Amestris e l'eco del sottosuolo

Capitolo II - Halloween 2031

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    [Poco prima di raggiungere il tavolo dei professori]



    Miss Harp...

    Inizialmente non l'aveva neanche visto, assorta nei suoi pensieri che quella sera - più di ogni altra - le costringeva a fare con sporadiche e casuali pause. Il Fantasma di Casata sembrava avere il solito aplomb, se non leggermente più vivo del normale. Gli concesse uno sguardo generale, per poi accennare un mezzo sorriso a labbra serrate prima di congedarsi da quel fortuito e fugace incontro.

    Sera Mr Todd. Prego.

    Una volta al tavolo, si concesse un bicchiere di acquaviola, non riuscendo a non notare Michael - ovviamente travestito - e il teatrino con i ravioli. Alzò il calice in sua direzione accompagnato da un occhiolino, il quale stava a comunicare l'aver visto la tragedia greca con il cibo, tornando con gli occhi a vagare tra la Sala Grande in preda a sonori schiamazzi festivi.
    L'uscita del poltergeist più casinista della storia, attirò la sua attenzione, sebbene Amalia era pronta a non soffermarsi più di tanto nelle frottole che stava per propinare. Qualcosa però le fece cambiare i piani.
    Puntò infatti uno sguardo stranito tanto quanto lei su Laice. Non che lo fosse perché era la prima volta che vedeva un poltergeist. Assurdo solo pensarlo. Lo era per le parole che stava dicendo. In un primo momento non seppe se credere alla lingua lunga di quel mix di caos e sregolatezza, pensando subito ad un possibile misfatto da parte sua. Si stava quasi del tutto convincendo che fosse così, quando le voci di altri Fantasmi del castello si erano unite alla sua. Non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio, poggiando con un gesto secco il bicchiere che aveva in mano, senza tuttavia lasciarne la sfericità del vetro.
    Quando fu Donna a confermare tutto, in Amalia montò una rabbia interiore che quasi rischiava di rompere il bicchiere, anche se la sua figura risultava calma agli occhi dei presenti. Che lo dicesse Laice era un conto. Che lo dicessero altri Fantasmi era un altro. Ma se a dirlo era Donna Fireflies, non c'era alcun dubbio che si trattasse della verità. Durante gli anni in accademia, Amalia aveva imparato a riconoscere la sua saggezza e la sua integrità, nonché la sua sincerità.
    Ogni stramaledetto Halloween doveva succedere qualcosa. Era stufa di quella situazione, ma le sue azioni non sarebbero state mai mosse dall'istinto. Le era necessario capire un po' meglio la situazione, anche se aveva già deciso di raggiungere le segrete ancor prima che Donna potesse finire la sua ultima frase.
    Tese di più le orecchie alle parole di Reeds e impose a se stessa di lasciare quel cavolo di bicchiere o lo avrebbe spedito chissà dove.

    Sgrete, urla, ragazzi intrappolati... basta.

    I presupposti per qualche altro scherzetto assai poco gradito di Halloween c'erano tutti. Nonostante l'impellente voglia di fare qualcosa le faceva prudere le mani, si trovò concorde con le parole di Andrew riguardo a non farsi prendere dal panico e, soprattutto, a cercare di contenerlo per quelli rimasti.
    Sì, qualcuno doveva rimanere lì in caso si fosse presentata la necessità, ma non sarebbe stata lei.
    Già una volta le era stata impedito di andare dagli studenti in un momento come quello, venendo rinchiusa in uno stramaledetto limbo insieme agli altri docenti. Per fortuna, i ragazzi erano riusciti a cavarsela, ma i segni di quella disavventura erano ancora freschi su tutti loro.
    Non era più Responsabile, né Vicepreside, ma nessuno dei due motivi le avrebbe impedito di provare meno affetto per loro e di raggiungerli.

    [Segrete]



    Si mosse allora verso l'uscita, seguendo la scia dei due docenti uscenti, fino a raggiungerli.

    Mikal, Andrew, sono con voi.

    Disse piano, facendo però in modo di farsi sentire dai due. Mentre li raggiungeva, aveva fatto in tempo ad udire la domanda che la Responsabile della Tempesta aveva fatto al Preside e di rimando la pose a se stessa.
    C'era davvero qualcosa? Se sì, cosa? Di che minaccia si trattava?
    Amalia conosceva bene quei cunicoli: oltre ad averci fatto una lezione a fine dell'anno passato, la Sala Comune del Ghiaccio si trovava nei Sotterranei, per cui non era stato raro in nove anni visionare quel luogo del castello. Il Palissandro stretto tra le sue dita emanò luce, che si unì a quella della strega dai capelli corvini.

    Mikal Levischmiedt Andrew E. Laeddis
     
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    La cura a ogni male...



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    [Sala Grande]



    Quella cena era stata una delle più lunghe che avesse mai passato in quel castello, anche perché i professori non parevano particolarmente interessati a fare conversazione e, lo doveva ammettere, nemmeno lei lo era. Quella era la sera di Halloween e il silenzio che aleggiava sul tavolo degli insegnanti e del personale era involontario, come se tutti loro sperassero di passare indenni quella notte che, a detta di tutti, era maledetta. Amestris aveva avuto fin troppi 31 Ottobre memorabili e non con connotazioni positive. Forse se nessuno avesse fiatato, se tutti loro avessero ignorato quella sera... forse sarebbe passata senza lasciare traccia, come ogni altro giorno dell'anno. Non si era travestita assolutamente da nulla, diversamente da quanto era accaduto nel passato eppure quello che indossava in quel momento le pareva l'abito peggiore di tutti: l'infermiera di Amestris. Sperava solo di non dover intervenire in alcun modo, nemmeno per un malditesta improvviso o un raffreddore fastidioso. No, quella sera i ragazzi dovevano godersi la cena prolungata, chiacchierare, ridere e scherzare. Loro avrebbero osservato e si sarebbero limitati ad attendere.
    Poggiata contro lo schienale della sua sedia, mentre sorseggiava l'acqua dal proprio bicchiere, Eloise faceva vagare lo sguardo sulla Sala Grande, tranquillizzata dal suono delle voci degli studenti.
    S'irrigidì, immobile al proprio posto, quando vide comparire Laice e ascoltò ciò che disse. Gli occhi si mossero per la sala, come a voler contare ogni singolo studente seduto sulle panche, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Man mano che i fantasmi confermavano la versione della poltergeist Eloise sentiva la necessità di scattare in piedi e correre a vedere coi propri occhi cosa stesse accadendo nelle Segrete eppure la prima cosa che fece fu quella di voltarsi ad osservare la reazione del Preside. Non era un uomo con cui sarebbe mai riuscita ad andare d'accordo, probabilmente, ma non poteva deluderla in quel momento. Non poteva.
    Non lo fece. Si alzò lentamente e i suoi ordini la raggiunsero con una rapido passaparola, siccome era praticamente seduta alla fin della tavolata, troppo distante per sentire la sua voce.

    Che ci provino a dirmi di restare qui...

    Pensò, mentre si alzava dal proprio posto con sicurezza e tutta la calma che riuscì a simulare, mentre la mano destra correva alla pochette appesa allo schienale. Quella borsetta era stata la sua salvezza durante gli anni di vagabondaggio in giro per il mondo e da quando era ad Amestris aveva imparato a portarsela dietro quando si allontanava dall'Infermeria e a metterci dentro ciò che poteva tornarle utile in ogni momento, visto che viveva con centinaia di bambini e adolescenti. Era una sorta di kit di pronto soccorso. Seguì Laeddis , Mikal e Amalia fuori dalla Sala Grande.
    Una volta fuori dalla porta disse solo una cosa, che racchiudeva tutta la sua frustrazione e la sua preoccupazione, emessa quasi in un sibilo.

    Maledetto giorno.

    [Segrete]



    Scendere nelle Segrete era sempre stata una cosa che da studentessa aveva reputato "avvincente" e "affascinante", forse a causa dell'oscurità che aleggiava in quei corridoi anche a Hogwarts, forse perché il nome prometteva misteri e avventure, cose che dovevano essere svelate e che forse potevano rivelarle qualcosa di nuovo. "Segrete" in fondo richiamava la parola "segreti", ma quella sera non era lì in veste di studentessa e non era ad Hogwarts, no, era la Guaritrice di Amestris e stava cercando di capire se in quei luoghi, così cupi ci fossero degli studenti in pericolo.
    L'idea di restare in Sala Grande, quando lì sotto potevano esserci dei feriti o, comunque, dei ragazzi spaventati e in pericolo era inconcepibile.
    Sollevò la bacchetta, imitando le due donne, così da aiutarle ad illuminare il cammino, le pareti di pietra, il pavimento e le porte che si paravano lungo il loro percorso. Aggrottò la fronte, mentre osservava il Preside sollevare la bacchetta in direzione di un muro che si era parato davanti a loro. L'urgenza la spingeva a voler correre in avanti o a cambiare strada, a correre in ogni dove per cercare i ragazzi, ma quel poco di esperienza che si era fatta in tutti quegli anni la spinsero a guardarsi attorno. Cercò Mikal con lo sguardo, come se la cosa potesse aiutarla in qualche modo o come se potesse ricevere delle risposte che, ne era abbastanza certa, non aveva nemmeno l'amica. Il silenzio che li circondava la rendeva nervosa, cosa che le fece stringere ancora di più le dita attorno alla bacchetta, tenuta ben alta.

