Un giorno nuovo

Riunione infiltrazione

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    Il giorno dopo


    Si era svegliato con un grande mal di testa quel giorno, dovuto probabilmente sia all'alcol della sera prima che a tutto ciò che ne era conseguito: ricordava a tratti ciò che era stato fra lui e James in un turbinio di sensazioni e piacevoli memorie che di tanto in tanto solleticavano la sua mente, oltre che qualcos'altro.
    Augustus sorseggiava del caffé seduto ad uno dei tavoli del Quartier Generale Auror, in attesa della stessa donna che la sera prima l'aveva portato vicino al vero Augustus più di quanto non fosse mai accaduto negli ultimi anni.
    Eppure riusciva a comprendere a fatica, desideroso da una parte di riuscirci e trovare un senso a qualcosa che, probabilmente, era stato dettato solo da una mancanza di senso, e dall'altra di evitare ogni genere di riflessione lasciando semplicemente che fossero gli eventi a dire qualcosa a riguardo oppure niente.
    Aspettava pazientemente l'arrivo di James sfiorando con lo sguardo gli appunti presi nel corso di quelle settimane, sorseggiando pazientemente il proprio caffé.
    Regan Parish, tempo prima, aveva assegnato proprio a lui e alla donna il compito di formare delle squadre di infiltrazione e arrivati a quel punto avrebbero dovuto stabilire qualcosa di più concreto, lasciandosi alle spalle le riflessioni e gli studi condotti in precedenza per arrivare fino a quel momento.
    Poggiò con rumore la tazza di caffé sul legno scuro, lasciandovi impressa qualche piccola macchia sfuggita al suo controllo, costretto ad alcuni flashback della sera prima fra un pensiero e l'altro, incapace di contenerli davvero altrove, in quell'istante, benché l'argomento del giorno l'avrebbe certamente richiesto.
    Eppure Augustus non era uno che pensava troppo, prima di fare qualcosa: per questo, al di là di ogni ovvia curiosità, avrebbe atteso di vedere quale sarebbe stata la reazione della donna quella mattina prima di poter pensare a qualcosa di vagamente razionale, scegliendo dunque, almeno per il momento, di fingere che nulla di strano fosse accaduto, che il suo corpo non avesse incontrato quello della donna per scambiare con esso momenti di puro piacere.
    Sbuffando, lasciò cadere sul grande tavolo anche i suoi appunti, la mano e il moncherino incrociati dietro al capo e le gambe che lo spingevano sulla sedia girevole, in una posa di evidente noia o, nel suo caso, mal celato disagio, gli occhi che si perdevano attorno alle figure dei colorati aeroplanini di carta che di tanto in tanto invadevano l'ufficio.
     
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    Erano anni che James aveva uno strano rapporto con il suo ritmo sonno-veglia, nel senso che non ne aveva uno degno di quel nome. Poteva dormire dieci ore di fila, o due, o andare avanti due giorni senza dormire, e per lei sarebbe cambiato poco o niente.
    Era una cosa comune nell'esercito, l'abitudine di dormire come e quando possibile, ma era estremamente più particolare nel caso dei marines, che in certi casi potevano dormire forse due o tre ore al giorno per intere settimane. Aveva imparato in fretta ad addormentarsi a comando e il suo corpo aveva dimenticato del tutto la normale distinzione tra momenti di veglia e le sette o otto ore di sonno consigliate a notte. La cosa le tornava utile durante le missioni, quando doveva restare lucida il più a lungo possibile e aveva una manciata di ore di tanto in tanto per permettere al cervello di spegnersi prima di ritornare pienamente operativa.
    Aveva però notato subito un piccolo problema legato a questa questione del sonno, ovvero che anche al sicuro della sua casa non riusciva più a dormire come le persone normali. Ben presto si era ritrovata a vagare per casa in piena notte senza nulla da fare, senza riuscire a dormire, per poi sonnecchiare qualche ora all'alba e tornare di nuovo totalmente sveglia in tempo per la colazione.
    Almeno negli ultimi anni le cose erano migliorate a tal punto che riusciva a concentrare le ore di sonno durante la notte, e non in momenti random della giornata. Da quando era a Londra, poi, la maggior parte delle notti dormiva almeno cinque o sei ore di fila - che era il suo massimo dai tempi dell'Accademia. Spesso però continuava a non riuscire ad addormentarsi o restare addormentata torppo a lungo. Per quel che ne sapeva, il suo corpo era ancora convinto di essere sotto una pioggia di bombe e non le avrebbe permesso di restare inerme per troppo tempo.
    Anche se era tornata a casa tardi la sera prima, esausta dopo la serata decisamente movimentata era riuscita a dormire soltanto un paio d'ore prima di svegliarsi ben prima dell'alba. Nonostante ciò era completamente sveglia quando arrivò al Ministero, una tazza di caffè fumante in mano.
    Si lasciò sfuggire uno sbadiglio - di noia, più che di sonno - intanto che attraversava i corridoi del Quartier Generale. Lei e Baker dovevano far in modo che gli Auror non finissero ammazzati durante una missione di infiltrazione. James avrebbe fatto di tutto per far si che tutto filasse liscio come l'olio, ma era abbastanza certa che qualcosa sarebbe andato maledettamente storto entro la fine dell'anno.
    Se lo sentiva.
    Almeno quel giorno si prospettava più interessante del solito, visto quello che era successo tra lei e Baker la sera prima.
    Sbuffò divertita mentre svoltava un angolo.
    Baker avrebbe fatto finta di niente, poteva scommetterci. E lei, gli avrebbe permesso di chiudere tutto dentro uno stanzino dimenticato - o un negozio chiuso?
    E perdersi la possibilità di stuzzicarlo? Neanche morta.
    Raggiunse la sala riunioni a cui oramai era diventata allergica, visto tutto il tempo che ci aveva passato li dentro, e si fermò sulla porta lasciata aperta.
    Eccolo li, niente di meno dell'impassibile Capo HitWizard Augustus Baker che si girava sulla sedia come un bambino annoiato.

    Almeno qualcuno si diverte, qui dentro - gli disse a mo' di buongiorno, inarcando un sopracciglio.
     
