Avventura della Tempesta - I Parte

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    hagalaz



    "Hagalaz è il più candido dei grani
    in un turbine precipita dal cielo
    percorso dal vento tempestoso
    e poi si trasforma in acqua”



    hGwuGG3



    Era giunto il momento di cercare la verità.
    L’intera Casata della Tempesta, raccolta a Londra dalla convocazione della Responsabile Mikal Levischmiedt, aveva preso la via di Oxford, una delle città più famose dell’Inghilterra meridionale. Il trasporto era stato organizzato in autobus, essendo la città non distante dalla capitale, e camuffato in maniera naturale da scolaresca qualunque in gita. E raggiungere Londra e il luogo d’incontro non era stata un’impresa troppo difficile: chi accompagnato dai genitori, con mezzi babbani o trasporti magici di vario tipo, chi in totale autonomia, specie i più grandi, si erano ritrovati per una partenza anticipata dopo appena un mese di vacanza.
    Il tragitto in quella grande scatola rumorosa con delle poltrone dentro era stata un’esperienza nuova per molti non babbani, o perlomeno per chi di loro non aveva mai dovuto fare una corsa in Nottetempo, ma in poco meno di un paio d’ore la destinazione era stata raggiunta.

    Oxford

    Dove il silenzio racconta storie
    e di polvere le antiche si coprono,
    attendono dita avide
    e il fulmine della curiosità
    sotto sguardi di marmo,
    tra pareti di legni foschi,
    e all’orizzonte le bestie al guado,
    il giogo e il fiume.



    La “città delle sognanti guglie” vantava una storia ultrasecolare ed era famosa per i maestosi edifici dell’Università, tra le più antiche d’Inghilterra e dell’intera Europa: era una vera e propria culla di cultura e sapere. Il viaggio della Casata delle menti ingegnose alla scoperta delle arcane radici svelate dal Libro degli Elementi non poteva che cominciare da lì.
    Eppure si trattava di una città abbastanza estesa, abitata da oltre 150 mila persone, e parte del mistero constava già nel trovare la meta precisa, dopo averla circoscritta alla piccola metropoli.
    La giornata estiva era appesantita da una coltre di nubi scure che minacciavano pioggia e all'orizzonte, lontano oltre le periferie, qualche fulmine riluceva e borbottava di tanto in tanto.
    La fermata dell’autobus si trovava non lontana da uno dei grandi parchi della città: quando la Responsabile e i suoi studenti furono scesi, erano solo uno di molti gruppi di turisti sparsi nel piazzale, in attesa di lasciarsi condurre da guide esperte alla scoperta delle attrattive. Eppure sembravano tutti dirigersi verso il parco, rigoglioso di alberi e circondato da alte grate metalliche nere, con le siepi che si insinuavano nel mezzo. E, per raggiungerlo, si mettevano in coda tutti ordinati, vicino ad un palo con delle luci colorate, aspettando che la marea di auto si fermasse all'improvviso per permettere loro di attraversare la strada. Ma con la Levischmiedt e gli altri al seguito, non c'era alcuna guida che potesse indicare loro un luogo ricolmo di magia antica e dimenticata: nessuno degli uomini in camicia e con degli strani cartellini pieni di scritte appuntati al petto aveva probabilmente mai visto nulla del genere e senza le giuste domande nessuno di loro li avrebbe presi sul serio.
    Eppure, fino in fila al semaforo, una signora non troppo giovane aveva accostato il gruppetto senza risparmiare occhiate incuriosite alla folla brulicante di ragazzini, attratta forse dagli sguardi quasi spaventati di alcuni di loro. Aveva un aspetto un po' trasandato, delle vesti troppo pesanti per il clima estivo e un occhio più aperto dell’altro.

    Ciao tesoro.

    Sorrise a una ragazzina, mostrandole l’incisivo mancante.

    Da dove venite?

    Non mancò di fissare anche la Levischmiedt e gli altri adulti al seguito: non aveva cattive intenzioni, pareva.



    I turni saranno veloci, ma quando verrà richiesto di fare un determinato post auto-conclusivo, non saranno accettati tra questi post troppo corti o scritti male. Se quindi il Tessitore vi chiede che per concludere un'azione sono necessari 5 post, e se 5 PG postano, ma uno di questi non è abbastanza lungo o scritto in maniera "decente" non verrà contato.
    - In molti casi il Tessitore manderà avanti le azioni e le persone, sia suggerendo cosa fare, sia indicando cosa serve e quanti post e interazioni sono necessarie per andare oltre.
    - Ricordiamo che in viaggio vi sono le Casate intere, dovrete quindi agire come vi trovaste in un gruppo di studenti di almeno 50 individui.
    -Ci si può aggiungere all'avventura, anche se non avete confermato nella bacheca della casa, fingendo di essere presente sin dall'inizio.
    -Se siete utenti che decidono di tornare a giocare, potete inserirvi, ma nel frattempo dovrete aggiornare le schede, in tali circostanze, comunque, potete contattare la vostra Responsabile o un admin.

