Caso n°X

Raccolta di dati e informazioni sulle piaghe

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    1 Novembre 2031, fra l'una e le quattro di notte – Kyle Crane





    Kyle era terrorizzato.
    L'uomo davanti a lui sembrava nascondere qualcosa nelle profondità dei suoi occhi, ombre e luci, sospiri e risate di scherno, un mondo enorme e terrificante in quello spazio cosi piccolo.
    Rimase impietrito per qualche secondo, come bloccato da un incantesimo, mentre la mandibola cadde, come se anche i muscoli si fossero arresi a quella terribile situazione.
    Kyle si sentì come bloccato alla sedia, divincolandosi come per liberarsi da una morsa invisibile, un goffo tentativo di fuga che bloccò istintivamente lui stesso.

    Lasciatemi andare!!! Vi prego!! AIUTOOO

    Un urlo spezzò il silenzio, un urlo di terrore, una richiesta di aiuto, mentre i suoi occhi si spalancarono di fronte a quella sensazione di non poter fare nulla per impedire ciò che gli stava succedendo.
    Poi le risate cessarono e le ombre svanirono per qualche istante, lasciando davanti a lui solo un gentile e professionale Medimago, che lo guardò preoccupato e che aspettò qualche istante prima di parlare

    Non si preoccupi signor Crane, è al sicuro ora. Come si sente?

    Kyle sentiva il cuore che batteva all'impazzata ed anche se ora quelle ombre erano svanite, lui sapeva che erano li in attesa, da qualche parte

    Non sto bene.. ho paura io.. cosa succede?

    Il medimago si avvicinò lentamente, mostrando le mani in segno di pacifico intento, provando a cambiare il tono della voce, per ammorbidire anche i minimi spigoli, consapevole di trovarsi di fronte ad un soggetto vulnerabile.

    Ma fisicamente? E' una sensazione che dura da tanto?

    Kyle deglutì annuendo, poi scuotendo il capo come a volersi correggere

    Fisicamente sto bene, lo sono sempre stato. A parte qualche bruciatura per.. il sangue

    Il pensiero generò un brivido freddo

    Io vedo cose..

    Silenzio.
    Ma gli occhi del mago sembravano normali.

    Vedo creature terribili. Come se la mia presenza la sotto le avesse risvegliate ed ora mi vogliono. Mi seguono ovunque, negli specchi, negli armadi, in ogni angolo. Sanno come trovarmi, sanno come raggiungermi ma per ora non ci sono ancora riusciti.


    Il medimago lo osservò senza far trapelare nessuna emozione

    Succede spesso?

    Oltre al terrore, negli occhi di Kyle si poteva leggere un enorme sconforto

    Continuamente..


    Kyle non si fidava, come poteva farlo quando sapeva che anche quel mago era uno di loro, ma era stanco, logorato e le forze per combattere questa realtà sembravano affievolirsi.
    Quando però l'altra figura entrò nella stanza ed iniziò a tormentarlo con domande specifiche, il ragazzo si mise sulla difensiva, mentre i suoi occhi si fecero più duri: cosa volevano da lui?

    Cosa volete che vi dica eh? Secondo me lo sapete cosa è successo, siete parte di esso, lo sento.

    In questo caso gli occhi del mago non c'entravano, ma alle sue spalle, l'ombra proiettata sul pavimento sembrava muoversi, come ad avvicinarsi a lui con fari minacciosi

    Non vi dirò nulla! NULLA! Siete usciti da quella porta vero? Siete usciti ed ora non sapete cosa fare? Arrangiatevi!

    Si alzò allontanandosi dall'ombra, urlando nella sua direzione e non in quella del funzionario

    Lasciatemi stare! LASCIATEMI STARE!


    Kyle Crane: Carisma 11 (9), Intuito 8 (6), Saggezza 11 (9)
    Piaga: il Pipistrello
    La tua percezione della realtà è completamente distorta, dandoti l'illusione piuttosto veritiera di trovarti circondato da mostri e nemici spaventosi che sai di non poter affrontare in alcun modo. In più ogni rumore o suono lo percepisci più forte del normale, rimbombante in piccoli echi nella tua testa. Ciò ti porta a stordimento e a perdere la ragione per qualche minuto, lasciandoti parecchio scosso per il resto della giornata.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa.

    Illusioni:
    Intuito 2/6
    Carisma 2/8
     
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    23 Novembre 2031: Caso numero 12


    Mi descriva cosa prova in quei momenti, Caso numero 12.

    Mikal aveva cercato di analizzare quel vuoto ingordo che aveva preso posto dentro al suo animo già da diverso tempo, ma non era riuscita a venirne a capo in nessun modo.
    Lo sentiva come un parassita, dimenticandosi di ogni consapevolezza nell'istante in cui inizava a divorarla, costringendola ad osservare, bramare e appropriarsi di qualunque cosa desiderasse per colmare quel vuoto.
    Aveva accettato di parlarne con chiunque si fosse dimostrato disponibile ad aiutarla, ma dubitava ci potessero essere delle cure specifiche per qualcosa che aveva tutti i tratti di una dipendenza. Nel mondo babbano, la sua piaga prendeva il nome di cleptomania, ma non aveva idea di come curarsi da qualcosa di cui non era mai stata "l'artefice".

    E' come un vuoto.

    Nel suo passato non c'erano traumi che potessero giustificarlo, non c'erano patologie pregresse, non c'era nulla che potesse permetterle di migliorare soltanto confrontandosi con un normale Psicologo. Aveva infatti pensato a questa possibilità, ad un certo punto, ma la triste realtà aveva presto avuto il sopravvento: il suo problema era di natura magica, non mentale.
    E riusciva a dimenticarsene ogni volta che accadeva, piombando nel dirupo senza accorgersene prima di cadere e farsi male.
    Quel giorno, come anche altri prima d'allora, Mikal si trovava al San Mungo perché degli specialisti potessero osservare i suoi comportamenti. Lei non si era mai opposta, anzi, era ben lieta che l'intero mondo magico si fosse interessata a loro, I Ventidue di Amestris, perché soltanto con l'aiuto di gente esperta potevano sperare di uscire da quell'incubo, che stavolta non era rimasto confinato al Trentuno di Ottobre.
    Rimpiangeva di non essere riuscita a dire molto agli ispettori durante quella notte, ma era stata giustificata dal caos del momento. Adesso, invece, era ben disposta e pronta a collaborare in qualsiasi modo possibile, benché nel suo caso ci fosse ben poco da osservare.

    Un vuoto opprimente.

    Durante quelle sessioni Mikal non faceva nulla di speciale. Sfruttava quel tempo per leggere qualcosa o studiare la gemmologia avanzata applicata. Tuttavia, ricordava chiaramente i momenti in cui il buco dentro la sua anima l'aveva costretta a fissare con più apprensione del previsto un piccolo quadro appeso alla parete, che rese ancora più piccolo con la magia di modo da poterlo portare con sé. Poco importava che la guardassero: in quei momenti ad avere la meglio sulla sua coscienza era un istinto macabro e primordiale, impossibile da contenere.
    Così, la seconda volta, aveva fatto la stessa cosa con un segnalibro che aveva trovato in uno dei cassetti.
    Quel giorno, invece, la camera non era sterile come al solito: la scrivania era stata adornata di gingilli di ogni genere, in vetro, metallo, minerale, legno. Le forme erano tutte diverse e, come di consueto, tutte incredibilmente attraenti ai suoi occhi.

    Un vuoto che va colmato.

    Mikal deglutì, perché intuì che dietro vi fosse una provocazione proprio da parte dei medimaghi. Cercò quindi di razionalizzare, capire che lo stessero facendo per lei, e benché lo realizzasse, faticava davvero a mettere in riga quei pensieri: la Docente aveva spento il cervello e acceso i sensi nell'istante in cui aveva poggiato gli occhi su quegli oggetti.
    Il primo a destare il suoi interesse fu un pomello d'ottone. Non aveva nulla di speciale ma era brillante, perfettamente tondo, solo e abbandonato sopra una superficie in legno. Lo carezzò per lunghi istanti prima di nasconderlo dentro al mantello, sentendo il suo animo colmarsi di sensazioni incredibilmente appaganti, col respiro che diventava affannato e il cuore che implorava pietà per quanto forte batteva.
    E così, in seguito, per ogni altro oggetto lì esposto.
    Quando uscì dalla stanza, Mikal riuscì a sentirsi colma come mai prima d'allora, ma la sua mente continuava a metterla di fronte un'eterna consapevolezza: più era pieno il suo animo, più era profondo il baratro di cui era finita prigioniera.

    E quando accade, sento di non essere mai stata più felice.

    Una certezza che poteva eludere, ma da cui non poteva scappare.
     
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    La cura a ogni male...



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    [1 Novembre - Caso 9: Eloise Hunt]



    La sua Infermeria era stata invasa da persone che non conosceva e che non facevano altro che muoversi tra i suoi pazienti, tra i ragazzi. Non poteva staccare gli occhi da quei ragazzi, perché una parte di lei credeva che se lo avesse fatto non sarebbe mai arrivata a capire davvero cosa fosse accaduto nelle segrete della scuola. Aveva cercato di evitare il più possibile i tre uomini che la guardavano in quel momento e non perché non volesse aiutarli a capire come curare i ragazzi, ma perché sentiva che doveva agire, muoversi, parlare con gli studenti, cercare una soluzione. Non capiva nemmeno cosa fosse accaduto, ogni tanto le tornavano in mente delle immagini della porta che aveva visto, qualcosa le solleticava la memoria e spingeva la sua attenzione verso pensieri che non erano rilevanti in quel preciso istante. Ogni volta che accadeva spostava lo sguardo su uno studente diverso e relegava quei ricordi in un cassetto che avrebbe aperto più avanti, quando ve ne sarebbe stato il tempo. Si muoveva da un lettino all'altro, ma non aveva davvero modo di poter fare qualcosa. Alla fine erano riusciti a incastrarla su quella sedia.
    Nonostante ciò cercava di non perdere mai di vista la situazione e si sentiva in apprensione ogni volta che uno studente veniva avvicinato da qualcuno che non conosceva. Le grida che aveva sentito quando era intrappolata nel buio sembravano volerla tormentare, facendole quasi credere che fossero solo un monito, una previsione del futuro. Dovevano essere dolci e gentili coi ragazzi.
    Venne richiamata da un gesto dell'uomo seduto davanti a lei. Lo aveva completamente ignorato, troppo presa a cercare di capire perché uno dei medimaghi stesse sorreggendo una ragazza che sembrava essere appena svenuta. Cos'era accaduto? Stava per alzarsi, ma un cenno del medimago la distrasse nuovamente e capì che per la seconda volta le aveva ripetuto la domanda e che lei non lo aveva minimamente ascoltato.
    Cercò di darsi un contegno: erano lì per aiutarli. Certo, ma lei era più utile ai ragazzi.

    Caso numero 9, come si sente adesso?

    Sto bene. Sono sempre stata bene. Scusate, potremmo rimandare? Vorrei andare a dare una mano.

    Cercò di accennare un sorriso e provò ad alzarsi, ma lo sguardo serio che le stavano rivolgendo i tre uomini la bloccò per un secondo. Non era sempre stata bene, certo, ma non aveva subito niente di paragonabile ai ragazzi. Era semplicemente stata colpita da qualche scheggia di roccia e aveva subito gli di una potente magia, ma niente di incurabile. La sua mente le riportò alla mente le parole di Amalia nelle segrete, gli sguardi di Johanna e di Mikal... erano solo causati dalla maledizione che pareva aver colpito tutti? I ragazzi aveva subito degli effetti evidenti, ma anche gli adulti non erano parsi immuni ai cambiamenti. Lei invece si sentiva identica a prima, c'era solo un particolare che stonava rispetto a prima.
    Abbassò lo sguardo verso le proprie mani e corrugò nuovamente la fronte. Chiuse gli occhi e cercò di ignorare ciò che stava osservando: le mani di un'estranea.