    Nella pochette di Eloise sono presenti 5 pozioni (ho Pozioni Avanzate II e Guarigione Avanzata II Pozionistica) prese dall'inventario dell'infermeria:
    - 1 Antidoto ai Veleni Comuni
    - 1 Essenza di Purvincolo
    - 1 Pomata di Bundimun
    - 1 Pozione Cura Ferite
    - 1 Termos Cura


    Edited by Eloise Hunt - 21/11/2020, 23:02
     
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    Aveva progettato vari modi per aiutare la ragazza in difficoltà ma non aveva pensato che potesse essere completamente rifiutata. La mano tesa rimase così per aria per qualche istante, lo sguardo vacuo perso nel vuoto prima di riprendersi nonostante la gamba bloccata. Non tutti potevano accettare, in effetti. Forse aveva sbagliato approccio, doveva donare più riservatezza agli altri. Frencis era stata trascinata con successo anche da Luke, mentre il muro aumentava di velocità fino a bloccarsi completamente dopo pochi secondi.
    E davanti a loro... Il buio.
    La bacchetta ancora illuminata si spense di botto e nessun altro tentativo di riaccenderla funzionò. Máiréad non ci vedeva nulla, neanche una talpa era così cieca scavando la propria tana perché percepiva comunque tutto il resto. Ma lei non aveva altri organi di senso eccetto gli occhi quindi si dovette accontentare di rimanere senza possibilità di vedere e con la costrizione di dover saltellare in continuazione per proseguire.
    Un vortice di voci si accavallò agli orecchi, frastornandola. Non avrebbe saputo intendere da dove provenissero con certezza ciascuna di loro, era come se fossero ovunque e allo stesso tempo da nessuna parte. Vi ascoltò toni familiari, fanciulleschi come i suoi, e non ci impiegò molto per capire che si trattava dell'insieme di voci dei suoi compagni.

    Ragazzi?

    Chiamò la quindicenne con poca convinzione. Non aveva idea se fossero andati più avanti come aveva scelto Finto Séamus o erano rimasti indietro come Sam. Pensare a tutto ciò però le passò di mente dopo che due voci si elevarono sopra le altre.

    Máiréad...!
    Banphrionsa [Principessa]!

    Nessun dubbio, quelli invece erano i suoi genitori.

    Mamaí! Dadaí! [Mamma! Papà!] Dove siete?

    Il tono con cui la chiamavano la spaventò. Non li aveva mai sentiti così, come se un mostro delle storie raccontate fosse emerso da sotto il letto per trascinarli con sé nell'oscurità. Come avevano fatto ad arrivare laggiù? E cosa li stava trattenendo? La Creatura nascosta nel fondo del corridoio era pericolosa quindi? Tante, troppe domande a cui non poteva darsi una risposta. Ma a seguire ci furono tre suoni che la gettarono nello sconforto più totale. Tre versi, strazianti e quasi di dolore. I suoi famigli stavano soffrendo. Sentiva ancora il peso dei due più piccoli ma senza capire il problema che li affliggeva, ma soprattutto non aveva idea di dove Kiwi, anzi Ske, si fosse cacciato. In effetti il suo verso era il più forte di tutti e l'idea che gli fosse capitato qualcosa di brutto la agitò, il respirò accelerò finché non le vennero le vertigini. Sopra era sotto, la destra era la sinistra, il mondo vorticava e lei non aveva idea come e se fermarlo.
    Qualcuno urlò che si trattava di un'illusione, ma non ci credette che per pochissimi istanti. Qualcosa di magico aleggiava là sotto, ma come poteva essere vero quando quelle voci sembravano così reali? La Callaghan si rassegnò a capirci di più, crollando a poco a poco in un baratro senza fondo. Il petto fu scosso da un singulto, poi un altro e un altro ancora. Le mani afferrarono il vuoto e da qualche parte sentì muoversi Aibell-Le sulle spalle, ma ormai non sapeva più riconoscere il vero dal falso che anche quella le parve solo l'ennesima illusione.

    Vi prego...

    Un singhiozzo più forte.

    Ná faigh bás. [Non morite.] Non lasciatemi... Da sola. Más é do thoil é. [Per favore.]

    E finalmente si lasciò andare a un pianto liberatorio e carico di paura. La paura che era riuscita a esternare fino in fondo, che aveva sempre tenuto dentro di sé e camuffato coi sorrisi. Era capitato in un momento in cui però nessuno poteva aiutarla, non c'erano professori presenti e gli altri fra pericoli e sofferenze non erano da meno.
    Tremando, Máiréad si accasciò a terra con la gamba bloccata e l'altra ficcata sotto il corpo. Non sapeva come liberarsi da quell'opprimente peso di inutilità, di non poter fare nulla per salvare i suoi cari animali e le persone a cui voleva bene mentre soffrivano. E soprattutto di non vederli mai più, spariti chissà dove senza poterli raggiungere. L'unico modo per andare avanti era avanzare. Ma senza appoggio come ci sarebbe riuscita?
    PA modificati: Agilità 3 - Prontezza 3
    Piaga: la Tartaruga
    A giorni alterni una delle tue gambe smette di funzionare: nei giorni pari la gamba destra, nei dispari la sinistra. Tutte le volte che cammini, corri o durante qualunque altra azione che costringa a muoverti occorre il doppio del tempo necessario, nonché maggiori dolori dovuti allo sforzo muscolare di una sola gamba. Inizia a saltellare, perché è la tua unica chance!
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
    takasugi; Sertoria Eburneo NukEddy Luke Lygeon
     
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    SEGRETE


    Hei, piccola, come ti chiami?
    Forza… andiamo avanti…


    Fu Thornton ad accorgersi che qualcuno era rimasto indietro, una ragazzina della sua casata di qualche anno più piccola che urlava e chiedeva aiuto: neanche lui se la stava cavando tanto bene immerso nell’oscurità e trascinato dalle urla di sua madre, ma comprendere con ragionevole certezza che si trattava di un’illusione lo aiutò quel tanto che bastava per riuscire ad avanzare passo dopo passo, digrignando i denti per il dolore delle pustole sparse attorno a tutto il corpo e della sensazione di prigionia magica che lo faceva sentire in costante allarme.
    Fra un dolore e l’altro cercò di mettersi affianco a lei, afferrandole un braccio per farle sentire che non era sola.

    È tutto finto… Non avere timore…

    Avrebbe davvero voluto credere anche lui a quelle parole; sperava solo la ragazza potesse avere più fiducia di lui nel prossimo.
    Ma Alexandra e Thornton non erano gli unici costretti al terrore delle tenebre e di ciò che portavano con loro: tutti gli avventurieri della “caccia” nelle Segrete si trovavano sulla stessa barca; alcuni, certo, sapevano galleggiare meglio di altre, ma il mare era lo stesso per ognuno di loro.
    Con forza e fatica, chi di loro avesse trovato la volontà e il modo di trascinarsi oltre le tenebre avrebbe visto il nero sbiadire sempre di più, lasciandosi accecare da una luce che sapeva di normalità e di casa. Si trattava di torce di fuoco rosso accese su tutte le pareti dei corridoi successivi.
    Nell’istante in cui si fossero lasciati le ombre alle spalle, avrebbero visto che persino il muro li aveva inseguiti facendo avanzare altresì chi di loro era rimasto indietro, non senza dolore, continuando ad impedire la fuga dalla via principale: potevano soltanto andare avanti, ancora e ancora.
    Avrebbero camminato per circa cinque minuti svoltando a destra, sinistra, sinistra e di nuovo a destra e così a ripetizione, come se quei corridoi delle segrete si perdessero in cunicoli via via sempre più stretti e accartocciati su loro stessi. Il freddo, poi, sempre presente, era meno intenso di prima, data la presenza del fuoco, mentre il buio continuava ad accompagnare i loro passi, benché fosse lontano delle tenebre colme di disperazione di pochi minuti prima.
    Ad un tratto, alcuni di loro avrebbero potuto giurare di vedere apparire uno dei fantasmi di Amestris lì nei dintorni, Victoria per l’esattezza, ma si era trattata di un’apparizione talmente tanto sfuggente da lasciarli col dubbio.
    Ciò su cui tutti avrebbero potuto trovarsi d’accordo, invece, era che sembrava non stesse accadendo più nulla di strano: che fosse tutto finito? che si fosse trattato soltanto di un brutto scherzo di Halloween? E se adesso erano soltanto prigionieri delle segrete, come avrebbero potuto tirarsene fuori?
    Ma il fato voleva che in realtà non fosse tutto così semplice come sembrava: la tranquilla passeggiata verso un punto indefinito delle Segrete, con un muro impertinente e resistente a qualsiasi tentativo di ribellione, si sarebbe rivelata tutt’altro che semplice: sopra di loro un soffitto alto e nero avrebbe attirato le attenzioni di tutti i presenti latrando come un cane in preda ai peggiori dei dolori.
    Dopo di che, avrebbe cominciato letteralmente a far cadere della pioggia.
    Ma com’era possibile? I più grandi avrebbero saputo che gli incantesimi metereologici non non funzionavano all’interno degli edifici, e allora cos’era?
    Era davvero pioggia?
    No.
    E se ne sarebbero accorti nel giro di qualche istante.
    Sui loro corpi, fra i capelli, addosso ai vestiti, sul terreno e ovunque si potesse poggiare lo sguardo, avrebbero visto cadere dal tetto soltanto un unico colore: rosso.
    Quella non era semplice pioggia ma pioggia di sangue, una pioggia che odorava perfino come il sangue, lasciandoli con un retrogusto di metallo sotto al naso fastidioso e nauseabondo.
    Qualche altro istante passato sotto quella macabra pioggia, li avrebbe poi lasciati con un’altra, terribile consapevolezza: faceva male.
    Dannatamente male.
    Male come se fossero punti da mille spilli ardenti cadenti dal cielo, male come se si trattasse di fuoco liquido rilasciato sulla pelle capace di lacerare persino le vesti. In balia di un nemico tanto veloce e ineluttabile come una pioggia di sangue acido, soltanto una cosa avrebbe potuto salvarli: il tempo.
    Non vi erano ripari, di fatto, nulla che potessero sfruttare a loro favore se non qualche possibile magia e una corsa, nella speranza di lasciare sani e il più possibile salvi quell’ennesima trappola delle segrete.
    Se infatti davanti ai loro occhi l’unico colore che sarebbero riusciti a scorgere fosse il rosso, qualche metro più in fondo avrebbero visto incedere nuovamente l’oscurità, segno che fin lì la pioggia non sarebbe arrivata, a meno che non continuasse ad avanzare insieme a loro.
    E se anche fossero riusciti ad arrivare fin lì, a quel punto della giostra chi gli avrebbe potuto garantire la salvezza?


