.

    Volete davvero sapere quello che penso?

    Quella risposta era arrivata con interi minuti di ritardo, ma forse l'avevano osservata muoversi nel frattempo, ché nessuno l'aveva più incalzata nel mentre.
    D'improvviso, Frances batté entrambi i pugni contro il vetro come volesse sfondarlo, anche se non ne avrebbe mai avuto la forza fisica, nemmeno fosse stata al pieno delle sue possibilità. Era così rabbiosa, come se all'improvviso avesse lasciato che un filtro s'alzasse e che i suoi pensieri fluissero liberi e feroci, violenti come la frustrazione da cui avevano origine.

    Penso che non ve ne fotte un cazzo di me. Penso che siate degli imbecilli, lì a scrivere sui vostri fogli come se potesse servire a qualcosa.

    Urlava, ma non sapeva se dall'altro lato sentissero effettivamente quanto. Batté ancora i pugni sul vetro, forse solo per sentire quanto facesse male, quanto ancora il dolore le indicasse che non stava dormendo.

    Non sento niente, niente! Sono sempre esausta, non faccio mai niente, niente, non so fare niente! Non ricordo nulla, non ho la percezione di nulla!

    Scosse la testa e strizzò gli occhi, trafitta da una fitta alle tempie che non sapeva neppure di cosa fosse sintomo; forse della mancanza di sonno riposante, forse di quel malsano torpore che costantemente l'avvolgeva, o forse soltanto di tutta l'energia che stava mettendo in quelle parole.

    Dev'essere figo starvene lì a guardare questo caso numero diciannove che sbraita cose. Figo, vero? Non sapete neanche come cazzo mi chia-

    Non se n'era accorta. Troppo presa da tutta quella frustrazione, non s'era accorta che il vetro s'era fatto molto meno freddo, il dolore alle mani s'era smorzato, e la sua stessa voce sembrava l'eco di un riverbero, come provenisse da un luogo lontano, come se un velo sottile si fosse frapposto tra lei e sé stessa.
    Frances cadde a peso morto sul posto, come se qualcuno avesse staccato la spina di colpo. S'accasciò sul pavimento di quella stanza bianca come un incubo, lo stesso che probabilmente l'avrebbe accompagnata per i successivi cinque minuti, senza alcuna possibilità di evitarlo, né tantomeno di opporsi.

    CITAZIONE
    Piaga: il Ghiro
    Neanche le normali ore di sonno notturne ti aiutano a rinsavire da una stanchezza incontrollabile, una spossatezza che durante il giorno ti rende poco reattiva fino a sfociare in placide dormite senza ritegno ovunque capiti, a prescindere dal luogo e dal momento in cui ti trovi. Sogni di qualsiasi genere, anche a occhi aperti, sono i benvenuti in questi momenti in cui ti appisoli. Disclaimer: effetti collaterali quali rivolo di bava e lieve russare potrebbero essere inclusi.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa.
     
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    1 Novembre, Caso numero 15: Soobin Min




    Tutto l’astio che provava per il prossimo non si era estinto, tuttavia sembrava notevolmente ridotto.
    In ogni caso, ciò non risparmiò Soobin dal dispensare occhiatacce a chiunque gli si avvicinasse.
    Si era svegliato da non troppo tempo e si sentiva stranamente meglio rispetto a quando aveva chiuso gli occhi, però guardò comunque con sospetto le persone che, presumibilmente, dovevano averlo curato.
    Il dolore non era passato del tutto, ovviamente, e benché non fosse più lancinante come prima, questo non contribuiva certamente a migliorare il suo umore.
    Guardò malissimo le tre persone che gli si avvicinarono, ma questo non sembrò preoccuparle nemmeno un po’, cosa che fece ricordare a Soobin che era senz’altro difficile risultare minacciosi quando si era terribilmente adorabili.
    Adesso, però, non voleva essere adorabile, voleva essere lasciato in pace.
    Osservò i tre individui, presumibilmente un uomo e due donne, anche se visti i lineamenti distorti non poteva esserne del tutto sicuro. Com’era ovvio, non era in gradi di riconoscerli e questo lo destabilizzava a morte: poteva solo aspettare che parlassero e decidere se, almeno le voci, avessero qualcosa di familiare.

    Come si sente, caso numero 15?