    Caso numero 9, cosa ha provato, fisicamente e/o emotivamente?

    Gli occhi si erano nuovamente diretti verso i ragazzi e chi stava attorno a loro. Stava fremendo per potersi alzare da quella dannata sedia, ma era una cosa che doveva fare. Magari non riusciva a capire qualcosa di essenziale, ma che sarebbe parso evidente agli occhi di quei tre esperti.

    Quando stavo cercando i ragazzi? Beh, ovviamente ero nervosa, preoccupata, poi quando li abbiamo trovati...

    S'interruppe perché il medimago aveva scosso la testa. Rimase in silenzio ad osservarlo mentre con un cenno della bacchetta faceva comparire uno specchio grande quanto una pergamena e glielo porgeva. Non disse una parola e lei non poté fare altro che allungare una mano per afferrare l'oggetto e osservarsi riflessa. Non capiva l'utilità di quella cosa, ma una parte di lei sapeva che non avrebbe visto ciò che pensava, ciò che si aspettava. Troppi indizi le avevano indicato che qualcosa fosse accaduto anche a lei, ma li aveva ignorati volutamente, perché non intaccavano le sue capacità mediche. Abbassare lo sguardo la lasciò senza fiato per un secondo. Poggiò lo specchio sulle ginocchia e rimase a guardare il proprio volto. Aveva sbagliato: vedeva qualcosa che riconosceva, qualcuno di familiare. Si portò una mano al viso, premette i polpastrelli contro la tempia, li fece passare sui capelli, sulla bocca, sul naso, attorno agli occhi... dov'erano le piccole rughe appena accennate che avevano iniziato a mostrarsi? Le piacevano, le ricordavano i sorrisi che nascevano spontanei sulle sue labbra quando era con Mikal, quando i ragazzi la facevano ridere, quando gli estranei che aveva incontrato durante i suoi anni di vagabondaggio le offrivano ospitalità o la ringraziavano per averli guariti. Dov'erano finiti quegli anni?

    Caso numero 9, cosa ha provato, fisicamente e/o emotivamente?

    Io non lo sapevo... Non ho provato niente. Io sono ancora... io.

    Sussurrò di rimando, mentre cercava una motivazione, mentre cercava una sensazione che non trovava. Perché la sua immagine non era più la sua immagine? Deglutì e un rumore la distrasse nuovamente, facendole finalmente abbandonare l'immagine di ciò che era tornata a sembrare. Qualcuno aveva fatto cadere a terra una sedia. Scattò in piedi per andare a vedere, ma venne nuovamente bloccata. Aveva bisogno di qualche secondo per metabolizzare la cosa, le serviva solo qualche minuto. Inoltre prima di poter fare i conti con la propria immagine doveva per forza aiutare i ragazzi. Era una necessità sempre più impellente e che le avrebbe impedito di doversi riguardare in un riflesso.

    Caso numero 9, quanto è durato? Ogni quanto si è ripetuto, se si è ripetuto?

    Non credo si sia ripetuto... Comunque spero davvero che non vi stiate riferendo ai ragazzi così. Non sono un numero, hanno un nome e se non li sapete potete chiedere a me o agli insegnanti. Hanno bisogno di tutto tranne che di un trattamento freddo e asettico come questo.

    Ribatté piccata, stufa di sentirsi assegnare un numero, quasi fosse una formula da imparare a memoria. I ragazzi meritavano di essere accuditi con amore e competenza. La Guarigione non era legata meramente a nozioni magiche e biologiche, era qualcosa che trascendeva le tecniche in alcuni casi. Al medimago sembrò non importare nulla di ciò che aveva detto dopo aver risposto alla sua domanda. Erano colleghi, avrebbe dovuto darle un minimo di credito, rispettare la sua opinione.

    Caso numero 9, cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?

    Niente, non importava niente a nessuno dei due di ciò che aveva detto poco prima. Si morse la lingua e decise di rispondere. Le domande del ministeriale parevano più utili di quelle del medimago, almeno.

    Inizialmente non è accaduto nulla, poi abbiamo sentito un urlo... Credo che sia stato dopo o durante, non saprei dire, che il mio aspetto sia cambiato. Non lo avevo capito, ma effettivamente Mikal... la professoressa Levischmiedt e anche gli altri mi lanciavano degli sguardi strani. Avevo altro a cui pensare, per cui non vi ho dato peso.

    A quel punto cercò davvero di fare mente locale. Cosa era successo?

    Credo che sia successo qualcosa anche agli altri professori, si comportavano in modo... diverso. Comunque abbiamo continuato a camminare e ci siamo trovati avvolti in un buio che non era normale.

    Al solo pensiero si dovette alzare per controllare che i ragazzi fossero ancora tutti in infermeria, accuditi da mani sconosciute, ma esperte. Sperava che venissero anche accuditi a parole, con un tono di voce dolce e con amore, ma non poteva davvero esserne certa, perché non avevano ancora finito di farle domande.

    Aveva una natura magica. Potente.

    Abbastanza da non permetterle di distaccarsi da ciò che sentiva, nonostante sapesse che era frutto di una magia. Era stato più forte di lei. Quelle voci e quelle urla la sovrastavano e la schiacciavano. Di nuovo si voltò a guardare i piccoli pazienti. Come poteva davvero essere certa che non fossero le loro urla, quelle che aveva sentito? Li vedeva in condizioni gravi, cambiati nell'aspetto o nel carattere... e lei non poteva fare niente.

    Mikal mi ha aiutata ad uscire da quell'oscurità. Abbiamo camminato ancora lungo alcuni passaggi, fino a quando non ha iniziato a piovere sangue. Sangue acido. Bruciava la pelle.

    Cercava di evitare lo specchio che le era stato lasciato dal medimago. Doveva cercare di non sembrare davvero una quindicenne quando parlava, già le pareva che non le stessero dando retta, anche se si trovavano nella sua infermeria.

    Siamo riusciti a superare quel tratto e siamo finalmente arrivati dai ragazzi, ma era tardi.

    Non poteva fare a meno di tornare a guardarli, mentre la frustrazione cresceva e la confusione con lei. Si sentiva usurpata di tutto, mentre guardava i medimaghi adoperarsi attorno ai ragazzi. Quella che tutti vedevano non era più la sua immagine, era un ricordo, era il passato, mentre lei avrebbe voluto vedere il futuro per capire come aiutare chi era stato maledetto.

    Abbiamo dovuto arginare l'acqua, che ha rischiato allagare il tratto delle segrete in cui ci trovavamo, ma alla fine siamo riusciti a riportare indietro gli studenti. Una volta fuori c'eravate voi.

    E tutto aveva iniziato a farsi concitato e incomprensibile, quasi più di quando si trovava nei sotterranei. Lì almeno sapeva cosa doveva fare: trovare i ragazzi. Una volta fuori si era trovata spiazzata e senza idee.
    Se lei si sentiva in quel modo non riusciva ad immaginare i più piccoli.

    Caso numero 9, ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?
    Ricorda di avere fatto qualcosa di strano, un gesto che può avere dato inizio a tutto...


    Il suo sguardo si fece così tagliente che avrebbe voluto veder arretrare l'uomo che le aveva rivolto quella domanda idiota.

    Io non ho sentito proprio niente, ho capito che qualcosa poteva essere accaduto dagli sguardi che mi venivano rivolti, ma niente di più. Non ho mai sofferto per questo cambiamento.

    Si indicò il viso, ma non si guardò allo specchio. Dopo, avrebbe avuto tempo dopo.

    E non azzardatevi a porre una domanda del genere ai ragazzi. Nessuno di loro ha fatto niente per meritarsi questo e non devono pensare di aver fatto qualcosa per causarlo. Sono solo dei ragazzi e potrebbero prendere male le vostre parole, interpretarle in modo scorretto. Dovreste rivedere il vostro modo di rivolgervi a loro.

    Di nuovo parve che le sue parole non sortissero alcun effetto. Non le davano credito, non la consideravano quasi. Una volta che rispondeva alle loro domande non era più importante ciò che usciva dalla sua bocca.

    Abbiamo saputo da un tale... Webb, esservi una porta in fondo alle Segrete. Caso numero 9, ricorda qualcosa di essa?

    Sì, era triangolare. Ai tre vertici vi erano i simboli delle tre Case e sulla porta vi erano diversi simboli. Sinceramente al momento vi so dire davvero poco di quelli, non ho avuto tempo per pensarci... Avrei del lavoro da fare, se abbiamo finito.

    L'immagine della porta continuava a tornarle in mente, ma la ricacciava indietro ogni volta. Era come l'immagine che aveva visto nello specchio: una distrazione per il suo obiettivo, cioè aiutare i ragazzi. Ci avrebbe pensato e li avrebbe contattati in futuro, se mai fosse riuscita ad avere le idee più chiare su quei ricordi.

    Caso numero 9, ricorda di avere visto qualcos'altro in particolare, in uno qualsiasi dei momenti passati nelle segrete?

    No.

    Basta, quel colloquio doveva terminare e la dovevano far andare dai suoi pazienti. Non poteva curarli, magari, ma sicuramente poteva portar loro conforto, una carezza, un sorriso. Quanto sarebbe stato confortante per loro riceverlo da una donna che aveva l'aspetto di una ragazzina della loro età? Il vero problema era che non riusciva a tenerne conto, perché lei non aveva quindici anni, lei aveva vissuto quell'età e l'aveva passata. Non era regredita. La sua mente, la sua conoscenza, la sua esperienza era sempre la stessa. Lei era ancora l'infermiera di quella scuola.

    Piaga: A volte si ripensa con nostalgia ai momenti della giovinezza, ideando percorsi diversi intrapresi nella propria vita o semplicemente per rivangare il passato e i bei tempi andati. Sarebbe bello poter tornare indietro nel tempo per un po', vero? Nel tuo caso accade solo in parte: il tuo corpo ringiovanisce, le rughe spariscono lasciando il posto alla tua versione in fase adolescenziale. La tua coscienza, però, è sempre la stessa da adulta ma con un aspetto così poco "rispettabile" agli occhi degli studenti (persino a quelli degli adulti, in certi casi) che farti valere è un compito ben più arduo del solito. Quasi rimpiangi di non essere più totalmente adulta.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
    Riduzione malus con:
    - Mente su Corpo Talento 1 (bonus 5% Carisma)
    PA intaccati:
    - Affinità 22: 25% -> Affinità 17
    - Carisma 40 x2: 50% (45%); 25% (20%) -> Carisma 18
     
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    [Caso numero 15 - Sabato 15 novembre 2031, ore 09:00]



    Se fosse stato in grado di riconoscere la sua figura allo specchio, avrebbe scoperto che quella mattina i suoi capelli erano di un grigio scuro simile al nero.
    Sarebbe stato in grado anche di rendersi conto che quello accadeva, da dopo Halloween, in maniera del tutto autonoma durante le giornate particolarmente negative. Certo, ormai erano pochissime le giornate che si sarebbero potute definire positive, da quella notte maledetta, tuttavia c’erano momenti peggiori di altri.
    Quando veniva chiuso in una stanza del San Mungo per un’ora intera, ad esempio, era uno dei momenti che avrebbe definito “peggiori”.
    Perché lo chiudevano lì? Dicevano che fosse per trovare una cura, ma allora perché non lo visitavano? Perché si limitavano a lasciarlo chiuso lì senza fare nulla?
    Lo stavano studiando, sì, ma non per aiutarlo. Lui e tutti gli altri erano qualcosa di nuovo da sezionare fino a capire cosa fosse successo nelle loro menti e nei loro corpi.

