Amestris e l'eco del sottosuolo

Capitolo I - Cerimonia di Inizio Anno 2031/2032

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    Ghiaccio VI Anno
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    Ogni volta che suo padre lo riaccompagnava in stazione, per aspettare il fatidico treno, Lorenzo non sapeva come sentirsi: da un lato, sapeva che avrebbe dovuto abbandonare l'uomo che rappresentava tutta la sua famiglia, senza poterlo rivedere per mesi, ma dall'altro...

    Tre.
    Tre?

    Ci fu una piccola pausa prima della loquace eruzione linguistica, a spiegare cosa realmente voleva esprimere con quella semplice parola la conterranea del Fontana.

    Io no, grazie.

    Si guardò attorno, lasciando che un raro sorriso di serenità avesse la meglio sulla seriosa espressione che si portava sempre dietro: Sam, Mu, Luke e Sert non ci avevano messo molto a trovare anche lui quella mattina, e praticamente l'intera combriccola era riunita all'interno del terzo scompartimento. Con almeno il doppio delle bestie che il parmense si sarebbe aspettato.
    Certo, anche lui aveva Diamante a fare capolino dalla tasca, ma più tempo passava con quelle ragazze della tempesta e meno riusciva a capire come riuscissero a non impazzire per l'ansia di dover tenere sott'occhio tutte quelle piccole belve.

    Sì, non sono bravo con le lettere.
    Quindi?
    Scusa.
    Evita un silenzio imbarazzante.
    Vi racconterò meglio dopo, magari.


    Rispose al coetaneo, leggermente distratto dall'ancora incombente presenza del felino sulle gambe di Sam, sedula lì accanto.
    Non era analfabeta, né poco entusiasta di tutta la corrispondenza che aveva ricevuto nel corso dell'estate, anche se si sarebbe risparmiato volentieri i vari ciuffi di pelo mandati dall'irlandese, ma ogni volta che doveva prendere in mano una piuma per scrivere loro qualcosa, aveva sempre paura di fare troppo. O troppo poco.
    Alla fine, mandava loro dei gufi che sembravano essere più strani telegrammi che reali lettere.

    Mu, io, ecco...
    Davvero non avevate ancora chiarito la cosa?


    Era quasi un anno che si portava dietro quella pessima figura.

    E-ero io che pronunciavo male il tuo nome. Non esiste May.
    Delicatissimo.
    Scusami.


    In realtà era convinto che neppure quella fosse la corretta pronuncia, ma almeno gli si avvicinava.
    Attese qualche secondo, prima di continuare.

    Se vuoi qualcosa dal carrello, fammelo sapere, ci penso io.
    Te la compri col cibo?


    Accennò un imbarazzatissimo sorriso, anche se le guance si tinsero di un colore nettamente meno marcato di quanto si potesse ricordare; non poté dire al momento se la questione fosse stata risolta a causa della gomma soporifera che intanto la ragazza aveva ingurgitato, assieme a Sertoria che, con quella che sembrava più una ninnananna che una reale spiegazione, s'era poggiata a sua volta sullo schienale del sedile.
    Sospirò, e mentre cercava con tutto sé stesso di non fissare in maniera ossessiva il demoniaco animale sulle ginocchia di lei, si rivolse alla bionda. Insomma, era l'unica con cui non aveva parlato, ci sarebbe potuta rimanere male.

    Come mai non sei venuta al torneo, Sam?
    Era obbligata?
    N-nel senso, non che dovessi per forza, pensavo che venissi...
    Perché?
    Niente, scusa, lascia stare.
    Hai fatto tutto da solo.
    Ehm... tutto bene?


    Luke Lygeon takasugi; Sertoria Eburneo Máiréad Callaghan
     
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    Alle parole di Astrea tirò un gigantesco sospiro di sollievo che gli sapeva tanto di salvezza, come se lo avesse appena liberato da un branco di Licantropi alle calcagna. Certo, aveva comunque sbagliato mancando il loro appuntamento ai cancelli, ma perlomeno era un errore a cui sapeva di poter porre rimedio strada facendo, diversamente dalla prospettiva di saltare a piè pari la cerimonia di inizio anno e mettere in ridicolo la sua già precaria reputazione di insegnante.
    Lasciò cadere la considerazione della collega nel silenzio del suo stesso imbarazzo, convinto che persino un koala avrebbe saputo essere puntuale.

    Mi dispiace davvero.

    Mugugnò a labbra strette, massaggiandosi appena con la mano dove si era fatto male. Non era decisamente più il caso di starsene coi piedi per aria, ché la situazione era già abbastanza mortificante così di suo: il primo a fare un figuraccia in Accademia ed anche il primo paziente dell’anno a visitare l’Infermeria, proprio una combinazione di cui andare fieri.

    Grazie.

    Accettò volentieri la mano tesa di Astrea, che per certi versi gli ricordava il passato Yule. Anche allora era stato lui a cadere? E a porgere la mano per alzarsi invece? I ricordi nella sua mente si mischiavano sempre fino a offuscarsi del tutto, e se delle volte lo considerava un aspetto spiacevole in quei casi ne era addirittura grato. Presto o tardi, anche quell’imbarazzo sarebbe diventato soltanto un altro ricordo da dimenticare.
    Nuovamente in piedi si preoccupò di alzare la sedia che aveva portato giù con sé, nondimeno di rassettare la stanza che lui stesso - assistito da Ku e Ka-chan - aveva gettato nel caos più totale. Pochi e stanchi colpi di bacchetta donati al vento, mentre il suo sguardo si spostava da un vivace Pablo alla coppia di furetti che intrattenevano la ragazza-stella.

    Te invece, cosa saresti stata in una vita precedente?
    O meglio, cosa ti piacerebbe essere nella prossima?


    Come molto di ciò che diceva anche quello era arrivato così, quasi per caso e senza volere, ispirato dall’immagine residua di Astrea e la sua mano tesa. Nel frattempo, Kaze aveva approfittato di quel breve intermezzo per saltare fin sul tavolo e cominciare a infastidire giocosamente Pablo, con Ku-chan che invece restava a studiarli dal pavimento, allungando appena il muso verso l’alto ad ogni loro movimento.
    Ascoltando la sua risposta continuava a riordinare meglio il trambusto all’interno dell’aula, di cui ormai grazie alla sua magia - pur maldestra in certi passaggi - rimaneva ben poco. Solo in un secondo momento si ricordò che ci avrebbero potuto pensare gli elfi domestici al suo posto, comunque meglio tardi che mai: sul mucchio di carta pergamena e tomi vari che aveva accatastato lì vicino appoggiò una breve nota, nella quale si limitava a chiedere di riportare tutti quei documenti su nel suo ufficio.

    Hai già sistemato le tue cose?

    Una richiesta che faceva le veci di un disperato tentativo, augurandosi di trovare al più preso un modo in cui potersi far perdonare l’increscioso ritardo; anche perché con la memoria che si ritrovava gli sarebbe spiaciuto scordarsene del tutto ancor prima di aver avuto l’occasione per rimediare.

    Oh, giusto… c’era qualcosa di cui volevi parlarmi per caso?
    Sai, l’altra notte ho visto Urano in congiunzione con Saturno e Giove che si trovava in Sagittario.


    Aggiunse Leonard, come se fosse la spiegazione più ovvia del mondo. L’aveva Visto proprio sullo scoccare della mezzanotte, assieme ad altre cose, quindi era alquanto sicuro che qualcuno gli avrebbe dovuto parlare quel giorno, ma se non era lei chi allora? Forse Marybeth? Anche se lei in fondo sembrava avere sempre qualcosa da dirgli, pure troppo e con troppo fervore per certi versi.

    Astrea Olivia Gray
     
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    La cura a ogni male...



