Votazioni Contest di Settembre
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  • Spaccata ; di Pan'
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    5
  • Prendiamo il sentiero paludoso per arrivare alle nuvole ; di Melahel A.S. Ackerman
    57.14%
    4
  • Serp- ; di Catherine Nott
    14.29%
    1
  • Gemelli diversi ; di Nathaniel Logan
    14.29%
    1
  • Fuori luogo ; di Derek Wade
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This poll is closed (Voters: 7)

Contest di Settembre: "E il Cappello esclamò..."

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    E il Cappello esclamò...


    Back To Hogwarts


    1 Settembre: è ora di tornare ad Amestris! Ma i nostri PG adulti hanno vissuto il più recente passato, prima della tragica fine della compianta Hogwarts... Il 1 Settembre, binario 9 e 3/4, il Preside Albus Silente prima, Minerva McGranitt poi e, infine, lo sfortunato Redforth Gelliop, l'ultimo di Hogwarts. E quando per la prima volta varcarono le porte della Sala Grande, con una divisa tutta nera, senza stemma né Casa, cosa passava per la loro testa? E su quello sgabello, col Cappello Parlante sulla testa, come andò realmente?

    Un contest a tema Hogwarts per esplorare la più intima e decisiva conversazione della vita di un mago, per raccontare cosa quel magico pezzo di stoffa avesse visto nella testa del vostro PG adulto preferito. E a ragion veduta: noi sappiamo già come le cose sono andate, nel futuro di quel passato!

    REGOLE:
    - Tema: la conversazione di smistamento tra il PG e il Cappello Parlante
    - Il Contest è aperto a tutti
    - Il protagonista deve essere un PG adulto del gioco, anche non proprio
    - Lunghezza minimo 600 parole
    - Controllare ortografia e grammatica, rileggete il vostro lavoro anche più volte prima di postarlo, perchè lavori grammaticalmente scorretti verranno esclusi a priori.
    - Lo staff si riserva di eliminare qualunque contenuto non sia ritenuto in linea con il regolamento e l’ambientazione. Se avete dei dubbi, contattate un membro dello staff prima di scrivere.
    - Ricordate di consultare il topic annuario per rendere coerente il coinvolgimento di altri personaggi.

    All'inizio della Fanfiction andrà inserito il solito specchietto:
    CODICE
    <b>Titolo:</b>
    <b>Autore:</b>
    <b>Personaggi:</b>


    La classifica verrà stilata in base a una votazione tra i giocatori
    Al primo classificato verranno assegnati 30 pe, al secondo 20 ed al terzo 10. A tutti verrà assegnato un premio di partecipazione di 15 pe.
    Scadenza: 25 Settembre compreso
    Scadenza votazioni: 30 Settembre

    Edited by Il Tessitore - 1/9/2020, 23:23
     
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    Titolo: Serp-
    Autore: Freddie_993 (Instagram ò.ò)
    Personaggi: Catherine Nott; Frederick Nott (PNG defunto).

    Mentre muoveva i suoi primi passi nella Sala Grande, la giovane Catherine Nott sentiva ancora alle sue spalle i suoi compagni esprimere le loro ansie e le loro paure a bassa voce. Ne era infastidita. Credevano forse che diventare Serpeverde fosse per loro un'onta insostenibile? La strega, avrebbe voluto voltarsi e redarguirli, dicendogli che, se la Casa verde-argento era la stessa di cui le aveva parlato più volte suo fratello Frederick, loro potevano smetterla di darsi tanta pena: Certa feccia il Serpente non l'accoglierà mai.

    Raggiunse lo sgabello, che era affiancato dal Vicepreside attualmente in carica, e, prima di sedersi, osservò il cappello a punta, che fra poco avrebbe indossato. Era lacero, rattoppato e aveva ancora i segni delle bruciature che gli avevano lasciato l'ultima battaglia di Hogwarts. Dopo averlo rapidamente studiato, si promise una cosa: Non gli suggerirò in quale Casa smistarmi.
    Al contrario di molti maghi novelli, lei conosceva i poteri singolari di quel copricapo: le Stregonerie di Godric Grifondoro e degli altri tre Fondatori, che erano riuscite a sopravvivere un millennio, ancora lo permeavano e gli permettevano di leggere le loro menti! La magia di quell'arcano artefatto l'affascinava più della Preside Minerva McGranitt, che per lei era solo un'eroina di guerra.

    Desidero che vagli ogni opzione. Continuò a ripetersi le promesse che si era fatta. Non le importava molto se la Casa che faceva per lei non fosse la stessa di suo fratello, anche se lo dubitava: la Casata dei Nott non conosceva altri colori, se non il verde e l'argento e lei, inoltre, era una Rettilofona.

    Quando, finalmente, prese posto, ebbe dinanzi l'intero studentato di Hogwarts. Sentì gli occhi della maggior parte di loro addosso e seppe che questo non fosse dovuto solo al suo legame con Frederick, l'attuale Capitano del Quidditch dei Serpeverde, ma anche perché lei sarebbe entrata direttamente al secondo anno di studi: aveva, infatti, frequentato il suo primo a Beauxbatons. Non succedeva tutti i giorni che a Hogwarts venisse accettato quel genere di cambio e di certo molti volevano chiederle come fosse l'Accademia di magia francese, che, al contrario della scuola scozzese, aveva un regolare corso di Alchimia, un'Arte Magica che non aveva saputo affascinare Catherine abbastanza.