    Avvoltoi!

    Pensò, mentre si guardava attorno: gli avevano detto che quella stanza fosse bianca, eppure lui la vedeva completamente nera. Perché i suoi occhi gli giocavano quegli scherzi di così pessimo gusto?
    E, soprattutto, perché quella dannata scrivania, unico pezzo di mobilio nella stanza, assieme alla sedia e al letto singolo, era coperta di tentacoli?
    Si avvicinò al mobile e vi passò sopra una mano, titubante. Come aveva pensato, al posto di viscidi tentacoli, al tatto sentiva solo il liscio e freddo legno.
    Sospirò.
    Ora che era abbastanza vicino da poter toccare ciò che era sopra la scrivania, si rese conto che c’era anche una pergamena, mentre quello che gli sembrava un tentacolo più grosso in realtà era solo un calamaio.
    Bene, quindi volevano pure che si mettesse a scrivere o a disegnare qualcosa per poterlo analizzare meglio come il fenomeno da baraccone che volevano farlo diventare? Magnifico, ci avrebbe pensato lui a dar loro qualcosa su cui lavorare!
    Prese il calamaio e se lo rigirò un pochino tra le mani, non abbastanza da rovesciarsi sulle dita l’inchiostro.
    Si girò verso lo specchio e gli lanciò contro il calamaio con tutta la forza che aveva in corpo.
    L’inchiostro fuoriuscì durante il lancio, lasciando una scia sul pavimento, ma per la maggior parte imbrattò lo specchio con quello che sicuramente non era inchiostro arancione brillante, ma che a Soobin sembrava tale.
    Quello che non aveva calcolato lo studente della Tempesta era che quel piccolo accenno di sfogo avrebbe generato una valanga dentro di lui, una inarrestabile valanga che non si sarebbe fermata fino a che non fosse rimasto più nulla da travolgere.

    Caso numero 15, cosa stai facendo?!

    Sentì la voce mezza scandalizzata di uno dei guaritori, ma lui aveva già preso la rincorsa verso lo specchio, che iniziò a tempestare di pugni, fregandosene del fatto di starsi macchiando con l’inchiostro con cui lui stesso lo aveva imbrattato poco prima.

    wnqjPPs
    Fatemi tornare normale!

    Essere “normale” era qualcosa che non aveva mai visto come troppo positiva, gli era sempre piaciuta la sua individualità, la sua convinzione di essere in qualche modo “speciale”, ma adesso che aveva davvero qualcosa di diverso da tutti gli altri non voleva altro che tornare ad essere uno dei tanti.
    Non capiva perché quei dannati medici perdessero tempo a tenerlo chiuso lì anziché curarlo.
    Lui amava i colori, facevano parte di lui, erano il primo aspetto ad essersi risvegliato del suo essere metamorfomagus, ma adesso? Adesso erano fuori qualsiasi controllo, non poteva fidarsi di quel che vedeva, non sapeva più nemmeno quali fossero i suoi colori!

    RNRoSfL
    Prima che potesse rendersene totalmente conto, aveva già iniziato a piangere, non sapeva se per la paura di ciò che gli stava accadendo, se per la frustrazione di non poterci fare nulla o la rabbia per il fatto che nemmeno adulti e professionisti stessero risolvendo la situazione.

    Cosa maledizione state facendo?!
    Vi state divertendo?!
    Vi piace lo spettacolo che vedete?!
    Fate qualcosa!
    FATE QUALCOSA!


    Perché dovevano trattarlo in quel modo? Cosa aveva fatto di male per meritare tutto quello?
    Okay, non era un essere umano modello, faceva i suoi errori come tutti, ma cosa aveva fatto di così atroce per meritarsi di passare quello che aveva passato ad Halloween e adesso pure quel trattamento?
    Non voleva essere una cavia, non voleva essere nemmeno oggetto di intrattenimento, voleva solo tornare a scuola e nascondersi sotto le coperte, abbracciare Odeng e coccolarlo fino ad addormentarsi.

    Fatemi uscire!
    Mi avete capito?!
    Voglio uscire! Fatemi uscire, maledetti sciacalli!
    Ve ne state al di là del vostro bel vetro ad osservarmi, nemmeno fossi una bestia! Fatemi uscire!
    Se non volete fare nulla per aiutarmi, fatemi uscire!


    E ancora a battere pugni sullo specchio e a piangere e a urlare, finché l’ora non finì.

    Post intuito: 5/6
    Post Carisma: 5/6

    CITAZIONE
    Soobin Min: Carisma 25 (13), Intuito 5 (4), Saggezza 11 (8)
    Piaga: il Camaleonte
    Ogni giorno non è mai uguale al precedente a livello di percezione visiva. L'aspetto di ciò che ti circonda muta ogni giorno, sia di oggetti che di persone: divise di un certo colore ne hanno un altro completamente diverso, elementi fisionomici di amici e professori stravolti, anche il materiale all'apparenza non è come quello che ricordi. Gli altri quattro sensi, però, ti aiutano a riconoscere la realtà dei fatti: le voci di chi conosci sono sempre le stesse, così come i sapori dei cibi, i loro profumi e le sensazioni tattili. Attenzione perciò a non giudicare dalla copertina.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    Caso numero 5. Fine settimana. Novembre

    Per quante volte ancora si sarebbe dovuto recare al San Mungo?
    Quante ore avrebbe dovuto passare in quella sorta di interrogatorio forzato, mascherato da ricerca?
    A nessuno importava della sua salute, la cosa era chiara ormai, cristallina come il cielo azzurro invernale, ma la verità era nera quel giorno, scura come le ombre che tormentavano le sue giornate, rossa come gli occhi che nell’oscurità si celavano, stridente come i ghigni che lo attendevano dietro ogni singolo angolo.
    Aveva perso il conto delle sue visite in quel posto, Aiden era stanco, abbattuto ed infuriato.
    Se le prime volte si era abbandonato alla consapevolezza di non poter far nulla ormai, quel giorno aveva deciso di ribellarsi, aveva urlato, si era dimenato ed aveva insultato tutti, ma erano rimasti impassibili a scrivere ed annotare ogni sua reazione su un taccuino, con quelle dannate penne e quegli occhi seri e pieni di finto dispiacere.
    Cosa volete sentirvi dire ancora? Cosa devo fare affinchè mi lasciate in pace? Non ricordo nulla di quella porta ok? C’erano dei segni, glifi forse? Ma non li ricordo, ero semplicemente concentrato a NON MORIRE, ok??
    Kyle sbuffò, cercando di ignorare la sensazione di essere osservato, ma quando alzò gli occhi dal tavolo, il giovane Crane notò che quello strano corvo di ombra, che lo aveva schernito al suo arrivo al San Mungo, era ancora appollaiato nel nulla, in mezzo alla stanza.
    Vattene anche tu! Basta! Ci sono gia I tuoi compagni no? Lasciami stare maledetto uccellaccio!
    Rimase con lo sguardo fisso nel vuoto per qualche istante, per poi tornare a fissare il medimago di fronte a lui
    Almeno questi vostri inutili servitori potreste lasciarli da qualche altra parte, o volete proprio uno show per tutti? O forse siete voi i servitori? Quelli che governano i vostri inutili corpi sono loro?
    Disse ancora una volta indicando il corvo
    Devo ancora ben capire le dinamiche di questa cosa, ma credo che vi usino per far breccia in noi ragazzi, affinchè ci sentiamo più al sicuro.
    Sapeva che in qualche modo stavano cercando di spremere anche i suoi compagni, poiché li vedeva fare avanti e indietro con lui, quasi tutti abbattuti, spaventati o strani, ma molti altri non sembravano portare grossi segni di tutto quello.
    Gente come Bellamy e la sua stupida mano monca, o Frances e la sua sonnolenza o l’altra che puzzava.
    Secondo Kyle loro erano stati graziati, quasi tutti in realtà, cosi da tenerli per le palle con la promessa di non peggiorare la situazione se avessero spifferato qualcosa, delle talpe nella scuola: doveva essere cosi.
    Non si spiegava come mai avessero scelto di colpirli in un modo cosi blando.
    Gente come Fontana invece, lui doveva essere uno che resisteva, si vedeva dalla follia nei suoi occhi, ma fino a che punto avrebbe resistito?
    Quindi?
    Rimase in attesa
    Ne abbiamo ancora per molto o mi fate tornare a scuola? Cosa devo dirvi? Cosa devo fare per farmi lasciare in pace? Non pensate di aver fatto abbastanza? Sono il vostro oggetto di studio preferito? Ovvio che è cosi, di sicuro vi darò più soddisfazione dei miei compagni e le loro sfighe inutili vero? Vi siete divertiti con me, perché proprio io?
    La frustrazione era diventata insopportabile, dopo lunghe ed infinite visite dello stesso tipo
    Vi hanno mandato i miei genitori? Hanno scatenato qualcosa per farmi tornare a casa vero? Forse è cosi, si, forse è cosi. Ma ditegli che COL CAZZO che torno a casa ok? Preferisco morire qui che tornare a casa! Ditelo ai miei genitori che possono marcire insieme alle creature che hanno evocato! Perché sono più forte e quando riuscirò a capire come battervi, allora sarete voi ad avere paura, VOI! Ve lo prometto!

    Kyle Crane: Carisma 11 (9), Intuito 8 (6), Saggezza 11 (9)
    Piaga: il Pipistrello
    La tua percezione della realtà è completamente distorta, dandoti l'illusione piuttosto veritiera di trovarti circondato da mostri e nemici spaventosi che sai di non poter affrontare in alcun modo. In più ogni rumore o suono lo percepisci più forte del normale, rimbombante in piccoli echi nella tua testa. Ciò ti porta a stordimento e a perdere la ragione per qualche minuto, lasciandoti parecchio scosso per il resto della giornata.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa.