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    Ferma sul binario, senza valigie, ma solo con la sua solita pochette verde appesa sulla spalla, si guardava attorno in cerca di qualcosa o di qualcuno. Nemmeno lei sapeva con precisione cosa si aspettasse di vedere, ma rimase a cercare ciò che la sua mente inconsciamente tentava di osservare. Tutto ciò che le si muoveva attorno era la vita frenetica di centinaia di famiglie che correvano, si salutavano, gridavano e piangevano. Ricordava ciò che accadeva il giorno della partenza, ma si poteva notare come, generalmente, solo i più piccoli fossero terrorizzati all'idea di lasciare le famiglie. Quelli più grandi quasi non vedevano l'ora di salire sul treno.
    Cercava un motivo per salire su quel treno? Non aveva senso. Alla fine avrebbe potuto andare ad Amestris da sola, senza utilizzare quel mezzo. Aveva organizzato la sua partenza semplicemente seguendo l'abitudine dettata da anni e anni, sempre iniziati con un viaggio in treno. Direzione: Amestris. Adesso era il caso di cambiare? Perché? Alla fine l'istinto l'aveva portata fino a lì, quindi perché non seguirlo? Salì senza ulteriori indugi e si diresse, tra un saluto e un cenno con la testa in direzione di chi la riconosceva, verso la carrozza Docenti.
    Una volta dentro si andò a sedere di fronte a una donna che non aveva mai visto prima. Quindi anche quell'anno il copro Docenti avrebbe subito dei cambiamenti. In quella scuola i professori sparivano e apparivano davvero troppo rapidamente per potersi affezionare davvero a qualcuno di loro, a parte pochi prescelti, ovviamente.

    Buongiorno.

    La salutò con un sorriso e allungò una mano nella sua direzione, per potersi presentare.

    Sono Eloise Hunt.

    A quel punto guardò lo guardo vivace della donna e si appoggiò nuovamente allo schienale della poltroncina su cui si era accomodata. A quel punto i suoi bagagli dovevano già essere stati sistemati nella sua stanza e Shizaru stava già girovagando in giro per la foresta. Si chiese se quell'anno sarebbe stata in grado di dormire qualche ora di seguito nella sua stanza senza dover correre in Infermeria. Le venne quasi da ridere a quel pensiero: no, quasi certamente non ce l'avrebbe fatta. Alcune cose potevano cambiare, altre no e le andava bene così.

    Isobel Saltzman
     
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    Il primo giorno di settembre era, per Ariel, un giorno speciale. Ogni anno, da ormai sei anni, era sempre emozionata di recarsi al binario 7½ della stazione di King’s Cross e salire sul treno per Amestris. Quel giorno era ormai diventato una tradizione. La mattina Ariel faceva colazione con delle squisite frittelle preparate dal padre e poi, tutti insieme, si partiva alla volta della stazione. Dopo le solite raccomandazioni e i numerosi abbracci la studentessa era finalmente riuscita a mettere piede sul treno e ad infilarsi nel primo scompartimento. Scelse il primo semplicemente a caso, non le interessava se ci fosse o meno qualcuno dentro. Voleva sedersi e poter riflettere come faceva sempre durante quel lungo viaggio. Una volta preso posto, tirò fuori dalla tasca una foglio di pergamena con evidenti segni di pieghe. Non sapeva quante volte avesse chiuso e riaperto quella lettera, quante volte l’avesse letta. Ancora non riusciva a credere che le parole che vi erano impresse erano indirizzate proprio a lei. Era certa che avrebbe ricordato per sempre il giorno in cui il gufo le aveva consegnato la lettera in cui il preside le comunicava che era stata nominata Prefetto della sua casa. Aveva cominciato ad urlare e a saltare in giro per casa ed è inutile specificare che aveva passato diverse notte insonni a pensare alla spilla appuntata sulla sua divisa. Per la studentessa era un onore immenso e fonte di grande soddisfazione personale e avrebbe fatto di tutto per non perdere la fiducia che era stata riposta in lei.
    In quel momento, seduta vicino al finestrino, continuava a far scorrere lo sguardo sulla lettera e a sorridere, completamente incapace di trattenere la felicità. Probabilmente se qualcuno fosse entrato in quello scompartimento, lei lo avrebbe salutato dicendo: "Ciao sono Ariel, Prefetto della Tempesta."

    Non voleva vantarsi (forse un poco) ma voleva esternare la sua gioia. Era stata tanto tempo un po’ nascosta agli occhi degli altri, sempre concentrata su sé stessa e sullo studio, e non poteva fare a meno di pensare che quella fosse l’occasione giusta per uscire allo scoperto.

    Forse più tardi faccio un giro negli altri scompartimenti.

    L’essere stata scelta come Prefetto le aveva donato una nuova energia, si sentiva più carica che mai e pronta a fare cose che non avrebbe fatto in precedenza. Almeno quelle erano le intenzioni. Il suo penultimo anno in Accademia sarebbe stato il momento per farsi conoscere e per dimostrare tutte le sue capacità.
    Quando sentì la signora del carrello dei dolci, si alzò di scatto e si affacciò dallo scompartimento.

    Salve! No grazie, non voglio niente ma sa che sono un nuovo Prefetto?

    Sarebbe sembrata una pazza, ne era abbastanza consapevole, ma senza pensarci si voltò verso il resto degli scompartimenti e parlò a gran voce.

    Ciao a tutti!

    Detto ciò, rientrò subito nello scompartimento e scoppiò a ridere.
     
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    [Birmingham]

    Quella mattina, un forte boato aveva anticipato il suono della sua sveglia.
    Alexandra aveva sbarrato gli occhi di scatto e si era ritrovata sudata e con addosso la sensazione di essersi appena addormentata; eppure era passata una notte intera.
    Le succedeva sempre così, alla vigilia dei grandi eventi: non ci arrivava mai tranquilla, anche quando non aveva nulla da temere. Passava tutte le ore precedenti a preoccuparsi, a ragionare, a scervellarsi su quello che sarebbe potuto accadere, su quello che avrebbe potuto dimenticare, sulle cose che sarebbero andate storte. Quel temporale mattutino poi, così fragoroso, non le sembrava certo di buon auspicio.
    Sentiva una morsa decisa allo stomaco, mentre si aggirava nei corridoi silenziosi di casa sua come un fantasma, bianca in volto e con i capelli biondi spettinati. Aveva preso un leggero colore durante le sue brevi vacanze sulle Alpi, abbronzatura che le aveva accentuato le lentiggini in viso ma che non bastava a toglierle quel pallore che quella mattina sembrava non voleva abbandonare il suo volto.

    Hai dormito questa notte, fagiolina?

    La voce melliflua di sua madre la scosse dai suoi mille informi pensieri.
    Le rivolse un’occhiata silenziosa per un paio di secondi, come se nemmeno la riconoscesse, come se fossero passati anni luce dall’ultima volta che si erano viste. Era una domanda retorica, quella di Idelle, che conosceva molto bene la figlia e sapeva come reagiva ai cambiamenti: male. Poco importava se la scuola era terminata da appena tre mesi e che sarebbe tornata a luoghi a lei famigliari, ri-allontanarsi da casa non sarebbe stato semplice; soprattutto per una ragazzina in piena fase adolescenziale e che, proprio per questo, non era proprio in vena di confidarsi con i suoi genitori.

    Come un sasso.

    Rispose quindi. Aveva appena mentito e, poiché sapeva che sua madre sapeva, fece di tutto per non intrecciare il suo sguardo; richiuse l’uscio e sparì nella sua camera. Il baule era pronto, così come il resto delle sue cose: avrebbe passato gli ultimi minuti sdraiata sul letto a fissare il soffitto e ad intrecciare con le dita il pelo marroncino di Cumino.