    Mentre cercava fra i Serpeverde seduti il volto di suo fratello, le venne fatto indossare il Cappello Parlante.
    Il malridotto copricapo, non appena percepì i pensieri di Catherine, provò a dire: « Serp- »
    Fermati. Vorrei che prima mi spiegassi perché non potrei far parte delle altre tre Case. La richiesta, che fece quasi sobbalzare il cappello per quanto fosse insolita, venne fatta dalla bambina attraverso i suoi pensieri. Non riteneva necessario parlare quando indossava un oggetto capace di percepire ogni cosa che le passasse per la testa.

    Inusuale, ma penso che questo non sia un problema. Le comunicò l'arcano copricapo, facendola sorridere maliziosamente. Era compiaciuta dal fatto che pochissimi, oltre a lei, gli avessero fatto quella richiesta.
    Be'... vediamo se Tassorosso fa per te.
    Sicuramente non ti spaventa il duro lavoro, se questo ti permette di migliorare, ma non credi nel "fair-play", non sei affatto una persona amichevole e, anche se fai di tutto per non mostrarlo, sei impaziente.
    Fu così che la meno-selettiva delle quattro Case la ritenne non-idonea di far parte della sua schiera di giovani maghi e streghe.

    Venne poi il turno della Casa del Leone per prenderla in considerazione: In Grifondoro albergano tanto il coraggio, l'audacia, la determinazione e l'orgoglio, quanto la testardaggine, la spericolatezza e l'irascibilità. La paura non ti domina, sei piena di te e non ti arrendi facilmente, ma non sei né caparbia, né incauta. Infine, sei quasi del tutto priva della magnanimità che tanto era apprezzata da Godric.
    Catherine, udendo quelle parole nella sua mente, non poté che continuare a fare segni d'assenso. In effetti, benché fosse coraggiosa, era al tempo stesso cauta. Non le piaceva scagliarsi contro qualcuno senza avere almeno un piano o una tattica in mente per sopraffarlo.

    Veniamo ora a Corvonero. Proseguì il Cappello Parlante.
    Arguzia, saggezza e amore per la conoscenza certo non ti mancano, ma... non sono queste le qualità che ti caratterizzano. Tu puoi ispirare gli altri e importi su di loro, ruggendo come un leone; puoi vagliare e studiare la situazione dall'alto, volando come farebbe un'aquila. Ma la sintesi di questi tuoi aspetti li puoi trovare solo in una Casa...
    La Casa di Serpeverde aveva in sé orgoglio, ambizione e furbizia. Famigerata per il considerevole numero di futuri maghi oscuri che aveva accolto, i suoi studenti erano pieni di risorse, determinati e dotati di un'innata leadership.
    Serpeverde era decisamente la Casa migliore per quella giovane Nott, che già poteva definirsi carismatica. Lei non avrebbe esitato, inoltre, a sporcarsi le mani, se questo le avrebbe permesso di raggiungere i suoi obbiettivi. Fu per queste ragioni che il Cappello Parlante non attese oltre ed esclamò: « Serpeverde! »

    Catherine scese dallo sgabello e posò su di esso il Cappello Parlante, diretta verso il tavolo dei suoi nuovi compagni e, in particolare, di suo fratello.
    Quando giunse dinanzi a lui, rimase delusa: notò, infatti, che entrambi i posti al suo fianco erano occupati da altri Serpeverde.
    Lui la guardò e le chiese quasi con tono irriverente: « Perché ci ha messo così tanto a smistarti? »

    Lei lo folgorò con lo sguardo e senza rispondergli si mise a sedere nel primo posto lontano da lui e dalla sua disprezzabile simpatia.
    Non era quella l'accoglienza che aveva immaginato di ricevere.

    Edited by Catherine Nott - 20/9/2020, 22:38
     
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    Titolo: Fuori luogo
    Autore: Derek
    Personaggi: Derek Wade

    Derek, in undici anni di vita, non aveva mai visto una città grande come Londra. Guardare dal basso le enormi costruzioni di quella città, osservare le immense vie popolate di gente di ogni età ed etnia lo faceva sentire piccolo come una formica. Nella sua ancora breve vita, gli era capitato un paio di volte di arrampicarsi con i suoi genitori su montagne altissime, tanto alte che ad un certo punto aveva sentito l’ossigeno iniziare a mancare ai suoi polmoni di bambino. Ecco, Londra lo faceva sentire nello stesso modo: si sentiva soffocare, era troppo grande ma allo stesso tempo troppo affollata, troppo costruita, troppo. A Sunderland non c’era nulla di tutto ciò: era una piccola cittadina industriale che si trovava a quasi cinquecento chilometri dalla capitale inglese, era attraversata anche lei da un fiume, ma il Wear faceva molta meno paura del Tamigi. E girando per Londra, si era reso conto che il suo posto preferito di tutta Sunderland – lo Stadium of Light, casa della sua squadra di calcio preferita – non aveva nulla a che vedere con gli stratosferici stadi delle squadre londinesi. E Derek avrebbe preferito di gran lunga visitarli tutti quanti, piuttosto che prendere quel treno alla stazione di King’s Cross che non aveva idea di dove l’avrebbe portato.
    Il bambino norvegese non aveva la minima idea di cosa fosse Hogwarts, né di dove si trovasse, né di cosa avrebbe fatto una volta arrivato lì. Sapeva soltanto che era una scuola di magia e che lui doveva andarci perché era un mago. Gli sembrava davvero un’assurdità. Ancora non credeva a tutto quello che gli era stato detto, eppure il giorno prima suo padre, con cui aveva raggiunto la capitale inglese, l’aveva accompagnato a comprare la sua bacchetta magica e il resto del materiale di cui avrebbe avuto bisogno per quell’anno e i successivi. Derek non si era sentito così tanto smarrito in vita sua nemmeno nelle più fitte foreste dell’entroterra africano, dove i suoi genitori l’avevano portato quando nemmeno sapeva ancora leggere.