    Scadenza: 19 incluso
    Chiunque sia rimasto indietro nel turno precedente non postando [Michelle Montilylet] è stato trascinato in avanti dal muro, perdendo 5 HP per i colpi subiti; Alexandra è stata soccorsa da Thornton.
    Voi studenti siete adesso vittima di una pioggia di sangue acida che vi toglierà tanti HP quanto più tempo vi rimarrete a contatto.
    Potete ovviamente usare la magia, se lo ritenete opportuno.
    Nel postare, dovete cercare di tenere sott’occhio non soltanto la vostra agilità e/o eventuali piaghe, ma anche la vostra prestanza: PG esili saranno un po’ più veloci della norma ma sentiranno con più forza il dolore causato dalla pioggia; al contrario, PG robusti correranno un po’ più lenti ma sentiranno di meno il dolore sulla pelle. PG con prestanza normale corrono ad una velocità media e sentono il dolore con media intensità.

    Soobin Min , Coral Allen, takasugi;, Máiréad Callaghan, Cyrene R. Huxley, Frances Stitcher, NukEddy, MattiaBonkey, Bellamy Octavian Murray, Sertoria Eburneo, Luke Lygeon, MichelleMontilyetAlexandra

    A tutti i Docenti, studenti rimasti in Sala e personale di Amestris, invece: la scadenza per voi con un nuovo turno è spostata al 19 incluso per dare la possibilità a chi non l’ha ancora fatto di postare. Fino ad allora, saranno eventualmente destinizzate soltanto le vostre azioni poste in essere, senza mandare avanti la cornice.

    Andrew E. Laeddis ,Everett Marshall Price,Mikal Levischmiedt,Michael JD Rosenbaum,Johanna Cage,Amalia Harp,Valerius Cunningham,Leonard Lennox,Astrea Olivia Gray.Derek Wade,Martin A. Campbell,Isobel Saltzman,Meredith Seaver,Eloise Hunt,Zacharias A. FletcherHesper E. Fawley
     
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    [Segrete]



    Più Soobin avanzava i quell’insopportabile oscurità, più la luce gli sembrava sempre meno un miraggio e sempre più reale.
    Cosa sarebbe successo una volta raggiunta?
    Continuava ad avere le orecchie piene delle urla dei suoi genitori e, forse, se non fosse stato mentalmente a pezzi com’era, si sarebbe anche accorto che non sembravano cambiare di intensità man mano che si spostava.
    Non era minimamente abbastanza lucido per arrivarci, era mentalmente al limite, al punto che non gli importava il “come”, voleva solo che tutto finisse.
    Esitò solo un secondo quando finalmente la luce gli sembrò a portata: la situazione sarebbe migliorata? Peggiorata? Avrebbe visto l’animale che stava torturando i suoi genitori? Se sì, ora che era ad un passo da lui e quindi doveva necessariamente pensarci, cosa avrebbe potuto fare?
    Niente. Per l’ennesima volta si rispose che non c’era assolutamente nulla che potesse fare, se non supplicare di lasciare liberi i suoi genitori, che erano persone buone, che non avevano mai fatto del male a nessuno, che non si meritavano assolutamente nulla di ciò che stava accadendo loro.
    Inspirò profondamente ed uscì dall’oscurità.
    Tutto cessò.
    Niente più urla, le segrete sembravano essere quelle di sempre, con le torce alle pareti che illuminavano il cammino con la loro luce tremolante.
    All’improvviso tutto sembrò essere stato semplicemente un brutto incubo da cui evidentemente doveva essersi appena svegliato.
    Si voltò di scatto, per vedere se effettivamente l’oscurità era davvero esistita, ma alle sue spalle c’era di nuovo il muro di prima.

    Ma… non si era fermato prima?

    Questa era la prima domanda lucida che riuscì a farsi da quando tutto quell’incubo era iniziato, ma non durò molto: la presenza di quel muro voleva dire che era stato tutto reale, il sussurro agghiacciante, l’urlo disumano, l’oscurità e il freddo penetranti, le urla disperate dei suoi genitori.
    Non era finito niente, erano ancora lì dentro e, tornando a guardare in avanti, si rese conto che anche se per un attimo gli era sembrato tutto normale, le pareti delle segrete gli apparivano di un viola brillante e le sue mani gli sembravano ancora dotate di artigli.
    Non era finito niente, erano solo all’ennesimo step di quell’interminabile incubo.
    Giustamente il sadico pazzo che li stava torturando doveva aver pensato di lasciar loro una piccola pausa tra un abominio e l’altro, oppure non avrebbero avuto modo di soffrire a dovere degli orrori programmati per loro.
    Qualsiasi cosa sarebbe venuta dopo, avrebbe avuto un impatto nettamente minore se arrivata immediatamente subito dopo l’oscurità. Ci voleva un periodo di pausa.
    Questo pensiero non era per niente rassicurante, perché voleva dire gettarsi nella tana del lupo.
    Tirò su col naso, mentre gli occhi si riempivano di nuovo di lacrime. Voleva restare lì, dove tutto sembrava di nuovo calmo e silenzioso, ma se voleva davvero uscirne doveva avanzare… ma allo stesso tempo avanzare poteva voler dire gettarsi di sua spontanea volontà in qualche nuovo orrore e lui, davvero, non ne poteva più, era sfinito mentalmente e fisicamente, voleva solo lasciarsi cadere a terra e non muoversi più, magari piangere fino al completo sfinimento, fino ad addormentarsi nella speranza di scoprire al risveglio che era stato tutto solo un orribile incubo.
    Non seppe nemmeno lui dove trovò la forza di continuare a camminare, eppure lo fece.
    Il freddo era sempre intenso e per quanto si stringesse nel kigurumi non trovava il minimo conforto.
    Gli sembrò di camminare in eterno, aveva anche perso il conto di quante volte avesse girato dove, sembrava tutto un tremendo labirinto. Magari un’uscita nemmeno esisteva più? Viste le premesse non gli sembrava nemmeno così assurda come possibilità.
    Improvvisamente, mentre era ancora intento a singhiozzare e a perdersi nei propri pensieri, un nuovo suono dalle tonalità atroci riempì il silenzio.
    Il cuore iniziò a battergli all’impazzata, era ormai ovvio che un suono del genere avrebbe solo portato a nuovi orrori, quindi si girò nuovamente.

    Voglio tornare indietro!
    VOGLIO TORNARE INDIETRO!


    Ma ovviamente “indietro” non esisteva, esisteva solo quel dannatissimo muro.
    Qualcosa di bagnato gli cadde sulla mano ed era sicuro che non fossero le sue lacrime, era qualcosa di più denso.
    Il suo primo pensiero fu:

    Com’è possibile che piova nelle segrete?

    Ma prima che potesse anche solo realizzare quanto fosse una domanda assurda, viste tutte le cose “impossibili” che stavano accadendo, si formò un’altra domanda nella sua mente.

    Perché la pioggia è gialla?

    Quello che ancora non poteva sapere era che era solo lui a vederla gialla per via della sua piaga, in realtà era rossa e non era affatto acqua.
    Poi sentì l’odore metallico, l’odore di quando cadeva e si faceva male e dalle ferite usciva sangue, solo che ora era molto più forte, molto più intenso, molto più disgustoso.
    Gli venne da vomitare, ma riuscì a trattenere i conati.
    Tutto questo, tuttavia, durò solo una frazione di secondo, perché poi fu solo bianco dolore lancinante ad occupare la mente di Soobin.
    Faceva male, faceva malissimo!
    In ogni punto in cui quella pioggia di sangue lo toccava, faceva male.
    Urlò per il dolore e provò a coprirsi meglio la testa e il viso con il cappuccio del kigurumi, per poi iniziare a correre.
    Non sapeva nemmeno lui dove, stava semplicemente scappando, nella speranza di riuscire ad arrivare in un luogo dove non piovesse quell’assurdo sangue acido.
    Avrebbe tanto voluto provare ad usare un incantesimo, magari l’incantesimo Ombrello, ma era convinto che la sua magia si fosse estinta, quindi non provò nemmeno a tirare fuori la bacchetta dalle grosse tasche del kigurumi.
    Corse e basta, finché non vide nuova oscurità. Si fermò.
    Preferiva la pioggia di sangue acido o di nuovo quell’incubo buio?
    Pianse più forte, la pioggia faceva malissimo, ma il terrore lo paralizzava, non voleva rientrarci, non voleva!
    Le gambe non si muovevano, non rispondevano più ai suoi comandi.

    Non voglio, non voglio!

    Ma quella pioggia faceva troppo male. Singhiozzò più forte e si costrinse ad entrare in quella nuova oscurità, sempre più distrutto, sempre più sconfitto.

    Soobin è convinto di non riuscire più ad usare la magia, quindi non tenta di usare incantesimi per contrastare il sangue acido, si limita a cercare di coprirsi meglio con il suo costume e a correre in cerca di una via d’uscita.
    Una volta vista di nuovo l’oscurità si ferma qualche secondo sotto la pioggia, bloccato dalla paura visti i precedenti, per poi costringersi ad addentrarsi nel buio, nella speranza di sfuggire al sangue acido.

    CITAZIONE
    Soobin Min: Carisma 25 (13), Intuito 5 (4), Saggezza 11 (8)
    Piaga: il Camaleonte
    Ogni giorno non è mai uguale al precedente a livello di percezione visiva. L'aspetto di ciò che ti circonda muta ogni giorno, sia di oggetti che di persone: divise di un certo colore ne hanno un altro completamente diverso, elementi fisionomici di amici e professori stravolti, anche il materiale all'apparenza non è come quello che ricordi. Gli altri quattro sensi, però, ti aiutano a riconoscere la realtà dei fatti: le voci di chi conosci sono sempre le stesse, così come i sapori dei cibi, i loro profumi e le sensazioni tattili. Attenzione perciò a non giudicare dalla copertina.

    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    Ghiaccio VI Anno
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    Per il ragazzo dai capelli rossi, cercare di concentrarsi su qualsiasi cosa potesse dargli una mano a capire cosa stesse succedendo, mentre nelle sue orecchie continuavano a penetrare le urla doloranti di suo padre sviscerato da chissà cosa, era tutt'altro che un'impresa facile da compiere; più provava ad ascoltare oltre, a scrutare con gli occhi quell'oscurità profonda, più notava come la percezione delle sue vicinanze diveniva a mano a mano più imprecisa, con una sorta di strano fischio di sottofondo a riempirgli i timpani, come se quel silenzio si stesse trasformando in un rumore sempre più intenso, sempre più pressante.

    Basta giochetti, v-vieni fuori e affrontami, pezzo di merda!
    Stai tremando?
    Stai zitto, Fontana!