    Cosa fare in questo turno: potete descrivere il viaggio, l’impressione sul mondo babbano, inventarvi di aver avuto nausea, paura o di essere rimasti perplessi di fronte a tutta la Tecnologia Babbana (ricordate che siete nel 2028), di esservi vestiti in modo strano in confronto al resto dei non maghi, inconsapevoli di quali sono gli abiti tipici babbani.
    Infine, come chiaro, qualcuno dovrà cercare di interagire con la stramba signora anziana, senza che lei parli, ma sottintendendo che vi ascolti.

    Scadenza del Turno 8 AGOSTO



    Artemis Baskerville Anita Hamilton Eliza Makepeace Diana Mikla Léolínus V. Fitzgerald Eleanor Hastings ArianneMila mrlore92 Narcissa HarpMikal Levischmiedt Taddeus GreenwoodDan B. CooperCaleb Walker


    Edited by Johanna Cage - 4/8/2017, 11:58
     
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    Vivere all’ombra della magia, per i primi anni della sua vita, aveva rivelato col tempo degli inaspettati lati positivi di cui Mikal si serviva in occasioni come quelle.
    Conoscere perfettamente entrambi i mondi significava giostrarsi fra due mentalità diverse, due approcci differenti alla vita.
    A partire dall’abbigliamento.
    Era curioso come molti dei ragazzi sembravano non trovarsi a proprio agio in quelle vesti. Mikal li aveva osservati con sguardo ridente dal primo istante di quella giornata, cominciata non proprio nel migliore dei modi: il viaggio in pullman aveva evidentemente scosso gli animi – e i corpi – dei meno avventurosi, che fra vomito e giramenti di testa non avevano passato esattamente una bella mattinata. La Docente di Astronomia aveva cercato di prendersi cura di loro nel migliore dei modi, facendoli sedere davanti e aiutandoli nel momento del bisogno.

    Su, Lysa, è finita, siamo arrivati.
    Stasera vedrai che avrai talmente tanto sonno che non ti accorgerai nemmeno di essere salita nuovamente su quell’affare.


    Aveva stretto la spalla di una bambina del secondo anno vittima di quei malanni, tornando subito a concentrarsi su tutti gli altri studenti, aspettando pazientemente che scendessero dal pullman.
    Avrebbe voluto che Eloise si trovasse insieme a loro, se non altro per avere un’assistenza migliore nell’eventualità di qualche problema più grave. A malincuore aveva lasciato Berit a casa sua, non sapendo cosa avrebbero incontrato lungo il percorso: le era bastato rischiare di perderlo una volta, alla schiusa delle uova di drago.
    Sospirando, posò lo sguardo sui suoi colleghi vicini, ai quali si rivolse subito dopo.

    La priorità sono i ragazzi, ovviamente.
    Direi di sparpagliarci lungo la fila per tenerli tutti sott’occhio. Io starò qui, all’inizio.
    Professor Walker, Signor Greenwood, voi potreste porvi al centro? Che ne dite?
    E lei potrebbe chiudere la fila, Professor Cooper.


    Cercò di sorridere in modo naturale in direzione del Docente di Babbanologia, ma in realtà la sua pelle fremeva di un vago formicolio, come succedeva ogni qual volta che si trovava ad avere a che fare con quell’uomo.
    Tuttavia cercò di non darlo a vedere più di tanto, invitandolo a chiudere la fila di proposito così da stare ben lontani l’uno dall’altra. Si sentiva sciocca nel provare sensazioni simili: anche lei di tanto in tanto cedeva ad atteggiamenti non proprio da donna adulta.
    Le dispiaceva molto che non tutti i Docenti avessero aderito, ma dopotutto era sicura che per declinare avevano di certo avuto degli impegni difficili da smaltire.

    Andiamo ragazzi?

    Domandò retorica, pensando però nel tempo di un lampo a quanto poco sapessero della direzione da prendere: avevano decifrato l’indovinello, almeno in parte, giungendo ad Oxford. Tuttavia, nonostante le ovvie ricerche svolte prima di partire, non era riuscita a cogliere la destinazione precisa del loro viaggio. Il messaggio parlava chiaramente di una biblioteca, ma quale?
    Oxford ne custodiva più di un centinaio. Sarebbe stato praticamente impossibile visitarle tutte e tutti insieme nel giro di un giorno.