    [Vagone Studenti – Scompartimento 2]

    Il viaggio fino a King’s Cross era stato maledettamente silenzioso; e più, dentro di sé, si rimproverava per come si stava comportando, meno le erano uscite le parole di bocca. Non era colpa dei suoi genitori, era colpa sua, del suo carattere e di quel temporale. Doveva proprio piovere così forte, quella mattina?
    Anche il treno sembrava risentire di tutta quell’acqua piovana. Al suo interno, un po’ per l’affollamento, un po’ per tutti i vestiti e le scarpe di tutti che gocciolavano lungo i corridoi, si era creata una cappa di umidità che pareva renderle difficile la respirazione.
    La Tempestina, inoltre, aveva il braccio destro impegnato a reggere il trasportino di Pua, che non era propriamente un peso piuma, e, ad ostacolarle il passaggio, ci si metteva pure la venditrice ambulante di zucchero, appena allontanatosi dallo Scompartimento 2.
    In quel preciso momento di confusione, percepì svanire il suo ultimo briciolo di pazienza; sbuffò ed alzò gli occhi al cielo.
    Poi, come prima era successo con i suoi genitori, iniziò a sentirsi in colpa. Quella arzilla signora non aveva commesso nessun torto e, sebbene Alexandra non avesse dato alcuna manifestazione della sua tempesta interiore, si ritrovò a fare i conti con la sua coscienza per i suoi pensieri poco pazienti e poco carini.

    Una festa della Tempesta, per favore.

    Le rivolse la parola con voce gentile, come se acquistare qualcosa dal carrello avrebbe potuto compensare la sua stizza; e chissà che la caramella non le avrebbe dato la scossa definitiva per farla uscire da quello stato di insofferenza, mista a stanchezza, mista ad apatia che la stava accompagnando dalla sera precedente.
    Concluse l’acquisto e rivolse alla donna un sorriso cordiale ma forzato, prima di buttarsi a capofitto nello scompartimento appena liberato, quello subito alla sua sinistra, che sembrava fortunatamente anche poco popolato. Fu una scelta praticamente obbligata: non poteva permettersi, con l’umore che si ritrovava, di incamminarsi oltre nel vagone.

    Permesso..

    Si intromise nei discorsi dei presenti timidamente ed a voce bassa, come se volesse provare a rendersi invisibile. Testa bassa, direzione finestrino, passò attraverso i due ragazzi senza nemmeno guardare chi fossero, ma stando ben attenta a non colpirli con il trasportino della sua gatta.
    L’unica cosa che era riuscita a vedere, in quei pochi attimi di passaggio, era che le gambe erano solo quattro, il che voleva dire che c’erano ancora quattro posti liberi. Ottimo; lei scelse quello diagonalmente opposto a Kyle e, conseguentemente, sulla stessa linea di sedili di Cody.
    Si sistemò sulla seduta, Pua ai suoi piedi, Cumino, ancora silente, appallottolato nel cappuccio della sua felpa rosa con la zip.
    Alzò lo sguardo solo dopo qualche istante. Guardò prima Kyle, poi Cody.

    Ci..ao?
    Inclinò leggermente il capo. Aveva anche le visioni?
    Tutto ok?

    E se anche aveva riconosciuto il primo più del secondo, visto il loro primo e recente incontro in gelateria durante l’estate, il colore che avevano assunto le loro facce aveva portato in secondo piano qualsiasi altro tipo di convenevole.

    Alexandra si infila nel vagone 2 e si mette al finestrino (spero di aver capito bene la posizione degli altri due compagni). Porta con sè la gatta Pua nel trasportino ed il puffskein nascosto del cappuccio.
    Dal carrello prende una "Festa della Tempesta" = 5g. Camera blindata n°272
     
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    [Scompartimento 3]


    Le gocce di pioggia picchiettavano sulla sua testa, mentre lei abbassava l'ombrello per riceverle, quasi come se dovesse accoglierle come delle vecchie amiche. Mentre il tempo grigio si sfogava sopra di lei, le persone alla stazione di King Cross correvano, si abbracciavano e parlavano ad alta voce.
    Si potevano raccontare molte storie per ogni sola giornata, se si era abbastanza bravi. Samantha forse per quell'anno non voleva solo viaggiare nei suoi mondi fantasiosi, ma scoprire le avventure di quella realtà che la circondava.
    A cosa pensavano le persone intorno a lei? Non che le importasse così tanto, ma poteva un qualsiasi babbano essere appena sopravvissuto ad un feroce incontro con una creatura pericolosissima?
    Secondo lei sì.
    Tempo fa la bambina e suo padre avevano affrontato una convesazione importante, di cui lei poteva non aver afferrato ogni concetto ma che l'aveva comunque messa in quel tipo di mood.
    Erik le aveva detto "Sai, una persona potrebbe davvero star combattendo un mostro ogni giorno della sua vita, per questo non devi mai dimenticarti di essere gentile con gli altri."
    Chissà chi stava lottando in quel momento, lei non poteva far altro che chiederselo.
    Il momento dei saluti era sempre triste e la bambina avvolse le braccia intorno alla vita del padre, chiudendo gli occhi alla sensazione familiare di quella vicinanza, di quel profumo che significava casa.

    Ci vediamo alle prossime vacanze.

    Dopo aver scaricato il baule e recuperato i suoi famigli, la ragazzina poteva cercare i suoi amici ed unirsi a loro per il viaggio.

    <div style="text-align:center">***

    Samantha accarezzava Svart, mentre Ragnarr non sapeva dove stare, impossibilitato a sentirsi a suo agio in uno spazio così chiuso, senza nessun baule o copriletto da devastare. Ogni tanto raggiungeva la sorella Aibell per disturbarla, in preda probabilmente ad una "crisi da reclusione" come la chiamava suo padre.
    Dato che i suoi amici erano lì, la bambina poteva passare il viaggio in serenità, grazie al suono delle loro voci o al solo fatto che fossero lì, presenti ed in carne ed ossa. Non erano più l'eco di parole scritte su una pergamena, erano proprio in quello scompartimento insieme a lei!
    Sertoria e Máiréad erano cadute vittime dei dolcetti soporiferi, che Samantha rifiutò solo perché non voleva, in effetti, sentirsi assonnata. Era quasi strano per lei, ma non aveva intenzione di dormire nemmeno per finta o assonnarsi solo per qualche secondo.
    E no, non era posseduta.
    Lorenzo si rivolse a lei, mentre la bambina stava osservando la piccola scena.

    Volevo venire, ma papà ha detto che non ci sono tanti soldi e ho pensato di rimanere a casa.
    Però il prossimo cercherò di non perdermelo...


    Era estremamente dispiaciuta di essersi persa il duello di Lorenzo, così come di aver dovuto rinunciare all'occasione di rivederli prima dell'inizio della scuola.

    Io sto bene.

    Sollevò un pollice, sorridendo.

    Comunque ragazzi, se potete ascoltarmi un attimo devo dirvi una cosa.

    Con il suo solito inglese un po' sporcato dall'accento straniero, la bambina si alzò, mettendo Svart nel sedile libero. Si schiarì la voce, come a prepararsi ad un grande discorso.

    So che sembra strano ma, se state combattendo con un mostro, potete combattere con me. Nel senso non un mostro vero - cioè, anche - ma quelli che vi fanno paura tutti i giorni, va bene?

    Aveva reso tutto il più complicato da comprendere, ma nella sua testa aveva appena detto qualcosa di importantissimo. Insomma lei volev fare la Dragoniera, sapeva che prima o poi sarebbe diventata forte e avrebbe potuto aiutare i suoi amici.

    Máiréad Callaghan NukEddy Luke Lygeon Sertoria Eburneo
     
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    [Cortile L.U.M.O.S.]