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    Caso Numero 5. 1 Dicembre 2031, subito dopo le lezioni

    Un mese.
    Era passato un mese da quella fatidica notte nelle segrete, il terribile culmine di una serata che doveva essere speciale, fatta di festeggiamenti e scherzi, maschere, dolcetti e perché no, magari qualche ballo, ma che si era trasformata nella peggiore della sua vita, un’escalation di dolore, paura e cambiamenti negativi.
    Cosa era cambiato da quella notte?
    Nulla.
    Kyle vedeva i suoi compagni diversi, quasi tutti erano stati quasi schivati da quella terribile maledizione, c’è chi aveva “guadagnato” menomazioni fisiche di poco conto, chi non dormiva di notte, chi parlava al contrario e chi non parlava affatto.
    Tutti con qualcosa di estremamente singolare, ma a suo modo di vedere, tutti con problemi minori.
    Forse Fontana aveva subito un dramma simile al suo, poteva vederlo lottare con personalità diverse, come in continua lotta con le stesse entità che tormentavano i suoi giorni e le sue notti di veglia, forse con lui volevano agire diversamente, ma comunque non ne avrebbe parlato con lui, poiché non sapeva quando avrebbe ceduto, perché sicuramente lo avrebbe fatto.
    Maghi da tutto il ministero si stavano interessando a quella dannata porta ed i suoi segni, sentiva bisbigliare che molti ricordavano e avevano condiviso ciò che sapevano, avendo come risultato un’invasione di maghi anche a scuola: quando sarebbero stati lasciati in pace?
    Kyle voleva sperare che quella gente fosse li per aiutarli, mandati dal ministero per risolvere quell’intricato garbuglio di eventi e drammi, ma qualcosa nei loro sguardi, nei comportamenti e soprattutto nelle creature d’ombra che si portavano dietro, gli facevano credere l’esatto contrario.
    Non doveva fidarsi.
    Cosi quando Kyle fu chiamato in un’aula per l’ennesimo colloquio, si ritrovò a sospirare abbattuto, rendendosi conto che quella cosa non sarebbe finita a breve.
    So che è passato un mese, ma le cose non sono molto diverse
    Era stranamente più tranquillo, forse per un’accettazione, una resa involontaria nella consapevolezza della sua incapacità di reagire, o forse perché qualcosa sembrava essere cambiato, ma non riusciva a capirlo realmente.
    Le domande gli vennerò poste per l’ennesima volta, ma nella sua testa iniziava a farsi largo un qualche spiraglio di lucidità, che gli permise di rispondere in modo quasi normale, forse se avessero avuto ciò che volevano lo avrebbero lasciato in pace?
    Eravamo nelle segrete per un gioco. Di colp abbiamo sentito delle voci e le abbiamo seguite. Ricordo un muro magico e dietro di esso solo terrore.
    Il solo pensiero di ciò che era successo lo sconvolgeva ancora ora e forse lo avrebbe fatto per sempre
    Qualcosa ci ha attaccati, ma in modo diverso. Qualcuno è stato ferito, menomato, cambiato. Altri hanno subito i danni peggiori. Ricordo una pioggia di sangue bollente, poi un muro voleva schiacciarci..
    I ricordi sembravano comunque confusi, quasi a volersi mischiare tra loro per creare disordine e nel disordine, ancora paura.
    Ed è li che vi ho visti per la prima volta, voi o le ombre che vi portate dietro, terribili ed affamate
    Scostò leggermente lo sguardo dal ministeriale, notando con la coda dell’occhio un movimento fuori dalla finestra, ma fu un attimo e poi tutto svanì.
    Che fosse quella specie di enorme orco di oscurità che aveva visto poche ore prima?
    Poi ricordo la porta. C’erano glifi e segni, mi ricordano qualcosa, lo hanno fatto da subito, ma non posso esservi davvero d’aiuto, poiché per quanto io mi sforzi, quei segni rimangono sbiaditi nella mia testa.
    Che fossero davvero li per aiutarli?
    Quel dubbio iniziò a farsi largo nella sua mente, spazzato però via da qualcosa che notò nelle profondità dello sguardo del medimago, come una piccola onda nera, un movimento impercettibile ma che lui aveva imparato a notare: il loro segno.
    Vuole dirci qualcosa?

    Si irrigidì di colpo, stringendo i pugni e serrando i denti, quasi a trattenere l’ira con se stesso per aver ceduto alle lusinghe di un aiuto inaspettato, voleva scoppiare e far esplodere tutta la sua rabbia verso quell’uomo, ma c’era qualcosa nella sua voce che sembrava convincerlo a desistere.
    Si limitò a scuotere la testa con fare arrendevole
    No. Abbiamo finito?

    Kyle Crane: Carisma 11 (9), Intuito 8 (6), Saggezza 11 (9)
    Piaga: il Pipistrello
    La tua percezione della realtà è completamente distorta, dandoti l'illusione piuttosto veritiera di trovarti circondato da mostri e nemici spaventosi che sai di non poter affrontare in alcun modo. In più ogni rumore o suono lo percepisci più forte del normale, rimbombante in piccoli echi nella tua testa. Ciò ti porta a stordimento e a perdere la ragione per qualche minuto, lasciandoti parecchio scosso per il resto della giornata.
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    1 Novembre 2031 - Caso numero 11



    Era notte fonda e l'Accademia brulicava come un formicaio. I soccorsi si erano precipitati al castello il più velocemente possibile e, per un momento, Andrew trasalì al constatare che erano accompagnati da quelli che si presentarono come funzionari ministeriali. Gli uffici di Londra non erano mai stati suoi alleati espliciti, da quando era Preside, e benché tentasse sempre di considerare l'istituzione più forte degli uomini, e il ruolo di questa assai più importante degli attriti contestuali, la parte meno razionale continuava a farsi trascinare da un fastidio impossibile da tacere, misto a sospetto. Il Ministero della Magia, almeno per lui, era un portatore di guai indesiderato.

    Caso numero 11.

    Era passata l'una e neppure l'adrenalina della corsa sotterranea riusciva a tenerlo ancora perfettamente sveglio. Sentiva un inspiegabile ottundimento schiacciargli la testa e opacizzare i suoi riflessi, mentali e fisici.

    Dice a me?

    Dovette concentrarsi per notare che il medimago stava fissando proprio lui e che intorno non aveva nessuno di vicino a cui quello avrebbe potuto rivolgersi.

    Come si sente adesso?

    Si voltò lentamente verso il primo dei tre che gli si erano seduti davanti, come a uno strano processo.

    Francamente stanco.
    Ma sto bene.


    Lapidario, il pensiero era tutto rivolto alle condizioni pietose in cui aveva rinvenuto i ragazzi, insieme ai suoi colleghi. Pensò a Mikal, con un po' d'apprensione, poi a Eloise Hunt, Amalia Harp e Johanna Cage, e l'apprensione si fece inquietudine. Era come se avesse improvvisamente scoperto ciò di cui era stato testimone, qualcosa a cui ancora non avrebbe saputo dare una spiegazione ma che era accaduta, era reale.

    Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?

    Credo ci fosse un incantesimo in una porzione di corridoio, ma per me e i miei colleghi è stata una corsa verso il fondo e una corsa verso la superficie.

    Si voltò verso il funzionario e parlò senza pensare: in fondo, tutto si era ridotto a due corse forsennate.

    Cosa ha provato, fisicamente e/o emotivamente?

    Le ho detto che sto bene.

    Abbiamo saputo da un tale... Webb, esservi una porta in fondo alle Segrete. Ricorda qualcosa di essa?

    Dopo un destra e sinistra frenetico, come fosse l'ultimo degli scolari sotto esame, Andrew si fermò a bocca semi aperta dinanzi all'ultima domanda del funzionario. Con un piccolo sforzo, come se ci fosse un gradino da scavalcare nella sua memoria, rivisse quei brevi istanti al cospetto di quella strana apertura triangolare. Il ricordo era sfumato, ancora troppo fresco per essere realmente elaborato, e in quello stesso momento in cui per la prima volta tornava ad accedervi, Andrew riscoprì l'insensatezza: perché non aveva mai visto prima quella zona del castello?
    Alzò lo sguardo sul funzionario: era certamente stanco, ma non era ancora diventato del tutto sciocco.

    Non so dirle nulla.
    C'erano degli studenti feriti, ho visto loro e con loro sono tornato indietro.
    Vogliate scusarmi, buon lavoro.


    Non gli resistettero, così girò sui tacchi e si allontanò, mentre chiamavano il caso numero 12 e, per un istante soltanto, incrociò lo sguardo di Mikal mentre la donna faceva il percorso inverso.
    Sarebbe stata una lunga notte, benché Andrew fosse stato il più fortunato tra tutti.
    O almeno ne era ancora convinto.
     
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    [1 Dicembre 2031 - Caso n° 19 - Frances Stitcher]



    Caso numero diciannove, adesso che è passato un po' di tempo, ha ricordato qualcosa di nuovo o di diverso rispetto a quanto ci ha raccontato l'ultima volta sulla sua esperienza nelle Segrete?

    Frances stropicciò piano le palpebre tra pollice e medio della mano destra, appena rinsavita dal sonno improvviso che l'aveva colta. Ormai s'era semplicemente abituata a non capire mai nulla, ad addormentarsi in un luogo e svegliarsi in un altro, ché cinque minuti sono un tempo insignificante per chi ha tempo da perdere, ed un tempo infinito quando si è invece costretti a contare ogni secondo. Era sollevata, se non altro, di constatare che nessuno l'aveva spostata o era comparso dal nulla nel mentre che lei dormiva.
    Sospirò piano, volgendo lo sguardo stanco al funzionario che aveva di fronte con un'espressione neutra e rassegnata, come se nulla avesse più importanza.

    E sì che dopo tutto quel che mi avete osservata come fossi una bestia dovreste aver imparato che se mi parlate a raffica da appena sveglia io non capisco quello che dite.

    Era frustrante, ma non più di quanto già non fosse la sua vita da un mese a quella parte. Puntò l'indice in orizzontale e lo fece ruotare sul suo asse, in un gesto che voleva invitare a ripetere quello che le era stato chiesto con muta eloquenza. Parlava con un tono di voce basso, sporcato dall'evidente stanchezza che si portava costantemente appresso, eppure le sue parole erano intrise di una nota così passivo-aggressiva da sembrare una bambina costretta ad ascoltare la più noiosa lezione. Dopo un mese di ricerche assolutamente inconcludenti, Frances ormai riteneva che quella conversazione sarebbe stata completamente inutile; era stanca di tutte quelle attenzioni, stanca di avere costantemente gli occhi puntati addosso, stanca di essere stanca.

    ...ha ricordato qualcosa di nuovo..?

    Il funzionario sembrava quasi in imbarazzo nel dover ripetere nuovamente una domanda che ai suoi occhi era molto semplice da comprendere. Frances non ci diede troppa attenzione, anche se in un altro contesto quel velato sarcasmo sarebbe stato motivo sufficiente a convincerla ad andarsene. Sospirò profondamente, ancora, come servisse a raccogliere tutto quello che sapeva in un unico pensiero: chissà che non l'avrebbero lasciata in pace, se lei avesse detto tutto. Non che ricordasse molto.

    Sono scesa nelle segrete con gli altri e non c'era nulla di strano. Poi c'è stato un grido fortissimo e io sono svenuta. Visto che sono svenuta solo io, immagino che questo maledetto sonno sia iniziato lì.

    Si prese la testa fra le mani, ché ricordare le costava uno sforzo immenso, come se la concentrazione si pagasse in costante emicrania, in quella sua nuova vita. Il funzionario segnava qualcosa sul suo blocco degli appunti, vegamente entusiasta di poter finalmente riempire qualcuna di quelle pagine rimaste bianche troppo a lungo.

    L'ultima volta ci ha detto soltanto che, cito, "c'era Cyrene". Qualcos'altro?

    Frances rimase per un attimo in silenzio fissando nel vuoto. Non ricordava affatto di avere detto nulla di simile, ché tornare agli ultimi istanti di quella notte le riportava alla mente soltanto il più profondo dolore fisico e psicologico che avesse mai provato nella sua breve vita.

    Caso numero diciannove..?

    Frances sollevò gli occhi sul funzionario; se uno sguardo avesse potuto ammazzare, quell'uomo sarebbe morto sul colpo in quell'istante.

    Provaci te, a rispondere a mille domande appena sveglio. Provaci.
    Comunque sì, certo, c'era anche lei.


    Non che fosse quella, la domanda a cui rispondere.

    Ricordo di aver sentito la voce di mia madre, ma di certo non era reale. Mia madre è morta.

    Forse il funzionario avrebbe potuto segnare anche quello nella sua cartella clinica, così da stilare una bella lista di traumi che non faceva che allungarsi a dismisura. E ancora non aveva compiuto sedici anni, Frances.

    Poi c'è stata tipo una pioggia acida, non so. Sembrava sangue ma bruciava. Era buio, comunque, non ricordo cosa fosse.

    Sospirò ancora, evidente,mente provata. La voce si stava riducendo ad un sussurro, come se risparmiare sul tono le avrebbe concesso di stare sveglia più a lungo. Ma lo sapeva, il sonno sarebbe tornato presto, ché rispettava una cadenza pressoché fissa, qualunque cosa facesse nel mezzo. Frances volse gli occhi all'orologio da polso che aveva cominciato ad indossare da quando era uscita dall'infermeria: era solo questione di tempo.