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    La voce di James lo sorprese alle spalle, costringendolo a voltarsi in maniera repentina verso di lei per assicurarsi che fosse veramente la donna che aspettava, piuttosto che un superiore da cui sostenere qualche ramanzina per la sua posa al dir poco informale.
    Sogghignò di fronte alla sua affermazione, tornando a girare con pigrizia su se stesso mentre un sorrisetto imperterrito prendeva posto sulle sue labbra.

    Divertirmi? No, di solito mi diverto in altro modo.

    Si fermò appena in tempo perché potesse ritrovarsi di fronte alla donna, accompagnando un occhiolino alle sue parole.
    Se c'era qualcosa di migliore del sesso, erano le battute che susseguivano ad esso, qualcosa in cui lui era in effetti parecchio bravo, benché le scappatelle notturne non fossero esattamente qualcosa che gli capitavano spesso.
    Ma era piacevole scoprire di poter essere ancora padrone di quel genere di scambi verbali, seppur dagli ultimi del genere fosse passato parecchio tempo.
    Sospirò, dunque, rialzandosi di scatto dalla sedia per avvicinarsi lentamente alla collega, lasciando le mappe sistemate sul tavolo di legno a loro stesse.
    Cominciò dunque ad osservarla con occhi indagatori, come stesse cercando di scoprire qualcosa di occulto al di là dei suoi occhi e della sua pelle, avvicinandosi sempre di più.
    Scrutarla tentando di rimanere serio, tuttavia, era parecchio difficile considerato che ad ogni centimetro di pelle che sfiorava con lo sguardo ricordava velocemente brevi frammenti della sera appena trascorsa.
    Si costrinse a deglutire, sospirando ulteriormente per inghiottire delle sensazioni parecchio inappropriate per il tipo di contesto in cui si trovavano in quel momento.

    E lo stesso vale per te, a quanto sembra.
    Non hai affatto una bella cera, sai? Devi avere fatto le ore piccole stanotte...


    Commentò con tutta la serietà di cui era capace, seppur fosse evidente dal suo sguardo quanto in realtà si stesse divertendo, sorpreso innanzitutto dalla situazione e ancora più da se stesso, che mai si sarebbe immaginato di nuovo in grado di provare tali sensazioni da quando era finito vittima dei suoi pensieri, ormai diversi anni prima.
     
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    Si era aspettata il solito burbero capo Hit Wizard, distaccato e un po' perso nel suo mondo. Le era sempre parso un po' inavvicinabile e quasi superiore, per qualche motivo. Sicuramente estraneo, nonostante gli anni in cui avevano lavorato assieme fianco a fianco.
    Di sicuro non si era aspettata... quello, qualsiasi cosa fosse "quello". Era un ghigno, sul serio?
    Qualsiasi battuta avesse tirato fuori dal suo sconfinato arsenale nel tragitto tra l'ingresso del Ministero della Magia fino a quella sala riunioni ora era sparita, presa totalmente in contropiede dall'umore inaspettatamente allegro di Baker. Non le succedeva spesso di restare letteralmente senza una battuta pronta.
    Poi le fece l'occhiolino. James si limitò a guardarlo inclinando leggermente la testa di lato, la tazza di caffè quasi dimenticata in mano. A chi lo aveva paragonato la sera prima?
    Ah giusto, dottor Jekyll e Mr Hyde. Decisamente appropriato.
    Lo osservò mentre si avvicinava, squadrandolo dalla testa ai piedi, per poi ricordarsi del caffè ancora caldo che teneva in mano per prenderne un piccolo sorso. Qualcosa le diceva che sarebbe stata una lunga ed intensa giornata, ma forse non per lo stesso motivo che aveva previsto prima di raggiungere alla sala riunioni.

    Non hai affatto una bella cera, sai? Devi avere fatto le ore piccole stanotte...

    Si ritrovò a sospirare e roteare gli occhi nelle orbite. Quello era il massimo a cui riusciva ad arrivare? Forse lo aveva un po' sopravalutato.

    Grazie pasticcino, anche tu sei un fiore stamattina - ribatté con un sorriso candido.

    Sollevò la mano per pizzicargli una guancia prima di sfilargli accanto per lasciarsi cadere sulla sedia che aveva occupato fino ad un attimo prima. La sedia conservava ancora un po' del calore del corpo di Augustus che riportò alla mente alcuni sprazzi della sera passata in sua compagnia.
    James nascose un sorrisetto dietro al bordo della tazza del caffè.

    Comunque, questa - disse, indicandosi il volto. - è la mia solita faccia, quindi non offendere. E secondo, se avrò bisogno di più caffè del solito sarà tutta colpa tua.

    Se il blocco dello scrittore non se ne va da solo bisogna sfondarlo a calci :D Augustus Baker
    Comunque mi dispiace per il secolo e mezzo di attesa, faro' di tutto per riuscire ad essere un po' piu' costante da adesso =_=
     
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    Se n'era già accorto la sera prima, ma ancora non smetteva di realizzare quanto James fosse davvero in grado di sorprenderlo, più di quanto ci fosse riuscito chiunque altro negli ultimi tempi.
    E dire che lavoravano insieme già da anni.
    Forse avrebbero dovuto promuovere di più al Minostero le fughe serali dei dipendenti nei bar babbani, se quello era il risultato.
    Osservò James sfilarsi dalla presa del suo sguardo e rubargli la sedia che fino a pochi istanti prima era stata sua, senza tuttavia riuscire a guardarla con fastidio, anzi, tutto il contrario: continuava a scrutarla con fare piuttosto divertito, entusiasta di avere trovato qualcuno nell'universo mondo capace di sfidarlo senza volerlo al contempo uccidere o danneggiare in altro modo – perché in quel caso avrebbe potuto tirare fuori qualche altro nome.
    Poi chissà, tutto ciò che era accaduto la sera prima non era stato che un pretesto per spassarsela un po' e macchinare qualcosa contro di lui.
    Tutto ciò però non suonava molto da James.
    Prese anche lui un'altra tazza di amaro liquido nero, allora, portandola in alto come aveva fatto la sera prima al bar, pronto a festeggiare quel nuovo giorno a modo suo.