    Cody Murphy Smith
    Cody Murphy avrebbe iniziato il suo secondo anno dell’Università magica L.U.M.O.S.. Dopo gli esami M.A.G.O. aveva scelto il Joint Honours Degree o meglio, la sua media scolastica e il suo innato “Genio” (soprannome affibbiatogli ad Amestris e confermatosi dopo) glielo avevano permesso di fare. La laurea combinata in pratica, dove veniva consentito allo studente meritevole di frequentare diversi corsi e, appunto, combinarli. Così Cody si era iscritto al Dipartimento di Arti Magiche per specializzarsi in Aritmanzia e al Dipartimento di Arti Magiche Manuali per specializzarsi in Artigianato: lavorazioni, design e progettazione.
    La scelta di questi dipartimenti aveva strettamente a che fare con il suo soprannome. Infatti Cody non era mai stato il tipo da rimanere fermo con le mani in mano, per lui lo studio non era affatto sinonimo di noia e fatica, tutt’altro: se aveva da studiare, lo faceva con piacere e se finiva di farlo prima dei compagni - cosa che accadeva quasi sempre - ne faceva altri di sua spontanea volontà. Nonostante ciò, non si poteva definire un secchione, ma appunto Genio era il termine più corretto. Ha sempre amato scoprire cose nuove, capire come funzionava tutto quello che lo circondava, che utilizzava, divertendosi a progettare proprie idee ed a farle diventare realtà. Quando giocava come Cacciatore nella Squadra della Tempesta, era solito rifilare i propri schemi ai compagni o se non era lui il diretto autore, li personalizzava, distruggendoli in toto persino o modificandoli affinché risultassero efficaci.

    É sicura che sia la strada giusta?

    Nonostante Narcissa avesse saputo anzitempo che un incontro con la vecchia e amata Accademia di Amestris si sarebbe potuto avverare poiché espressamente detto dall’ex-professor Laeddis durante il suo Seminario sugli Spezzaincantesimi, era sovrappensiero per via dell’inevitabile turbinio di emozioni che l’arrivo del giorno X aveva scatenato in lei. E, nonostante si trovasse in bilico tra le funi di questo strano mix di emozioni, non sarebbe mai rimasta indifferente a quella voce. Una di quelle che le sue orecchie avevano sentito un milione di volte. Ad Amestris, nel campo di Quidditch, in Sala Comune, ovunque.

    Sam Smith
    C… Cody?

    Era vero che da quasi un anno Cody e Narcissa frequentavano la stessa università, come del resto altri ex-alunni dell’accademia, però c’era da dire che Narcissa in realtà alloggiava e studiava a St. Kilda come tutte le Reclute Auror e Hitwizard. Solo per alcuni seminari era chiamata a frequentare nel campus principale, per cui non aveva moltissime occasioni di vedere i compagni di corsi diversi. Se per alcuni era tutto il contrario, per altri - come Cody - purtroppo era così. Inoltre, proprio con Cody si erano persi di vista. Lei era uscita da Amestris un anno prima del Genio ed aveva intrapreso una strada completamente diversa. Fatto sta che Murphy era completamente cambiato dal ragazzino mingherlino che dagli anelli vedeva sfrecciare nel cielo insieme agli altri. Eppure era proprio lui.

    Ti manca qualche diottria Harp?

    Sì, era proprio Cody.

    Ah. Ah. Ah.
    Credo di no, comunque. Vieni qua, sono felice di vederti. Come stai?


    Gli andò incontro per salutarlo bene non arrivando più a scompigliargli i capelli perché in pratica l’aveva superata.

    Bene, bene. Tu?
    Come ti trovi in Accademia?


    Lo stesso vale per me. Certo, è ancora tutto nuovo, c’è molto da imparare, ma non è male. Sai che c’è anche Anita? Si è iscritta l’anno scorso dopo che è tornata dall’America.
    Ah proposito, credo che ci stia aspettando di là. Andiamo.


    Gli indicò la strada per le carrozze, facendo la strada insieme a lui.

    Ho saputo che segui Aritmanzia, ma non ti ho visto al seminario di Laeddis. Informazione sbagliata?

    No, no, tutto corretto. Purtroppo avevo un’influenza piuttosto forte.

    Capisco. Allora, rilancio la domanda: come ti vanno gli studi? Ti piacciono? Dimmi su quale invenzione sta lavorando il nostro Genio?

    [Carrozze]


    L’entusiasmo scoppiò non appena vide Anita, Sam e Gwen, iniziando a salutarli da lontano, fino a ricambiare il cenno fattole da Anita. Mano a mano che si avvicinava con Cody, le loro figure divenivano sempre più vivide e i contorni più delineati.

    Guardate chi ho trovato?
    Ciao ragazzi, che bello vedervi!


    Dato che ogni carrozza era predisposta per quattro posti, decise di prendere la successiva a quella in cui erano saliti Anita, Gwen e Sam. Non le sembrava carino lasciare Cody da solo anche se presto sarebbero arrivati altri ex-studenti. Adocchiò i ragazzi del Fuoco qualche carrozza più avanti, facendo un cenno verso di loro. C’erano quasi tutti Jessie (Recluta anche lui), Mintaka, Elijah, Ashton e Calum, Deborah. Si guardò intorno per trovare Junah e gli altri del Ghiaccio, ma per il momento non ebbe fortuna. Fece spallucce, fiduciosa che quanto prima sarebbero arrivati anche loro.
    Prese posto nella carrozza e dietro di lei fece lo stesso Cody, per poi perdersi alcuni attimi a guardare davanti a sé. Era tutto strano. Saper di tornare in Accademia le metteva una certa agitazione. Ma non era negativa. Nostalgica semmai. Aveva pensato e ripensato tante volte a come sarebbe stato rivedere la sua Casata, i suoi compagni, la Draghessa, la BossaViola, i professori. Tra pochi minuti avrebbe potuto ripercorrere i corridoi del castello che per sette lunghi anni, indimenticabili sia in positivo che non, era stato la sua seconda casa. Narcissa era diversa, era cresciuta rispetto a quando frequentava il suo settimo anno. Anche se ancora si potevano contare sulle dita di una mano, aveva comunque fatto delle nuove esperienze e si trovava ad imparare a prendere confidenza con un mondo che ancora non conosceva bene e che, per certi versi, le faceva un po’ paura. Ma aveva tutte le intenzioni di riuscirci e di andare avanti per la sua strada, conscia del fatto che gli ostacoli sarebbero stati numerosi lungo il cammino. Nonostante questo però, l’emozione di ritrovarsi tra quelle mura cresceva ogni secondo di più.
     
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    Quanto ci metteranno queste carrozze?

    Jessie guardava fuori dal finestrino con impazienza, ticchettava le dita sulla gamba mentre Deborah lo fissava con un sorriso accennato.
    Sapeva benissimo come si sentiva, benché nessuno, lì dentro, avrebbe saputo esprimere la sensazione di tornare nella loro vecchia scuola: era un tuffo nel passato che a tutti

    Deborah, ti andrebbe di comprare questa magifoto autografate?
    Questa l'ha firmata il Capitano delle Holyhead Harpies in persona, posso giurartelo.


    L'immagine a colori e in movimento di Kimberly McGreedy vantava uno sfregio di piuma che la stessa Morris avrebbe riconosciuto, data la sua enorme passione per il Quidditch e il desiderio nascosto di giocare in quella squadra tanto amata, di fianco a una dei V.I.M.P. (Very Important Magic Person) più amati della loro generazione.

    Trenta Galeoni, che ne dici?

    Jessie sbuffò platealmente; il viaggio gli sarebbe parso lungo secoli.
    Deborah tentennò e poi scosse il capo, trenta galeoni per un magiuniversitario erano un po' troppi, così volse il viso verso lo stesso finestrino nel quale si affacciava il compagno irrequieto.

    A volte darei qualsiasi cosa per poter tornare ad Amestris.

    Gli sussurrò dietro l'orecchio, poi lo vide scuotere un po' le spalle prima di perdere gli occhi tra le nuvole.