    Ricorda qualc-
    No allora. Lasciami finire, non ho più tempo. Quando mi sveglierò di nuovo, non ci sarai più.

    Così aveva deciso, come se fosse in suo potere. Non aveva alcuna intenzione di sprecare un altro intervallo di veglia per compiacere uno di quei maledetti parassiti del Ministero. Sarebbe andata all-in nella speranza di non dover mai più scavare nuovamente così a fondo in quei ricordi.

    Siamo arrivati davanti a questa porta, c'aveva dei simboli. Ghiaccio...Tempesta...Fuoco. Mi pare.

    Disegnò un triangolo nell'aria con l'indice, fermandosi sul vertice corrispondente al simbolo della casa che stava pronunciando nel momento in cui lo pronunciava.

    C'erano dei numeri e delle scritte tipo in latino, ma non mi ricordo. Ma c'era Saturno, lì.

    Puntò il dito nell'aria, in alto a destra sulla porta fittizia che solo lei stava vedendo di fronte a sé. Aveva a lungo pensato, in quel mese, a quella fatidica notte, cercando di ricordare quanti più dettagli fosse in grado; eppure non era riuscita ad estrapolare dalle sue memorie nulla più del simbolo di quel pianeta, sinonimo di male e di oscurità per chiunque avesse letto il manuale di Astronomia almeno una volta. Non che ci fosse da stupirsi.

    ...e una grande V nel centro.

    Puntò il dito di fronte a sé, al centro del triangolo immaginario che aveva disegnato nell'aria nel nominare i simboli delle case di Amestris.
    Sospirò ancora, poi, come fosse rassegnata, ché sentiva quel sonno innaturale incadere nuovamente sulla sua labile coscienza e sapeva che molto presto sarebbe svenuta amcora.

    Poi Cyrene mi ha aggredita. Non ricordo nient'altro, questo è letteralmente tutto quello che so. Ora ho sonno.

    Era un modo decisamente poco cortese per liquidare quell'uomo, ma a Frances non importava affatto. Tante cose avevano perso di significato nel corso del mese precedente: la formalità e la gentilezza erano solo due esempi qualsiasi.

    CITAZIONE
    Piaga: il Ghiro
    Neanche le normali ore di sonno notturne ti aiutano a rinsavire da una stanchezza incontrollabile, una spossatezza che durante il giorno ti rende poco reattiva fino a sfociare in placide dormite senza ritegno ovunque capiti, a prescindere dal luogo e dal momento in cui ti trovi. Sogni di qualsiasi genere, anche a occhi aperti, sono i benvenuti in questi momenti in cui ti appisoli. Disclaimer: effetti collaterali quali rivolo di bava e lieve russare potrebbero essere inclusi.
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    15 Novembre - Caso numero 17: Bellamy Murray



    In tutti quegli anni, Bellamy non era mai arrivato a pensare che stare ad Amestris potesse trasformarsi in un incubo. Era sempre stata la sua casa, il suo rifugio, il posto dove si sentiva più al sicuro al mondo. Invece da quella notte maledetta tutto era cambiato.
    La cosa che voleva più di tutte era stare solo, solo con i suoi pensieri, e se già prima di quegli eventi era difficile riuscirci, ormai era diventato praticamente impossibile. L'Accademia era stata invasa da figure professionali di ogni tipo, medimaghi, funzionari del Ministero e studiosi di ogni genere che in qualsiasi momento del giorno li prendevano da parte per fare domande, studiarli, in più gli arrivavano decine di gufi con domande, alle quali non rispondeva perchè non era capace a scrivere con la mano destra e quindi si arrendeva in partenza alla cosa. Essere popolare era sempre stato uno dei suoi più grandi desideri da realizzare all'interno dell'Accademia prima di lasciarla...ma non avrebbe mai voluto che succedesse così.
    E se c'era una cosa che odiava e che aveva sempre odiato, era stare fermo ed immobile senza poter fare nulla, senza potersi sfogare in qualche modo. Perciò non c'era cosa peggiore, per lui, del dover stare rinchiuso in una stanza senza praticamente nulla, senza nessuno, con la consapevolezza di essere osservato da fuori ma senza aver idea del come, di dove fossero quei medimaghi che lo stavano guardando. Perchè dovevano per forza essere nascosti da qualche parte, nessuno prendeva un ragazzino traumatizzato e lo chiudeva in una stanza per due ore senza uno scopo.
    Il primo quarto d'ora l'aveva passato seduto su una sedia, a rispondere pazientemente alle domande che gli venivano fatte, nonostante il nervosismo che sentiva a fior di pelle, nonostante la voglia che aveva di alzarsi da quella dannata sedia e andarsene via da lì.

    Caso numero diciassette, ci dica cosa sente.

    Non sento niente, è questo il punto. La mano sinistra, non la sento.
    Non funziona, ed io ci faccio tutto con questa. Non so fare un cazzo con la mano destra, non riesco nemmeno ad usare la bacchetta. Come vi sentireste voi se non foste più in grado all'improvviso di fare quello che fate da sempre, eh?


    Dobbiamo analizzare il suo problema, caso numero diciassette, mantenga la calma.

    E Bellamy allora cercava di mantenere la calma, perchè sapeva che da solo non avrebbe potuto fare nulla per risolvere il suo problema. Non era in grado di capire quale ne fosse la natura. Gli unici che potevano aiutarlo erano quelle persone che si trovavano al di fuori di quella stanza, e lui doveva essere collaborativo se voleva riavere indietro la sua mano.
    Eppure il Caposcuola non era un tipo paziente. La pazienza non era affatto una sua qualità in condizioni normali, figuriamoci in quelle condizioni. Sentiva la testa esplodergli a causa delle domande insistenti dei medimaghi, si sentiva chiuso in gabbia, senza la possibilità di scappare.
    Più passava il tempo, più aveva l'impressione di essere sul punto di esplodere.
    Le lancette compirono un altro quarto di giro del quadrante, e poi un altro ancora, finchè non fu passata un'ora, ed il ragazzino irlandese iniziava ad essere veramente stanco.

    Caso numero diciassette, qual è il suo problema? Può parlarcene di nuovo?

    Ancora.
    Ve l'ho detto già CINQUE Merlino di volte. La mia mano sinistra NON FUNZIONA. Lo capite? Vedete che non riesco a muoverla?
    Volete una dimostrazione ancora più pratica?
    Ve lo faccio vedere io qual è il mio problema.


    Scattò in piedi dalla sedia sulla quale era stato seduto per un'ora intera e raggiunse il tavolo all'interno della stanza, dove c'erano fogli di pergamena ed inchiostro. Li guardava con uno sguardo colmo di frustrazione, di nervosismo. Era arrabbiato, non sapeva con chi di preciso ma era arrabbiato. Esausto e stanco di tutta quella situazione.

    Guardate bene, se io provo a fare così...

    Avvicinò il polso sinistro alla boccetta di inchiostro, ma la mano non rispondeva ai suoi comandi. Cercò di afferrare la stessa, ma fu inutile. Le dita non si chiudevano, sbattevano contro l'oggetto spostandolo appena, senza fare presa. E non riusciva nemmeno a sentirla al tatto. Era come se non avesse nulla attaccato al polso, e nel vedere quella scena sentiva di nuovo il pizzicore delle lacrime infastidirlo.

    ...non succede niente. Mentre se faccio così...

    Senza nemmeno pensarci, prese la boccetta con la mano destra e la strinse, poi si girò di scatto e senza alcun tipo di preavviso la lanciò con tutta la forza che aveva contro la parete della stanza più lontana. Le sue già scarse capacità di ragionare in momenti del genere l'avevano totalmente abbandonato, così come la lucidità, ma nella rabbia e nella foga del momento almeno diceva quello che gli passava effettivamente nella testa.

    ...VEDETE CHE SUCCEDE? EH? LO VEDETE CHE QUESTA FUNZIONA?
    Volete vederlo ancora?


    Forse stava impazzendo, perchè non riusciva nemmeno più a controllare il proprio tono di voce. L'attimo prima urlava contro i poveri medimaghi e l'attimo dopo invece tornava a parlare normalmente.
    Non era ancora finita lì però, non si era ancora sfogato abbastanza. Come se non fosse bastato, con la mano destra prese i fogli di pergamena e cercò di appallottolarli uno ad uno, non curante di ciò che potesse esserci scritto, iniziando a tirarli così in giro per la stanza, poi andò verso il letto e con la mano destra afferrò il cuscino e lanciò verso una parete anche quello. E poi non aveva più niente da lanciare. Avrebbe potuto farlo con le sedie, ma non ne aveva nemmeno la forza nè la voglia.

    Fatemi uscire da qui dentro, non c'è niente da guardare, CAPITO?
    NON SONO UN ANIMALE!


    Anche se da come si era appena comportato, qualche dubbio avrebbe potuto farlo sorgere.
    Ma ormai si era stancato persino di comportarsi così.
    Aveva detto loro tutto quello che poteva, altro non sapeva dirgli. La sua mano sinistra non funzionava. Era tutto quello che sapeva, perchè dovevano ancora tenerlo rinchiuso in quella stanza? Cosa avrebbe dovuto mostrare ancora?
    Non ne aveva idea, e nessuno sembrava averlo ascoltato. Non sapeva quanto tempo gli restava ancora da passare come un pesce rosso nella sua boccia, e non sapeva nemmeno più cosa fare e cosa dire. Perciò, passato il momento di estrema rabbia, si arrese di nuovo alla situazione ed andò verso il letto ormai senza cuscino, per sdraiarsi sul materasso e guardare il soffitto finchè non l'avrebbero tirato fuori di lì.

    Caso numero diciassette, dobbiamo così non è d'aiuto. Potrebbe gentilmente mostrarci meglio la sua mano?

    Il Caposcuola sbuffò ancora. Cosa volevano ancora da lui? Non aveva nemmeno voglia di parlare, nè di alzarsi da quel letto. Però poteva comunque fare quello che gli avevano chiesto. Ancora sdraiato, alzò entrambe le braccia verso l'alto, nemmeno avesse intenzione di alzarsi e fare il sonnambulo o lo zombie. Semplicemente, se la mano sinistra rimase immobile, come se non fosse proprio attaccata al polso, la mano destra si chiuse prima in un pugno, dal quale poi alzò il dito medio, tenendolo in alto per un po' di tempo così che i medimaghi potessero vedere meglio la sua mano, così come gli avevano richiesto. Ecco, in quella posizione sarebbe potuto rimanere altre due ore.
    Non avrebbe più detto né fatto altro, troppo stufo di tutta quella storia che non sembrava avere fine.


    Carisma: 6/6

    Bellamy Octavian Murray : Capacità Magiche 37 (25), Carisma 39 (20), Manualità 24 (17)
    Piaga: il Serpente
    La tua mano dominante non è più utilizzabile, come se non rispondesse più o fosse profondamente addormentata, il che limita pesantemente lo svolgimento della maggior parte delle azioni quotidiane. Impugnare una bacchetta, interagire con piante, fabbricare pozioni, persino scrivere: la tua manualità è compromessa e a meno che non impari a utilizzare l'altra serve trovare alternative valide.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.


    Edited by Bellamy Octavian Murray - 17/12/2020, 20:20
     
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    15 novembre - Caso numero 4: Máiréad Callaghan

    Máiréad guardava smarrita la stanza asettica entro cui era stata chiusa. Troppo bianco, troppo innaturale per essere un ambiente familiare e soprattutto sicuro. Avrebbe preferito vedere anche dipinti degli alberi o l'azzurro del cielo sgombro di nuvole, con i suoni degli uccelli o le foglie fruscianti smosse dal vento, qualsiasi cosa che rendesse vero il paesaggio. Così dava l'idea di artificiale senza nemmeno volerlo nascondere, senza che avessero intenzione di trattarla come un essere vivente. Beh, se effettivamente continuavano a chiamarla Caso 4...