    Che c’è, Derek, sei spaventato?

    Trevor Wade stava trascinando il carrello del figlioletto, con il suo baule e tutto il resto del suo materiale scolastico, fino al binario nove…no, il dieci, no…il nove e tre quarti. Ma dove diavolo si trovava questo binario? Che razza di numero era, poi, nove e tre quarti?
    Il bambino mosse la scodella di capelli biondi, annuendo alla domanda del padre. Aveva paura, sì, perché non aveva idea di dove stesse andando, non conosceva nessuno e nessuno gli aveva spiegato nulla di quel mondo a cui, a quanto pareva, apparteneva da sempre ma nel quale non aveva mai vissuto.

    Non preoccuparti, te la caverai. E poi potrai telefonarci ogni volta che vorrai.

    Il signor Wade non sapeva che la tecnologia nel Mondo Magico non funzionava, non aveva mai avuto modo di sperimentarlo. Nessuno nella sua famiglia era un mago, nessuno gli aveva spiegato cosa significasse esserlo.

    ***



    Attraversare un muro per poter raggiungere il treno che l’avrebbe condotto alla scuola di magia fu soltanto la prima delle tante assurdità che, durante l’arco di tutta quella giornata, aveva visto con i propri occhi e vissuto sulla propria pelle.
    Derek era un bambino solare e allegro, sempre pronto a dispensare sorrisi nei confronti di chiunque avesse intorno, ma quel giorno era stato completamente l’opposto. Mentre tutti quanti i ragazzini che lo circondavano erano entusiasti di salire sul treno, si abbracciavano e si salutavano, correvano verso i loro amici che non vedevano dall’inizio dell’estate, il piccolo norvegese era rimasto in disparte in attesa di sentire qualcuno dare qualche indicazione ai più spaesati come lui. Doveva esserci per forza una persona addetta a quel genere di compito.
    Prese infatti posto sul treno in uno scompartimento dove non c’era ancora nessuno, ma non si oppose quando, qualche minuto dopo la partenza del treno, un ragazzino dai capelli corvini che sembrava essere almeno un paio d’anni più grande di lui decise di occupare il posto che aveva di fronte. Lo sconosciuto, non appena capito che Derek era un Nato Babbano che non era mai entrato in contatto con la magia, iniziò tutta una serie di spiegazioni e racconti su quanto il Mondo Magico – in cui lui a quanto pareva viveva da sempre – fosse meraviglioso e quanto adorasse Hogwarts e tutte le cose che in quella scuola si potevano fare. Dopo il primo minuto, il biondino aveva già la testa piena di informazioni e decise di fingere di addormentarsi, l’unico modo per far star zitto lo sconosciuto senza rischiare di offenderlo.
    Dall’arrivo alla stazione fino a quando non mise per la prima volta piede in quell’immenso castello, Derek fece tutto quello che gli venne detto di fare: aveva indossato la divisa, seguito il Guardiacaccia, era salito su quella barchetta che gli aveva dato l’impressione di essere sul punto di affondare da un momento all’altro e poi aveva atteso, di fronte all’ingresso della cosiddetta ‘’Sala Grande’’ insieme a qualche decina dei suoi coetanei, che qualcuno li chiamasse per essere ‘’smistati’’. Aveva vissuto il tutto con una certa dose di imbarazzo, nonché di preoccupazione e di timore. Era un bambino estremamente insicuro, ed ogni volta che doveva fare qualcosa di cui non conosceva le esatte procedure, la paura di sbagliare e di combinare qualche disastro lo assaliva e lo paralizzava. Sembrava essere l’unico a provare quello stato d’animo, tutti intorno a lui gioivano ed erano più che entusiasti di trovarsi al cospetto della famosissima Minerva McGranitt. Lui non aveva mai sentito prima d’ora quel nome.
    Non riuscì nemmeno a meravigliarsi di fronte agli spettacolari addobbi magici della Sala Grande, e non fu nemmeno in grado di evitare di arrossire violentemente quando tutte quelle ragazze e quei ragazzi già seduti lungo quegli immensi quattro tavoli si voltarono per osservare il loro passaggio. Derek si trovava lì da meno di mezz’ora e già voleva tornare a casa dei suoi genitori.
    Poggiato su uno sgabello di fronte al tavolo di quelli che dovevano essere i professori, c’era un cappello tutto sgualcito che sembrava aver fatto delle guerre. Doveva essere vecchio almeno un centinaio d’anni, se non di più. Il bambino norvegese iniziò a chiedersi a cosa servisse un cappello poggiato su uno sgabello. I maghi erano proprio strambi.
    Ma non appena i bambini intorno a lui iniziarono ad essere chiamati per nome ed invitati a sedersi sullo sgabello, Derek si rese conto che quello non era un semplice cappello da mettere in una giornata particolarmente soleggiata o piovosa. Il cappello cantava, parlava, e a quanto pareva…diceva a quelli appena arrivati come lui il tavolo a cui avrebbe dovuto prendere posto. Gli ci volle più di qualche secondo per rendersi conto che prima o poi, quel cappello parlante sarebbe stato poggiato anche sulla sua testa, ed al pensiero rabbrividì. Nel frattempo, mentre tutti intorno lui venivano chiamati e smistati, il biondino cominciava a rimanere sempre più solo e si sentiva totalmente vulnerabile di fronte agli occhi di tutte le persone che lo circondavano. Era stato facile nascondersi dietro tra i ragazzini più alti di lui, finchè c’erano stati. Ma ogni nome che veniva chiamato che non era il suo, contribuiva a far contorcere il suo stomaco in una maniera che non aveva mai provato prima. Si sentiva come paralizzato, gli sembrava diventato difficile persino riuscire a respirare involontariamente come una qualsiasi persona normale. Sentiva la sua faccia andare a fuoco, ma era piuttosto certo di non avere la febbre. Ad un certo punto, si rese conto di essere rimasto completamente da solo. Per via del suo cognome, era l’ultimo studente ad essere segnato sulla lista.