    Seduta di fianco a lui, gli occhi cercarono un appiglio nel vuoto oltre il vetro.
    Non aveva idea di cosa si sarebbero detti, di cosa lei era in grado di pronunciare, chiedere, raccontare.
    Erano trascorsi così tanti anni da quel giorno in cui Mintaka aveva sentito quella crepa dentro di sé, eppure ricordava Elijah, Viktor, ricordava cosa aveva provato alla fine di quella partita, e cosa aveva provato quando a settembre il Preside le aveva detto in disparte che Elijah era andato via, dopo la scomparsa di Catherine.
    Ricordava benissimo quella sensazione di abbandono e tutti quei mesi trascorsi in un limbo in cui la coscienza si era affievolita.
    Eppure il tempo non si era fermato, erano accadute cose che Elijah non avrebbe neanche mai immaginato e, per qualche assurdo motivo, ora che avrebbero avuto modo di parlare, di chiudere quel cerchio di assenza, Mintaka non riusciva a capire se avesse il coraggio di pronunciare le parole che aveva sempre immaginato di volergli dire.
    Fece un sospiro sottile prima di alzare, finalmente, lo sguardo su lui.
    Avrebbe voluto dirgli quanto era diversa, quanto poco ormai potesse conoscerla.
    E lei, a tratti, non si riconosceva più, ma in lui vedeva un passato in cui tutto era parso più buono, promettente, sicuro.

    Quando parlò guardò le sue labbra e i suoi occhi, e cercò di capire cosa le provocassero le sue parole.
    Una parte di lei sentiva rabbia, ancora, perché dopo tutto quel tempo non era riuscita a capire cosa fosse accaduto, come le loro strade avessero potuto dividersi così tanto, cosa fosse passato di mente all'altro quella volta che con Viktor aveva vomitato la parte peggiore di lui.
    Non era mai riuscita a capire se avesse solo finto per tanto tempo, o se quelle sue parole potessero essere solo

    Ti ho evitato anche io.

    Confessò, alla fine.
    Ma non riuscì a conciliare le parole con il suo sguardo duro.
    Gli occhi scuri lo scrutavano intensamente, perché avrebbe voluto che il vaso di Pandora si scoperchiasse, avrebbe voluto avere la capacità di spiegare tutto in poche parole.
    E poiché le sembrava impossibile, la lingua si attaccò al palato, asciutta, incapace di pronunciare subito qualche altra sillaba.
    Così si ritrovò a guardare d'innanzi a sé, in silenzio, cercando un modo per rendere quell'incontro ciò che doveva essere.
    Per quello stesso motivo ignorò la sua domanda, anche perché non avrebbe saputo come rispondergli davvero.

    Ma l'ho fatto perché avrei voluto schiantarti.


    Aggiunse glaciale, tornando a guardarlo.
    Era vero, avrebbe voluto puntargli la bacchetta al petto e scaraventarlo via con tutto il potere che aveva, fargli pagare la pena, l'assenza, fargli pagare anche il conto di tutti gli altri che aveva incontrato nella sua vita e che l'avevano delusa, abbandonata o ferita.
    Avrebbe volentieri fatto pagare a lui tutto, anche ciò che non avrebbe dovuto, perché una parte irrazionale di lei credeva che se Elijah non fosse andato via, se non avesse fatto qualcosa di orribile quel giorno sul campo da Quidditch, se avesse continuato a crescere e camminare di fianco a lei, non avrebbe sofferto, il suo cuore non si sarebbe indurito; sarebbe stato tutto più semplice.

    Ma continuava a guardarlo senza muoversi, e gli occhi non accennavano la rabbia che, al contrario, avrebbe dovuto mostrare una frase del genere.
    La verità era che lei non sarebbe diventata ciò che era, se Elijah avesse continuato a starle di fianco, se avesse continuato a far parte, in qualche modo, della famiglia dei Nott.
    Loro l'avevano fatta sentire protetta, ma la bolla in cui si sarebbero chiusi le avrebbe impedito di toccare parti di se stessa che ora invece conosceva, manipolava e che ancora cercava di scavare.

    Ma non posso più provare rabbia per qualcosa di cui non abbiamo e non ho avuto controllo.
    Quel che è accaduto ci ha resi ciò che siamo ora.


    E avrebbe voluto sapere cosa erano, chi erano, dove stavano andando.

    Tu chi credi di essere diventato?
     
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    Per l'ultima volta.

    Quelle parole rimbombavano nella testa del ragazzo del Fuoco da giorni, da quando aveva iniziato a sistemare le sue cose dentro il solito baule che ormai per il settimo anno consecutivo avrebbe contenuto tutto l'occorrente che avrebbe portato con sè in Accademia. Cercava di non pensarci troppo, ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella strana sensazione a cui non era ancora riuscito a dare un nome preciso. Aveva preso l'aereo con suo fratello e attraversato King's Cross senza il solito entusiasmo con cui ogni anno affrontava quel primo giorno di scuola, come se in un modo o nell'altro iniziare ''ufficialmente'' avrebbe significato davvero ''fare tutto per l'ultima volta''. Se non avesse preso il treno, non avrebbe raggiunto la scuola e quindi non avrebbe iniziato il settimo anno. Quando infatti Ace l'aveva salutato e lasciato solo, davanti all'ingresso del Binario 7 ½, Bellamy aveva preso posto su una delle panchine messe lì per far sedere i viaggiatori in attesa dell'arrivo dei loro treni ed aveva aspettato. Cosa, non lo sapeva nemmeno lui.
    Quando poi si era reso conto che quel ragionamento non aveva minimamente senso e che non avrebbe potuto far nulla per evitare quello che - a conti fatti - era il semplice scorrere del tempo, aveva fatto appena in tempo ad arrivare all'ingresso del vagone adibito al viaggio di tutti gli studenti ed era salito quasi per ultimo. Non era riuscito nemmeno ad individuare nessuna delle facce dei suoi più cari amici, aveva proprio rischiato di perdere il treno per colpa di quella sua stupida idea.
    Non poteva fare nulla per fermare il tempo, poteva solo sperare di godersi tutto quello che l'anno in arrivo aveva in serbo per lui. Aveva passato quasi metà della sua vita tra quelle mura, ed il giorno in cui sarebbe uscito dall'immenso portone per l'ultima volta da studente l'avrebbe fatto sapendo di essersi lasciato alle spalle momenti che non avrebbe mai dimenticato.

    [Corridoio del treno - Vagone studenti]


    Che sarebbe stato un anno interessante aveva iniziato a pensarlo da quando aveva aperto quell'inaspettata lettera del Preside, in cui gli consegnava la spilletta da Caposcuola. Non se l'aspettava affatto, questo era poco ma sicuro. Se riguardo Coral non aveva mai avuto dubbi, c'erano ragazzi del loro anno con una media scolastica ben più alta della sua, con una reputazione migliore agli occhi dei docenti e probabilmente capaci di rappresentare tutta la scuola, oltre che la propria Casata, molto meglio di quanto avrebbe potuto fare lui. Perchè era stato scelto al posto di uno come Thomas Nott, perfetto in tutto quello che faceva, grazie al palo nel didietro di cui non si era mai liberato nel corso degli anni?
    Come al solito, avrebbe rimandato riflessioni e ragionamenti ad altre occasioni. Non aveva ancora visto con i suoi occhi quale fosse la situazione tra gli studenti dell'Accademia. Magari Thomas Nott era stato improvvisamente colpito da una persistente forma di Vaiolo di Drago ed era stato costretto ad abbandonare la scuola. Un gran peccato...

    Dolcetti e pasticcini, per grandi e per piccini! Tante belle novità, chi di voi resisterà?

    Mh? Sono a posto così.