    Sarà la magia a guidarci.
    Lascia sempre delle tracce.


    Ma alla fine si era arresa all’evidenza che quel viaggio non fosse altro che figlio della magia. Sarebbe stata lei a guidarli e a fornire loro la vista adatta per percorrere il sentiero giusto, come aveva fatto in precedenza. Probabilmente, c’era un motivo per il quale erano stati chiamati tutti insieme ad affrontare quel viaggio: in qualche modo, l’unione sarebbe stata loro d’aiuto.
    Mikal si sarebbe perciò affidata completamente ai suoi sensi e alla sua magia, percorrendo passi alla cieca fino a quando non si sarebbero imbattuti in ciò che cercavano.

    Ciao tesoro.
    Da dove venite?


    Ma neanche il tempo di muovere i primi passi, che una voce roca raggiunse subito il suo udito.
    Di certo un gruppo come il loro avrebbe potuto destare attenzioni, anche se le sembrava strano considerato l’alto numero di gruppi studenteschi presenti in quel luogo.
    Ma chi era lei per mettere freno alla curiosità?

    Veniamo da un istituto lontano, nei pressi del Galles.
    Questa cittadina è davvero un incanto.


    Affermò sorridente, utilizzando parole non scelte esattamente a caso.

    Edited by Mikal Levischmiedt - 4/8/2017, 22:46
     
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    Quando ad Arianne era arrivata quella lettere ne era rimasta sorpresa, ad essere sincera la ragazzina si era completamente dimenticata di quello che avevano scoperto da quello strano libro di cui la Levischmiedt aveva parlato. In un certo senso se ne vergognava, non avrebbe dovuto avere la testa tra le nuvole, ma a quanto pareva la ragazzina non riusciva a farne a meno.
    Era seduta al tavolo da pranzo con suo padre alla sua sinistra e la sua amante davanti a lei, il gufo con cui era arrivata la lettera era vicino al suo succo di zucca. La forchetta in mano e a pochi centimetri dalla bocca, la bocca aperta dallo stupore.

    Arianne, c'è qualcosa che non va?

    Arianne chiuse la bocca e mise giù la forchetta, arrossì di imbarazzo e si accorse di non aver detto niente a suo padre su quello che era successo quell'anno, ma poi perché avrebbe dovuto? Lei e suo padre non avevano un vero e proprio rapporto.

    Ecco... andiamo a fare una gita! Intendo la mia casata, va a fare una specie di gita, ad Oxford. Posso andare vero?

    Arianne si trattenne a fare gli occhi dolci a suo padre, per dimostrare non sapeva nemmeno lei cosa, ma semplicemente non li fece.

    Una... specie?

    Arianne chiuse gli occhi, pronta al rifiuto me inaspettatamente l'aiuto arrivò sotto forma di Ayla, l'amante di suo padre.

    Caro, credo che dovresti darle il permesso di andare, dopo tutto non puoi pretendere che Arianne stia per tutta l'estate chiusa in casa, dovrebbe divertirsi con i suoi coetanei.

    Arianne aveva gli occhi pieni di stelline e battezzò quella donna come sua eroina.

    D'accordo!

    Graziegraziegrazie!

    Arianne si affrettò a finire la sua colazione e correndo in camera sua per prendere piuma e pergamena scrisse il suo consenso per partecipare a questa "gita" e la spedì con lo stesso gufo con cui era arrivata la lettera.
    Dopo aver osservato il gufo volare via, Arianne si buttò a pancia in su sul suo letto ridacchiando, grata che suo padre non avesse chiesto la destinazione.

    [Londra, 3 agosto 2028 - h 7.00]



    Arianne era molto timorosa, non era mai andata nel mondo babbano. Per lei era un'esperienza nuova e anche impressionante. Tutti quei nuovi oggetti di cui non conosceva il nome e la provenienza, cose che non sapeva di cosa fossero fatte. Per lei era tutto così strano e fantastico. C'erano delle cose alte e sottili che sprigionavano luci di colori rosso, verde e giallo e anche delle cose grandi stranissime di colori rossi, verdi, blu, neri e grigie, ma anche alcune gialli e rosa(?!) che sfrecciavano sul terreno grigio(?!) e facevano un sacco di fumo. All'improvviso un grosso coso grigio con delle porte ancora più strane e che aveva un sacco di sedie all'interno si fermò davanti a loro e Arianne tentennò un poco a salire, timorosa. Quel coso faceva anche uno strano rumore, molto brutto e spaventoso che fece saltare da seduta Arianne e aggrapparsi al braccio di un suo compagno seduto vicino a lei.
    All'improvviso quel coso iniziò a muoversi e Arianne strinse la presa sul braccio del ragazzo a fianco a lei. Il viaggio per Arianne era stato un inferno, non aveva fatto altro che saltare a ogni piccolo rumore e più di una volta si era sentita male.
    Finalmente si fermarono vicino ad un parco e scesero tutti, Arianne era un po spaesata. Non sapeva dove andare e si accorse che anche i suoi compagni non lo sapevano.
    Arianne vide una vecchietta avvicinarsi, era trasandate e le vesti, di cui Arianne era sicura, erano molto pesanti nonostante fosse piena estate.