    No, la voce non la conosceva, così come l’appellativo con cui era stato chiamato. La voce di quello che, ne era ora abbastanza convinto, doveva essere l’unico uomo del terzetto suonava gentile, ma di una premura asettica, come quella degli ospedali. Che fosse un guaritore?
    In più, l’aveva chiamato con un numero. Non aveva passato l’inferno per essere chiamato con un dannatissimo numero!
    Un lieve sogghigno, a lui totalmente estraneo, gli piegò un angolo della bocca, con fare sardonico. Inclinò leggermente di lato la testa, osservando meglio quegli esimi sconosciuti.

    Vi siete presi la briga di catalogarci tutti per numero – perché immagino che se io sono il 15, ci siano altri 14 prima di me – ma imparare un nome era uno sforzo troppo grosso? Dovete essere proprio l’orgoglio di… qualsiasi sia il vostro ufficio, dipartimento, quello che è.

    In condizioni normali non si sarebbe mai comportato in quel modo, non era da lui prendersi gioco delle persone, ma era di cattivo umore, dolorante, con ancora un po’ di odio nei confronti dell’umanità tutta e in più degli sconosciuti gli si erano avvicinati per fargli la domanda più idiota di tutte (“Come ti senti?”), per di più chiamandolo con un numero.
    Era stato già privato di molte cose, quella notte, non si sarebbe fatto portare via anche l’identità.

    Sto magnificamente, una favola. Le cicatrici mi faranno sembrare più attraente di quanto io già non sia.

    Rispose, quindi, facendo l’occhiolino a quei tre idioti, sperando che tanto bastasse per allontanarli.
    Gli sconosciuti si scambiarono delle occhiate che Soobin non riuscì a decifrare, poi una delle due donne prese la parola, mentre l’altra si accomodava poco distante, iniziando a scribacchiare su una cartelletta.

    Caso numero 15, ricordi cos’è successo nelle segrete?

    Eccome che se lo ricordava, ma voleva solo dimenticarlo e quella domanda sicuramente non aiutava.

    Io no capile tu, io stupido asiatico, no pallale tua lingua.

    Gli stereotipi sugli asiatici erano strani per Soobin, li trovava al tempo stesso irritanti e divertenti, decise in ogni caso di usarne uno a suo vantaggio, sebbene sapesse di non essere credibile. Magari si sarebbero comunque scoraggiati e se ne sarebbero andati.

    Ma… hai parlato in inglese fino ad ora.

    L’ovvietà detta dall’uomo quasi lo fece scoppiare in una risata aspra, tuttavia si trattenne.

    Pabo, pabo, pabo. Io coleano, io semblale inglese? Pabo!

    Dare ripetutamente dello stupido all’uomo sicuramente non sarebbe servito a nulla, ma Soobin dovette ammettere con se stesso che, in qualche modo, era liberatorio. La cosa migliore, poi, era che quel tipo non aveva modo di indovinare il significato di “pabo”, a meno che non avesse studiato coreano per qualche assurdo motivo.

    Numero 15, faccia il serio, siamo qui per aiutarla. Abbiamo saputo da un tale... Webb, esservi una porta in fondo alle Segrete. Ricorda qualcosa di essa?

    Soobin aggrottò talmente tanto la fronte che le sue sopracciglia rischiarono di diventare un monosopracciglio. Di tutta quella domanda aveva percepito un’unica cosa, ovvero:

    Ah, però di Webb il nome ve lo ricordate, eh? Andatevene o mi metto ad urlare.

    Ovviamente non venne preso sul serio nemmeno per un secondo. L’uomo, che forse era davvero un guaritore, si rivolse nuovamente a lui.

    Numero 15, non possiamo aiutarti se non parli con noi. Ti va di dirci come ti sei sentito fisicamente ed emotivamente mentre eri nelle segrete? Adesso come ti senti?

    rNHrn0X
    Gli occhi di Soobin diventarono di un azzurro chiarissimo simile al bianco, mentre le pupille si facevano allungate e sottili come quelle di un felino.
    Ringhiò nella loro direzione, un ringhio sordo che sembrava quasi il soffio di un gatto, ma nessuno dei tre sembrò particolarmente impressionato.
    Oh, be’, lui li aveva avvertiti.

    AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!

    Urlò più forte che poteva, con tutto il fiato che aveva in corpo, svuotando del tutto i suoi polmoni e anche oltre, al punto da sentire la pelle del viso scaldarsi mentre si arrossava inevitabilmente. Si fermò solo quando la sua vista iniziò a chiazzarsi di nero e sentì l’impellente bisogno di recuperare ossigeno.
    Riprese fiato a grosse boccate, quei tre erano ancora lì ma, almeno, per somma soddisfazione di Soobin, almeno avevano l’aria un po’ più allucinata di prima.
    Non aprì più bocca, il resto delle loro domande andò a vuoto, mentre lui si dedicava all’osservazione del soffitto.
    Era abbastanza sicuro che non fosse davvero verde acido come lo vedeva in quel momento, ma dovette ammettere che era una colorazione interessante.


    Post intuito: 4/6
    Post Carisma: 4/6

    CITAZIONE
    Soobin Min: Carisma 25 (13), Intuito 5 (4), Saggezza 11 (8)
    Piaga: il Camaleonte
    Ogni giorno non è mai uguale al precedente a livello di percezione visiva. L'aspetto di ciò che ti circonda muta ogni giorno, sia di oggetti che di persone: divise di un certo colore ne hanno un altro completamente diverso, elementi fisionomici di amici e professori stravolti, anche il materiale all'apparenza non è come quello che ricordi. Gli altri quattro sensi, però, ti aiutano a riconoscere la realtà dei fatti: le voci di chi conosci sono sempre le stesse, così come i sapori dei cibi, i loro profumi e le sensazioni tattili. Attenzione perciò a non giudicare dalla copertina.

    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    1 Novembre, Caso numero 10: Cyrene Huxley



    Parte delle ferite che aveva accusato erano state trattate ma si sentiva ancora terribilmente dolorante, appesantita e affaticata nel respirare. Voleva solo tornare a casa, chiudersi nella sua stanza e dormire quanto tempo sarebbe servito per far sparire tutto quel brutto sogno.
    Ma quello non era un sogno, era invece una situazione che neanche il suo subconscio sarebbe stato in grado di inventare; c'è un limite oltre il quale le cose si fanno così surreali che possono solo essere realtà.
    Tutti attorno a lei le sembravano una minaccia. Non aveva mai distribuito chissà quanto liberamente la sua fiducia ma in una situazione normale avrebbe quantomeno dato per scontato che gli esperti presenti fossero lì per prestarle assistenza e cure. In quel caso invece era quasi convinta del contrario; era completamente disillusa riguardo l'utilità di quell'esame e anzi temeva che le persone nella stanza sarebbero andati a danneggiarla invece che giovarle.
    Si rivolgevano a lei come se fosse un numero, come se anche il suo nome le fosse stato strappato via e sostituito con qualcosa in cui non si ritrovava, proprio come il suo corpo.

    Voglio tornare come prima.

    qualsiasi domanda le facessero, Cyrene rispondeva con una cocciuta pretesa che avrebbe suonato molto più sicura non fosse che la voce le tremava senza controllo.
    Le domande del medimago le scivolavano addosso come se non avessero suono e imperterrita continuava ad infierire il suo tono incalzante contro l'adulto.

    Che state aspettando? Fatemi tornare come prima, questo non è il mio corpo. Voglio tornare come prima!

    Niente di quello che le stavano chiedendo aveva minimamente a che fare con qualcosa che le potesse interessare. Tutto ciò che aveva studiato per anni ad Amestris era stato rimpiazzato dall'istinto più forte in lei, la sua natura di nascita che le stava facendo sottovalutare la serietà della maledizione che la affligeva perché sembrava decisa a guardarla attraverso lenti babbane.

    Perché perdete tempo a farmi queste domande? Non mi ricordo niente, so solo che qualcosa, qualcuno...

    il ricordo più recente che aveva dell'ultima volta che era stata cosciente di abitare il suo corpo era di aver parlato con Frances. L'aveva incrociata per i corridoi, lei non l'aveva quasi degnata di uno sguardo. Cercò di ricordare. Era armata? Non ricordava. L'aveva attaccata? Era stata lei? Perché lo avrebbe fatto?

    Perché non mi avete ancora fatto tornare come prima? Siete...adulti...non sapete fare una controfattura?