    Brindiamo all'esistenza del caffè, allora.

    Dopo di ché portò il vetro alle labbra, buttando giù tutto d'un fiato il suo contenuto: strano, il caffè, tanto disgustoso quanto necessario alla sopravvivenza giornaliera.

    Dunque...

    Lasciò la tazzina su uno degli angoli del tavolo di legno, attirando a sé con la magia un'altra delle varie sedie presenti in quella stanza.
    Solo che invece che sedersi di fronte a James, decide di porsi al suo fianco: aveva appena riscoperto le gioie della compagnia, perché privarsene? Soprattutto se la compagnia era quella della collega.
    Augustus non l'avrebbe ammesso probabilmente nemmeno a se stesso, ma la serata appena trascorsa con Morgan non aveva avuto semplicemente dei benefici fisici.
    Da allora, sebbene fossero passate soltanto poche ore, si sentiva meno solo.
    Tossicchiò, tentando di concentrarsi almeno all'apparenza sull'ordine del giorno, un ordine che non prevedeva bar, alcol e ricordi delle sue follie notturne, purtroppo.

    ... Oggi vanno prese le decisioni ufficiali in merito alle squadre di infiltrazione.
    Io so già come la penso, perciò dimmi la tua.
     
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    Si mise comoda sulla sedia, allungando le gambe sotto al tavolo e incrociando le caviglie. Strinse la tazza di caffè contro il petto con entrambe le mani come il salvagente che era e chiuse gli occhi. Era talmente comoda e con talmente poca voglia di essere li ad occuparsi di quella questione schifosa che avrebbe forse potuto addormentarsi - il cielo sapeva perfettamente che aveva dormito in posizioni ben più scomode - ma già sapeva che non sarebbe riuscita a restare addormentata per più di dieci o quindici minuti.
    E poi era al lavoro, ed era sicura che da qualche parte nel suo contratto c'era scritto che non poteva dormire in ufficio.
    Quella era una delle poche cose che le mancavano dei marines: potevi dormire dove e quando volevi e nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di svegliarti.

    Parli troppo di prima mattina - si ritrovò a dire senza aprire gli occhi. Sei troppo allegro e io senza abbastanza caffeina da sopportarti, quindi smettila.

    Aprì gli occhi e si sorprese di trovarselo seduto accanto. Corrucciò leggermente le sopracciglia - domande senza una vera e propria forma che per un attimo le passarono per la mente - prima di lanciare un'occhiata alla confusione di carte più o meno ufficiali che c'erano sul tavolo.
    Quel piano non le era piaciuto dal primo giorno e continuava a non piacerle.

    Vuoi il mio parere professionale o personale? - gli chiese in risposta, richiudendo gli occhi. Quello professionale è che andrà a finire male. Quello personale è che andrà a finire fottutamente male.

    Si raddrizzò sulla sedia per appoggiare il bicchiere al tavolo, per poi scostare distrattamente alcune carte per leggervi il contenuto.

    Non abbiamo un Auror che potrebbe infiltrarsi con successo senza farsi ammazzare. Wolf parla troppo e soprattutto senza pensare. Kettelburn - roteò gli occhi come ogni volta che lo nominava. Non riuscirebbe ad essere convincente neanche se ne andasse della sua vita, e questo sarebbe il caso. Potremmo travestirlo da Lord Voldemort e comunque lo smaschererebbero in meno di cinque minuti. Gerald... - esitò un secondo. No, niente, lei è l'unica con una faccia da poker convincente. Ma da sola rischierebbe molto per ottenere poco o nulla. Questa cosa non funzionerà mai - sbuffò alla fine, gettando sul tavolo la manciata di fogli che teneva in mano.

    Distrattamente si mise a girare un po' da una parte e poi dall'altra sulla sedia, spingendosi coi piedi. Inseguiva pensieri senza capo ne coda dentro alla sua testa ma erano troppo vaghi per tirarne fuori qualcosa di sensato. Sentiva un prurito in un angolo del cervello, un'idea, ma non riusciva a capire da dove provenisse.

    Dovremmo... - si girò a guardarlo, fissandolo negli occhi intanto che cercava di afferrare un pensiero che le era appena passato per la mente talmente rapidamente da non riuscire a dargli una forma concreta.

    Strinse gli occhi mentre lo fissava, concentrandosi. Cos'aveva appena pensato? La sensazione era la stessa di quando si entra una stanza e ci si dimentica il perché.

    Lascia stare, non mi ricordo più a cosa stavo pensando - disse alla fine distogliendo lo sguardo per riprendere il caffè. Dimmi quello che pensi tu, anche se non voglio saperlo perché non mi piacerà.
     
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    Sei sicura che il problema sia la caffeina?
    Percepisco della suscettibilità, Morgan.
    Ma bando alla ciance...


    Ad Augustus dispiaceva dover cambiare registro linguistico e comunicativo così bruscamente, tanto da essere certo che chiunque li avesse uditi dall'esterno avrebbe avuto l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di sbagliato e oltremodo fuori luogo, considerato che i due Auror sarebbero passati dal civettare all'organizzare piani d'attacco nel giro di poche battute.
    Tuttavia, non poté fare a meno di sorridere di fronte ai modi tanto schietti di James di dire ciò che pensava, trovandosene attratto come mai prima d'ora.
    D'altra parte, aveva ragione: infiltrarsi in territori pericolosi come Notturne e l'Irlanda era un bel rischio, ma un rischio che soltanto loro potevano correre.

    Dimentichi qualcuno: me

    Anche se qualcosa gli diceva che non lo avesse dimenticato affatto.

    Andrò a Notturne Alley, cercherò di imparare a conoscere chi la abita e di farmi conoscere, senza fare stupidaggini.
    Non troppe, almeno.


    Si lasciò sfuggire un altro sorriso sghembo, a quel punto, sorpreso anch'egli dalla quantità di allegria con la quale si era alzato dal letto, considerati gli ultimi tempi e l'argomento di discussione.
    Augustus aveva la sfortunata capacità, a seconda dei punti di vista, di saper prendere la vita come un gioco: non c'era nulla di realmente rischioso ad infiltrarsi a Notturne Alley, così come non c'era nulla di pericoloso nel lanciarsi a capofitto verso una chimera.
    O forse di pericoloso c'era tutto. Di pericoloso c'era la sua proverbiale noncuranza per se stesso.