    Solo quando notò di poter riuscire a rispondersi, senza essere interrotto neppure minimamente dalle grida di Simone Fontana, realizzò che quelle voci sofferenti che lo avevano tormentato fino a qualche istante prima erano cessate; tuttavia, quello strusciante suono s'era fatto più intenso, ed in quella fitta oscurità, anche voltandosi, il soggetto al controllo di Lorenzo non avrebbe mai potuto accorgersi del largo muro di pietra che, con un intenso colpo sulla schiena, lo aveva raggiunto. Anzi, lo stava spingendo in avanti.

    Karma per il calcio a Murid.
    Sai a malapena cosa significa la parola "karma", decerebrato.


    Il parmense sbarrò istintivamente gli occhi preparandosi al peggio, sperando che quell'enorme lastra liscia non volesse andare ad incontrare rapidamente una sua gemella, schiacciandoli nel mezzo. Eppure, nessun corpo venne schiacciato, anzi, adesso sembravano tutti finiti in una zona illuminata da alcune torce, per quanto nuovamente sigillata dal mezzo di trasporto che lì li aveva condotti.

    Che branco di idioti fa costruire tutta 'sta roba sotto una fottuta scuola?

    E quella volta, Lorenzo preferì non replicare a quel maleducato dal bell'aspetto, pur di non dargli ragione.
    Si rimise in piedi, ripulendosi il completo ed il cappello come meglio poté; un rapido sguardo attorno gli confermò che tutti gli altri erano stati portati allo stesso modo in quel punto, e l'attuale personalità dominante dell'esile corpo del riccioluto si sorprese al vedere che qualcuno stava finalmente mostrando un minimo di spina dorsale, mentre quelli che in un momento differente avrebbe riconosciuto come suoi amici non s'erano ancora mossi.

    Dovreste fare come il cinesino, invece di perdere tempo vicino al pesce-palla ed alla bella addormentata..
    S-sei un idiota.
    Ora, con permesso, casi umani, ci vediamo in fondo.


    Avrebbe avuto molto da spiegare una volta finita quella loro escursione, ma dopo qualche minuto in cui aveva continuato a girare a vuoto, nervosamente procedendo in avanti, perfino Lorenzo, da semplice osservatore qual era diventato, capì che le priorità da gestire erano altre per il momento.

    Piove?
    Sono solo due gocce.


    Non erano solo due gocce, e quella non era semplice pioggia: l'esile figura dai capelli rossastri dovette aumentare di molto il proprio passo, quando scoprì che stava iniziando copiosamente a piovere una sostanza rossastra, che gli lasciava fitte intense nel punto in cui collideva con la sua pelle.

    E'... s-sangue?!
    Z-zitto, cagasotto! Parapluvia!


    La mano destra si direzionò verso l'alto, ed il parmense sperò che la bacchetta non facesse differenze tra lui e... lui, lasciando che la piccola cupola potesse proteggere il suo corpo da quella tempesta di aculei. Cos'altro li aspettava? Perché li stava colpendo in quel modo? Lorenzo avrebbe voluto gettarsi a terra, piangere e sperare di svegliarsi da un momento all'altro nel suo letto, di soprassalto; forse, era un bene che ci fosse quell'altro a spingerlo oltre, verso l'ennesima zona immersa nell'oscurità, dove, pareva, non esserci segno di quella sanguigna piaga.

    Sempre per la percezione veramente infima del pupo al momento, io non ho proprio considerato il fantasma.

    Lorenzo Fontana: Carisma 13 (3), Intuito 9 (7)
    Piaga: il Gatto
    Lorenzo ora è solo una delle tante identità che possiedi, momentaneamente quella dominante. Soffri di un disturbo multiplo della personalità cambiando allineamento (a caso, purché ci sia varietà) da un momento all'altro, senza preavviso seppur per pochi minuti. Quanti nuovi "io" sono dentro di te? Chissà, sta a te scoprire i loro nomi, ma occhio alle future crisi d'identità e soprattutto non permettere che una di loro prenda il controllo su di te.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa. (3/5)
    Personalità attuale: Louie Tarhei, Caotico-Malvagio.
    Usati per ora: Lollo (LN), Louie (CM)
     
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    Frozen Wiz
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    Il fiato era ormai corto, la faccia grondante di un misto tra sudore e lacrime, la maglia che indossava fradicia, stava correndo all'impazzata senza una meta e con troppe voci nella testa.
    Mamma, papà e nonni lo stavano distruggendo, la paura e l'oscurità lo stava divorando, il suo corpo lo stava tradendo, le sue mani infatti erano sempre più scivolose, per lo meno non continuava a vomitare lumache.
    Per quanto tempo però tutto ciò sarebbe andato avanti? avrebbe resistito a lungo all'avanzata del muro? o sarebbe stato fermato dalla paura e da quelle urla?
    Non era in grado di comprendere ciò che davvero stava accadendo, man mano però che la sua corsa proseguiva una luce gli veniva in contro; altri guai? e chi lo sapeva, di certo non lui, impaurito e tanto scosso, non sarebbe nemmeno riuscito a parlare con altre persone, se non per urlare alla ricerca dei suoi genitori.
    Le torce incominciarono si da subito ad illuminargli in cammino, ma il povero ragazzo non se ne rese conto, o almeno non subito, la paura non gli fece nemmeno capire che le voci erano ormai scomparse.
    Qualche secondo nella luce ci volle al poverino per riprendere un attimo il fiato e per capire cosa stesse succedendo, uno sguardo a destra e uno a sinistra, molti erano corsi con lui altri sembravano molto provati dalla forza e resistenza del muro.

    Oddio le voci sono scomparse, che è successo?

    Sembrava che tutti avessero avuto lo stesso problema, forse era stata davvero una magia? Mattia di certo non lo sapeva, e non se lo chiedeva nemmeno, l'ansia e la paura infatti non erano minimamente scomparsi.

    E' davvero tutto finito? Dove sono gli autori di questa brutta cosa? Accadrà qualcos'altro?

    Attimi pungenti furono i seguenti, in tutti i sensi, dal soffitto giunse un latrato, e incominciò a piovere.
    Pioggia che nessuno sul subito avrebbe riconosciuto:

    Piove??

    Rosso, quello era il colore delle chiazze per terra e delle gocce che stavano cadendo, rosso mischiato al marrone, un colore famigliare a chiunque.

    SANGUEEE!!

    Aveva appena scoperto che quella pioggia fosse realmente sangue, dall'odore ben distinto, quando sentì il suo corpo lamentare vari dolori dovuti a tali gocce, stavano pungendolo, e sempre di più, più forte e in modo più doloroso.

    Bastaaa, ho paura

    Il suo corpo stava letteralmente andando a fuoco, le varie gocce lo stavano logorando, vide tutto d'un tratto alcuni ragazzi correre verso l'ignoto e decise dunque di seguirli.
    La corsa non era come una normalissima gara, bensì una gara contro il tempo e la morte o almeno quello pensava la mente del giovane, che in modo non troppo veloce ne lento cercava di sfuggire da quella pioggia infernale.
    L'oscurità si stava avvicinando di nuovo, non c'era altro da fare se non entrarci.


    Affinità 5 (4), Carisma 12 (9), Prontezza 4 (2)
    Piaga: la Lumaca
    Definirti maldestro è dire poco. Qualunque oggetto che afferri ti cade irrimediabilmente di mano, come se fossi cosparso di una strana viscida sostanza che non consente ai polpastrelli di esercitare la giusta presa. Inoltre, durante alcuni momenti della giornata, sei assalito da violenti conati che si concludono nel vomitare lumache a più non posso senza controllo. Non tutti potrebbero apprezzare i bavosi ricordini che lasci in giro.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa.
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    Stava succedendo troppo attorno a loro perché Cyrene riuscisse a dare senso a tutto ciò che i suoi sensi stavano percependo, era come essere crivellati da un centinaio di domande che le si scontravano nella testa senza trovare via d'uscita.
    L'unica cosa che riusciva a pensare era che quello fosse uno scherzo mal riuscito degli organizzatori di quella sera, forse qualcosa che era sfuggito di mano agli evocatori in questione; nel frattempo chiunque aveva mangiato o bevuto al banchetto doveva essere sotto l'effetto dello scherzetto del loro dolcetto. Era l'unico modo in cui riusciva a spiegare il suo aumento di peso che sembrava aver smesso di gonfiarla esponenzialmente solo da qualche secondo, ché poteva giurare che il suo corpo non le pesasse tanto quando si era coperta con la tenda. Considerato il cambio evidente nei compagni attorno a lei, almeno quelli che conosceva abbastanza da essere cosciente della versione solita, dovevano tutti aver ingerito vari dolci, salati e bevande differenti che avevano sortito il loro personalizzato effetto. Alcuni sarebbero stati vagamente divertenti in un contesto normale di festa di Halloween; peccato che al momento stavano tutti cominciando a temere per la loro vita ed essere ulteriormente afflitti da quelle temporanee maledizioni non faceva che rendere il tutto più grottesco.
    A Cyrene sembrava le stesse per esplodere il petto, tanto il suo cuore stava cercando di rincorrere il ritmo del suo respiro.
    Strinse la bacchetta nella mano destra senza sapere che incantesimo evocare per aiutarsi. Avrebbe voluto tanto sapersi smaterializzare da lì.
    Sussultò quando sentì qualcosa colpirla, poi sentì un profumo che conosceva, nel mezzo del cattivo odore che emetteva uno dei compagni attorno a lei. Era quello di Frances ed era lei ad aver impattato nel suo grosso corpo, immensamente più grosso ora di quello esile e fragile della compagna. In un gesto istintivo, Cyrene posò parte del palmo della destra sul collo flessuoso della ragazza, abbastanza da toccarla ma trattenere ancora la bacchetta tra medio, indice e pollice.
    Non sapeva cosa dirle, non sapeva cosa stesse succedendo. Sapeva solo che quel contatto la fece respirare di nuovo, più regolarmente e lentamente così che il suo cuore non dovette più faticare per andare a pari.

    ...vicino al pesce-palla ed alla bella addormentata..Ora, con permesso, casi umani, ci vediamo in fondo.