    Lo sguardo che ricevette indietro era diverso da un semplice paternalistico cenno di accompagnamento alla richiesta di rimanere concentrata e ripondere alle loro domande; c'era qualcosa di insofferente, qualcosa di vagamente impietosito nel modo in cui l'adulto le si stava rivolgendo. Girando gli occhi sugli altri esperti nella stanza, Cyrene vedeva solo sguardi simili. Non volevano affatto aiutarla, non erano lì per curarla. Quello che le aveva parlato fino a quel momento e l'altro che non stava scrivendo si scambiarono uno sguardo eloquente.
    Cyrene abbassò la testa per quello che le sembrarono solo un paio di secondi ma quando una voce fin troppo vicina le si rivolse, si rese conto di dover aver perso più tempo del previsto, perché una persona diversa le stava davanti.

    Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?
    Non lo so...perché non potete semplicemente farmi tornare come prima...

    le mancavano quasi le parole per esprimere il suo disappunto nel constatare che sembrava quelle persone non fossero lì per risolvere il problema ma semplicemente per indagarlo. L'istintiva diffidenza che provava nei loro confronti le stava dicendo di tacere, di non lasciare che le mettessero idee strane in testa.

    Ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?
    Sentirmi? SONO in questo modo! Mi volete rispondere?!

    Non sapeva se quelle persone non avessero idea di come guarirla o se non ne avessero intenzione perché la volevano intenzionalmente lasciare così. Scosse il capo e ne sentì pesarle il grosso strato di carne che le pendeva dal viso.
    Il funzionario le rivolse altre domande, Cyrene rispose sempre e solo la stessa risposta.

    Voglio parlare con Paul Logan ed Eli Fraser.

    lo disse a ripetizione, a volte senza neanche aspettare una domanda o un commento da parte degli adulti in quella stanza.
    Avrebbe solo e soltanto parlato con i due uomini che aveva menzionato. Non aveva mai sentito così forte il bisogno di loro, perché non le era mai pesato essere sola tanto quanto in quel momento.

    SPOILER (click to view)
    Piaga: Aumento sproporzionato del peso. Effetto continuo.
    Paranoia: Post intuito 6/5, Post carisma 6/7
     
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    Sabato 16 Novembre 2031: Caso Numero Uno


    Il tempo scorreva in uno strano modo da quando aveva messo piede fuori dalle segrete.
    Era come se avanzasse in maniera folle, inedita, isterica, senza tuttavia portarla con sé, lasciandola ferma a marcire in una stasi che la rendeva immune ai secondi volati, vittima delle mosse altrui.
    Coral non si era opposta affatto quando i medici del San Mungo l'avevano costretta all'infermeria per esattamente nove giorni di fila. D'altronde, cosa avrebbe avuto da fare in altri luoghi? Non faceva che dormire, mangiare, vomitare e volare. A ripetizione.

    Caso Numero Uno. Come si sente?

    Meglio farlo lì dove c'erano altri malati come lei, che davanti agli occhi di tutta la scuola.
    Non appena era tornata in mezzo al mondo dei vivi, infatti, realizzò quanto si fosse sentita protetta, paradossalmente, dalle mura bianche dell'infermeria di Amestris, piuttosto che dal suo dormitorio.
    Le compagne l'osservavano, e come lei anche altri dell'Accademia.
    Quando aveva iniziato a frequentare il San Mungo, si era accorta che anche il resto dei maghi e delle streghe le riserbava delle occhiate particolari. Si chiese se fosse soltanto una sua soggezione, e ancora non aveva trovato risposta.

    Caso Numero Uno?