    Caulfield ha la faccia giusta, hai ragione, ma lasceremmo gli Hitwizard senza una figura di riferimento.
    Un paio dei miei uomini potrebbero provare ad infiltrarsi in Irlanda, se non troveremo nessuno di più adatto o se Gerald non dovesse essere d'accordo.


    In un modo o nell'altro sarebbero giunti a una soluzione, questo era certo.

    Non sappiamo cosa o quanto ci guadagneremo, ma è l'unica possibilità che abbiamo per provare ad ottenere qualcosa da un luogo altrimenti inaccessibile.
    La presenza di maghi oscuri è troppo alta e la nostra credibilità troppo bassa in quei luoghi per poter provare ad utilizzare altri mezzi.


    D'altronde, lui stesso aveva stupidamente suggerito di gettarsi a capofitto fra i vicoli della città in cerca di criminali, spinto da un viscerale desiderio d'azione che difficilmente riusciva a digerire o a nascondere e che in certi casi prendeva il sopravvento sulla razionalità.
    Aveva smesso di guardare James già da qualche istante, intento a fissare il tavolo scuro in cerca di risposte che non avrebbe potuto dargli. Sospirò, invece, quando fu raggiunto da un'unica, ineluttabile consapevolezza, cercando ancora una volta gli occhi blu della donna seppur in circostanze molto meno piacevoli.

    In ogni caso, una cosa è certa: si tratta di territori troppo in crisi perché possiamo permetterci di ignorarli.
     
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    Esattamente come aveva previsto, il pensiero di Augustus non le piaceva proprio per niente.

    Non ti ho preso in considerazione perché non ho ancora deciso se sei totalmente pazzo e incurante dei pericoli o semplicemente stupido.

    Lo disse in tono quasi scherzoso, ma c'era un fondo di verità molto solido a quell'affermazione. Da quando le aveva raccontato della chimera non aveva potuto che chiedersi quanto fosse guidato dall'idealismo e quanto dall'incoscienza.
    Non fece in tempo a finire la frase che già dovette sospirare esasperata. Iniziava a temere che oltre al braccio quella dannata chimera si era portata dietro anche una buona parte di neuroni.

    Sei tu il Capo Hit Wizard, razza di idiota, non lei - esclamò, accompagnando le parole a un bel calcio nello stinco, tanto per sottolineare l'importanza del fatto. Non puoi pretendere di fare quello che ti pare e poi scaricarle addosso il dipartimento quando ti farai ammazzare.

    Allungò una mano per scompigliargli i capelli, per smorzare un po' le parole dure. Non sapeva neanche perché lo fece, visto che non le importava assolutamente niente di quello che gli altri pensavano e poco ma sicuro a Baker serviva una svegliata.
    Era un miracolo se era ancora vivo.

    Ti serve una babysitter - borbottò tornando a guardare tutte quelle carte a cui avrebbe dato volentieri fuoco. Questa cosa non funzionerà mai.

    Baker era solo l'eccezzione che confermava la regola e le sue ferme convinzioni: non ce n'era uno li dentro che avesse anche solo una vaga idea di cosa si proponevano di affrontare. Con tutti gli scontri su grande scala che il Dipartimento inglese aveva dovuto affrontare, sembrava che gli Auror avessero perso il tocco per il sotterfugio.
    Ed eccola di nuovo, quella sensazione di aver dimenticato qualcosa, ma questa volta riuscì a risalire alla sua fonte e cogliere il pensiero che l'aveva generata.

    Stiamo dando loro la possibilità di metterci in trappola come dei pivelli - ragionò ad alta voce. Invece di riuscire ad infilarci nei loro giri l'unica cosa che otterremo sarà di perdere uomini validi assolutamente senza motivo. L'idea potrebbe anche essere giusta - se solo avessimo qualcuno in grado di infiltrarsi con successo - ma credo che l'approccio sia sbagliato. Quand'ero a Houston ci occupavamo praticamente solo di contrabbando e quei dannati ratti sono impossibili da prendere, anche l'ultimo arrivato sembra sapere sempre quando tagliare la corda. Ma sai quando sono più vulnerabili ed è più facile beccarli con le mani nel sacco? Ci sono un numero infinito di bande ma ognuno se ne resta per gli affari suoi, fino a quando qualcuno non pensa di poter sopraffarre la concorrenza e allora in quel momento diventano incoscienti e commettono molti errori.

    E spesso e volentieri finivano con l'ammazzarsi l'uno con l'altro, risparmiando loro una marea di lavoro e scartoffie.

    Forse invece di cercare di infiltrare un paio di Auror nel loro giro dovremmo portare un pesce grosso a creare un po' di scompiglio. Creiamo una nuova rete di criminali e lasciamo trapelare che il Dipartimento sta lavorando su qualcosa di grosso, un'operazione top secret - che tanto quelle sono le prime a finire alla stampa. Mandiamo in giro agenti sotto copertura non per infiltrarsi, ma per far uscire pettegolezzi in modo che si sparga in lungo e in largo il fatto che c'è qualcuno di importante in giro. Così riusciremo a smuovere le acque senza esporci troppo, non ancora almeno, e in poco tempo verranno loro a cercarci, commettendo qualche passo falso.
     
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    Augustus ascoltò con interesse le parole di James, senza staccare per un solo istante gli occhi dal suo volto chiaro, mantenendo un'espressione seria per la gran parte del tempo.
    Si lasciò sfuggire un sorriso amaro e sarcastico soltanto all'ennesima provocazione della donna, allontanando di poco il capo all'indietro.

    Sono il Capo Hitwizard: posso fare letteralmente quello che mi pare.
    E poi, dovresti avere più fiducia in Caulfield: se non fosse in grado di prendere il mio posto, quando necessario, non sarebbe la mia Vice.