    Con un cenno di ringraziamento congedò la signora che portava quel carrello pieno di dolci. Non aveva ancora finito la sua scorta di dolci acquistata l'anno precedente, perciò non aveva bisogno di comprare nient'altro. E poi non aveva nemmeno voglia di mangiare nulla.
    Ovviamente non aveva ancora addosso la divisa, ma teneva stretta nella mano sinistra la spilletta da Caposcuola. Senza un motivo preciso, la guardava di tanto in tanto come se potesse trovare sulla sua superficie la risposta a tutte le sue domande. Era ancora intento a riprendere fiato dalla corsa fatta per salire in tempo sul treno, in fondo al corridoio del vagone su cui era salito. Si trovava sul punto di entrare nel vagone dove si trovavano il personale dell'Accademia insieme ai Prefetti, sperando che non avessero fatto troppo caso al suo ritardo. Anche se l'idea di rivedere Price o la Cage non lo entusiasmava poi così tanto.
     
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    [Nella Carrozza con Mintaka]


    Non era facile per Elijah fare i conti col passato. Nonostante appartenesse al Fuoco, sapeva di essersi comportato da vigliacco. Lui e Viktor si erano fronteggiati a mani nudi sotto la pioggia, ma quel che avevano fatto più male non erano stati i loro pugni, bensì le parole da Elijah pronunciate. Lui aveva di colpo tirato fuori il suo lato peggiore, quello che lui riteneva sepolto, per dar sfogo al suo dolore e alla sua gelosia e così aveva ferito sia il amico che la sua ragazza. Eppure, anche a quel punto la situazione era quasi sicuramente recuperabile, ma lui non aveva mosso un muscolo verso i due; al contrario, se ne era andato, distruggendo quasi del tutto quei legami che avevano saputo renderlo felice e migliore.
    Ancor più difficile però era parlare del suo presente. Era una Recluta Auror, ma non aveva nulla di cui poter andar fiero. Eppure era proprio per quello che lui, quel giorno, si era aperto con lei.

    Sono un perdente e sono solo.

    Ammise, guardando la finestra, che veniva picchiettata dall'incessante pioggia che il cielo di Londra continuava a far cadere.

    Sono stato sconfitto dalla Harp a duello.

    Disse, mentre con un sorriso amaro pensava che quello fosse davvero l'ultima delle cose di cui potersi lamentare.

    Non sono più sicuro se la strada, che ho scelto, sia la mia... i miei M.A.G.O. li ho dovuti recuperare perché a Durmstrang non sono riuscito a concludere nulla di buono.

    Mentre parlava di sé, Eli pensò quanto fosse ironico il fatto che durante il suo primo anno ad Amestris avesse sperato che sarebbe stato meglio per lui frequentare l'Istituto del Nord Europa e non quell'Accademia di magia appena fondata. Quanto si sbagliava...

    Non ho saputo creare niente e provo solo rabbia nel pensare che solo qualche anno fa ero felice e soddisfatto di me e di come stessero andando le cose...

    Si grattò la testa dietro la nuca e poi si appoggiò completamente al suo sedile. In quel momento i suoi occhi verdi potevano vedere solo il soffitto della sua carrozza.
    Immaginò che ribrezzo Mintaka potesse provare in quel momento nei suoi confronti e non si sentì di poterla biasimare; per lui era lo stesso.

    Alla LUMOS riesci sempre a stupirmi e a superarmi. Come ragioni... la tua magia... sei una vera strega, una che può parlare da pari con mia zia.

    Fece quelle considerazioni con tono neutrale. Le pronunciò intenzionato a non non permettere al silenzio d'insinuarsi fra loro.

    Edited by Elijah Nott - 31/8/2020, 19:40
     
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    Quel giorno sarebbe ritornato ad Amestris. Ricevere quell'invito gli fece un certo effetto, al quale tutt'ora non riusciva a dare un nome. Adrenalina, ansia, piacere, timore, disagio, contentezza. Era tutte queste cose e anche tante altre. Chissà come se la passavano Nott, Lygeon e gli altri della casata.
    In un abbigliamento abbastanza casual, si stava avviando verso i cancelli della L.U.M.O.S. perché aveva appuntamento con Goldesth. Ovviamente, lì di Ray non c’era traccia. Junah suppose che fosse in ritardo come al solito, decidendo di aspettare lì cinque minuti. Non vedendolo, si mise a vagare per il campus universitario con gli occhi socchiusi e la testa sospinta in alto. Niente.

    pngghiaccio2lui
    Junah!

    Finalmente! Ti ho cercato ovunque, dove ti eri cacciato?

    Guarda che io sono stato sempre qua.

    Peccato che dovevamo incontrarci davanti al cancello! Ah Ray, sei sempre il solito!

    Goldesth era tra tutti quello con cui Junah aveva mantenuto i contatti in modo più assiduo anche perché l’amico frequentava l’accademia auror con Narcissa. Rispetto al biondino lui aveva scelto la strada per diventare Dragoniere, iscrivendosi difatti al Dipartimento di Scienze Magiche Naturali. Lì aveva conosciuto Dakarai, Lilith e Connor e, soprattutto Rhaegal! Loro e il possente Drago avevano reso il primo anno di apprendistato di Junah decisamente magnifico! Tornando a Ray, Junah non riusciva a capacitarsi del cambio di rotta del compagno. Chiariamoci: non che lo ritenesse senza capacità, ma gli veniva difficile congeniare Ray al rigore della vita di una recluta. Orari precisi e severi, un mucchio di regole da seguire con estrema attenzione, giornate pienissime, puntualità. Ecco quella era la cosa che lo faceva andare ai matti più di tutte le altre. Ray non conosceva la puntualità, almeno non finché era ad Amestris. Junah era costretto a chiamarlo una marea di volte per farlo arrivare puntuale o, almeno, in un orario decente agli allenamenti. Erano più le volte in cui lui e tutta la squadra dovevano aspettarlo, che il contrario e, molto spesso, finivano per iniziare senza di lui, che quando arrivava si giustificava con le scuse più assurde e poco credibili.
    Forse era cambiato in quel senso, anche perché ancora non lo avevano buttato fuori. Per il resto Goldesth era rimasto lo stesso di sempre: pacifico, e burlone.

    pngghiaccio1lei
    Che ha combinato questa volta? Ray anche se non ho una mazza con me, te le tiro di santa ragione!

    Gli si illuminarono gli occhi a Junah nel vedere Willow e, ovviamente, partirono prima di subito delle risate.

    Andrea! E sì, quattro schiaffoni ci vorrebbero!

    Willow è colpa sua, credimi.

    Ti conosco troppo bene per non farlo.

    Sia lui che Ray le andarono incontro, limitandosi ad una pacca sulla spalla alla compagna. Willow non era assolutamente il tipo da smancerie e darle un abbraccio o un bacio sulla guancia avrebbe voluto dire ceffoni in arrivo.

    Come te la sei passata da Capitano?

    Non male direi, ma non ho avuto molto per dimostrarlo a parte gli allenamenti.

    Sì ho saputo.

    Stai continuando però, vero? A parte quella roba pallos...ehm, politica.

    Sì, ci provo. Comunque ti ho sentito.

    Willow non aveva abbandonato il Quidditch anche se aveva scelto Scienze Politiche. Non perdeva occasione per inviare candidature a destra e a manca. Non proprio a qualsiasi squadra professionista, ma alla maggior parte sì.
    Mentre i tre si perdevano nei ricordi del passato e si aggiornavano sulle novità, un duo molto familiare si avvicinava verso di loro. Alissha e Will.

    pngghiaccio2lui
    Non vorrei disturbare, ma le carrozze sono da quella parte!

    Atkinson! Ti hanno già fatto dottore?

    Non ancora Ray, ma se tu diventerai Auror ce ne sarà bisogno!