    Ciao tesoro.

    Arianne vide che la vecchietta le sorrise e vide che le mancava un incisivo, la ragazzina fece un passo indietro spaventata.

    Da dove venite?

    Arianne sentì la sua Responsabile rispondere all'anziana, calma. Arianne si rilassò, ma non abbassò la guardia, non che avesse pregiudizi ma era in un mondo nuovo dove non era mai stata prima ed era molto spaventa.
    Era solo felice che non fosse sola.
     
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    Non aveva dimenticato quel vecchio libro e ciò che avevano scoperto sulla loro Casata, ma gli impegni, le lezioni e tutto il resto avevano fatto sì che Eliza rilegasse tutto quello avvenuto in Sala Comune in un angolo della sua memoria; così quando aveva ricevuto la lettera della Professoressa Levi, dopo un primo attimo di stupore, capì subito che era arrivato il momento di partire all'avventura.
    I suoi genitori non opposero minimamente resistenza e con grande gaudio l'accompagnarono a Londra, probabilmente felici di liberarsi di lei e tutti i suoi capricci da ragazzina adolescente. Le ultime settimane si era susseguite fra sbuffi per la noia, lamentazioni per non poter vedere la sua migliore amica, risate di felicità per aver rivisto i suoi genitori e ancora pianti per non essere in grado di salvare il mondo. L'adolescenza stava cambiando e formando il carattere di Eliza e molto spesso lei stessa rimaneva impressionata e sconcertata da quei cambiamenti.
    Il giorno della partenza per fortuna, il morale della ragazzina sembrava essere buono e dopo un rapido saluto ai suoi genitori era pronta ad affrontare l'avventura assieme ai suoi compagni di casata e in particolar modo a Lei.

    Coralluccia.

    Corse incontro all'amica abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia e capendo solo in quel momento quanto le fosse mancata la sua presenza che oramai era diventata una costante della sua vita.

    Sei pronta a scoprire le nostre origini e capire perchè siamo così fulminate?

    Era quello il nomignolo dispregiativo che usavano le altre casate nei loro confronti, ma la verità era che sul serio tutti gli appartenenti della Tempesta fossero un po' suonati.
    Il viaggio verso Oxford non presentò problemi e la ragazzina occupò il tempo parlando con Coral e con tutti gli altri compagni che potevano essere a portati di orecchie; quando l'autobus giunse a destinazione la ragazzina perse un po' del suo buon umore notando le nuvole grigie che minacciavano di scaricare secchiate d'acqua da un momento ad un altro.

    Ci mancava solo il bagno vestiti. Quei fulmini in lontananza però sembrano un buon presagio.

    Lì da qualche parte avrebbero trovato qualcosa che avrebbe spiegato l'origine della loro Casata, non un semplice nome dietro cui dividere dei ragazzini, ma a quanto pareva un segreto di millenni. Non sarebbe stata una ricerca facile, Eliza era piuttosto sicura di questo, ma non si sarebbe aspettata di incontrare già dopo i primi passi una scocciatura: osservò la vecchietta che aveva rivolto loro la parola sperando che quella si accontentasse della risposta della professoressa e li lasciasse proseguire nel loro viaggio.
     
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    [Casa di Jamie McSmith]



    Jamie era seduto tranquillamente alla sua scrivania mentre stava mettendo via le scartoffie dell'anno scolastico da poco concluso. All'improvviso arrivò il suo gufo con una lettera sigillata e con il timbro della sua scuola sopra di essa. Jamie iniziò a preoccuparsi.

    Speriamo non abbia combinato niente di grave, potrebbe anche avermi espulso. Ma meglio aprirla, non voglio stare sulle spine e con la paura.

    Trovò il coraggio di aprire la lettera, ma per sua sorpresa era solo l'invito all' avventura di casata della tempesta, si tranquillizzò subito e la paura si trasformò in gioia.