    Dopo di che, chiuse le dita della mano sana in una morsa prima di sbattere il pugno sul tavolo scuro, lasciando che al posto del sorriso ironico sorgesse una rabbia poco velata: se la schiettezza di James era stata capace di divertirlo, fino a quel momento, l'insinuazione che lui non fosse capace di fare ciò per cui si era addestrato per anni si era rivelata un boccone troppo amaro da buttare giù: aveva fallito due volte come Auror, e non sarebbe successo ancora.
    Osservò come spettatore esterno la mano della donna scompigliargli i capelli, come non fosse mai accaduto a lui.
    Portò indietro anche la gamba colpia dal calcio, convinto che non sarebbe stato l'ultimo.

    Uccidermi è più difficile di quel che pensi, ragazzina.
    E questo ne è la prova.


    A quel punto portò verso l'alto il moncherino, seppellendo l'idea di spogliarlo per mostrarlo alla ragazza in tutta la sua macabra essenza.
    Augustus aveva tanti difetti: era uno sprovveduto, uno spavaldo e un irriverente, l'eroe sbagliato a capo di giusti principi.
    Ma era anche - e soprattutto - un sopravvissuto, e non soltanto per la fottuta chimera.

    Non sono pazzo, né incurante dei pericoli, non fino in fondo: sono solo il più qualificato per questo compito.
    Lo sai tu e lo so anche io.
    Non posso permettere che voi rischiate la pelle quando io...


    Quando la tua esistenza è già inutile.

    Percepì un freddo intenso invaderlo da dentro alle parole di Julie, apparsa alle sue spalle nell'arco di pochi istanti.
    Augustus congelò le sue parole, lasciando che il silenzio si frapponesse fra lui e James, prima di sospirare e tornare a schiudere le labbra.
    Ma stavolta non aveva più le fiamme ad animare il suo sguardo; un'ombra, piuttosto, una consapevolezza tanto amara da rendere gravi i suoi lineamenti.

    Non posso e basta.

    Il suo destino era non avere un destino: vivere ogni giorno come fosse l'ultimo, nel tentativo di lasciare nel mondo qualcosa di bello anche a costo di non avervi più un posto, nemmeno il ricordo.
    Aveva maturato negli anni quella certezza, soprattutto da quando Joey era andato ad Amestris: suo figlio stava crescendo, sopravvivendo al padre che non era stato.
    Ne sarebbe stato capace anche da adulto.
    Doveva crederlo, per riuscire ad andare avanti, perché mettere una pezza sulle sue ferite non significava chiuderle per sempre ma soltanto sporcarle di sangue.

    Mi dispiace.

    Augustus fu finalmente capace di abbandonare la rabbia per il modo in cui si era rivolto a James, la stessa che fino a poche ore prima era stata in grado di liberarlo da qualsiasi pensiero lo rendesse prigioniero come in quell'istante.
    Portò lo sguardo verso il basso, a quel punto, e una mano verso quella di James, carezzando la sua pelle bianca per fugaci istanti prima di allontanarsi, come consapevole d'improvviso di non avere più le chiavi per quel genere di contatto, non da quando avevano lasciato Mondomago.
    Alzò lo sguardo su di lei dopo aver preso un gran respiro, senza tuttavia riuscire a liberarsi della tensione accumulata sulle spalle e sul resto del corpo, rigido come in attesa di qualcosa di brutto.
    Parlò con tono calmo, dunque, cercando di recuperare un certo contegno.

    Quello che proponi tu non è diverso da quel che ho proposto io a Parish.
    E poi, pensi che chiunque si nasconda lì darà retta a dei gossip provenienti da perfetti sconosciuti?


    La sua idea di subentrare a Notturne come pezzo grosso da attaccare non era stata solo arrogante e superba ma, a detta di altri, stupida e inadatta al loro ruolo da militari.
    Cercò ancora una volta lo sguardo della donna, ma stavolta con un nuovo colore sulle iridi: quello della supplica, se così si poteva chiamare. Voleva ascolto e comprensione da parte di James, fiducia e credibilità, senza neanche sapere perché.

    Se sarò io ad andare, sarò discreto.
    Ascolterò, eseguirò, osserverò e mi terrò alla larga dalle rogne fino a quando non verranno loro da me di spontanea volontà.
    Potrei essere proprio io, a quel punto, a diffondere le voci, sebbene il rischio sia di perdere la copertura.


    Si abbandonò dunque ad un sospiro carico di tensione, nel tentativo di lasciarla andare.
    Appoggiò dunque le spalle sulla sedia, continuando ad osservare la collega.

    Se ci tieni, in ogni caso, possiamo proporre il tuo piano a Parish. Ma dovrà essere preciso e ben organizzato, altrimenti dubito lo prenderebbe mai in considerazione.
     
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    James roteò gli occhi nelle orbite, sospirando. Si ricordò in quel momento perché detestava profondamente dover organizzare "cose" in generale e farlo con qualcun altro in particolare. Finché doveva limitarsi a eseguire gli ordini le andava più che bene - zero responsabilità, zero grattacapi.

    Gerald sarà stellare... quando sarà il suo turno - disse seria e fermamente convinta delle sue parole. Ma un Vice esiste per evitare un momento di instabilità nel comando nel caso in cui succeda qualcosa al Capo, non per fare da paraculo. E se fosse più brava di te sarebbe lei a guidare i Hit Wizard, non tu. La tua principale responsabilità come Capo è verso i tuoi soldati, ma la pelle è tutta, puoi farci quello che ti pare.

    Iniziava già ad essere stufa di stare seduta a quel tavolo. Non era molto brava a gestire l'energia repressa, o stare ferma mentre lo faceva, quindi senza quasi rendersene conto ricominciò a ruotare di poco sulla sedia spingendosi sulle gambe. Un po' da una parte, un po' dall'altra. Non era molto ma per il momento se lo sarebbe fatto bastare.
    Buttò giù il fastidio con un sorso di caffè prima di stringersi nuovamente la tazza al petto. Avendolo visto muoversi non reagì al colpo che sbatté sul tavolo, limitandosi a spostare lo sguardo dal suo pugno al viso, inarcando un sopracciglio. Lo aveva punto nel vivo, in qualche modo? In realtà la colse di sorpresa quello scoppio di emozioni, qualsiasi fossero, visto che in genere sapeva essere espressivo quanto il muro alle sue spalle.