    Non credette alle sue orecchie quando alzò lo sguardo per mettere insieme voce e viso di Lorenzo Fontana.. Quelle parole e quel ragazzo non avrebbero avuto senso di combaciare, in genere, ma nella situazione in cui erano nessuno si sarebbe ragionevolmente comportato come al solito e il vero carattere di qualcuno poteva uscire molto facilmente in una situazione di panico.
    Non ebbe modo di dire nulla perché il compagno in un battito di ciglia era già lontano, tutti si allontanavano velocemente lungo il corridoio...a lei sembrava di muoversi a rallentatore, tanto che sentiva non di sostenere Frances ma di rallentarla.
    Faceva fatica a respirare, si sentiva come di trascinarsi appresso sacchi pieni di sabbia che le gravavano ingombranti su qualsiasi parte del corpo. Voleva esserne libera, uscirne e correre via di lì.

    Tira fuori la bacchetta, Frances...forse con un controincan...Ah...

    Sentì qualcosa pizzicarle la mano che cercava di tenere ancora attorno a Frances. C'era una traccia di rosso sulla sua pelle.
    Non registrò la sensazione che aveva sentito con del dolore finché non sentì gli studenti attorno a lei cominciare ad entrare nel panico, lamentando dolori lancinanti per le gocce che stavano cadendo su di loro. Sembravano tutti insanguinati, l'aria odorava persino, di sangue.
    Cyrene si fermò. Stanca morta, ansimante, confusa. Le gocce di sangue cadevano dal soffitto, lo capì quando alzò il viso e ne sentì il bruciore sulle guance. Lì le faceva più male, tanto che chiuse gli occhi e abbassò di nuovo il viso.

    Finite Incant...

    Si era completamente dimenticata di accompagnare un gesto a quell'incantesimo e la sua bacchetta non generò assolutamente nulla. Inspirò mentre un'altra goccia di sangue le scivolava, bruciante, sul pugno chiuso sull'impugnatura della bacchetta.
    Dal bordo della tenda di velluto che la copriva uscì di nuovo il suo braccio, ridicolosamente stretto al gomito nei brandelli di quelle che prima erano giacca e camicia del suo abito e libero da quel vincolo per il resto, nudo e gonfio come quello di nessun altro studente in quella scuola, nessuno che ricordava di aver mai visto dal vivo. Era pesante da muovere e la forma di scudo che cercò di tracciare in aria le riuscì per miracolo.

    Finite Incantatem!!

    Aveva bisogno di aiuto, sapeva che qualsiasi forza magica fosse contro di loro in quel momento non si sarebbe fermata con il suo sforzo soltanto. Si guardò intorno per cercare i suoi compagni e chiunque altro riusciva a riconoscere in quell'Inferno, e anche chi non riconosceva. Spera che qualcuno la potesse aiutare a cercare di spegnere quel soffitto indemoniato, perché per lei correre non era più un'opzione.


    SPOILER (click to view)
    Riassunto: Cyrene cerca di avanzare un po' con Frances ma non riesce a camminare bene perché è troppo affannata. Quando comincia a piovere il sangue acido si ferma e prova ad evocare un Controincantesimo Standard contro il soffitto. Si guarda intorno mentre sta ancora castando l'incantesimo, cercando aiuto sia tra chi conosce che chiunque passi di lì.

    **A TUTTI QUELLI CHE HO TAGGATO ** ovviamente se il vostro pg correrà in fondo al corridoio Cyrene non riuscirà davvero a vedervi, dato che è rimasta indietro, ho taggato quelli che ancora non si sono giocati il correre verso il buio giusto nel caso potessero essere rimasti nelle vicinanze per qualche motivo.
    Saggezza 23
    Capacità Magiche 25
    Manualità 18
    Agilità 8 Prontezza 13
    Intuito 11 Affinità 7
    Carisma 11
    Prontezza 10

    Prestanza da Normale a Robusto
    Piaga- Cyrene è attualmente aumentata di circa tre volte il suo normale peso e massa, è difficile da riconoscere e ha una tenda attorno al corpo.
     
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    Ghiaccio VI Anno
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    Avanzava immerso nel buio a fatica, con l’eco di quelle urla nel cuore e la mano di Sertoria stretta nella sua: intere vite che gli gridavano dentro e altre più sperdute che gli camminavano a fianco, una marcia di anime in pena. Ognuno aveva la sua croce di cui preoccuparsi, eppure Luke avrebbe tanto desiderato possedere la forza per pensare anche a quelle degli altri, quando invece riusciva a stento a sopportare la propria.
    Intanto il muro alle loro spalle continuava a seguirli come un’ombra, fedele e minaccioso a un tempo. Perlomeno ebbe modo di notare come tutti i compagni, in un modo o nell’altro, stessero cercando di far fronte alla situazione e andare avanti.

    Bene tutto andrà, preoccupatevi non ragazzi.

    Cercò di consolare se stesso e chi lo circondava, per quanto fosse più una speranza che una reale convinzione. Nel frattempo si accontentava del miracolo che era avere la mano di Sertoria nella sua, assieme al fatto che l’amica non si fosse fatta sconvolgere più del necessario dalla sua nuova, stravagante parlantina – ma soprattutto che non stesse a correggerla e rimetterla nel giusto ordine ogni singola volta.

    Victoria eih?!

    Fu solo un istante, ma sperò davvero di non essersi sbagliato mentre agitava la mano come un forsennato. Eppure gli sembrava proprio di aver intravisto il fantasma più pettegolo del castello e, per quella volta soltanto, non gli sarebbe dispiaciuto che si fosse fermata a parlare con lui, di modo che potesse farle mettere al corrente gli insegnanti della loro attuale situazione.
    Ma niente, era stata nulla più di una visione fugace e tutt’altro che utile. Una vana speranza. Come quella di poter trascorrere un attimo di tranquillità, in compagnia di quelle tenebre assai più chete.
    Sollevò la testa verso l’alto, terrorizzato e messo in allarme dal suono immondo che il soffitto sembrava gettare su tutti loro.

    Correte!

    Sentenziò deciso, ancora prima di potersi rendere conto di qualsiasi altra cosa. Se quel genere di situazioni gli aveva insegnato qualcosa, era che al minimo segnale di pericolo era sempre meglio darsi una mossa, e alla svelta anche. Farsi bloccare dal panico poteva solo essere controproducente. Ed eccolo lì, l’ennesimo evento inaspettato della serata: pioveva, pioveva nelle Segrete.

    Buono di nulla.

    Disse a denti stretti, facendo segno al resto dei compagni dietro di sé di muoversi, mentre un ormai irriconoscibile Lorenzo continuava a fregarsene di chiunque altro e andare avanti per conto suo.
    D’un tratto si ritrovò a contrarre il viso in una smorfia di dolore, qualcosa gli stava pungendo la pelle, una sensazione bruciante che prima non aveva avvertito. Per un attimo credette di essersi fatto male da qualche parte senza accorgersene, magari prima, quando si era lasciato cadere a terra per la disperazione. Ma quando prese a controllarsi meglio, tra il rosso innaturale della pioggia e il gusto del ferro fra le labbra socchiuse dallo stupore, al dolore si aggiunse un sentimento di puro disgusto.

    Sangue?!

    E in quel breve lasso di tempo ne era praticamente già fradicio, nemmeno osava immaginare poi quello che la repulsione dell’amica per il rosso le stava facendo passare. Aveva deciso che non l’avrebbe lasciata sola, che le sarebbe stato vicino, e anche se quella promessa l’aveva fatta unicamente a se stesso mai si sarebbe permesso di venirne meno.

    Seguimi e occhi gli chiusi tieni.

    Puntò la bacchetta in alto e più velocemente che poteva, per cercare di riparare più Sertoria che se stesso, confidando che anche i compagni avrebbero avuto il buonsenso di ricorrere alla medesima magia, senza scordarsi di correre alla larga da quell’orrendo quanto nocivo diluvio.

    Parapluvia!

    Ringraziò chiunque avesse creato quella formula per averla composta di una singola parola, o era certo che farne uso avrebbe richiesto uno sforzo ben maggiore del necessario, come se già non bastasse il dolore pungente provocato da ogni goccia a rendere tutto più arduo.
    Guardandosi attorno e iniziando a trascinarsi Sertoria appresso, lanciò uno sguardo preoccupato su Cyrene, ancora indietro.

    Via correre e ripararti a solo pensa, stare lascia!

    L’urgenza del momento gli impediva di impegnarsi per dar vita a frasi di ordine compiuto, ma sperava sinceramente che la compagna si sbrigasse a raggiungerli. Perché come ormai avevano avuto modo di sperimentare diverse volte, non sembrava davvero esserci modo per loro di competere con i flagelli che le Segrete gettavano loro addosso.
    C’era solo una cosa che potevano fare, fuggire e correrne alla larga, il più in fretta possibile.

    Luke continua a trascinarsi dietro Sertoria, cercando di proteggerla dalla pioggia di sangue con l’Incantesimo Ombrello (sperando vada a buon fine = non autoconclusivo, considerando anche i nuovi parametri) e correndo verso la prossima (maledetta) destinazione.

    CITAZIONE
    Carisma 23 (18), Saggezza 21 (9)

    Piaga: il Salmone
    Sembra che l'unico modo con cui tu riesca a comunicare è solo ed esclusivamente facendolo al contrario. Qualsiasi frase pronunciata o scritta, anche la più semplice, comincia dalla fine piuttosto che l'opposto come succede normalmente. E non s'intende lo specchiare delle parole, bensì l'ordine all'interno di una frase. Trovare un modo per venire incontro al problema può anche essere risolutivo, ma non per questo meno frustrante.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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    Ghiaccio VII Anno
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    Non aveva alcuna percezione di starsi muovendo, e non le importava. Ogni cosa sembrava avere improvvisamente perso di significato, come non fosse più in grado di mettere in ordine di priorità la gravità di una situazione. Tutto pareva così surreale, così doloroso, così tragico d'un colpo da non riuscire realmente a razionalizzarlo: poteva soltanto sperare che non vi fosse nulla di vero.
    Ebbe l'impressione che la carezza di Cyrene fosse la prima cosa reale che avesse percepito in minuti interi, al punto che la sua labile razionalità vi s'aggrappò come fosse preziosa, come non avesse nient'altro a disposizione; eppure, forse, nella situazione in cui si trovava quel gesto era qualcosa che avrebbe dovuto associare al sonno e non alla veglia. Nel torpore di una stanchezza innaturale che non sapeva a cosa fosse dovuto, Frances non riusciva a sentirsi realmente, affogata in un limbo sul filo della coscienza che contribuiva soltanto ad alienarla ancor di più da tutto quel che non aveva alcuna intenzione di vivere.