    Derek Wade.

    Il piccoletto, stretto nel grande mantello nero che sembrava pesare più di lui, dovette concentrarsi più del previsto per riuscire a camminare fino allo sgabello senza cadere. Sentiva sulla propria pelle che sarebbe stato in grado di fare una figuraccia da un momento all’altro. Gli bastò darsi un’occhiata intorno, una volta seduto, per rendersi conto che gli occhi di tutta la Sala erano puntati su di lui.
    Deglutì a fatica, ritrovandosi a tremare appena nel momento in cui il vecchio cappello venne posizionato sulla sua testa.

    Oh oh, non c’è di certo l’animo di un Grifondoro in te, ragazzo mio. Così mi rendi il lavoro davvero facile!

    Derek fece fatica a realizzare che fosse proprio il cappello sulla sua testa a parlare. Avrebbe voluto chiedergli che cosa significasse che non aveva ‘’l’animo di un Grifondoro’’, avrebbe voluto chiedergli un sacco di cose, ma le parole sembravano bloccarsi nella sua gola non appena cercava di schiudere le labbra per parlare.

    Vediamo…una mente brillante, vedo. Ti piace lo studio, non è vero?

    Il bambino annuì, senza ancora riuscire a dire nulla.

    Bene bene bene…allora magari ti troveresti a tuo agio tra i più saggi ed ingegnosi…

    Ma il Cappello, dopo una decina di secondi di silenzio fatti soltanto di mugolii e rumori a lui incomprensibili, non gli aveva ancora detto quale sarebbe stata la sua Casata.

    Non so, non mi convince però. Temo che uno come te potrebbe annoiarsi troppo in un ambiente del genere.
    Fammi dare un’altra occhiata.


    Derek non aveva idea di cosa stesse parlando. A cosa doveva dare un’altra occhiata? Stava forse sbirciando nella sua testa alla ricerca di qualcosa in particolare?

    Dietro questo faccino confuso sembra esserci un cuore buono e paziente…sei uno a cui piace far ridere le persone. Ti piace il lavoro di squadra, sei un tipetto instancabile…

    Il cappello stava annunciando a tutti i presenti quello che c’era nella sua testa, e non riusciva a sopportarlo. Metterlo così a nudo di fronte ad un mare di sconosciuti…questi maghi avevano veramente un modo strano di fare qualsiasi cosa.

    Basta, per favore…

    E sei anche uno che si imbarazza facilmente…allora credo proprio di aver capito.
    TASSOROSSO!


    Da uno dei lunghi tavoli della Sala partì uno scroscio di applausi piuttosto rumorosi ed il volto di Derek, le cui guance erano già abbastanza rosse per l’imbarazzo, diventò tutto dello stesso colore di un pomodoro maturo.
    I gesti di quei ragazzi grandi che lo invitavano a raggiungerli e a sedersi tra loro gli fecero capire che probabilmente era quello il posto in cui doveva andare. Quindi, quando finalmente gli fu tolto l'inquietante cappello dalla testa, il bambino norvegese si alzò dallo sgabello. Percorse quei pochi metri che lo dividevano dal tavolo di Tassorosso, ma non appena si distrasse per un istante, finì per inciampare nel mantello nero troppo lungo per lui, riuscendo a tenersi in piedi per miracolo. Eppure qualcuno doveva averlo visto, perché poteva sentire le risatine degli studenti che lo circondavano ed i loro occhi puntati su di sé. Non avrebbe mai saputo dire se fosse la realtà o se era soltanto la sua impressione.
    Al tavolo prese posto accanto ad un ragazzo che doveva essere probabilmente all’ultimo anno, a giudicare dalla barbetta appena visibile sul suo volto. Tutti quanti iniziarono a parlargli con gentilezza, facendolo sentire come un cucciolo indifeso, gli facevano domande per metterlo a suo agio ed invitarlo a parlare, a fare conoscenza. Ma Derek non riusciva a parlare, riusciva soltanto a muovere il capo per rispondere ‘’Sì’’ o ‘’No’’ a quello che gli chiedevano, mentre nella sua testolina dominava ormai da ore un unico pensiero.