    Voglio andare via.

    Pensò tristemente. Non riusciva più a sopportare tutta quella attenzione. Tutte le volte che la chiamavano per recarsi al San Mungo doveva solo camminare avanti e indietro, più facile a dirsi che a farsi. Aveva percorso innumerevoli volte la larghezza di quella stanza tanto da imparare a memoria la posizione di ogni mobile presente, il che rappresentava un grosso indizio su quante volte fosse stata rinchiusa lì. Odiava che dietro allo specchio ci fossero altri sconosciuti a fissarla, come se fosse un animale in gabbia negli zoo. Quasi inconsciamente cercava di non guardare a sua volta quel punto e fingere che fossero solo voci, coprendosi tuttavia il corpo con le braccia timorose. Lei non li vedeva ma loro vedevano lei, aumentando così il senso di soggezione che provava anche solo nel rimanere seduta sul letto. A sguardo basso si sentì umiliata quando per l'ennesima volta le chiesero - col solito appellativo numerale piuttosto che il suo nome - di camminare per osservare meglio la gamba malandata. Máiréad si alzò a fatica ed eseguì, di nuovo. Si erano resi conto nelle varie sedute che le gambe si bloccavano a giorni alterni, dunque era logico che avrebbero intuito come fosse la sinistra quel giorno a essere ferma essendo dispari. Eppure Máiréad non capiva a cosa servisse domandare e rivedere la stessa cosa più volte nel corso di un'ora e durante altri giorni. Quando si osservava un animale mica gli si chiedeva di ripetere il movimenti adottato per mangiare o il modo in cui si era grattato dietro l'orecchio: si osservava in maniera naturale e basta, senza pretese o ordini. Lì aveva più l'impressione di essere trattata come le povere cavie utilizzate per effettuare strani esperimenti, chiuse e imbambolate. E a lei non piaceva. No, per niente. Voleva solo tornare indietro e immaginare che fosse tutto un incubo da cui risvegliarsi.
    Scosse la testa, cercando di ribellarsi alla forza che ormai aveva capito fosse dovuta alla sua visita nelle segrete. Quella stessa forza che aveva reso ogni persona pericolosa, che le faceva temere persino la sua stessa ombra, ma che ancora non trovava il coraggio di combattere. La gamba buona cedette dopo quello sforzo e Máiréad si ritrovò a terra, dolorante e piena di voci martellanti nella testa che non si curavano di come stesse. Continuare gli esperimenti, tutto qui.

    Posso andare via adesso, mas é do thoil é? [per favore?]

    Provò a chiedere a fatica e con voce supplichevole la Callaghan, rialzandosi lentamente con la poca forza che possedeva nelle braccia. Alla fine avevano visto abbastanza delle sue difficoltà, anche nei giorni precedenti, non serviva trattarla così ancora a lungo. Ma quello era solo il pensiero di una giovane quindicenne impaurita e impreparata al fatto che il proprio mondo stesse cambiando da un giorno all'altro arrivando a dubitare perfino della propria sanità mentale. L'avrebbero rinchiusa per essere diventata pazza? Avrebbe mai rivisto i suoi genitori? Domande che mai si sarebbe posta in passato e che in quello specifico momento stenta a a darsi una risposta definitiva.
    Tornare da Kiwi, Aibell e Pimpi. Solo quello era definitivo, insieme all'appoggio di Lilith.
    Post Intuito: 6/6 (finito)
    Post Carisma: 6/7
    PA modificati:
    -Agilità 3
    -Prontezza 3

    Piaga: la Tartaruga
    A giorni alterni una delle tue gambe smette di funzionare: nei giorni pari la gamba destra, nei dispari la sinistra. Tutte le volte che cammini, corri o durante qualunque altra azione che costringa a muoverti occorre il doppio del tempo necessario, nonché maggiori dolori dovuti allo sforzo muscolare di una sola gamba. Inizia a saltellare, perché è la tua unica chance!
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    15 Novembre - Caso numero 7



    Immobile, seduto sul letto, il ragazzino fissava impassibile il muro che gli stava di fronte.
    Non era la prima volta che veniva chiamato e posto in quella stanza, né sarebbe probabilmente stata l'ultima a giudicare di quanto lentamente stavano procedendo gli studi degli "esperti" riguardo il suo caso; la completa sfiducia nelle capacità delle persone che lo circondavano, tuttavia, stavolta non era da imputarsi unicamente a quello strano effetto collaterale della maledizione che lo aveva colpito, se così la si poteva chiamare. No, lui era certo di essere circondato da idioti.
    Sospirò.

    Caso numero sette, come si sente adesso?
    Insultato dalla vostra mancanza di competenza in materia.

    Fece passare qualche secondo di vuoto, prima di procedere a tono pacato.

    E' la terza volta che vi concedo un colloquio, ed è la terza volta che esordite con domande inconcludenti. Ormai conoscete quali sono i miei sintomi, se così si possono chiamare, e se sperate che continuare a farmeli ripetere possa curarli per miracolo, beh...

    Nuova pausa.

    Caso numero sette...
    Sono fisicamente stabile, non ho dolore alcuno, mentre emotivamente parlando potrei farvi un resoconto completo per ognuna delle singole sfaccettature in cui è, per ora, suddivisa la mia psiche, ma dubito che riuscireste a cavare un ragno dal buco. Suppongo di poter saltare stavolta le risposte sul "quanto dura ciò che provo" o "quanto spesso si ripete" visto che avrete già avuto modo di osservarmi con più precisione di quanto avreste dovuto nelle settimane scorse.
    Caso...
    Se avessi avuto qualche informazione più rilevante, o più utile per risolvere la mia condizione, non credete che ve l'avrei già fornita?

    Accenno di risata.

    Mi rendo conto di essere visto come un biglietto di sola andata per la gloria dai più svegli di voi, ma se neppure provate ad agire in qualche modo, a provare un incantesimo, o una cura, devo supporre che il tutto voglia solo denotare la vostra completa mancanza di una qualsiasi idea all'approccio da poter usare per guarirmi, sempre che di un malanno questo si tratti. Dunque, correggetemi se sbaglio, non avendo la più pallida idea di cosa fare, continuate a ripetere la stessa identica routine con ognuno di noi, sperando di poter passare in sordina come assistenti, che avranno compilato le informazioni di base all'uomo che riuscirà a trovare la magica cura ai nostri problemi.
    Davvero volete strisciare come vermi all'ombra della gloria di costui, piuttosto che provare ad innalzarvi?


    Ultimo, lungo, silenzio.

    Mhpf. Continuate a strisciare allora.
    A breve mi risuccederà. Potrei lasciarvi il brivido della scommessa, sperando che capitasse il turno del più infame che ho a disposizione per distruggere tutto quello che è contenuto in questo cubicolo rivoltante, ma preferisco riposare piuttosto che darvi modo di trovare scuse alla vostra incompetenza. Mi metto a dormire.


    Dunque, si girò compostamente, distendendosi sul materasso.

    Se non lo aveste capito, sì, mentre dormo non mi succede. Me ne rendo conto, per voi è una straordinaria scoperta.

    Il mondo magico, agli occhi di quel Lorenzo, non era altro che un enorme farsa magistralmente diretta dal Ministro. I maghi, proprio come i comuni Babbani, erano spesso stupidi, irresponsabili, incompetenti e fuori luogo rispetto alla posizione che ricoprivano, a cominciare dalla professoressa di Difesa, che non era stata in grado di proteggere neppure sé stessa, dal loro magnifico preside, che aveva permesso la permanenza per chissà quanto di un incanto tanto pericoloso al di sotto della sua stessa scuola, e dal personale medico che lo stava assistendo nella sua interezza. Doveva essere lui stesso a fare qualcosa, o non avrebbe risolto proprio nulla.

    Dovrò dare retta a quello svitato...

    Ennesimo sospiro, prima di girarsi di lato, cercando di prendere sonno per il tempo restante.

    Suppongo esauriti post intuito e carisma.

    Lorenzo Fontana: Carisma 13 (3), Intuito 9 (7)
    Piaga: il Gatto
    Lorenzo ora è solo una delle tante identità che possiedi, momentaneamente quella dominante. Soffri di un disturbo multiplo della personalità cambiando allineamento (a caso, purché ci sia varietà) da un momento all'altro, senza preavviso seppur per pochi minuti. Quanti nuovi "io" sono dentro di te? Chissà, sta a te scoprire i loro nomi, ma occhio alle future crisi d'identità e soprattutto non permettere che una di loro prenda il controllo su di te.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa. (1/5) (In questa ci sarà uno switch)
    Personalità attuale: Lorex Luthor (NM).
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    1 Dicembre - Caso numero 7: Lorenzo Fontana



    E' già un mese? Nono, nonono, mi serve più tempo!

    Purtroppo si era imposto sugli altri troppo tardi, e quelle due settimane non erano bastate neppure a fargli formulare un accenno di diagnosi date le informazioni sommarie che aveva raccolto su quello che ricordava e su ciò che lo aveva afflitto; non poter terminare la propria ricerca, e, anzi, dover passare il contenuto dei propri studi a qualcun altro, era forse il disonore più alto che avrebbe potuto provare un uomo di scienza.

    Non potremmo rimandare? Altri sette giorni, e potrei avere qualche risultato in più, eh?

    Bluffava. Tutto ciò che aveva provato si era rivelato inutile e inconcludente ai fini dello studio condotto sulla sua persona, ed anche la sua ricerca di dati che potessero rivelarsi sensibili era arrivata ad un punto morto. Tuttavia, forse rispondere alle domande di quegli uomini gli avrebbe dato del tempo in più...
    Iniziò a scorrere rapidamente le pagine dell'agendina, per partire dai primi appunti da lui presi: ampie mappe concettuali disordinate, con qualche parola in rilievo come "treno", "attacco" e "sotterranei".

    Credo, anzi, so che il tutto era qualcosa di pianificato. Già da quando siamo arrivati a scuola quest'anno qualcuno dei poppanti diceva di aver subito un attacco da qualcosa, e anche se non tutti gli avevano dato credito io lo sapevo che c'era qualcosa che non andava. Sì, sìsìsì, qualcosa di veramente sbagliato e strano, come il fatto che questa festa nei sotterranei fosse stata organizzata per sentito dire.

    Con gli occhi spiritati che andavano da un volto all'altro dei due ministeriali, voltò pagina, mostrando loro il contenuto dei successivi fogli, quasi si aspettasse che potessero comprendere con un solo sguardo quale fosse il loro contenuto; era vero, non poter terminare da sé il proprio studio era degradante, ma il pensiero che potesse non vedere mai realmente la luce era anche peggiore. Loro potevano aiutarlo, nonostante non fossero altro che una massa di idioti in cravatta, avevano solo bisogno che fosse qualcuno di competente, qualcuno come lui a guidarli.

    C'era un muro. Una voce spezzata che ci intimava di avvicinarci, poi un urlo, ma sta roba la sapete di sicuro, quindi passo direttamente alle mie ipotesi. Escluderei che fosse il grido in sé la causa della nostra metamorfosi, in quanto non c'erano insegnanti ad udirlo in quel momento, eppure delle piaghe sono state registrate in tutti loro a quanto ho constatato. Andando avanti abbiamo attraversato le palesi conseguenze di alcuni incantesimi oscuri, fatture impresse nell'aria o maledizioni strampalate, scopritelo voi, che prima ci hanno investito con delle illusioni, poi fatto piovere sangue acido addosso.