    Tira fuori la bacchetta, Frances...

    Le parole di Cyrene parvero provenire dai suoi stessi pensieri, quasi fosse la voce della coscienza; ci mise secondi interi a realizzare che non avrebbe potuto adempiere a quella richiesta, ché la bacchetta le era sfuggita dalle dita pochi minuti prima, eppure sembrava passata una settimana. Aveva smesso di sentire la voce di sua madre ma a malapena se n'era accorta, ché la realtà rallentava nella sua mente stanca, sbavata come un dipinto ad acquarelli immerso in acqua.

    La bacchetta...

    Se lo ripeté come servisse a razionalizzare il pensiero, scollandosi da Cyrene pur tenendo le mani sospese a mezz'aria, come se muovere i muscoli richiedesse troppa energia per riuscire anche a pensare al contempo.
    Si voltò di colpo verso la ragazza della Tempesta che ricordava di avere avuto accanto solo fino a poco prima, e nel momento in cui la identificò si rese conto di quanto le gocce di sangue che piovevano dal soffitto delle segrete bruciassero come carboni ardenti sulla sua pelle. Sembrava che non riuscisse a pensare a due cose contemporaneamente, come la sua mente non avesse la forza di concentrarsi su nulla; il dolore, però, lo sentiva come fosse suo, come se le appartenesse, presente e bruciante come fosse stata scorticata, a ricordarle amaramente ancora una volta che quello non era affatto un incubo.
    Si diresse verso la ragazzina bionda, concentrando su di lei tutte le attenzioni come se d'improvviso ogni altra cosa avesse smesso di esistere, con il passo deciso di chi sembra aver trovato la via d'uscita, ed invece Frances era semplicemente costretta a risolvere un problema alla volta, connettendo i puntini in ordine nella speranza che alla fine uscisse un disegno sensato. Quando le fu vicina abbastanza, le prese la testa fra le mani, infilando le dita nei suoi capelli biondissimi legati nei codini di un costume di Halloween che ormai non aveva più alcuna importanza; la tirò a sé finché le loro fronti non si incontrarono una contro l'altra, finché non fu sicura di avere i suoi occhi e la sua completa attenzione, in quella penombra che in quel paradossale momento era quanto meno la spaventasse.

    Dimmi che hai la mia bacchetta, ti prego. Ti prego.

    Era stata lei, a trascinarla quando era caduta a terra poco prima; era accanto a lei che aveva recuperato i sensi, e se c'era qualcuno che aveva uno straccio di possibilità di aver recuperato la sua bacchetta era lei, quella ragazza di cui faticava a ricordare il cognome, figurarsi il nome di battesimo; eppure in quel momento si trovò a pensare che forse avrebbe dovuto dare più importanza a quel genere di cose, avrebbe dovuto impararlo e ricordarselo, quel nome. Il sangue acido che le bruciava sulla pelle sembrava volerla sciogliere sul posto come si trovasse al sole e lei non fosse altro che un pugno di nevischio; eppure, nel momento in cui la ragazza le restituì la bacchetta, ebbe un tuffo di sollievo al cuore.

    Grazie. Grazie.

    A dirlo due volte valeva di più, o forse era solo la sua mente stanca e piena, a ripetersi, nascosta dietro i suoi occhi ancora gonfi di pianto senza alcuna possibilità di riuscire a nascondersi; non riusciva a mettere il filtro che solitamente applicava alle sue parole, né aveva alcuna intenzione di farlo, il che stava mettendo in luce la persona fragile e debole che da sempre albergava al di là delle sue iridi azzurre e che mai s'era esposta tanto di fronte ad una persona che conosceva appena. Ma nulla aveva veramente importanza, in quel momento.
    La lasciò andare subito dopo, scollando quel contatto come ne fosse rimasta ustionata, ed invece era la pioggia acida a bruciarle sulla pelle come gliela stessero strappando di dosso; eppure l'ordine di priorità nella sua mente, in quel momento, non sembrava rispondere ai suoi stessi bisogni, ché in fondo sentire così tanto dolore la stava tenendo vigile, e oltre una certa soglia il bruciore era così generalizzato da non riuscire più a definire quale fosse il limite di sopportazione.

    Finite incantatem.

    Nel disegnare uno scudo nell'aria, puntò la bacchetta contro Cyrene, rimasta indietro a causa delle sue spropositate dimensioni. Quella ragazza era la persona a cui teneva di più tra i presenti, persino più che a sé stessa; non era in grado di capire a cosa fosse dovuta la spossatezza che sentiva: per quel che ne sapeva Frances, si stavano sentendo tutti allo stesso modo. Ma se Cyrene era vittima di un qualche scherzo idiota in conseguenza a quello che aveva mangiato, l'effetto sarebbe dovuto finire immediatamente, ché non aveva alcun bisogno di una piena consapevolezza della realtà per rendersi conto di quanto la situazione fosse grave e quanto fosse necessario che la ragazza tornasse a muoversi più agilmente.
    Batté poi il palmo della destra contro la fronte, strizzando gli occhi frustrata nel disperato tentativo di ritrovare una lucidità che aveva perduto da poco, eppure ne aveva già abbastanza. Quelle due mosse consecutive sembravano averle prosciugato tutte le energie, come se quel velo di stanchezza fosse d'improvviso ripiombato sulla sua coscienza, come avesse bevuto il bicchiere di troppo che fa la differenza tra la sbornia e l'ubriachezza.
    Quando si voltò verso l'unica via di fuga visibile, l'ennesimo antro oscuro di quei vicoli maledetti, le parve irraggiungibile; vi ci si diresse comunque, seguendo la folla degli altri ragazzi pur sapendo di essere ben più lenta di loro, senza sapere se fosse il caso di sperare di riuscire a mantenere la veglia oppure di svenire di nuovo.

    Post di veglia(?): 2/4
    Frances recupera la bacchetta da Samantha (con il permesso della player) e lancia un finite su Cyrene.

    Saggezza:23 (18)
    Capacità Magiche:24
    Manualità:14
    Riflessi:Agilità: 10 (5) - Prontezza: 11 (6)
    Sensibilità:Intuito: 09 - Affinità: 05
    Carisma:20

    CITAZIONE
    Piaga: il Ghiro
    Neanche le normali ore di sonno notturne ti aiutano a rinsavire da una stanchezza incontrollabile, una spossatezza che durante il giorno ti rende poco reattiva fino a sfociare in placide dormite senza ritegno ovunque capiti, a prescindere dal luogo e dal momento in cui ti trovi. Sogni di qualsiasi genere, anche a occhi aperti, sono i benvenuti in questi momenti in cui ti appisoli. Disclaimer: effetti collaterali quali rivolo di bava e lieve russare potrebbero essere inclusi.
    Frequenza: primo post di ogni role; si ripete ogni 5 post della stessa.
     
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    [Segrete]



    Era successo tutto molto in fretta, eppure lo stupore sembrava non essere sopraggiunto, neanche prima del turbamento.
    I quadri avevano bisbigliato repentini lungo i corridoi, proprio mentre la strega camminava lenta, occhi vuoti, a rimuginare su quali potessero essere mai i motivi per festeggiare la notte di Halloween.
    I fascicoli ancora aperti del dipartimento investigazione scorrevano veloci tra i pensieri ingrigiti, la notte in cui Fiamma era giunta al castello, la morte irrisolta di Gaius Harmony e tutte quelle altre vicende alle quali nessuno di loro era riuscito a dare un senso, comparvero violente e improvvise quando una voce dai quadri aveva gridato, poi sussurrato tremante, e con quella avevano fatto eco le altre sulle scalinate, mentre Johanna camminava velocemente, bacchetta alla mano, il mento poco più basso, gli occhi vitrei che scavavano l'aria e quell'istinto mai morto risvegliato dentro di sé.

    Intrappolati.


    Sussurravano, tra un quadro e l'altro. Johanna li ascoltava e ne sentiva il rimbombo. E credeva avrebbe trovato ciò che aveva temuto, ciò che avrebbero sempre dovuto temere, perché quella scuola aveva qualcosa di ignoto persino agli eruditi, e chissà cosa si celava dietro a una maledizione tacita. Forse il castello intero era di nuovo in pericolo, forse sarebbe stato teatro di nuovo terrore.

    Il Preside è andato nelle segrete.

    Il Preside.

    Arricciò le labbra e spero con tutta se stessa che l'uomo non avesse di nuovo preso iniziative che avrebbero potuto metterlo in pericolo, rischiando il sacrificio proprio come era accaduto il giorno in cui aveva dovuto ammaestrare il tempo per salvarlo.

    A raccolta, pericolo.

    Le informazioni giungevano disconnesse, eppure le gambe l'avevano portata dritta, senza indugio, di fretta all'entrata delle segrete.
    Dalle scale aveva scorto Amalia Harp e Eloise Hunt infilarvisi, e con una mano fredda sul corrimano si era lanciata, spogliandosi si quella rigidezza e compostezza che mai tradiva al di fuori di una battaglia o un'emergenza.

    Emergenza.

    Il buio la inghiottì all'improvviso, e così il silenzio tombale rotto da sillabe tremanti in cui riconosceva la voce di alcuni, finché a tentoni non li trovò, riuniti al termine di un vicolo cieco.
    Gli occhi si sgranarono, non c'era traccia degli studenti, e la sua mente fece un balzo nella paranoia, pensando invece che forse li avevano attratti lì in una trappola.
    Ma chi? Cosa stava accanendo?

    Chi altri c'è in Sala Grande?

    Chiese a un passo da loro, comparsa quasi nel nulla dopo essersi fermata un momento.

    Cosa è successo?

    La sua voce piatta e bassa tradiva la fretta, per una volta.
    Non avrebbe atteso le risposte, e capì che il Preside aveva già agito sul muro che li stava dividendo dalla verità.
    Il braccio della bacchetta fece un ampio arco intorno a lei.

    Homenum Revelio.

    Se qualcuno li stava attendendo, avrebbero almeno avuto un preavviso.
     