    Quel giorno era stata accompagnata da Amalia Harp. Forse perché anche lei era stata chiamata dal San Mungo.
    Ma Coral non la guardava, né le parlava. Si limitava a rispondere ad eventuali domande della donna senza particolare enfasi. La Caposcuola si sentiva come due anni prima, quando il mondo aveva iniziato ad avercela con lei senza nemmeno rendersene conto, quando Bellamy, la persona che detestava di più, l'aveva abbandonata.
    Osservava le mura sterili del San Mungo senza fiatare, opporsi o lamentarsi in alcun modo. Si sentiva spenta come i resti della legna dentro ad un braciere, vuota a tal punto da non riuscire ad avere voce o interesse per nulla. Completamente in balia degli eventi.
    La gran parte delle volte che si trovava al San Mungo, lasciava che chi di dovere l'osservasse senza opporsi. Anzi, trovava quasi rilassante quel vacuo silenzio, trovando nel bianco la concentrazione giusta per scrivere qualche appunto o riflettere sui simboli della porta che ricordava.
    Odiava chiunque la circondasse a tal punto da non rivolgersi nemmeno a loro. O almeno, questa era la sua impressione. La verità era che era stata infilata a forza dentro un silenzio tale da non avere la forza per rifiutarlo. Persino di litigare non aveva più voglia.
    Era arrivata al punto da credere di essere talmente tanto oltre chiunque l'avvicinasse, da non rendersi conto, invece, di essersi abbandonata ad essi, vivendo l'onda del presente come non appartenesse a lei. Come fosse la spettatrice del film di un altro.

    Caso Numero Uno, si sente bene?
    Cosa sente?


    Da qualche giorno si chiedeva perché. Si chiedeva cosa la facesse sentire così e avere questa sensazione. Intuiva la presenza di qualcosa di strano, ma non riusciva a mettere insieme i puntini di quella costellazione, limitandosi ad osservarne i contorni senza individuarne la forma.
    Così rinunciava e basta, rassegnandosi a quel tripudio di silenzioso abbandono.
    Aveva appena finito di trascrivere la runa che ricordava di aver visto, che la mano invisibile l'aveva trascinata verso l'alto per la seconda volta da quando si trovava lì dentro.
    Ormai non urlava nemmeno più: chiudeva soltanto gli occhi portando le mani a croce sul petto, aspettando con un groppo in gola la fine di quella tortura.
    Dopo la caduta si rialzava con fatica, carezzando le parti doloranti e tornando a sedere alla scrivania come niente fosse appena successo.
    D'altra parte, di una cosa Coral era sicura: si sarebbe liberata di quella piaga soltanto quando avesse smesso di considerarla come tale. Fingeva, dunque, nella speranza di rendere quel disastro la sua nuova normalità, convinta che nessuno avrebbe mai potuto risolvere il problema, convinta che non le sarebbe mai più importato che qualcuno, chiunque al di fuori delle marionette del San Mungo, avrebbe mai più mostrato reale interesse nei suoi confronti.
    Non esisteva altro oltre a lei e il vuoto dentro al suo cuore.

    Non sento niente.

    Intuito: 5/4
    Carisma: 5/6


    Edited by Coral Allen - 13/12/2020, 20:57
     
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    1 Dicembre 2031, a fine lezioni, Lygeon: Caso numero 14



    Il giorno del colloquio con i funzionari del Ministero era giunto e, a distanza di un mese dal primo, Luke si rendeva conto di quanto fuori di sé fosse stato allora il proprio comportamento. E sebbene la sua frustrazione, le sue ansie e insicurezze fossero appena sfumate in una resa pacifica alle circostanze, una parte di lui ancora tremava all’idea di trovarsi a rivivere quegli avvenimenti. Tuttavia era più che mai deciso a dare piena collaborazione, qualsiasi cosa pur di venire a capo di quel mistero e le sue assurde ripercussioni.

    Tutto ricordo, meglio ricordo ora… decisamente, sì.

    Era parecchio teso e imbarazzato, a maggior ragione riascoltando le sue risposte lette dal precedente verbale, come se provenissero da una persona del tutto diversa e col solo scopo di ferire quella che adesso sedeva lì, ad ascoltarla infinitamente più sana nel corpo e più lucida nella mente.
    Si preso un minuto per se stesso, per prendere coraggio e al contempo sforzarsi di formulare una frase di senso compiuto.

    Va bene stesso lo, se parlo al contrario?

    Aveva sbagliato l’ordine di un paio di parole, ma sperava comunque che i funzionari lo avrebbero perdonato e compreso senza troppi problemi. Un loro cenno del capo gli tolse la pressione di dosso e risollevò lo spirito, quasi bastasse il permesso e l’accettazione di essere maledetti per non preoccuparsi di quanto il suo mondo fosse stato capovolto.
    Completamente sottosopra.
    Già, del tutto al rovescio.