    Menomale non era niente di grave, anzi una cosa bella. Ora però devo chiedere il permesso alla mia famiglia per andare, devono firmare loro.


    Jamie scese così dal primo piano e arrivò al piano terra dove i suoi genitori erano nel salotto mentre facevano le faccende di casa. Si avvicinò alla madre e le chiese il permesso.

    Mamma, ti devo chiedere il permesso per una cosa scolastica. Una gita a Oxford con la scuola. Possa andare?

    Il padre sembrava indeciso, ma la madre dette il suo consenso alla cosa e firmò la lettere. Jamie contento risalì nella stanza e rese al gufo la lettera firmata per riportarla alla scuola. Iniziò subito a preparare le valigie per il viaggio.

    [Londra 3 agosto 2028 ore 19.02]



    Jamie arrivò a Londra, ma vide un mondo strano, non essendo mai stato nella terra dei babbani non conosceva per nulla quell'ambiente. Era stranito dai vestiti che gli studenti dovevano indossare, un paio di Jeans corti e una maglia a maniche corte bianca. Sulla strada sfrecciavano strani veicoli, non riusciva a capire cosa fossero. Il pullman sembrava non arrivare più e gli scossoni erano una cosa tremenda, non era abituato a viaggi così lunghi.

    Speriamo di arrivare presto, non c'e la faccio più qui a fare il viaggio su questo strano mezzo babbano, non so come facciano a girare così tutti i giorni.

    Il viaggio continuò e finalmente il pullman si fermò e Jamie non poteva essere che felice di ciò. Una signora anziana salutò una sua compagna di casata con molta gentilezza e chiese da dove venivano tutti i ragazzi e le ragazze. Jamie voleva risponderle, ma aveva paura di rivelare la loro condizione magica, quindi preferì non rispondere per evitare casini.
     
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    Finn credeva di conoscere il mondo, ormai: lontano dalla quiete rada e brulicante della foresta, si era dapprima abituato alla maestosa folla studentesca dell’Accademia, poi al brusio allegro e di verde profumato dei tardi pomeriggi di Drayrdd e, infine, persino allo scalpiccio continuo e affrettato delle scarpe di decine e decine di maghi sull’acciottolato di Diagon Alley, tra riflessi evanescenti di vetrine.
    Ma la Londra Babbana era stata una scoperta sorprendente, a tratti sconcertante.
    Non aveva mai avuto un reale contatto con i babbani, in realtà; ovviamente ne aveva sentito parlare più volte e da fonti diverse, ma mai avrebbe creduto che vivessero circondati da tutto quel troppo: odori rumori persone dappertutto, frenesia in ogni dove: Finn si era ritrovato assalito da un marasma confuso di discordanti sensazioni, che l’avevano lasciato confuso e disorientato.
    Dai vetri leggermente opachi di quel coso su cui erano dovuti salire, aveva inizialmente cercato di indovinare la funzione di quella miriade di oggetti strani che sfrecciavano loro accanto, cercando di indovinare la funzione di questo e di quello – ma finendo il più delle volte semplicemente con l’inventarla; poi, però, era stato costretto a fermarsi.
    Tutti quelli scossoni, quel rallentare ed accelerare improvviso e senza tregua, quelle curve troppo strette e troppo frequenti; e poi l’aria, che iniziava a diventare pesante e viziata. Con gli allenamenti di Quidditch credeva di essersi abituato a quel genere di cose, ma si sbagliava: era tutto terribilmente diverso.

    Io credo di non sentirmi mol-

    Ma la voce fu subito soffocata, e il resto successe tutto così in fretta che non poté né controllarlo né evitarlo: su per lo stomaco, veloce, e poi per la gola e fuori dalla bocca, come uno zampillo acido e nauseante, che finì per inondare un povero ragazzo del primo anno che gli era vicino.

    Mi…mi dispiace.

    Mormorò, con la bocca pastosa e la testa che girava, guardando desolato i rimasugli della sua colazione che colavano a grumi dai vestiti del malcapitato, mentre un odore acre e acido si levava a impregnare la stoffa sporca dei sedili.
    Estrasse la bacchetta dai pantaloni con movimenti goffi, cercando di rimediare la situazione con un Gratta e Netta, ma un nuovo rantolo di nausea lo fece desistere dall’intento.
    Per fortuna, però, erano ormai giunti a destinazione: Finn scese barcollando da quel mezzo di tortura e una frustata di aria fresca gli fece subito correre un brivido lungo la schiena, dove il sudore aveva fatto appiccicare alla pelle i vestiti della divisa scolastica – perché, nonostante l’avviso, lui non aveva vestiti babbani da indossare, e si era dovuto accontentare.
    Respirando a pieni polmoni quel brio che sembrava promettere un’imminente temporale, cercò di scrollarsi di dosso il torpore del mal di viaggio e, mentre il gruppo si fermava senza che lui potesse vederne il motivo, si fece strada tra gli altri compagni cercando di scorgere la figura di Coral, che probabilmente, a differenza sua, in quel momento si trovava del tutto a suo agio.
     