    Pfft...

    Senza alcun ritegno si ritrovò a ridergli in faccia. Probabilmente non era il modo più consono di rispondere, e nemmeno il più educato, ma le era uscito prima che potesse impedirlo. Che poi, come altro avrebbe potuto rispondere ad un pugno sbattuto sul tavolo?

    Facciamo a chi ce l'ha più grosso, adesso? - chiese indicando il moncherino con un gesto distratto del capo.
    Tesoro, sono stata dieci anni con l'esercito, non a pattugliare strade piene di turisti. Ho visto cose che a confronto questo - indicò il tavolo con il mento,è il torneo di briscola della domenica. "Ragazzina" lo dirai a qualcun altro.

    Prese un altro sorso di caffè, che si stava rapidamente raffreddando. Ed esaurendo, come la sua pazienza. Anche se non aveva detto molto aveva capito qual era la questione che lo tormentava e anche se poteva capire, qualcosa radicato nel profondo del suo animo non le permetteva di giustificarlo. Esisteva una gerarchia una per qualcosa. Ognuno aveva il suo scopo e la sua importanza. Chi arrivava in cima era più importante di chi restava in basso, e se succedeva c'era un motivo. Poteva sembrare ingiusto ma nessuno più di lei poteva comprenderlo meglio. E per questo per quanto le sue motivazioni potessero essere valide, per James continuavano a non essere abbastanza.

    Che sei qualificato è fuori discussione, ma quello che voglio dire è che questo è un lavoro di squadra che non si può fare da soli. E se mi avessi lasciato finire ti avrei detto che ho lavorato con gli Auror di Houston per anni, su casi simili a questo. Non sto proponendo di mandare un perfetto sconosciuto a conquistare Nocturn Alley, sto dicendo che ho ancora un paio di favori che mi devono e potremmo usarli per "importare" qualche pezzo grosso. Non uno qualsiasi - e forse neanche uno solo - ma qualcuno con già un nome e una pessima reputazione. Ci risparmierebbe il tempo che impiegherebbe qualsiasi dei nostri Auror per farsi un nome.
    E, a proposito, tanto per essere pignoli, saresti uno sconosciuto pure tu, o pensavi presentarti con quel tuo bel faccino?


    Come sempre, le parole le scivolarono addosso come acqua, senza toccarla minimamente. Era praticamente impossibile che una qualsiasi parola o frase la toccasse, e neanche in quel caso successe. Non era un problema di Baker, ma di James. Era un qualcosa di viscerale che non poteva controllare, anche se aveva provato. Lei semplicemente non credeva a nessuno. Baker poteva essere convinto di essere Superman, e avrebbe potuto passare il pomeriggio a spiegarle perché avesse ragione e lei razionalmente avrebbe anche potuto essere d'accordo, ma inconsciamente si sarebbe aspettata di vederlo crollare a terra nel momento in cui avesse tentato di volare.
    Era più forte di lei, doveva aver sentito troppo spesso bugie o false speranze da piccola, non ne aveva idea, ma leei finché non aveva una prova valida continuava a non crederci.
    E quelle poche prove che aveva su Augustus Baker non promettevano bene. Poteva continuare a illudersi di essere nel giusto, di cercare di fare del suo meglio - ed era quello che cercava di fare anche lei - ma il suo subconscio avrebbe continuato a bisbigliarle all'orecchio che volente o nolente stava cercando di farsi ammazzare.
    Razionalmente, poteva comprenderlo. Razionalmente poteva dire che aveva ragione su ogni cosa, perché in passato aveva fatto la stessa cosa e anche di peggio.
    Inconsciamente continuava a ripetersi che aveva bisogno di una baby sitter.

    Certo che è la tua stessa idea - sbuffò, un po' esasperata. Se l'idea è quella di infiltrarsi a Nocturn Alley non è che possiamo filosofarci più di troppo. Semplicemente io propongo di farlo in un altro modo: non dalla porta sul retro cercando di ingraziarci i padroni di casa, ma sfondando la porta principale. Guadagneremmo un po' di tempo perché in un primo momento tu e chiunque voglia fare questa cosa dovreste semplicemente andare in giro a farvi gli affari vostri e iniziare a far circolare delle voci. Avreste il tempo di bagnarvi i piedi e abituarvi, invece di venir buttati di peso nella vasca degli squali e lasciati ad annegare senza avere la minima idea di quello che state facendo. E anche così l'idea non mi piace.

    Anche se era già quasi pentita di averlo proposto, perché continuava ad essere un'idea stupida, rischiosa e portata avanti da un branco di Auror pieni di buone intenzioni e molta incoscienza.

    Edited by A. James Morgan - 4/12/2020, 23:18
     
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    Augustus stava iniziando a sentirsi più nervoso di quanto avrebbe dovuto, e non era del caffè la colpa.
    Si chiese se il motivo di quelle sensazioni risiedesse nel fatto di essere andato oltre proprio con una collega, la stessa che adesso stava andando contro le sue idee.
    Qualcosa a cui non era abituato.
    Poteva capire ciò che diceva sulla guerra e sui marines, ma James non era l'unica ad avere esperienze di quel tipo alle spalle. Augustus ne aveva combattuta una in piena regola di guerra, seppur a colpi di bacchetta, e da essa ne era uscito distrutto più di quanto fosse accaduto dopo aver perso la mano.

    Puoi ben dirlo...

    Col tempo il suo istinto suicida era diventato sempre più evidente rispetto ai suoi primi anni di servizio.
    Non avrebbe saputo individuarne le radici, o forse temeva di farlo; stava il fatto che certe cose non sarebbero cambiate, non più.
    Respirò a fondo, dunque, prima di tornare a guardare James con serietà, cercando parlare col tono più pragmatico di cui era capace.

    Mio il ruolo di Capo, mie le Responsabilità.
    Gerald sarà lì per ricoprire le mie veci, se dovesse servire, e lo farà egregiamente come entrambi concordiamo.