    Voglio tornare da mamma.




    N.B.: non so se sono andata fuori tema, in caso dovesse essere così non importa, ci tenevo comunque a dare la giusta cornice alla situazione :3
     
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    Titolo: Spaccata
    Autore: Pan
    Personaggi: Pan, Jane

    Spaccata



    Jane non aveva mai visto un edificio di quelle dimensioni in tutta la sua vita. Il castello di Ilvermorny era tanto imponente che chiunque si sarebbe sentito minuscolo in sua presenza, anche non fosse stato una bambina di undici anni appena catapultata in un mondo di cui aveva ignorato l'esistenza per tanto, troppo, tempo; pareva nato dalla stessa immensa foresta in cui era immerso, le alte torri a stagliarsi contro le nubi di quell'uggioso pomeriggio di settembre come fossero ponti tra la terra e il cielo.
    Jane non aveva mai visto neppure così tanti ragazzi nelle stesso posto al contempo, ché le quattro mura incrostate della sua camera d'orfanotrofio erano state prigione ben più che rifugio, e l'unica amica che potesse chiamare tale respirava il suo stesso ossigeno con i suoi stessi polmoni, parto di una mente troppo fragile per poter sopportare l'isolamento senza spaccarsi.
    La bambina aveva assimilato così tante informazioni in così poco tempo da ricordare quell'istituto gestito da suore come fosse un'altra vita, come non fosse stato l'unico luogo che avesse potuto chiamare casa fino a pochi mesi prima; sperava che di quel carcere potesse sopravvivere soltanto il ricordo, ma una ferita ben più profonda albergava nel sibilo fra le sue tempie, la voce di un'anima che non avrebbe mai visto la luce se non attraverso i suoi stessi occhi, né avrebbe mai potuto avere vita indipendente dalla sua. Pan albergava nei pensieri di Jane come un fungo in simbiosi col suo ospite; era stata amica, alleata, sostegno, sorella, ed in quel momento, di fronte all'immenso portone di legno finemente intagliato del castello, lei vedeva aprirsi anche le porte di un nuovo, infinito, spettro di possibilità, ben più ampio di quanto gli ingenui occhi della bambina di cui offuscava la mente fossero in grado di percepire.
    Jane si accorse che la scuola ospitava molti più studenti solo quando varcò la soglia di quell'enorme salone, così incredibile da sembrare uscito direttamente da un sogno; decine di studenti l'osservavano dall'alto delle loro balconate, così distanti da parer dei al cospetto dello sciame di api di cui lei faceva parte, pronti a prendere atto di quel che i fondatori avrebbero decretato del loro sangue e della loro mente. Scivolando lungo la parete antica ricoperta di arazzi multicolore, Jane si sentì piccola come non era mai stata, quasi fosse sul punto di scoprire se le sfingi della porta del coraggio l'avrebbero polverizzata con lo sguardo o se invece le avrebbero concesso di iniziare una nuova vita, permettendole di intrecciarsi a quella di tanti altri in quella sala. L'attenzione della bambina fu subito rapita dall'imponente nodo Gordiano, finemente intagliato al centro del pavimento marmoreo del salone, crocevia degli sguardi di quattro totem di legno che portavano i volti delle sfaccettature diverse dell'animo umano; le corde del nodo s'accavallavano in un intreccio infinito, costruito perché uscirne non fosse possibile, quasi ad intendere che qualunque fosse stata la statua attirata dallo studente, l'esistenza non si sarebbe risparmiata di chiudere comunque il cerchio.
    Il suo turno giunse prima di quanto avrebbe desiderato, lascito di un cognome che non era neppure suo, troppo in alto nell'alfabeto per lasciarle il tempo di realizzare cosa stesse realmente succedendo.
    Quando Jane mise piede al centro del nodo eterno, ebbe paura. Forse nessuna casa l'avrebbe voluta, come nessuno l'aveva mai desiderata da quando era nata, figlia di nessuno com'era sempre stata nella vita sul filo del paradossale che aveva vissuto fino a quel momento; forse non meritava neppure di essere lì, a mostrare tutte le sue debolezze e nessuna delle sue forze, in presenza di entità di cui non riusciva a quantificare la grandezza.
    Passò più di un istante di silenzio immobile, prima che i totem si manifestassero: Serpe e Tuono si levarono al contempo, l'uno facendo brillare la gemma impressa al centro della sua fronte, il luccichio ove la mente trovava lavoro e dimora, l'alto sbattendo le imponenti ali, l'abbraccio ove ardevano le anime più mistiche.
    Peggio che la possibilità di non essere smistata affatto v'era soltanto l'ipotesi di dover compiere una scelta impossibile, per Jane; lei, così abituata a dover rispettare aspettative impossibili, aveva rinunciato da tempo a provarci, preferendo lasciare quel fardello nelle sorti di una moneta. Ma quel giorno, un'altra mente ben più definita era ben disposta a farsi carico di quel compito; nel flebile ronzio racchiuso tra le tempie di una coscienza troppo giovane, Pan era così attratta dalla tempesta racchiusa fra le ali del Tuono Alato da pensare d'esserne figlia, ché se il serpente s'era risvegliato per l'acume di Jane, era certa che l'aquila stesse invece chiamando lei, nascosta ove nessuno avrebbe potuto vederla, eppure così forte nell'animo e nelle intenzioni della bambina da cui nasceva.
    Quel giorno, ad essere smistata fu quella che portava il nome di tutti, alla porte d'una storia ancora tutta da scrivere; non avrebbe di certo potuto immaginare che il nodo Gordiano della sua frammentata esistenza l'avrebbe presto portata a dimenticare quel momento così catartico, rimasto relegato nella friabile memoria di quella che portava il nome di nessuno.
     