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    [London Stansed-Ingresso Principale. - 3 Agosto, 7:00 AM.]



    La mano di Vincent stringeva quella della madre mentre insieme si avvicinavano al luogo d'incontro, e nonostante lui avesse vissuto molto tempo come un babbano, ignaro della magia e di tutto ciò che la riguardava, da quando però ne era venuto a conoscenza...e in particolar modo con la morte del padre, i contatti con loro si erano notevolmente affievoliti e a lui parve quasi di aver dimenticato quella parte di sé, ma a spaventarlo di più, oltre al fatto di poter perdere la bacchetta, erano gli eventuali pericoli che si sarebbero presentati durante tutta la durata dell'avventura dato che, da quanto lesse all'interno della lettera che giunse a casa sua la sera precedente, ciò che li aspettava era un mistero persino per la professoressa Levischmiedt.

    Eccoci qui, siamo arrivati.
    Nello zaino ti ho messo due piccoli ombrelli, in caso dovesse piovere, un smartphone un po' vecchiotto ma ancora funzionante su cui ho già memorizzato il numero di un telefono che ho preso per me, in caso dovesse succedere qualcosa non esitare a chiamare. Infine ti ho messo anche qualche snack per il viaggio e due bottiglie d'acqua in caso ti venisse fame, delle gomme da masticare se l'autobus dovesse darti fastidio, una maglietta di ricambio e un rullino per la macchina fotografica...penso ci sia tutto, hai preso la bacchetta vero? Perfetto, non dimenticarla.


    La donna avvicinò una mano sulla guancia del figlio, accarezzandola dolcemente e sorridendogli con l'intento di rassicurarlo un po' prima di lasciarlo andare al gruppo di studenti guidati dalla loro responsabile che sapeva, o meglio, sperava che sarebbe stata in grado di lasciare a Vincent e tutti gli altri, un bel ricordo di quell'avventura.

    Tranquillo tesoro, andrà tutto bene.

    Avvicinò le sue labbra alla fronte del bambino per lasciargli un bacio mentre le sue mani si mossero sui suoi vestiti raddrizzando le pieghe che si erano create con l'abbraccio che si diedero dopo, e girando la macchina fotografica che Léolínus portava al collo. Dopodiché lo lasciò andare, e quando vide l'autobus sparire dalla sua vista, anche lei abbandonò l'ingresso principale.


    ***



    Al contrario di altri suoi compagni fin da subito lui si sedette in uno dei posti in avanti, e per tutta la durata del viaggio in autobus i suoi occhi erano fissi a guardare fuori dal finestrino tutte le automobili che sfrecciavano vicino a loro ma diversamente dal solito, non esprimevano "gioia" come la prima colta che castò un incantesimo o l'euforia che aveva provato alla prima partita di Quidditch...in quel momento si sentiva solo particolarmente a disagio perché quella parte di "mondo", anche prima che scoprisse la magia, gli sembrava ostile e privo di quei colori accessi che invece i luoghi del mondo magico come Drayrdd, Diagon Alley o persino l'Accademia di Amestris e le persone che lo popolavano, sembravano non godersi al massimo quello che la vita gli offriva, e lo vedeva sempre quando alla scuola di Salemi genitori dei suoi compagni stavano sempre con il telefono attaccato all'orecchio e spesso, non facevano ai loro figli domand come ad esempio: "come è andata a scuola?" Domande che si, sarebbero sembrate insignificanti per molti, ma non per lui che trovava invece che fossero un bel modo per comunicare e rafforzare il legame tra genitori e figli.
    Quando stettero ormai per arrivare si alzò dal suo posto, lasciandolo ad un ragazzo che accusò una forte nausea e in più gli diede anche una gomma da masticare, dopo che trovò il pacchettino che la mamma aveva sommerso in fondo a tutti gli altri oggetti, poi prima di scendere aspettò tutti, cosicché non si sarebbero creati litigi per "chi scende per primo" e cose di quel genere.
    Alla fine, restando in silenzio, si fece strada fra la massa di studenti fino ad arrivare davanti, vicino alla professoressa, se l'avesse persa di vista sicuramente sarebbe andato nel panico, era una donna che trasmetteva serenità e sicurezza, un po' come sua mamma...e quando una donna anziana si avvicinò salutando una bambina della tempesta, in un primo momento il bambino guardò le reazioni dei suoi compagni che non erano abituati, forse, ad un contatto con un puro babbano, poi però la responsabile che con gentilezza rispose alla sua domanda e fortunatamente molti si calmarono.
     