    C'era qualche nota a margine sul chiedere alla Cage a proposito di incantesimi del genere, ma neppure lei era sembrata molto acuta recentemente.

    L'ultimo effetto ci ha aizzati gli uni contro gli altri, ed è decisamente a più lungo termine, considerando che tutt'ora sento, seppur meno intensamente, un istinto che mi sprona a classificarvi come inutile gentaglia incompetente che non vuole fare altro che trovare nuovi modi per rubare i miei dati e infilarmelo nel didietro. O forse è solo istinto, chissà...

    Sguardo inquisitorio sugli interlocutori, ritraendo leggermente il proprio diario, prima di grattarsi il mento, fare spallucce, e tornare a girare rapidamente le pagine. Quella era una personalità decisamente lunatica.

    E poi c'era una porta. Grossa, coi simboli delle tre casate, una V al centro ed altri strampalati scarabocchi intorno, o meglio, quelli che a prima vista sembravano tali!

    Trionfante, mostrò ancora il contenuto delle pagine ai due addetti.

    Ho fatto qualche ricerca per alcuni simboli, mentre altri mi sembravano dalla palese interpretazione, e sono arrivato ad una conclusione sconcertante, che voi vi sognereste anche solo di poter scrutare da lontano! C'erano rune e movimenti usati per incantesimi su quel portale. Questo, per fare un Engorgio, in basso a sinistra e questa verso il centro, ma sempre in basso, è la runa Raido capovolta. O almeno, questi mi ricordo io, ma credo fossero i più importanti, o non li avrei memorizzati, no?

    Indicò i simboli col dito più e più volte, mentre poneva enfasi sulle sue rispettive, brillanti intuizioni passate.

    Poi ho notato un'altra cosa strana su come era fatto il corridoio illuminato in cui siamo passati. Sì, c'era anche una cosa del genere, tra il buio con le illusioni e la pioggia di sangue, ma pareva una sorta di labirinto senza uscita, che ci riportò tutti allo stesso punto alla fine della fiera. Ecco, non credo che quel posto fosse in Accademia.

    Aveva volontariamente provato a dire tutto e niente con quella frase, per provocare un minimo di curiosità negli ascoltatori.

    Sono sicuro che chiunque abbia costruito la baracca, si sia fatto un bel giro per assicurarsi di poter tenere tutto sotto controllo, quando necessario, usando una delle più grandi risorse che la scuola può offrire: i quadri. Lì sotto non c'era un singolo quadro. Anche se fosse stato una specie di sotto-piano segreto, in cui voler nascondere i propri scheletri nell'armadio, non pensate che ci sarebbe stato bisogno di mettere un guardiano con cui poter interagire di tanto in tanto? Che senso ha costruire un posto che non si può controllare?

    Erano solo congetture le sue, e lo sapeva benissimo, ma da quando era riuscito a formare quella specie di patto di non belligeranza tra personalità, con la promessa di trovare un modo per lasciare che, alla fine, fosse solo una di loro a prevalere, aveva impiegato ogni istante a sua disposizione nel riflettere sulla sua condizione, perfino quando doveva restare in panchina a guardare qualcun altro scialacquare il suo tempo.

    Tenetevi questo, ci sono dentro tutte le informazioni che sono riuscito a raccogliere, con i simboli, le mie personali teorie e tutto il resto. Troverete più avanti anche un registro contenente la firma di tutti noi, con l'intervallo di tempo in passaggio tra un cambio e l'altro, che di solito si aggira intorno ai venticinque minuti. Come ho scritto anche alla fine, né il dolore, né il piacere, né qualsiasi altro tipo di input sensoriale sembra essere legato al cambio.

    Una delle personalità del rossiccio, sperò sinceramente che i due non si ponessero la questione del "come" lo pseudo-dottore aveva avuto modo di raccogliere quei dati, soprattutto per quelli riguardanti un eventuale ritardo o anticipo dovuto allo sviluppo di una sensazione di piacere; dunque, l'italiano terminò il discorso prendendo aria ad ampi respiri affannati, che tanto rapidamente aveva parlato, e con tanta foga, da aver saltato qualche fase di ispirazione.
    Ci fu un momento di silenzio, in cui i due ministeriali si scambiarono un'occhiata rapida e dubbiosa, davanti al volto esaltato e trionfante del ragazzino.

    Beh... grazie per le risposte, caso numero sette, ma la prossima volta vorremmo prima poter porre le nostre domande.
    Cosa?! E' una perdita di tempo inutile! E poi vi ho detto tutto quello che vi serve sapere. Ora andate, muovetevi, e ricordate di citarmi nelle fonti della ricerca, o giuro che ve la farò pagare molto, molto cara.
    Ma, caso numero sette...
    Non ho nient'altro da dire.

    Suppongo esauriti post intuito e carisma.
    Da ora utilizzo un generatore randomico di numeri per scegliere la personalità :3

    Lorenzo Fontana: Carisma 13 (3), Intuito 9 (7)
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    Lorenzo ora è solo una delle tante identità che possiedi, momentaneamente quella dominante. Soffri di un disturbo multiplo della personalità cambiando allineamento (a caso, purché ci sia varietà) da un momento all'altro, senza preavviso seppur per pochi minuti. Quanti nuovi "io" sono dentro di te? Chissà, sta a te scoprire i loro nomi, ma occhio alle future crisi d'identità e soprattutto non permettere che una di loro prenda il controllo su di te.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa. (1/5) (In questa ci sarà uno switch)
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    La cura a ogni male...



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    [Fine settimana di Novembre 2031, fra le Nove e le Undici di mattina]



    Stava fissando la scrivania da un tempo che le pareva eterno. Probabilmente erano passati solo cinque minuti, ma dopo un anno intero passato in isolamento l'idea di doversi rinchiudere in quella stanza ogni settimana per un'ora intera la faceva sentire in trappola. Sapeva che i medimaghi facevano del loro meglio, non lo aveva mai messo in dubbio, ma il punto era un altro: non le permettevano di aiutare.
    A un certo punto si alzò e si mise a sedere alla scrivania, giocherellando con la piuma. Non li vedeva mai, quando la facevano entrare in quella stanza, ma lei sapeva che la stavano guardando, perché potevano parlarle, rivolgerle delle domande e rispondere alle sue. In genere era lei che preferiva porre delle domande, anche se sapeva che molto probabilmente non le avrebbero risposto. Da quella dannata notte era diventato tutto più difficile: svolgere il suo lavoro, essere presa seriamente dagli studenti e, purtroppo, dagli altri adulti. Ovvio, chi poteva credere che una quindicenne fosse in grado di praticare l'arte della Guarigione al livello a cui la praticava lei? Si erano sicuramente chiesti se non fosse fosse solo il suo corpo ad aver subito una regressione... e se lo avesse fatto anche in campo lavorativo? Se fosse tornata ad essere una vera e propria adolescente? Non era così! Non era una ragazzina, lo sembrava e basta, ma farlo capire era più difficile del previsto. Si sentiva costantemente in trappola, quella stanza bianca e asettica non faceva altro che esternare ciò che provava dentro di sé. Era come se la vera Eloise fosse intrappolata nel corpo da quindicenne che aveva visto svilupparsi e crescere e gli altri non facevano altro che guardarla dall'esterno, ma senza capire cosa le stesse succedendo. In realtà non le interessava nemmeno poi tanto.

    Siete riusciti a capire come provare ad agire sui ragazzi?

    Chiese al vuoto, cercando di evitare con lo sguardo lo specchio. Non amava osservare ciò che vi era riflesso: se stessa. Nella sua stanza e persino in infermeria aveva coperto ogni specchio, così da non restare a fissare allibita il suo passato che le ricambiava lo stesso sguardo allibito. L'immagine non faceva altro che ricordarle ciò che non era più, ma che tutti credevano che fosse.

    Caso numero 9, le abbiamo già detto che non possiamo rivelarle nulla di quel che riguarda gli altri pazienti.

    La solita risposta. Non era la prima volta che tentava di strappare delle informazioni, ma trovava sempre un muro. Nulla, non avevano intenzione di parlale di cosa stessero scoprendo al San Mungo, di cosa stessero ipotizzando od osservando.

    Potreste chiedere a me, però. Io li vedo tutti i giorni, li ho curati negli anni e li ho visti ogni giorno da quando sono usciti dalle Segrete.

    Ribatté seccamente, mentre cercava di capire da dove arrivasse la voce che le rispondeva. Così facendo lo sguardo cadde lì dove l'occhio tendeva a posarsi e da dove lei cercava di fuggire: lo specchio. Come al solito si osservò quale secondo, gli occhi leggermente sgranati e ancora increduli. Si sarebbe mai abituata a quella visione? Sicuramente si era già vista con quelle fattezze, ma erano passati parecchi anni e in quel tempo il suo riflesso rispecchiava il suo essere. Non era più così. Con un gesto stizzito si alzò, prese la coperta che c'era sul letto e cercò di coprire lo specchio. Non era così facile. Si guardò attorno per capire se ci fosse un modo per bloccare la coperta, ma venne interrotta.

    Caso numero 9, perché vuole coprire lo specchio?

    Siccome non riusciva a coprirlo e siccome non aveva intenzione di restare il resto dell'ora a reggere la coperta, l'appallottolò e la ripose sul letto, girando le spalle a quel dannato specchio.

    Non amo osservarmi. Comunque stavo dicendo: perché non mi...

    Caso numero 9, perché non ama specchiarsi? Sente dolore fisico quando lo fa? Ha sentito dei cambiamenti durante queste settimane?

    Eloise chiuse gli occhi e fece un bel respiro. Niente, non la ascoltavano. La sua voce probabilmente entrava da un orecchio di quel medimago e usciva dall'altro senza nemmeno essere calcolato. Lei lì non era una Guaritrice, ma solamente una paziente. Peccato che lei avesse conoscenze che avrebbero potuto essere sfruttate da quelle stesse persone che la stavano osservando. Non aveva idea di che ipotesi avessero già formulato, ma avrebbero potuto porle delle domande sui ragazzi o sugli altri insegnanti, così da sfruttare quelle conoscenze, anche senza che lei fosse consapevole dei motivi. Invece niente.

    No, non provo dolore fisico, semplicemente ciò che vedo non è ciò che sono.

    Caso numero 9, si sente diversa rispetto alla notte del 31 ottobre? Prima che scendesse nei Sotterranei?

    Eloise aggrottò la fronte e tornò a sedersi alla scrivania, voltando la sedia in modo tale da non riuscire a guardare il proprio riflesso.

    Certo. Fisicamente sembro la mia versione più giovane... in realtà questo non ha modificato chi sono. Non ho scordato nulla di ciò che ho vissuto in questi anni e sono ancora una Guaritrice che potrebbe esservi d'aiuto se solo...

    Caso numero 9, non possiamo dirle nulla degli altri pazienti. Gliel'ho già detto.

    Quella frase zittì Eloise, che prese una piuma e iniziò a scarabocchiare sulla pergamena, senza più dire una parola. Il tempo in quel luogo pareva scorrere al rallentatore, ma era consapevole di essere solo lei a percepire quel rallentamento. In realtà si sentiva solo inutile e impotente. Non stava aiutando nessuno restando seduta lì e nessuno stava aiutando i suoi ragazzi, per quanto ne sapesse lei. Era certa che al San Mungo si stessero facendo in mille per trovare delle soluzione, ma non sapere rendeva tutto più difficile e la rendeva più diffidente, più scettica, anche se la ragione le diceva che fosse logico, almeno in parte, l'atteggiamento dei medimaghi. Non poteva farci nulla. Era in trappola.
     
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    [1 Novembre - Caso Numero 6]



    Come si sente adesso?
    Chi?