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    Paradise Lost.


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    [QUOTE]Titolo: "Prendiamo il sentiero paludoso per arrivare alle nuvole."
    Autore: Melahel A.S. Ackerman
    Personaggi: Melahel A.S. Ackerman
    Wordcount: 733

    Il cammino verso il Cappello Parlante non era così lungo e quei passi erano importanti, anche per lui, che era nell’età dove anche lo spazio tra una piastrella e l’altra poteva esserlo ancora di più. I metri che lo separavano dallo sgabello erano una distanza che probabilmente avrebbe dimenticato, così come si faceva con i giocattoli vecchi.

    Sono coraggioso.

    Un bambino di appena undici anni non ne sapeva niente di niente e aveva passato l’interezza dell’estate con un nonno che gli ripeteva sempre le stesse cose. Lo aveva sentito dire che si sogna veramente solo una volta nella vita e che quel sogno poi rischia di essere dimenticato.
    Il vero sogno era qualcosa che tutti i maghi e le streghe facevano quella volta nella loro esistenza e poi basta.
    Melahel prese posto sullo sgabello, le dita incrociate, i suoi sogni traboccanti nei nascondigli della sua immaginazione. Voleva essere un Corvonero, voleva fare il pittore e voleva diventare bravo nelle materie che gli piacevano.
    Il cappello si mosse sulla sua testa, smuovendo i capelli neri, quasi come se non riuscisse a trovare una maniera comoda di farsi portare. Il piccolo non pensava che avesse bisogno di così tanto tempo, anche se suo padre gli aveva detto che il cappello sceglieva solo dopo averci pensato bene.

    C’è posto per un cappello, qui sopra?

    Disse, anche se ovviamente aveva tutto lo spazio del mondo e anzi, rischiava di scivolare troppo sugli occhi. Sentiva la tensione nelle gambe, di quel tipo positivo che sapeva di attesa per un dono o una bella notizia.

    Qua si siedono un sacco di teste piene di tante cose, così tante che non so dove mettermi!

    Borbottò ancora, decidendo che sì, privarlo temporaneamente della vista sembrava la soluzione migliore per lui. Il piccolo aveva smesso di vedere le teste intorno a lui ed il mondo era diventato più complicato da osservare.

    Dunque...dunque… cosa abbiamo qua? Mmmh… io qui ne vedo di cose, cose che si nascondono e cose che sbucano fuori all’improvviso. Che succede in questa testa? Ne ho viste tante simili...

    Melahel prese tra le mani la stoffa del suo mantello, sembrava quasi scomodo, ma era solo agitato e impazienza. In effetti aveva fretta, voleva scoprire dove sarebbe capitato e aveva fame. Quanto ancora doveva aspettare? Non capiva cosa si nascondeva nella sua testa, quindi iniziò a picchiettarsi un lato del capo per farla uscire.

    Vedo un cuore pieno di coraggio e di paura. Vedo… sì, sai, noi cappelli possiamo far finta di non farlo. Quando rimaniamo troppo con le nostre cuciture e le toppe iniziano a diventare scomode… Ah lo so che fa ridere, ci vorrei fare due o tre risate pure io.

    Melahel scoppiò a ridere, anche se non voleva offendere i sentimenti del cappello. Poteva offendersi? Non lo avrebbe mai saputo o comunque era troppo tardi per rimediare.

    Quelli fatti così li ho messi tutti nello stesso posto, non è certo difficile smistarvi. Coraggio da vendere, voglia di scoperta, faccia tosta per ridere di un povero cappello… Se solo…

    Il Cappello non aggiunse altro, rimanendo immobile per un lungo istante dove anche le pareti avrebbero potuto udirlo pensare. Il bambino si ripeteva un mantra che proveniva da suo padre.

    Sono coraggioso, sono coraggioso…

    Sussurrava pianissimo.
    Suo padre gli aveva detto che i veri uomini non avevano paura di niente, che non piangevano quando venivano portati al binario 9 e ¾ e che non si aggrappavano alle gambe dei genitori.
    Sentiva il cuore aumentare i battiti, i pensieri diventare sibili di una tempesta che batteva le finestre. Se un giorno avesse pianto di nuovo, suo padre non gli avrebbe più voluto bene? Non che potesse davvero pensare a quello, non che volesse pensare che qualcuno potesse non amarlo.

    E va bene… ti metterò in… GRIFONDORO!