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    Volare è meglio che cadere




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    Anita si trovava a casa col padre e stava cercando una nuova serie tv da iniziare per occupare il tempo, visto che ormai aveva terminato i compiti e faceva troppo caldo per uscire a comprare un nuovo libro da leggere. Arrivò un gufo con la missiva da parte della Levischmiedt e la tempestina quasi fece cadere a terra il portatile, perché balzo in piedi entusiasta, correndo quasi dal padre. Gli mostrò la lettera, nel punto in cui veniva nominata la "gita" ad Oxford senza dirgli nulla, poi attese impaziente che lui finisse di leggere, ma tenendo sempre ben coperto il resto del contenuto della lettera della Responsabile della Tempesta.

    Non mi dirai di no, vero?

    Il padre la fissò per qualche attimo e rilesse ancora una volta la lettera. Anita si era aspettata un pochino di entusiasmo da parte del genitore, ma quello sembrava più preoccupato che altro.

    Si tratta della cosa strana che non mi hai spiegato bene e che riguarda la tua Casa?

    Anita annuì ripetutamente: non aveva detto tutto al padre, perché non era certa che potesse sapere quelle cose, ma gli aveva detto che era successa una cosa strana che li aveva portati a capire che dietro alle loro tre Case ci fosse qualcosa di più profondo e magico che una mera distinzione caratteriale. La curiosità l'aveva divorata dal momento in cui c'era stata quella famosa riunione in Sala Comune e aveva atteso la gita, anche se durante l'anno quell'attesa era stata ben surclassata dall'ansia per gli esami GUFO.

    Noi non abbiamo mai fatto gite ad Hogwarts... non sono molto tranquillo... mi prometti di stare attenta?

    Anita disse che sarebbe stata attentissima, poi lo abbracciò e corse a preparare una borsa a tracolla, una di quelle particolarmente grosse, che potesse contenere tutto il necessario. Inoltre avrebbe scritto una lettera a Matt chiedendogli se anche lui avesse ricevuto la stessa lettera dalla Harp. Sarebbero partiti dallo stesso punto? Magari si sarebbero potuti salutare prima di andare via.

    [London Stansed-Ingresso Principale]



    Quel giorno Anita si era svegliata presto, ma avrebbe potuto dormire anche un po' di più, perché vivendo a Londra non le ci volle molto per raggiungere il punto d'incontro deciso dalla sua Responsabile di Casa. L'ansia e la voglia di scoprire qualcosa in più sulla Casa della Tempesta però le avevano impedito di proseguire nel suo sonno, perciò si era vestita nel modo più silenzioso possibile mettendosi un paio di jeans, una t-shirt verde scuro e, cacciato nella borsa a tracolla in stoffa che potava, c'era un giubbettino nero antivento. Aveva preso anche lo Specchio Gemello che le aveva regalato Matt, una bottiglietta d'acqua, dei fazzolettini di carta (che erano sempre utili in ogni caso) ed era stata tentata dal prendere dei cerotti, ma alla fine li aveva lasciati a casa. Nelle faccende magiche non aveva mai sentito la necessità di usare un cerotto, perciò probabilmente non ne avrebbe sentito la necessità nemmeno quella volta. Salutò tutti quelli che vedeva arrivare e aggrottò la fronte nel notare che alcuni non avevano ben chiaro cosa significasse "vestirsi da Babbano".

    Sarà divertente vedere qualcuno nei miei stessi panni del primo anno ad Amestris. Ora sono loro a non sapere bene come funziona il mondo in cui si troveranno immersi.