    Il primo ad abbracciare Will fu proprio Goldesth, seguito da Junah e da una smorfia di Willow. Il che era già più che sufficiente e, sicuramente, meglio di uno dei suoi Bolidi.

    2gum5nn


    Niente abbracci per me?

    Ray, Will, Andrea all’attacco!

    Ovviamente il massimo che fece Willow fu darle un pugnetto sulla spalla, mentre loro tre abbracciavano l’ex-compagna di squadra.

    Non hai più gli occhiali Everdee.

    Sì, sì. Un’amica di mia madre mi ha fatto provare queste lenti a contatto, ma non le devo tenere sempre però. Magia dei babbani! Maaaa ci pensate? La Sala Grande, i dormitori, la Sala Comune, i prof, gli studenti. Il Respiro...potremo andare nel Respiro, eh? Eh? Eh?

    Adrenalinica come sempre. Quella ragazza doveva essere tirata a molla!

    Calma furia. Non ne ho idea Everdee. Sarà meglio che ci muoviamo di qui.

    Il gruppetto si spostò verso le carrozze. Anche se per poco, ebbero una prima occasione di rivedere qualche compagno. I mezzi di trasporto stavano incominciando a muoversi, così Goldesth, Willow e Aktinson si affrettarono a salire.

    Ehy Junah, là c’è Narcissa e Cody! Cooody!

    Che strano interesse per Murphy quello di Everdee. Junah la guardò sospettoso, pur avendo la risata sotto il baffo.

    Fece una smorfia verso la ragazza e poi salì con lei nella carrozza già occupata da Narcissa e Cody.

    Narcissa, veniamo con voi...


    Narcissa Harp
     
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    [Corridoi del treno, vagone studenti]

    Un nuovo tipo di silenzio si era insinuato tra Fawley in quel periodo, più freddo e pungente del solito.
    Era arrivato il momento in cui ancora una volta Hesper sarebbe salita sul treno per Amestris,ed era felice, davvero tanto, ma le ombre proiettate sul viso dei genitori così ancora testardamente contrari alla sua permanenza in tale scuola, non le avrebbero mai permesso nemmeno un singolo accenno ad un sorriso, non finché finalmente le carrozze sarebbero rimaste ferme, immobili e così fuori dal tempo sopra i loro binari.
    Myrtle non si era unita, aveva borbottato qualcosa qualche giorno prima e solo poche ore prima una lettera scritta così in fretta che a malapena si riusciva a distinguere una lettera dall'altra, quasi come se d'improvviso avesse imparato a scrivere in chissà quale lingua antica.
    Il vociare delle altre famiglie era coperto dal suono emesso dal treno, Hesper aveva iniziato a girare per i corridoi delle varie carrozze poco dopo aver indossato la divisa giallo-viola che mai avrebbe creduto di poter sentire così comoda. Le paturnie dell'anno precedenti, quelle riguardanti la sua carica di prefetto che - almeno allora, pareva essere più temporanea che mai si erano distrutte quando la lettera giunse nella guferia di casa, la professoressa aveva deciso di riporre nuova fiducia nella metamorphomaga e per una volta in tutta la sua vita non si fece domande, pensò unicamente a godersi quel momento che non era altro che il primo di molti altri.
    Fermarsi in un unico scompartimento sarebbe stato da stupidi, se anche gli altri avessero provato quel che provava lei in quell'istante. Sapeva fin troppo bene che là dietro, oltre i finestrini Julian ed Helena se ne stavano impalati come ghiaccioli ad osservarla, come se avessero deciso tutto d'un tratto di diventare un quadro "olio su vetro", e dare quindi inizio ad una nuova forma di arte; non riuscì ad accorgersi nemmeno della donna dei dolciumi e Bellamy che lì per lì scambiò per uno studente qualsiasi.

    Controllo Hesper, controllo.

    Che i suoi capelli iniziarono a diventare sempre più scuri, con forse qualche ciocca violetta sporadica qua e là a simulare, in un certo senso, la rabbia che si mescolava con l'angoscia. Un dessert degno del miglior chef esistente.

    [Vagone prefetti]

    Buongiorno.

    E per quanto non vedesse l'ora di partire, per quanto i pensieri di troppo sembrassero carichi e pronti a rovinare quell'inizio anno... la piccola speranza con le sue piccole ma al tempo stesso maestose ali verdi aveva fatto sì che in mezzo all'oscurità che si trovava in capo, qualche luce più chiara nascesse, alimentata da quella gioia che presto, una volta al castello, avrebbe reso il tutto meno faticoso.
    Cosa c'era di meglio che rivedere ancora una volta i volti famigliari delle persone che nel loro insieme andavano a creare Amestris?

    Nulla.
     
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    [In una piazzola di sosta]


    Frederick aveva appena finito di rimettere il suo pasto, quando tornò in auto con gli occhi arrossati pieni di lacrime, lo stomaco sotto sopra e l'ansia di essersi sporcato in qualche modo la divisa della sua Casata, che già indossava, nonostante non fosse tenuto a farlo e sua madre glie lo avesse sconsigliato.

    Perché ci ostiniamo ad andare in auto?

    Sbattendo la porta dell'utilitaria, Frederick rivolse quella domanda a sua madre, che gli sedeva di fianco, al posto del guidatore. C'era solo lei ad accompagnarlo quell'anno anche perché il suo baule e la gabbietta di Julius, il ratto domestico di quel giovane mago, occupavano tutto lo spazio del sedile di dietro.

    Tuo padre vuole che tu non riceva un trattamento diverso rispetto a quello dei figli dei babba-

    Io non sono un figlio di Babbani! Sto male in auto e tu lo sai... e la sua carriera politica è morta. Dovremmo finirla anche con questa storia dei bravi Babbanofili e riprenderci il nostro orgoglio di maghi!

    Nonostante il disprezzo mostrato dal ragazzo per come aveva deciso di vivere la sua famiglia, nonostante il tono di voce alto e i modi irrispettosi, sua madre non replicò. Che lo capisse? Che pensasse che non doveva esser troppo severa con un figlio che si era appena sentito male? Oppure, semplicemente, sapeva quanto egli, esattamente come suo marito, fosse cocciuto?
    La strega, infatti, cambiò discorso:

    Perché non ti cambi con gli altri nel treno? Non devi vergognarti. Non c'è niente che non vada in te e...

    Mentre lei continuava a fargli i suoi discorsi da mamma, lui smise d'ascoltarla e si concentrò piuttosto sulla musica che davano alla radio babbana (forse unico aspetto positivo di quel mezzo ingombrante e primitivo). A volte Frederick detestava i suoi genitori. Li riteneva imbarazzanti, ingombranti e invadenti. Non gli permettevano mai una volta di fare di testa sua e anche l'estate di quell'anno, come era successo la scorsa, gli avevano requisito la bacchetta magica, impedendogli di esercitarsi con gli Incantesimi. Erano un limite che non gli permetteva di migliorare e di superare i suoi compagni.

    Colpa loro se non prenderò un buon voto nella prima verifica con la Harp.

    Si disse il ragazzo, mentre il paesaggio scosso dalla pioggia scorreva dinanzi ai suoi occhi e la nausea cominciava lentamente a ripresentarsi.

    [Scompartimento 5]

    La pioggia non era stata clemente con il giovane mago del Fuoco. Sua madre, come prevedibile, non era riuscita a trovare parcheggio a King's Cross e l'aveva dovuto abbandonare per strada con il suo pesante bagaglio e con il suo famiglio.
    Fred l'aveva maledetta più volte, imprecando, e, anche in quel momento, rifugiato in uno scompartimento deserto, stava continuando a coltivare collera, mentre cercava di asciugare la divisa scolastica come meglio poteva.
    Quell'anno era partito decisamente con una brutta piega per lui e la sua famiglia: non erano solo i disagi legati al mal tempo ad affliggere gli Spicer, ma anche un problema legale. Il padre di Fred, convinto infatti di poter dimostrare come fosse possibile convivere con i babbani consapevoli, aveva fatto uso di Incantesimi dinanzi a uno di loro. Per fortuna non era andato oltre e il babbano, prima di diffondere quel che aveva visto, era stato intercettato dagli Obliviatori, ma il fatto che il signor Spicer si fosse comportato intenzionalmente in maniera così sconsiderata era un aggravante non indifferente. Fred, pur essendo completamente in disaccordo con le idee paterne, non sapeva cosa auspicare per quel processo.
     