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    Frozen Wiz
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    Hei, piccola, come ti chiami?…

    D’improvviso, una voce; una voce completamente nuova, che non apparteneva a nessuno di famigliare, fortunatamente nemmeno ai suoi genitori. Era una voce, quasi, rassicurante, uno spiraglio di tranquillità in mezzo al terrore.

    A - Alex..

    Piagnucolò, tirando sù con il naso e provando a rimangiarsi tutte le lacrime che aveva versato finora. Era troppo buio per capire con chi stesse interagendo ma il fatto di avere anche solo qualcuno con lei, qualcuno che si preoccupasse di lei, riuscì ad accenderle una piccola speranza.
    Si sentì afferrare il braccio e fu grata di quel contatto fisico, perché ne aveva un disperato bisogno. Non si sentiva più sola in mezzo a quell’opprimente buio.

    È tutto finto… Non avere timore…

    Lo stava dicendo anche lui, era la terza volta che sentiva quelle parole e adesso non potè fare a meno di crederci anche lei.

    Grazie.. Però non mi lasciare.

    Si rivolse allo sconosciuto ancora con la voce un po’ rotta, ma più salda di prima. A mente lucida ed in un’altra situazione non avrebbe mai avuto il coraggio di parlare così a qualcuno.. Probabilmente, una volta finita questa tragica avventura, si sarebbe vergognata come una ladra per la figura da imbranata che aveva appena fatto, ma per il momento non c’era il tempo di pensarci. Si poteva (e doveva) solo camminare. E più si camminava, più le tenebre si diradavano, più lei bramava raggiungere quel punto finalmente luminoso. Il fuoco che bruciava sulle torce non le era mai sembrato così splendido. Faceva più caldo di prima, il muro che prima li minacciava alle loro spalle sembrava essersi fermato, c’era un’apparente normalità che la portò a guardarsi intorno con aria stranita.

    E’ tutto finito?

    Chiese titubante al suo accompagnatore, utilizzando le sue stesse parole e rendendosi conto all’improvviso che si trattava proprio di Thornton. Arrossì immediatamente, ma il fatto che il viso del ragazzo fosse coperto di pustole paradossalmente riuscì a rimetterla a suo agio: anche lui aveva un motivo per sentirsi in imbarazzo.
    Riuscì a scorgere i visi di tutti, cercò in particolare quelli più conosciuti, Kyle, Coral, ma il latrato successivo la costrinse ad alzare gli occhi verso il soffitto. Era impossibile non sentirlo, era un rumore straziante, sembrava che stessero torturando un qualche animale e questo, ovviamente, non lasciava presagire niente di buono.
    Sentì una fitta allo stomaco, un crampo di paura che anticipava quello che sicuramente sarebbe avvenuto dopo: non sapeva ancora cosa, ma se le cose fossero continuate ad andare come stavano andando, sarebbe stato qualcosa di terribile.

    Percepì una prima goccia e quasi non la sentì.
    Poi una seconda, una terza, l’odore ferreo tipico del sangue iniziò a penetrarle nelle narici ancor prima che si rendesse conto che quello che cadeva dal cielo era di color rosso acceso. Gli indumenti bianco candido (da angelo) che indossava furono tinti con pois rubino ma non era solo questione di percezione visiva, era anche una questione di dolore, che aumentò progressivamente insieme alla pioggia che cadeva dal cielo.

    Ma che..?
    Iniziò a sentire un piccolo fastidio, che però si fece via via più intenso.
    Ahi!

    Non era possible ignorare il dolore provocato da quelle gocce. Sembrava che le si stesse bruciando la pelle, che ogni volta qualcuno le bruciasse un punto qualsiasi del corpo con un accendisigari, o cose simili.
    Era doloroso, troppo per rimanere immobili, ma qual era l’alternativa?
    In quei cunicoli non c’erano luoghi in cui ripararsi, solo muri piatti e senza sporgenze ed in ogni caso, anche senza quella pioggia dolorosa, non avrebbe avuto senso rimanere ancora lì, in balia di tutti quei terrorizzanti fenomeni.
    Dovevano andarsene, per forza, ma verso dove?
    L’unica alternativa sembrava essere, purtroppo per lei, l’oscurità. Quindi doveva abbandonare quelle rassicuranti fiammelle per ributtarsi di nuovo nel buio ed il pensiero le faceva tanto male quanto quell’acido che le perforava la pelle.

    E’ un vero incubo..

    Mugugnò ma non potè resistere oltre, il dolore adesso era troppo forte per poterlo tollerare.
    Non provò nemmeno a lanciare un incantesimo, perché, semplicemente, non aveva la lucidità per farlo, o per trovarne uno adatto.
    Abbassò il capo, piegò leggermente la schiena e prese a correre, con gli occhi chiusi, chè tanto in quel buio la vista non le sarebbe servita. A compensare, mise le mani avanti, così che, se fosse finita contro qualcosa, queste avrebbero in qualche modo attutito. A vederla da fuori, sembrava un toro lanciato contro un immaginario fazzoletto rosso.

    Per Alex nessun incantesimo, è ancora in preda al panico, anche perchè dovrà tornare di nuovo al buio, quindi reagisce solo d'istinto.

    Alexandra Wigley: Prestanza normale, Agilità: 07- Prontezza: 07
    Affinità 9 (7), Carisma 9 (7), Saggezza 9 (7)
    Piaga: la Falena
    Sei assillata ogni notte da incubi che non ti consentono di riposarti come vorresti e ti deconcentrano durante l'arco della giornata: ogni rumore ti spaventa, rendendoti sfiduciosa anche di chi ti è intorno. Inoltre cerchi sempre conforto nella luce, preferendo le zone più soleggiate del castello o evocando con la magia fonti luminose nei luoghi più bui.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo vostro post in questo topic.
     
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    Ghiaccio VI Anno
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    Camminava. Camminava e poi correva. E poi camminava ancora.

    Uno due tre quattro...

    Contare la rilassava. D'altronde non c'erano pensieri significativi al momento. Sertoria, il cervello di Sertoria annaspava in una pozza nera. Aveva compreso che quella era la paura e che paura è mente che s'inceppa. Al buio aveva affinato i sensi più intimi, quelli che i tipi come lei disdegnano: il tatto, la mano accaldata, la sintassi scorretta di Luke, che udiva senza realmente ascoltare. Le era morta la lente e il suo occhio non ci vedeva. L'architetto del suo intelletto avanzava a tentoni cozzando sui muri.

    Otto nove dieci...

    Contare ordinava il mondo. Contare i passi, contare.

    Bagnato.

    Sertoria batté le palpebre. Realizzò che c'era la luce, adesso c'era luce. E c'era altro, roba vischiosa, roba ardente tra i capelli, all'attaccatura dei capelli, che male, che male, poveri capelli.
    Sertoria si portò la mano libera alle chiome e subito le ritrasse, ché i polpastrelli erano in fiamme e l'odore marcescente, tanto da non sapere più se fosse suo o d'altro.
    Appuntò gli occhi su Lygeon, la spalla, il collo. E vide...

    Rosso.

    La stanza nera e poi il rosso, lo scarlatto, fanali, le automobili rosse, metallo, rosso sull'asfalto nero.

    Rosso no, non rosso.
    Seguimi e occhi gli chiusi tieni.
    Chiusi tieni chiusi tieni chiusi tieni chiusi...

    Lei obbedì, brava com'era a obbedire. Bruciava tutto, tutto bruciava. Avesse guardato, si fosse azzardata a guardare, forse il carminio l'avrebbe accecata. Tutto il colore fagocitato, rosso sui muri, sul corpo, tra le labbra. Il rosso è dolore, il rosso l'aveva addosso e al solo pensarci inaridiva fino alle ossa. Arpionò la presa sulla mano di Luke.

    Parapluvia!

    Vicino, così vicino che a cose normali Sertoria avrebbe iniziato a oscillare avanti e indietro, a tormentarsi i bottoni della manica, a frugare gli angoli con lo sguardo. Ma non adesso, non adesso che il Troppo l'aveva mandata in tilt. L'interno della sua testa, una strada trafficata, una Roma insanguinata di automobili e clacson e gente travolta e fanali, fanali rossi.

    I fanali.

    Doveva fare qualcosa, doveva aiutare, o il rosso li avrebbe ammazzati tutti. Decise che attorno era tutto bianco, tutto come i capelli della Harp o la tunica di nozze della mamma. Levò il braccio dolorante e la bacchetta dolorante - poiché lei e l'altra, loro erano come una e sempre avrebbero spartito ogni cosa; poteva solo ripetersi, come ripeteva ogni cosa, tracciando l'incantesimo che con ogni probabilità sarebbe diventato il suo preferito.
    Buon Dio, com'era possibile che una creatura senza personalità come lei avesse amici?

    Echo.

    Mormorò rivolgendosi in direzione della Voce, l'unica che volesse udire, quella di lui: si fosse dedicata ad altro, qualsiasi altro, i suoi processi nervosi non avrebbero retto, non adesso.

    Salviamoci.
    Che ore sono?


    Il tormento di non poter conoscere neppure più la struttura del tempo.

    Sertoria Eburneo: Carisma 4 (3), Prontezza 7 (4), Saggezza 12 (9)
    Piaga: la Puzzola
    Ogni sorta di puzza disgustosa e maleodorante impregna te e i tuoi vestiti, senza che alcun tipo di sapone riesca a rimediare anche parzialmente al problema. La sua potenza non dà pace nemmeno a te stessa, tanto da distrarti costantemente e provocarti conati di vomito. A questo punto decretare la conseguenza peggiore, ovvero temere di avvicinarti agli altri o svenire per il forte odore, è un'ardua impresa.

    Sertoria cerca di amplificare l'effetto del Parapluvia di Luke.
     