    Applausi e tutti i pensieri vennero spazzati via e quella stanza divenne calda, divenne giorno solo nei suoi occhi; davanti al suo sguardo sbocciò una giornata di sole, gli applausi degli altri Grifondoro facevano tremare le fiamme sulle candele. Tremava un po’ tutto lì, anche se non c’era nessun terremoto.
    Aveva avuto quel sogno per un momento, quel pensiero di poter rivedere suo padre presto ed essere come i principi delle storie, quelli che poi diventavano Re e sposavano una principessa.
    Era il settembre del duemilatredici e tutto andava bene per i bambini che dovevano solo pensare a cambiare il colore di una divisa.

    Prendiamo
    il sentiero paludoso
    per arrivare alle nuvole.

    (Matsuo Basho)

     
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    Titolo: Gemelli diversi
    Autore: Nathaniel Logan
    Personaggi: Nathaniel Logan, Elettra Logan

    Il castello di Hogwarts era un colosso medioevale: nell'oscurità era quasi spettrale e se non fosse stato per le luci che provenivano dall'interno, scoraggiava il più curioso dei visitatori.
    Gli studenti erano stati ordinati in due file e stavano risalendo il pendio ai piedi del castello, dopo aver attraversato il Lago Nero in barca.
    Nathaniel si guardava intorno con una certa curiosità, ma non era riuscito ancora a socializzare con nessuno di quei bambini: l'unica occasione che aveva avuto per farlo era sfumata quando sua sorella lo aveva tirato per il mantello, pretendendo di stare in fila al suo fianco.

    Smettila!

    Gli ordinò lui seccato; la bambina sghignazzò, ma appena i suoi occhi verdi incontrarono quelli della strega con il cappello a punta a capo della fila, si ammutolì.
    Una volta giunti al castello, varcarono l'entrata, mentre le enormi porte in ottone si chiudevano alle loro spalle.
    La sua attenzione fu attirata dai soggetti ritratti sulle pareti: centinaia di cornici erano invase da numerosi soggetti che osservavano i nuovi ospiti e vociferavano fra loro.
    La loro marcia si arrestò davanti un'altra porta, decorata con un albero di ghirigori dorati, oltre la quale proveniva un brusio concitato: erano arrivati.
    Mentre la professoressa spiegava quello che sarebbe accaduto di lì a poco, si sentì strattonare nuovamente: alzò gli occhi al cielo voltandosi di nuovo verso sua sorella.

    Dove pensi che finiremo?

    Oh, sta' zitta una buona volta...

    Come sei noioso...

    Elettra lo guardò male e mise le braccia conserte, per poi voltarsi offesa dall'altra parte, verso la strega che ormai aveva finito il suo discorso.
    Nathaniel maledì ancora una volta la sua gemella per avergli impedito di ascoltare tutto, ma del resto sapeva bene come sarebbero andate le cose: i loro genitori glielo avevano spiegato migliaia di volte dietro insistente richiesta di Elettra, che aspettava quel giorno con eccitazione da un anno.
    La professoressa si voltò nuovamente e con un gesto di bacchetta sospinse le pesanti porte in avanti, per poi condurli all'interno.
    Nathaniel ignorò completamente lo sguardo curioso degli studenti seduti ai quattro tavoli, che occupavano più o meno i tre quarti dell'enorme sala. Mentre sfilavano davanti a loro, si concentrò piuttosto sulle candele sospese a mezz'aria sopra le loro teste e sui fantasmi che apparivano all'improvviso dal pavimento di pietra sotto i loro piedi: era la prima volta che li vedeva e ne fu affascinato. La magia riservava sorprese su sorprese.
    Percorsero l'intero corridoio, giungendo di fronte a un tavolo di legno disposto orizzontalmente, oltre il quale sedevano quelli che sarebbero stati i loro insegnanti. Poco più avanti, il Preside faceva capolino da un leggio e li osservava con un sorriso cordiale.
    Davanti a lui, uno sgabello sorreggeva un cappello malconcio, rattoppato, polveroso: era quello il Cappello Parlante.
    Nathaniel lo osservò finché la professoressa che li aveva guidati fin lì non fece cenno alle due file di studenti di separarsi e disporsi rispettivamente a destra e a sinistra, lungo due lunghe panche di legno.
    Si voltò, cercando lo sguardo della sorella e si accorse che lo stava guardando a sua volta, preoccupata.

    Oh, non vedo l'ora che arrivi il turno di Elettra...

    Dopo che il Preside diede loro il benvenuto e fece una sorta di omelia sul comportamento dello studente modello, finalmente venne il momento: ad uno ad uno, i ragazzi furono chiamati sullo sgabello per essere assegnati ad una delle quattro Case. Lui non aveva una preferenza, al contrario di sua sorella, che sosteneva di voler finire a Serpeverde; eppure aveva sempre visto in lei una perfetta Grifondoro, ma quando glielo diceva, andava su tutte le furie.
    Sorrise ripensando a quell'episodio e nello stesso momento Elettra fu chiamata a sedersi sullo sgabello: la guardò mentre si dirigeva al centro a testa alta, con aria spavalda, e Nathaniel si fece piccolo per l'imbarazzo.
    Non appena il Cappello si posò sulla sua testa, esclamò "Serpeverde!": scese con aria soddisfatta dallo sgabello e corso verso il tavolo verde-argento che la stava acclamando a gran voce, mentre lui batteva a rallentatore le mani, incredulo di quella scelta.
    La decisione del Cappello Parlante lo sorprese così tanto che quasi non sentì il suo nome: scivolò dalla panca e raggiunse la professoressa, la quale gli posò il logoro Cappello sul capo, delicatamente.