    Non riusciva a vedere il punto di quel discorso: Caulfield aveva tutte le qualità per stare a capo di quella fazione, se mai fosse servito, ché altrimenti non sarebbe stata eletta Vice in primo luogo. E lui non era quel genere di Capo che stava dietro la scrivania, guidando tutti dall'alto di qualche regola scritta: voleva agire. Era fatto per quello, per l'adrenalina, per il fiato della morte sul collo.
    Nessuno avrebbe potuto negarglielo, di certo non James Morgan.

    Durante l'ultima riunione anche io ho proposto a Regan di buttare dentro Notturne un pesce grosso, e non è andata bene: pensi che l'intera fazione della Spirale si fionderebbe in prima persona a vedere di che si tratti?
    O che piuttosto manderebbero avanti gli inutili del clan?


    Voleva mettere in fila i pensieri e le probabilità di successo rispetto a ciò che avrebbero proposto. Cominciò dunque a solleticare il tavolo di legno, come potesse tracciare su di esso dei disegni invisibili perfettamente chiari ai suoi pensieri.

    Non è da perfetto sconosciuto che farei circolare le voci. Aspetterei prima di ottenere la loro fiducia, se mai ne sarò capace, e soltanto dopo farei da civetta. Tutto questo potrebbe durare anni prima di ottenere qualcosa, nel mentre potremmo prepararci a dovere per il grande botto.

    Cercava di mettere insieme idee, consapevole che molte avrebbero potuto finire dentro al cesso. Ma per lo meno delle idee c'erano, e in un periodo tanto caotico come quello non era affatto qualcosa da poco.
    Ma ne aveva abbastanza di discutere, e soprattutto di scontrarsi con James: i suoi modi lo divertivano, ma quel giorno aveva scoperto che anche a quello c'era un limite.
    Chiuse dunque con un colpo secco le pergamene sopra al tavolo, sancendo la fine di quelle discussioni che la collega avesse voluto o meno.

    Quindi prepara il tuo piano, poi lo proporrai a Regan.

    Tornò dunque ad allontanarsi dal tavolo con una spinta della gamba, rimanendo ben ancorato alla sedia con le spalle e le braccia. I pensieri, nel mentre, avevano cominciato a scontrarsi nuovamente senza un senso ben preciso.
    Si dondolò un po' prima di abbandonare la tensione con un sorriso sghembo, avvicinandosi passo dopo passo alla donna senza smettere di trascinarsi.
    Soltanto quando le fu nuovamente vicino portò il busto in avanti, così da sussurrare al suo udito con più facilità, senza tuttavia alzarsi dalla sua seduta.

    E comunque, se giocassimo davvero a chi ce l'ha più grosso, sappiamo bene che anche tu vorresti fossi io il vincitore.
     
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    James si limitò a rispondere con una semplicissima scrollata di spalle. Detto sinceramente, non le importava più di tanto, per non dire proprio per niente. Non cercava l'approvazione di nessuno - fosse Baker, la Capo Auror Regan, Babbo Natale o chicchessia - non l'aveva mai cercata e mai l'avrebbe cercata. Aveva avuto un'idea li per li che non le era sembrata troppo stupida, fine della questione. Se a uno degli Auro che vi sarebbero stati coinvolti non la trovava convincente, amen, pace al tempo, di sicuro non sarebbe andata a perdere tempo per convincere la Capo Auror solo per dimostrare qualcosa.
    Vai poi a capire cosa fosse quelqualcosa.
    Terminò il suo caffè - decisamente troppo presto - per poi abbandonare la tazza vuota sul tavolo e incrociare le braccia sul petto e fissare l'uomo davanti a lei.
    Baker era un uomo complicato, testardo e per quanto ribattesse il contrario con qualcosa che si avvicinava inquietantemente a un desiderio di morte. Lei riusciva a capirlo, il cielo solo sapeva se più di una volta non aveva rischiato la pelle cercando di fare di più, di essere in prima linea, di farlo lei e non gli altri, ma almeno lei aveva sempre avuto un decente istinto di sopravvivenza, oltre agli altri membri della sua squadra - i suoi fratelli, come li considerava - che le avevano guardato le spalle come lei aveva fatto a loro.
    Temeva seriamente che Baker avesse bisogno di una baby sitter, prima che fosse troppo tardi.
    Ma era compito suo preoccuparsi? No. Dopotutto se l'era cavata relativamente bene per tutto quel tempo, doveva avere almeno una pur vaga idea di cosa stesse facendo. O almeno ci sperava.
    Se ne sarebbe preoccupata? Probabilmente si, in un angolino remoto della sua mente.
    Aveva bisogno di ulteriori complicazioni nella sua vita, complicazioni ai livelli di Augustus Baker? Cristo, no, ma non era mai stata molto coerente.
    Si chinò in avanti sulla sedia a imitare la sua posa per avvicinarsi, i gomiti appoggiati alle ginocchia e le dita intrecciate, un ghigno divertito che le piegava le labbra.

    E comunque, se giocassimo davvero a chi ce l'ha più grosso, sappiamo bene che anche tu vorresti fossi io il vincitore.

    Si limitò ad inarcare un sopracciglio. Uomini e il loro dannato orgoglio.

    Questo è il massimo che riesci a fare, Baker?

    Di sicuro lei non aveva avuto di che lamentarsi, ma che fosse dannata se gli avesse dato la soddisfazione di ammetterlo.
     
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    Questo è il massimo che riesci a fare, Baker?