    Contro muovercisi a cominciato ha spalle nostre alle muro il e noi di dietro chiusa è si strada la che… che allora è.
    Parte dall’altra cadendo muro al appoggiato è si Bellamy: affatto era lo non però che, cieco vicolo un in, lì assieme tutti ritrovati siamo ci fine alla e esplorarle per gruppi più in divisi siamo ci poi. Meno o più dieci le state saranno, assieme tutti Segrete nelle scesi siamo.


    E rabbrividiva al pensiero che quello, tutto sommato, era stato solo la punta dell’iceberg dei loro problemi… il primo di una lunga e a tratti interminabile serie.

    Cambiamento questo di accorto sono mi che, dopo poco comunque o, allora stato è.
    Genere del qualcosa comunque o “venite” dire sembrava. Bene capiva si non, sussurro un, voce una, qualcosa anche sentito era si.


    I suoi ricordi erano meno nitidi rispetto a un mese prima, ma certi dettagli erano davvero troppo impressi sulla pelle per poterli dimenticare davvero.
    Proseguì raccontando delle urla strazianti udite di lì a poco, le stesse che apparentemente avevano preso il sopravvento su tutti loro con i suoni delle persone che amavano, dagli amici a ciascuno dei propri famigliari, qualcosa di tremendo, inumano. Bastava guardarlo negli occhi per scorgere il riflesso più buio, il terrore più assoluto di quella breve ma crudele parentesi.

    Qualcos’altro di particolare?...

    Fu allora che gli sovvenne un altro dettaglio, forse il più inutile e trascurabile fra tutti, ma non per questo necessariamente da tacere. D’altro canto, non spettava a lui decidere cosa fosse o meno importante per quella questione.

    Victoria forse, sicuro sono ne non, lì di passare fantasma un vedere di creduto pure ho punto certo un a.

    Raccontò della pioggia rosso sangue e del suo dolore bruciante; dell’impossibilità a evocare l’Incantesimo Ombrello allora e quello Accendi-Bacchetta alla fine; della stanza con la porta misteriosa e come tutti gli sembrasse che tutti volessero il suo male; persino dei colpi a tradimento che si era preso dai suoi compagni, ogni cosa. Perché la sofferenza, quella non si poteva scordare tanto facilmente.

    Spiace mi, nient’altro, centro al posta dorata “V” una e triangolo un di vertici ai Case delle simboli i solo ricordo porta della.

    Alla fine di quel colloquio riuscì a sentirsi solamente svuotato, di tutto.
    In fondo era stato inutile e impotente allora proprio come lo era adesso, che avrebbe voluto fare la differenza quando poteva a mala pena dirsi capace a reggere una conversazione o l’incantesimo della sua promessa con Sertoria. Voleva fare tante cose per tante persone, e invece… invece non poteva fare niente per nessuno, nemmeno sé stesso.
    L’ultima domanda, poi, gli sembrò così irreale da farlo restare in silenzio per diversi secondi, completamente assorto nei propri pensieri. Ché sembrava mettere un punto laddove lui avrebbe scritto un intero libro, per raccontare del dolore e della speranza.

    Mettete fine a tutto questo.
    Vi prego.


    Le sue ultime parole per loro, almeno quelle, desiderava che uscissero dalle sue labbra come le sentiva nel suo cuore. Al posto giusto, calde e vere.

    CITAZIONE
    Carisma 23 (18), Saggezza 21 (9)
    Piaga: il Salmone
    Sembra che l'unico modo con cui tu riesca a comunicare è solo ed esclusivamente facendolo al contrario. Qualsiasi frase pronunciata o scritta, anche la più semplice, comincia dalla fine piuttosto che l'opposto come succede normalmente. E non s'intende lo specchiare delle parole, bensì l'ordine all'interno di una frase. Trovare un modo per venire incontro al problema può anche essere risolutivo, ma non per questo meno frustrante.
    Frequenza: costante
     
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    1 Novembre 2031 - Caso numero 12