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    Ars gratia artis




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    La strega sorrise dinanzi all'imbarazzo di Leonard e scosse il capo per tranquillizzarlo, mentre alzatosi lui si rimetteva in ordine e lei si poggiava distrattamente al tavolo col fondoschiena, spiando Pablo di tanto in tanto per assicurarsi non beccasse i due furetti. La domanda del collega poi le fece arricciare il naso ed incrociare le braccia, sovrappensiero, mentre spostava lo sguardo verso il soffitto cercando una risposta.

    Credo che vorrei essere il vento. Sarei praticamente ovunque e vedrei ciò che in questa vita mi è precluso.

    Fece spallucce ed annuì, complimentandosi con sé stessa. Era chiaramente quella la risposta giusta, oltre che la più onesta, ché senza dubbio non sarebbe voluta essere un vegetale e difficilmente avrebbe voluto attraversare l'adolescenza una seconda volta. Le rimanevano gli animali e le forze della natura, ma le prime erano costantemente in pericolo, in lotta per la supremazia, per il potere, e lei non riusciva ad immaginarsi in quelle vesti.
    Allungò la mano in direzione del pappagallo e quello vi ci salì sopra come d'abitudine, allungandosi poi fin sulla spalla, e lei nel mentre scosse appena il capo.

    Non ancora. Gli Elfi hanno portato su i bagagli, ma non li ho ancora svuotati.
    Mi dai una mano con i libri?


    Invitò il divinatore ad accompagnarla fuori dalla porta con un movimento del capo, annunciandogli che di bauli ne aveva ben due solo per i libri, e che non le sarebbe affatto dispiaciuto un aiuto per organizzarli in ordine, poiché nel sistemarli lei non aveva badato troppo all'ordine, ma sicché in camera non aveva abbastanza spazio per riporli tutti, avrebbe dovuto ordinarli direttamente nei bauli così che sapesse esattamente dove e come trovarli.

    Congiunzione interessante.
    Comunque no, o almeno non ne avevo l'intenzione, ma se può soddisfarti io ed i miei fratelli abbiamo più che accettato i nuovi membri della famiglia e siamo abbastanza sereni.


    Sorrise appena, prima di ricordare un piccolo dettaglio di altro stampo di cui avrebbe voluto metterlo al corrente.

    Sto valutando di andare da Price a chiedere informazioni circa gli ingredienti di quella pozione che ho trovato a Roma, ricordi? Te ne ho parlato.

    Leonard era un'Indicibile ormai e con lui poteva parlare delle sue missioni, e poi quella nello specifico era più un'impresa della Lega che non del Ministero, di fatto come Indicibile aveva avuto solo il dovere di sorvegliare e controllare ipotetiche fonti di magia, ed il manufatto oscuro lo aveva analizzato e fotografato in lungo ed in largo, ma servivano altre indagini.

    Mi sono perfezionata nella Divinazione questa estate, ad ogni modo. Credo di essere diventata discretamente brava ora.

    E glielo disse incredibilmente euforica, voltandosi a guardarlo con una luce entusiasta negli occhi prima di tornare ad aprire la porta e varcarne l'uscio.
     
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    Nel vedere il volto del nuovo compagno tingersi di un’accesa sfumatura di blu fino a ricordare a tutti gli effetti un mirtillo rischiò di strozzarsi per le risate. Venne scosso da una serie di colpi di tosse, prima di riuscire a riprendere abbastanza fiato per parlare.

    Tu fai paura, invece!

    Fu grato di aver incontrato qualcuno che avesse voglia di farsi due risate, per una volta. Si ritrovò a concludere che Kyle non potesse essere un ghiacciolo, anche se non riusciva a collocarlo tra le fila del Fuoco. Per fortuna, la loquacità del ragazzo gli evitò il bisogno di porre la domanda.

    Ah, ecco. Mi sembrava di non averti mai visto prima.

    Si fermò un istante a riflettere su quanto dovesse essere pesante dover fare i conti con dei genitori che non permettevano al figlio di andare ad Amestris. E pensare che lui ormai sopportava a malapena un’intera estate solo in loro compagnia. Sarebbe stato strano vedere Kyle in mezzo ai nuovi arrivati in attesa di essere smistati.

    Figo, sì… Ti sentirai un gigante, in mezzo ai primini.

    Ogni anno Cody rimaneva sconcertato da quanto sembrassero minuscoli gli studenti del primo anno. Si rifiutava di credere che anche lui avesse avuto quell'aspetto, quattro anni prima. Doveva esserci per forza qualcosa di strano in quei ragazzini, non ricordava di essere mai stato così basso.
    Sentì le guance arrossire leggermente quando l’altro passò all'argomento ragazze, abbassando lo sguardo.

    Beh sì, ci sono…

    Per l’ennesima volta quell'estate, i suoi pensieri tornarono a Manon. Lanciò un’occhiata rapida verso l’interno del treno, sperando di cogliere anche solo di scorcio i riflessi biondi dei capelli della ragazza, magari alla ricerca dello scompartimento dov'era seduto. Tuttavia, sembrava proprio che avrebbe dovuto attendere ancora un po’. La voce di Kyle, che nel frattempo aveva continuato a parlare, lo scosse dai suoi sogni ad occhi aperti. La bocca si aprì in un sorrisetto divertito.

    Abbiamo anche quelle, per tua sfortuna. Non le Acromantule, eh.

    Da quando aveva iniziato ad avvicinarsi a Manon, si era reso conto di aver cominciato a notare molto di più la presenza delle ragazze intorno a lui. Non avrebbe saputo spiegarlo con precisione, ma era come se qualcosa, in generale nel modo in cui apparivano, fosse cambiato. Sapeva solo che la parola carina, in riferimento a una ragazza, aveva assunto velocemente un significato tutto nuovo, e spesso il suo sguardo indugiava su punti a cui non faceva normalmente caso. Era un qualcosa di strano, ma a ben riflettere non gli dispiaceva affatto.
    Nonostante la comparsa di questo nuovo interesse, quasi non si accorse della presenza di un’altra persona fin quando questa non parlò. O meglio, forse non si aspettava che qualcuno avrebbe deciso di interagire con due persone che fino a qualche istante prima sembravano dei pastelli colorati.

    Mai stati meglio! Vedi?

    Si osservò le mani mentre la pelle tornava al suo colore naturale, incapace di nascondere un filo di disappunto per la rapidità dell’effetto del dolciume.

    Dovresti provarne una, sai? Secondo me staresti benissimo con la pelle verde. Io invece voglio proprio provare…

    Frugò nelle tasche alla ricerca del resto del bottino appena acquistato, e scelse la caramella che recava in bella vista l’immagine di un cane. Dopo essersi schiarito la voce per creare la giusta suspense, iniziò ad abbaiare come se fosse la cosa più naturale al mondo da fare sull’espresso per Amestris. Si stupì di quanto il suono che uscì dalla sua bocca fosse incredibilmente realistico. Mosso da improvvisa e sincera curiosità, a quel punto doveva sperimentare tutte le potenzialità del suo acquisto: le orecchie dei presenti furono improvvisamente deliziate da un meliodoso ululato, il cui suono lasciò il fuocherello decisamente soddisfatto.

    Però, mica male!

    Chicca dello Zoo post 1/2
     
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