    La sua ultima battuta aveva sancito definitivamente la fine di quel briefing, le pergamene, i problemi, i diverbi lasciati ad ammuffire sopra al tavolo di legno scuro ancora per qualche minuto, prima di abbandonare la stanza e il suo improvviso buon umore per occuparsi di altre faccende meno piacevoli di qualche scambio di battute maliziose con James.
    Dalla scorsa notte, infatti, non faceva che ripensare a quanto accaduto. Si era anche chiesto in che modo tutto ciò avrebbe cambiato il loro rapporto di lavoro, e dal breve scambio di idee avuto fino a quel momento, sembrava che tutto sarebbe rimasto uguale al solito, il che era un bene.
    Significava infatti che avrebbero continuato a lavorare in sintonia, ognuno con le proprie idee e senza annullarsi dietro imbarazzo o emozioni varie. Momenti come quelli, invece, seppur fuori da una cornice puramente lavorativa, avrebbero continuato ad essere apprezzabili, almeno per lui.
    Ad Augustus piaceva divertirsi, crogiolarsi nel suo pessimo umorismo, guardare film demenziali, perdersi nell'autoironia. E James, in qualche modo, riusciva a riportarlo verso quei lidi: sperava soltanto che fosse un regalo duraturo piuttosto che una moda del momento, dato quanto recente fosse stato il loro ultimo incontro.
    Continuò così a fissarla con la schiena in avanti, le braccia piegate sopra le ginocchia e il volto a cuccia fra la mano destra e il moncherino. Gli occhi, invece, non si erano mossi un istante da quelli blu come la notte di James. Ma nel momento in cui la donna si fece più vicina a lui, imitando la sua posa, ne ebbe la tentazione: cercò di resistervi, perché quello aveva tutto l'aspetto di essere una sfida che non voleva perdere, pur non conoscendone le regole. Nel dubbio, avrebbe continuato a rigirarci intorno, convinto che a James non sarebbe spiaciuto troppo e che se così fosse stato, allora la sera prima aveva commesso un grosso errore da non ripetere ma che, avendone la possibilità, avrebbe sicuramente commesso.

    No.
    Posso fare ben altro, ma non qui e decisamente non ora.


    L'angolo destro delle sue labbra si piegò leggermente verso l'alto alle sue parole. Avrebbe volentieri aggiunto un orario e un posto più congruo come suggerimento, a quel punto, ma voleva prima vedere fino a dove James si sarebbe spinta e fino a dove avrebbe potuto farlo lui da quel momento in poi.
     
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    Il ghigno si trasformò in un sorriso aperto, a tradire il profondo divertimento che provava.
    Oh, quella cosa tra loro - qualsiasi cosa fosse - sarebbe finita molto, molto male. Mentre guardava quegli occhi scuri poteva già intravedere il baratro in cui si stava buttando a capofitto, senza paracadute o rete di sicurezza. Anche se le cose sarebbero rimaste "superficiali" si sarebbero comunque complicate in un modo o in un altro, perché Augustus era una complicazione vagante che attirava nei suoi casini chiunque si avvicinasse troppo e la vittima ora era lei. E lei ne aveva già una vagonata di suoi problemi, senza doverseli andare a cercare altri da aggiungere al mucchio.
    Avrebbe potuto tirarsi indietro, far finta che non fosse mai successo niente e continuare ognuno per la sua strada limitandosi a salutarsi di tanto in tanto con cortesia.
    ...naaaah.
    James era famosa per le scelte stupide ma di tutte quelle che aveva fatto in vita sua non ce n'era una soltanto che rimpiangesse. Quella cosa forse sarebbe finita male, forse sarebbe sfumata da se nel nulla, non era dotata di una palla di vetro come il suo amico Leonard e non aveva le sue capacità, quindi non ne aveva idea, ma in quel momento non le importava proprio per niente.
    Ancora sorridendo abbassò lo sguardo sulle sue mani - una intatta, una no - prima di tornare a guardarlo in volto.
    Sciolse le dita e sollevò il braccio per afferrargli il mento e girargli il viso, come per guardarlo meglio.
    Com'era quel modo di dire? La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni e visi carini.

    Peccato - si limitò a dire, per poi lasciar ricadere il braccio.

    Quella situazione era talmente fuori dall'ordinario che dovette mordersi il labbro per non mettersi a ridere, mentre si risistemava sulla sedia, allontanandosi da lui di quel mezzo metro scarso che li separava per appoggiarsi allo schienale, lasciando ricadere la testa all'indietro, continuando a guardarlo a occhi socchiusi.

    ho già perso il conto/11 (?)
     
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    Il tocco improvviso di James sulla sua pelle lo trasportò indietro nel tempo, e senza il benché minimo uso di magia. La lasciò fare, profondamente divertito, mentre lo sguardo cercava riposo sul mare dentro ai suoi occhi prima di divagare altrove, sulle labbra, sul collo, sulle scapole, sul resto del suo corpo. Inclinò leggermente il capo, continuando a fissarle la bocca con insistenza.
    Sghignazzò all'unica parola che la donna era stata capace di rivolgere alla sua palese provocazione: a James piaceva giocare, ma ancor di più vincere. Questo gli era chiaro, e non soltanto in ambito lavorativo.
    Non avrebbe avuto difficoltà a lasciarglielo fare, finché ci fosse stato posto anche per il suo divertimento oltre a quello della donna. E qualcosa gli diceva che sì, in un modo o nell'altro avrebbero trovato il modo di venire a compromessi.

    La tua voce dice “peccato”...

    L'osservò allontanarsi d'improvviso, col cuore che gli balzava dentro al petto per il dolore di quello strappo.
    Ad Augustus non importavano quasi mai le conseguenze di ciò che faceva, men che meno se in gioco c'era qualcosa di così semplice come ciò che implicitamente lui e James stavano continuando a far sopravvivere dalla sera prima.
    Probabilmente non sarebbe continuata a lungo, sicuramente non gli importava: avrebbe dato vento a quel fuoco finché ci sarebbe stata legna da ardere e James, nonostante le apparenze, pareva avere parecchi rami nel suo arsenale.
    Augustus si fece in avanti con la sedia ancora una volta, inseguendo i movimenti della donna. Voleva averla di fronte al suo sguardo come poco prima, e non solo. Con lentezza, Augustus portò verso l'alto il pollice, con il quale cominciò a carezzarle le labbra, se glielo avesse concesso. Avrebbero seguito il tocco anche i suoi occhi.

    La tua bocca, invece...

    La scrutava come un artista faceva con la sua tela.
    Sentiva l'aria diventare più calda, ma sapeva che la colpa non era di qualche incantesimo. Spinse lo sguardo verso l'alto, deglutendo, curioso di vedere se anche stavolta la donna lo avrebbe allontanato per orgoglio o se invece avrebbe accettato quel gioco implicito che chissà dove li avrebbe coinvolti.
    Sussurrò con lentezza al suo udito:

    Cosa dice, James?

    Capodanno 4/11
     
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