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    Come erano comparse le voci così scomparvero. Dal nulla e nel nulla. Come se non ci fosse stato altro che il buio prima d'ora. La ragazza Tempesta si ritrovò confusa a non capire più cosa stesse accadendo, tranne che il muro diventava di nuovo più vicino di prima. Si muoveva spingendosi verso il fondo e quella che era nata come una festa segreta si era trasformato nel segreto delle segrete. Trovò Kiwi-Ske poco lontano, felice almeno di non essere senza più nessuno vicino. Aveva sbagliato a portarli lì sotto, facendo rischiare chissà quale pericolo per nulla. Máiréad si sarebbe pentita di quella scelta se fosse davvero capitato qualcosa, quei suoni, quei terribili e animaleschi suoni che avrebbe dimenticato volentieri ma che ormai erano stati registrati nella mente.
    Trascinando la gamba non funzionante l'irlandese proseguì, da sola. Non sapeva più dove fossero tutti gli altri, dove fosse Finto Séamus e il suo calcio, Sam e Sert con Pigeon, la ragazza-palloncino, Frencis, chi piangeva, chi gridava, chi volava, chi salvava gli altri... Non vedeva più nessuno, non sentiva più nessuno vicino e tutto ciò la smarriva come Alice che osservava la tana del Bianconiglio e poi ci finiva giù di testa.
    Cammina cammina, destra, sinistra, di nuovo destra, di nuovo sinistra, Máiréad si era già persa al primo svoltare ma a quel punto non avrebbe più saputo dire dove fossero tutti in quel momento. Qualcuno più bravo forse ci sarebbe riuscito, non lei però. Quello che sapeva era che da qualche parte doveva esserci una perdita di tempo perché gocciolava acqua dal soffitto.

    Bagnato? Tá sé ag cur baistí? [Sta piovendo?]

    O almeno credeva fosse pioggia. Solo dopo, fra la reazione di Sert e gli strani riflessi rubini, l'irlandese capì che si trattasse di altro. Cosa non le andava molto di scoprirlo, bastava solo liberarsi il prima possibile dal rosso che iniziava a sporcare il costume nonché lei stessa. E non solo. Prima piano poi gradualmente, i punti colpiti dall'umido iniziarono a bruciare e fare male. Il terrore la prese, rivolta solo a un compito da eseguire: proteggere i tre animali. Uno scudo umano di amore, fra le braccia a coppa, la schiena della Callaghan avrebbe schermato ogni singola goccia destinata alle teneri e delicate pellicce. Soffriva ma per ogni fitta di dolore si contrappone una tacca di sollievo perché non fossero i famigli a patirne gli effetti. Lo scheletro che indossava le sembrò quasi una scelta beffarda del Destino tanto caro al professore padrone di furetti.

    Ouch!

    Le venne spontaneo urlare dopo un tonfo. Fra il pavimento bagnato e scivoloso e il dover appoggiare tutto il peso del corpo su una gamba sola che iniziava a fare male e bruciare, Máiréad inevitabilmente cadde a terra. Rialzarsi senza ferire i suoi amici era un'impresa molto più grave e moralmente peggiore di quella precedente.

    Che qualcuno mi aiuti. Non lasciatemi sola.

    Furono le uniche parole pronunciate dopo il pianto. Era là, più rossa di quanto i suoi capelli glielo consentissero già, la pelle e il costume che bruciavano e con poca voglia di andare avanti, svuotata di tutta la felicità come capitava a un palloncino senza più elio all'interno. Lei, che aveva sempre volato più leggera dell'aria, ricadde a terra bloccata da un macigno pesante e sempre più pressante.
    Anche una Fenice, nel suo eterno splendore, bruciava per smettere di soffrire e rinascere migliore di prima. Máiréad invece non aveva deciso se tornare ancora una volta pulcino o lasciarsi andare definitivamente alle ceneri.
    PA modificati: Agilità 3 - Prontezza 3
    Piaga: la Tartaruga
    A giorni alterni una delle tue gambe smette di funzionare: nei giorni pari la gamba destra, nei dispari la sinistra. Tutte le volte che cammini, corri o durante qualunque altra azione che costringa a muoverti occorre il doppio del tempo necessario, nonché maggiori dolori dovuti allo sforzo muscolare di una sola gamba. Inizia a saltellare, perché è la tua unica chance!
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
    takasugi; Sertoria Eburneo NukEddy Luke Lygeon
     
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    Frozen Wiz
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    Trovare la mano di Coral in quell'abisso oscuro fatto di urla e richieste d'aiuto fu come aggrapparsi ad un appiglio sicuro durante una discesa in caduta libera. La sua mano destra tremava, eppure stringeva quella della ragazza forte come non aveva mai fatto prima in tutti quegli anni. Non era il buio a spaventarlo, era stata la paura di perderla a paralizzarlo sul posto, a causa di un male ignoto che non aveva idea di come fronteggiare.
    Eppure erano ancora insieme. Sì, c'erano anche tutti gli altri studenti della scuola a correre con loro in quel corridoio oscuro, ed era anche preoccupato per i suoi compagni di Casata, soprattutto i più piccoli...ma finchè c'era la studentessa della Tempesta vicino a lui, allora una piccola speranza di uscire vivi da lì sotto poteva esserci. Nonostante sentire i suoi singhiozzi gli stringesse il cuore in una morsa strettissima, cercava di proseguire insieme a lei alla ricerca della luce, alla ricerca della fine di quel supplizio.
    Ad un certo punto le voci cessarono, così come le tenebre: delle fiaccole si accesero lungo il loro cammino, permettendo a tutti di vedere finalmente dove mettevano i piedi. Non era la luce del giorno ad illuminare i loro passi, ma quelle fiaccole facevano il loro dovere.
    E loro dovevano andare avanti, non dovevano fermarsi. Nessuno doveva rimanere indietro, perchè non sapevano cosa sarebbe successo a chi avesse perso il gruppo e fosse rimasto solo.
    Proseguiva in quel labirinto di corridoi tenendo ancora stretta la mano di Coral, camminando senza una meta precisa, le scale che portavano ai piani superiori dell'Accademia sembravano essere sparite nel nulla. Faceva ancora freddo ma non come poco prima, e la sua mano sinistra sembrava ancora essere fuori uso, inspiegabilmente. Questo fatto lo preoccupava e non poco, non poteva però fermarsi a riflettere su cosa fare.
    Inizialmente non fece nemmeno caso alle goccioline che iniziarono a bagnare il suo viso e i suoi capelli, convinto che si trattasse semplicemente di umidità, condensa che ricopriva il soffitto e le pareti fredde di quel posto da brividi. Dovette però ricredersi un attimo dopo, quando si rese conto che quelle goccioline bruciavano. Guardandosi intorno, si rese conto che non era pioggia quella che stava bruciando le pelli ed i vestiti di tutti quanti: era sangue. O almeno quello era il colore, anche l'odore, perciò non aveva molti dubbi al riguardo.

    Merda.

    Bruciava, faceva male. Provava dolore, lo sentiva sulla pelle. Però non sentiva la mano sinistra.
    Gli venne istintivo allora rivolgere per qualche breve istante il palmo della mancina verso l'alto, il tempo che sarebbe bastato a far cadere su di essa un paio di gocce rosse. Non sapeva se si sarebbe mossa, se avrebbe risposto ai suoi comandi, ma aveva bisogno di farlo per capire se riusciva almeno a provare dolore su quella parte di corpo che sembrava non appartenergli più. Non era un medimago e non sapeva nulla di quel genere di cose, eppure doveva esserci una causa a quell'improvvisa incapacità di usare la mano. Non poteva essere soltanto una semplice illusione.
    Qualcuno aveva pensato bene di correre verso la fine del corridoio, non tutti però lo stavano facendo. Vide una ragazza fermarsi a pochi passi da lui, per lanciare un incantesimo contro il nulla. Vicino a lei, impegnata a fare lo stesso, c'era anche Frances. Non riconobbe in quella studentessa la figura di Cyrene, tra la penombra, il sangue, il panico generale, sapeva soltanto che come tutti gli altri era sotto la sua responsabilità e non poteva lasciarla indietro.

    Lasciate perdere, non vi fermate! Correte, veloci!

    Lanciò una breve occhiata all'altra Caposcuola, in un'implicita richiesta d'aiuto. Dovevano controllare che nessun altro rimanesse indietro, erano loro due responsabili per tutti quanti. Bellamy era un egoista di prima categoria, eppure in situazioni del genere erano le fiamme che bruciavano nel suo petto a prendere il sopravvento, le stesse che l'avevano spinto a gettarsi in una stanza che andava a fuoco per tirare fuori da questa un suo compagno di Casata.
    Poco più in là, una richiesta di aiuto attirò la sua attenzione. Si trattava di una studentessa che si trovava a terra, non riusciva a muoversi da quello che poteva dedurre il ragazzo biondo. Motivo per cui decise di andare verso di lei, con l'intento di aiutarla a rialzarsi, ed eventualmente sostenerla in quella corsa, offrendole un braccio, le sue spalle, qualsiasi cosa di cui avesse bisogno, purchè si muovesse.

    Dai, dai, forza!

    Sarebbe stato disposto persino a caricarsi Máiréad sulle spalle se fosse stato necessario. Se fosse successo qualcosa di grave a qualcuno, non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe odiato dover vivere con i sensi di colpa, per questo motivo lasciava all'adrenalina il compito di fare tutto il necessario pur di uscire da quel posto e non permettergli di restare paralizzato dalla paura e dallo sconforto. Era un Fuoco, non poteva avere paura.

    Bellamy all'inizio sotto la pioggia di sangue prova a vedere se sente dolore alla mano morta, ma la cosa è abbastanza relativa, nel senso dura un attimo (?). Poi cerca di convincere Frances e Cyrene a correre via, poi però va ad aiutare Máiréad e se lei glielo lascia fare se la trascina/incolla/carica, qualsiasi cosa pur di portarsela appresso verso la fine del corridoio. Ho pensato potesse farlo visto la prestanza Robusta.

    Saggezza: 32
    Capacità Magiche: 37 (25)
    Manualità: 24 (17)
    Riflessi: Agilità: 23 - Prontezza: 21
    Sensibilità: Intuito: 13 - Affinità: 19
    Carisma: 30 (20)
    Prestanza: Robusta

    Piaga: il Serpente
    La tua mano dominante non è più utilizzabile, come se non rispondesse più o fosse profondamente addormentata, il che limita pesantemente lo svolgimento della maggior parte delle azioni quotidiane. Impugnare una bacchetta, interagire con piante, fabbricare pozioni, persino scrivere: la tua manualità è compromessa e a meno che non impari a utilizzare l'altra serve trovare alternative valide.
    Frequenza: costante, a partire dal prossimo post in questo topic.
     
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138 replies since 22/10/2020, 21:10   4827 views
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