    Di rado le davano del "lei". In ogni caso non era in condizioni di sufficiente lucidità.
    Sertoria stava appollaiata in cima a uno sgabello. L'avevano portata in una stanza al piano di sopra, via dalle segrete. Una stanza piccolina, perché a quelli come lei piacevano gli spazi stretti, misurabili. La gabbia era preferibile all'ignoto, per Sertoria.
    Stava su con le ginocchia, la fronte sepolta tra di esse, dondolandosi avanti e indietro. Non guardava il Nemico, non guardava nessuno. Le pietre della parete, ecco le uniche amiche che possedesse.

    Cosa ha provato, fisicamente, emotivamente? Soggetto sei, parlo con lei.
    Ha fatto la rima.
    Sono un soggetto anch'io, ma non può esserci un soggetto sei. Dove sono gli altri cinque?
    Signorina...
    Voglio essere uno.
    C'è già un uno.

    Sertoria sollevò il capo, sperando di vedere il fantomatico individuo, seguito dai quattro successivi. Tutto ciò che poté constatare erano due maghi azzimati, sicuramente cattivi, con fazzoletti impregnati di canfora premuti sul naso. Li capiva, quanto li capiva. Aveva ancora l'acre sapore del vomito giù per la gola, ma si era giocoforza abituata a se stessa.
    Non era forse quella la sua vita, un perenne tentativo di adattarsi alle sue stesse anomalie?
    Il mago col camice ci provò ancora:

    Cos'ha provato fisicamente?
    Vomito.
    Ed emotivamente?
    Schifo. Voglio stare sola.

    Si bagnò le labbra.

    Mi brucia la faccia. Era tutto rosso. Il rosso non mi piace.
    Cosa è successo nelle segrete, da quando vi siete entrati a quando ne siete usciti?
    Corrono tutti. Corro anch'io perché voglio stare con Luke. Ma Luke mi ha ingannata. Tutti quanti. Pater diceva che lui mi voleva bene. Solo lui è buono. Sono tutti cattivi.

    L'altro uomo aveva qualcosa di rosso. Una cravatta forse, o dei guanti. Preferiva non guardarlo, Sertoria. Non guardava nessuno. Le ginocchia abbracciate, avanti e indietro, avanti e indietro.

    Ricorda in che momento ha cominciato a sentirsi in questo modo?
    Ore undici punto cinque. Credo.
    Ricorda di avere fatto qualcosa di strano...
    Specificare.
    Un gesto che...
    Bacchetta. Tocco la bacchetta, braccio di Luke. Mi fidavo di Luke. Mi fidavo.

    Mano. Mano del primo uomo, quello col camice.
    Sertoria cacciò uno strillo di gatto straziato e mulinò le braccia in avanti per allontanarlo. Scivolò malamente sul pavimento e là si raggomitolò, gli avambracci pigiati sulla nuca.

    Abbiamo saputo da un tale... Webb, esservi una porta in fondo alle Segrete. Ricorda qualcosa di essa?

    Silenzio. Ma quello non demordeva.

    Ricorda di avere visto qualcos'altro in particolare, in uno qualsiasi dei momenti passati nelle segrete?
    Rosso. Mai più rosso. Questo odore. Vomiterò sempre se non smette.
    Biglietto.


    Avrebbe dovuto darglielo, come faceva con tutti "quelli nuovi". Avrebbero dovuto saperlo, che lei era peculiare.
    Ma perché dirglielo, in fondo? Perché scoprirsi al nemico?

    Rosa Rosae Rosae Rosarum Rosae Rosis...

    Ecco. Non avrebbero avuto altro da lei. Proprio nient'altro.
     
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    1 Dicembre 2031


    Caso numero 1, avremmo bisogno di farle altre domande.
    E' pronta?


    Era passato abbastanza tempo perché Coral potesse essersi ripresa dagli eventi della notte di Halloween.
    O almeno, questo era quello che doveva passare per la testa dell'uomo che, a distanza di un mese, aveva bussato nuovamente alle porte di Amestris per interrogare gli sfigati delle Segrete e porre loro altre interminabili domande.
    Ma la Caposcuola se lo aspettava: l'ultima volta non aveva dato loro grandi informazioni, neanche quando la costringevano a raggiungere il San Mungo perché potessero studiarla. Ma da allora a quel giorno, alcune cose erano effettivamente cambiate: Coral era tornata a vedere la realtà con i suoi soliti colori, sebbene talvolta le capitasse di osservarla dall'alto verso il basso, e non per sua scelta.
    L'odio che aveva provato per chiunque la circondasse, anche chi voleva soltanto aiutarla, era sfumato in sensazioni nuove, più reali, facili da gestire perché sue.
    Aveva cercato di mettere insieme i pezzi di quanto ricordava dalle Segrete, e non soltanto per gli ispettori che probabilmente sarebbero tornati ad interrogarla: Coral voleva sapere. Voleva analizzare i suoi ricordi, tentare di sciorinare quella matassa ingarbugliata che aveva lasciato lei e altre ventuno persone con un'anima divisa a metà, in balia di una bestia invisibile che era vicino a loro stessi, che era loro stessi.
    Ma quel desiderio molto spesso si scontrava con la realtà, la necessità e il desiderio impellente di allontanarsi dalla notte di Halloween e tutto ciò che aveva portato con sé il più possibile. Continuare a pensare, riflettere, cercare, significava prolungare un'agonia senza fine, come si fosse già arresa all'idea che non sarebbe mai più stata se stessa, non fino in fondo, non senza imparare a stare bene anche quando la mano invisibile la trascinava verso l'alto contro la sua volontà.
    Ma quando si trovò davanti l'ispettore, stavolta, era pronta.
    Forse non aveva tutte le risposte, ma era pronta comunque a dare il suo contributo e senza sarcasmo o altro genere di risentimento.

    Sì.
    Sono pronta.


    Molto bene.
    Per cominciare, ricorda altro sulla sua esperienza nelle Segrete? L'ultima volta non è stata molto eloquente a riguardo.


    Già...
    Ma non ero in me, quella volta.


    In che senso “non era in sé”?

    Che... Odiavo tutti. Chiunque. Non soltanto i miei compagni, ma anche le persone a cui ho sempre tenuto... Persino voi che eravate qui soltanto per aiutarci.

    Odio, dice? Ed è una cosa che di solito non prova?

    No... Cioè, non di solito. Non per tutti per lo meno.
    Non per...


    Bellamy. Ma a loro interessava davvero conoscere questo particolare?

    No, ecco.

    Capisco, Caso numero 1. Altro?

    Coral sospirò, stringendosi sulle spalle.
    Sedeva con la schiena dritta e le gambe incollate fra di loro, mentre le mani contribuivano a donare rigidità al suo aspetto tenendo la sedia da un lato e dall'altro ai lati delle sue cosce, come aspettasse soltanto un via prima di scappare.

    Sì. Sui miei voli penso sappiate tutto, ormai. Il San Mungo ha avuto sufficiente tempo per studiarmi...

    E la sua sembrò più un'accusa che una constatazione, benché sapesse quanto tutto quello fosse servito proprio ad aiutarla.

    Le segrete, invece...
    Era come se fossero un percorso a tappe, in cui ognuna era caratterizzata da una catastrofe diversa: tutto ha avuto inizio con il muro, un muro finto, per l'esattezza, caduto non appena Bellamy Murray l'ha toccato.
    Dopo di che è apparso alle nostre spalle e ha continuato a seguirci e spingerci – letteralmente – perché andassimo avanti lungo le segrete. Saremmo rimasti bloccati li sotto per sempre, se i Professori non ci avessero salvati.
    Vede, sul muro non funzionavano le magie. In effetti non so come abbiano fatto i Professori a tirarcene fuori...


    Si ritrovò sovrappensiero per qualche istante, prima di tornare alla realtà e all'uomo che continuava a chiamarla, chiedendole di proseguire.

    Caso numero 1?

    Ma perché non la chiamavano semplicemente con il suo nome?

    ...Sì, ci sono.
    Dopo la caduta del muro finto c'è stato un urlo, un urlo fortissimo.
    Da quel momento in poi si è scatenato il panico nelle segrete e io... Ho iniziato a volare. E da lì ancora, e ancora, a distanza di pochi minuti.
    Poi siamo andati avanti, e abbiamo incontrato le tenebre. Anche in questo caso nessun incantesimo di luce aveva effetto e... sentivo le urla della mia famiglia, loro mi... chiedevano aiuto.


    Coral rabbrividì al solo ricordo, come potesse sentire la sua pelle macchiarsi dello stesso timore che l'aveva resa prigioniera quella notte.

    Poi c'è stata la pioggia di sangue acido, che mi ha procurato delle brutte ustioni. Di quelle dovrei avervi parlato.
    E poi... Poi è iniziato l'odio. Ed è durato fino a... beh, credo un paio di settimane fa.
    E' svanito nel nulla, da solo, senza che facessi qualcosa di particolare per cacciarlo via. Anche perché in realtà non sono stata subito in grado di rendermi conto che... esistesse.


    Al di là di ciò che le capitava personalmente di tanto in tanto, l'odio che aveva provato era probabilmente quanto di peggiore riuscisse a ricordare da quella serata, col senno di poi. Perché non le apparteneva, perché l'aveva resa prigioniera di pensieri che non erano i suoi, completamente in balia di un'entità che aveva preso possesso della sua mente.

    E sulla porta misteriosa? Ci sa dire qualcosa?

    Coral sospirò, tornando di nuovo alla realtà.

    La porta, sì. Era triangolare. Ad ogni punta vi erano i simboli delle Casate di Amestris, su questo sono certa, insieme a dei piccoli fori in prossimità di ognuno di essi.
    Al centro c'era una grande V dorata, mentre sopra, sul muro, vi erano delle scritte ma... non saprei dirvi quali.
    Credo che la V stesse per “cinque”. Che fosse un numero romano.


    Coral aveva cercato di fare mente locale lungo l'arco di quelle settimane, cercando di aiutare la sua memoria con dei disegni; ma non riusciva a ricordare più di quanto non avesse ricordato già poche ore dopo essere uscita dalle segrete.
    Riprese il suo discorso.

    Sulla porta c'erano diversi simboli. Non li ho riconosciuti tutti.
    Vi erano di certo dei simboli astronomici, altri numeri romani, i movimenti di alcuni incantesimi, delle piccole placche colorate, forse metalli o gemme e... delle lettere. Forse delle rune, ma non ne sono sicura.


    Il suo tempo passato a seguire Rune Antiche era insufficiente perché potesse dirsi sicura a riguardo. In più, cercare di concentrarsi a ricordare anche simboli di cui non era certa non l'aveva aiutata per niente, scegliendo in fine di mandare al diavolo quel tentativo, limitandosi a riciclare mentalmente ciò su cui era certa, aggrappandosi a quei ricordi con tutte le sue forze.

    Sono certa invece di avere visto i simboli di Nettuno e Saturno. Li ricordo chiaramente... il primo in basso, a sinistra, e l'alto più in alto, verso destra.
    E il movimento da compiere per evocare l'Incantesimo ingozzante, accanto a Nettuno.
    E poi una runa... come fosse una R Rovesciata, sotto saturno, molto più in basso... Ma non saprei dirvi altro.


    Il funzionario non la guardava. Continuava a scrivere.
    Poi alzò lo sguardo su di lei ancora una volta.

    Vuole dirci qualcosa?

    Coral ci pensò su. Poi schiuse le labbra, mentre le dita cercavano riparo sotto le natiche e gli occhi si inumidivano al pronunciare di quelle parole.

    Vi prego, aiutateci.

    Edited by Coral Allen - 25/12/2020, 21:30
     
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