    Aveva seguito Eloise senza dubitare un istante dei suoi intenti, disposta a dare una mano o anche solo a seguire gli ordini di chiunque fosse arrivato dall'esterno per soccorrerli, se ce ne fosse stato bisogno.
    Sapeva che prima o poi avrebbero fermato anche lei per prestarle soccorso, ma Mikal non aveva davvero bisogno di nulla.
    Forse soltanto della pochette di Eloise, ma niente di più. Fu così che cominciò a girovagare fra un ragazzo e l'altro, assicurandosi che stessero tutti bene, nonostante le ferite. Si era sorpresa di vedere nella mischia i Caposcuola e la maggior parte dei Prefetti, ma forse era stato meglio così: senza di loro, immaginava, le cose sarebbero potute andare anche peggio per i più piccoli.
    Ma non aveva una reale idea di cosa fosse successo nelle Segrete prima del suo arrivo e di quello dei colleghi così, fino a quando non ne avesse saputo di più, avrebbe continuato a pensare e a temere il peggio.
    Fece dunque per andare a controllare come fosse la situazione di Frances, Samantha e degli altri ragazzi più malconci, quando venne fermata da due uomini.
    Mikal cominciò a scrutarli con sospetto, arrestando il passo all'improvviso.

    Caso numero 12. Vorremmo farle qualche domanda.

    Qualche domanda?

    Sì.

    Rispose il primo dei due, all'apparenza un Medimago.

    Come si sente adesso, cosa ha provato fisicamente ed emotivamente nelle Segrete, se può indicarci un lasso di tempo ben preciso ed eventuali ripetizioni.

    In più,

    Intervenne l'altro mago, proveniente in tutta probabilità dal Ministero.

    Se può dirci anche cosa è successo nelle Segrete, dal primo momento in cui vi siete entrati a quando ne siete usciti, qualcosa di più su ciò che ha provato, se ha visto o fatto qualcosa di strano e soprattutto, cosa sa dirci della porta misteriosa in fondo ai cunicoli.

    Mikal continuò a guardarli spaesata e in silenzio per qualche secondo, cominciando a sentire il respiro divenire via via più pesante.
    Avrebbe risposto volentieri ad ogni domanda ma non in quel momento, non quando sentiva di poter essere più utile altrove. Le informazioni che avrebbe potuto dare lei, d'altra parte, erano le stesse di molti altri.

    Scusate, ma adesso non ho la concentrazione adatta per rispondere alle vostre domande.
    Io sto bene, comunque, e quel che posso dirvi io sulle segrete può dirvelo chiunque altro.


    Fece dunque per andarsene, ma a quel punto si arrestò per un altro paio di secondi, improvvisamente conscia e decisamente sicura di qualcosa che aveva visto sulla porta e che avrebbe saputo riconoscere anche ad occhi chiusi.

    Anche se... C'erano dei simboli sulla porta. Uno di questi indicava il Pianeta Saturno, l'altro Nettuno.
    Il resto mi è ancora confuso. Non so dirvi altro, al momento.


    E fu allora che accadde di nuovo.
    Si trattò di pochi ma sufficienti istanti, quelli durante i quali Mikal poggiò gli occhi sulla penna di uno dei due maghi. La fissò come ipnotizzata. Poi andò al mago che la stringeva fra le dita, e di nuovo alla penna.
    Era familiare, quella sensazione. Le fece venire in mente la pochette di Eloise, ma non avrebbe saputo dire perché. Deglutì mentre continuava ad osservare la penna, indecisa se andare o restare, consapevole della mole di cose da fare quella notte ma altrettanto affascinata dall'oggetto del Funzionario.
    Qualcosa si mosse dentro al petto, rendendo il fiato di Mikal più corto. Sospirò, poi tornò a rivolgersi all'uomo con un sorriso mellifluo, decisamente diverso da quelli che era abituata a regalare senza troppi sforzi.

    Ecco... Potrei avere la sua penna? E' urgente.

    Se il funzionario avesse acconsentito, Mikal avrebbe tenuto l'oggetto per sé, carezzandolo e custodendolo gelosamente dentro la veste, fingendo di averla smarrita nella confusione del momento, se qualcuno gliel'avesse chiesta indietro.
    Amestris stava metaforicamente crollando, molti degli studenti erano in difficoltà, altri, quelli rimasti in Sala Grande, erano in subbuglio, ma a lei d'improvviso non importò più, non come prima.

    Gliela riporto subito, ovviamente.

    Tutto ciò che contava era avere quella penna. Quella bellissima, luccicante penna.
     
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