    Di nuovo tu?! Ah no... Oh, sei il fratello della signorina che ho assegnato a Serpeverde un secondo fa...

    Parlava ad alta voce e in Sala Grande regnava il silenzio, segno che gli studenti erano ansiosi di conoscere il destino del ragazzino.
    Nathaniel non rispose ad alta voce: non avrebbe intrattenuto una conversazione che tutti avrebbero potuto ascoltare.

    Ascoltami bene... Non mi interessa dove vuoi collocarmi, io voglio raggiungere mia sorella tra i Serpeverde...

    Il Cappello sospirò.

    I fondatori di Hogwarts mi hanno creato al fine di utilizzare un criterio unico e giusto per smistare i vari studenti... La scelta della Casa adatta a voi è una decisione che spetta a me, a me solo.

    Il Cappello parve seccato dalla sua pretesa: Nathaniel lo capì e i suoi pensieri persero l'irruenza iniziale, per cui riprovò a convincerlo, utilizzando un atteggiamento diverso, meno diretto.

    Ehm... Lo so, signor Cappello, ma vede... io non voglio essere separato da mia sorella.

    Nonostante Nathaniel dimostrasse più freddezza rispetto sua sorella, starle vicino veniva prima di tutto: era un sentimento talmente intimo da farlo sentire debole. Era per quel motivo che non ne aveva mai parlato con nessuno e ostentava con fatica l'affetto nei suoi confronti.

    Vedo molte caratteristiche: dedizione, tenacia, ingegno... Certo, Serpeverde non sarebbe male per te...

    Nathaniel non rispose e mantenne gli occhi chiusi: poteva sentire i Serpeverde agitarsi al loro tavolo.
    Il Cappello sembrava in difficoltà e trascorse qualche minuto prima che la sua voce risuonasse nuovamente nella stanza:

    Il primo a chiedere di essere smistato in una determinata casa fu un ragazzo molto speciale...

    Nathaniel conosceva quella storia: Harry Potter era stato probabilmente il primo mago, da che se ne avesse notizia, a chiedere al Cappello di esaudire la sua richiesta.

    Mi correggo: lui mi chiese di non essere smistato a Serpeverde, ma non espresse una preferenza.
    Ma non permetterò a nessun altro di mettere in dubbio la mia credibilità!


    Ma...

    CORVONERO!

    Nathaniel spalancò gli occhi: quello proprio non se lo sarebbe mai aspettato; era convinto che rispettasse i desideri dello studente, ma non era stato così.
    Dal tavolo di Corvonero si sollevò un boato di gioia, fischi di felicità e applausi: prima che potesse raggiungerli, si voltò verso la sorella che lo guardò con espressione rassegnata, poi verso il Cappello.

    Ti stai sbagliando...

    Oh, non credo proprio.
    Seguire tua sorella avrebbe aiutato lei, non te: è ora di pensare al tuo futuro, ragazzino...


    E con quelle ultime parole lo congedò.
    Fu come ricevere uno schiaffo: sapeva anche lui che il Cappello aveva fatto la scelta giusta, ma a lui importava restare accanto a Elettra.
    Si sforzò di nascondere la delusione, per poi scivolare tra gli studenti bronzo-blu ed essere sommerso dal loro calore.
     
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    Padroni e Padrone! Panky vi invita tutti ad accorrere per votare i vostri racconti preferiti!
    Panky ricorda anche ai Rispettabili Padron-Utenti che a ciascun Player è permesso votare solo una volta, ma che è comunque possibile esprimere fino a due preferenze all'interno dello stesso sondaggio.
    Votate secondo i vostri gusti e che vinca il migliore! Anche se per Panky tutti i Padron-Utenti sono vincitori!



    Le votazioni chiuderanno il 21 Settembre
     
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    Il momento delle premiazioni è giunto!
    Prima di passare ai vincitori, lo Staff & i Master fanno le congratulazioni a tutti i partecipanti, a cui vanno 15 P.E. di partecipazione!
    E ora andiamo al dunque!



    🥉 3° classificati a pari merito, “Gemelli diversi” di Nathaniel Logan e “Serp-” di Catherine Nott [10 P.E. + 15 di partecipazione]
    🥈 2° classificato - “Prendiamo il sentiero paludoso per arrivare alle nuvole” di Melahel A.S. Ackerman [20 P.E. + 15 di partecipazione]
    🥇 1° classificata - "Spaccata" di Pan' [30 P.E. di partecipazione]

    Ancora complimenti a tutti!



    [Contest chiuso]



    Panky ha prestissimamente provveduto ad accreditare i premi sulle schede PG dei Padroni!
    Pan = 15+30 = 45 = 45 P.E.
    Melahel A. S. Ackerman = 15+20= 35 P.E.
    Nathaniel Logan = 15+10= 25 P.E.
    Catherine Nott = 15+10 = 25 P.E.
    Derek Wade = 15 P.E.
     
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