    Pensò con un sorriso divertito, perché ricordava bene come si era sentita spaesata ai tempi del suo arrivo: c'erano mille novità, tante differenze col mondo babbano e si era trovata molto distante da quella che aveva sempre ritenuto la "normalità".
    Quando salirono sul pullman si era aspettata che in molti sarebbero rimasti sbalorditi da quello che sarebbe accaduto, ma di certo non si era aspettata tutto quel vomito. Andò a prendere posto e si mise seduta verso il corridoio piccolino tra le fila di poltroncine in cui sarebbero seduti: erano in tanti e i professori magari avrebbero avuto bisogno di aiuto, inoltre bisognava spiegare delle cose basilari ai passeggeri non abituali di quel tipo di mezzo di spostamento. A un certo puntò si trovò a spiegare a una bambina del secondo anno che il pullman continuava a fermarsi per poi ripartire perché "le luci rosse" indicavano che si dovevano fermare per far passare gli altri, altrimenti ci si sarebbe scontrati e si sarebbero fatti tutti molto male.
    Dopo questo strano dialogo e mentre i conati di vomito di qualcuno facevano da sottofondo a quel viaggio strano e irreale, in cui i due mondi di Anita si stavano mischiando, cercò Artemis con lo sguardo, facendogli un mezzo sorriso, perché sapeva che l'amico, come lei, avrebbe trovato abbastanza strana la visione di una cinquantina e più di maghi e streghe stipati incredulamente dentro un pullman babbano, costretti a "mimetizzarsi". Dopodiché si mise a parlare con un'altra ragazzina, questa volta del terzo anno, che sembrava quasi spaventata e per calmarla le fece scoprire la magia della musica sul telefono. Tirò fuori un paio di cuffiette, le spiegò come usarle e avviò la musica... alcune erano canzoni di cartoni animati babbbani: la ragazzina rimase entusiasmata dal cellulare e Anita glielo lasciò per un po' in mano spiegandole cosa fare per cambiare canzone, come abbassare e alzare il volume e cose del genere.
    Quel viaggio era pieno di conversazioni strane.
    Una volta arrivati, scesa dal pullman Anita ammirò per qualche secondo in silenzio il paesaggio, perché quel parco era veramente una meraviglia. Mise una mano sulla tracolla, l'aprì un attimo e bevve un sorso d'acqua dalla bottiglia.

    Qualcuno vuole un po' di acqua?

    Offrì da bere a chiunque volesse dissetarsi, poi vide che la Levischmiedt aveva risposto alla strana donna che li aveva interrogati. Si avvicinò di qualche passo, giusto per sentire cosa stesse accadendo, però osservò molto bene quella donna. Era una senzatetto? Oppure era un pazza? Oppure era semplicemente un po' strana? Oppure aveva solo voglia di parlare e loro erano i primi a esserle capitati vicino?
    Si mise vicino ad Artemis per bisbigliargli all'orecchio.

    Secondo te come ci guiderà la magia al punto in cui dobbiamo andare? Ci sono troppi babbani, sarebbe meglio non fare magie e io non percepisco nulla. Però la Levischmiedt mi pare si sappia muovere bene tra i babbani, Cooper sicuramente sa farlo... fa Babbanologia, sarebbe un controsenso, no?

    Non sapeva bene cosa dire del Custode e del professore di Trasfigurazione, ma se anche il secondo non avesse saputo muoversi agevolmente tra i babbani non le sarebbe importato granché: le piaceva così tanto Trasfigurazione che provava una sorta di "cotta intellettuale" per quell'uomo. Rimase a osservare il dialogo che si stava instaurando con la babbana che si era avvicinata a loro.
     
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    Durante le vacanze estive Caleb non aveva letteralmente un accidenti da fare se non aspettare l’arrivo di settembre, quindi quando era stato invitato da Mikal a prendere parte a quel viaggio aveva accettato con gratitudine, almeno un giorno sarebbe stato sottratto a quel limitarsi a “sopravvivere”.
    Certo, a dire il vero gran parte del suo entusiasmo si era spento nel momento stesso in cui aveva scoperto quale sarebbe stato il mezzo di trasporto prescelto per arrivare ad Oxford.
    Pullman. Il suo incubo più grande.
    Soffriva di cinetosi dal primo momento in cui era salito su un mezzo di trasporto e la cosa col tempo al posto di diminuire era aumentata a dismisura al punto che anche solo dieci minuti di autobus per lui si tramutavano in un incubo – era anche il motivo per cui non aveva preso la patente: gli avevano anche detto che la cinetosi quasi scompare quando si è alla guida per via della concentrazione necessaria, ma Caleb non si era mai fidato troppo.
    Stansted-Oxford erano sì e no due ore di viaggio, il solo pensiero gli faceva salire la nausea. Era stato tentato di rispondere al gufo di Mikal e dirle che li avrebbe raggiunti direttamente a Oxford, dopotutto doveva esserci un punto adatto a smaterializzarsi, ma alla fine era giunto alla conclusione che sarebbe stato molto poco carino lasciarla a gestire una cinquantina di ragazzini, molti dei quali mai saliti su un mezzo di trasporto babbano.
    E fu così che Caleb, armato di cieco terrore e di una scorta abbondante di gomme da masticare contro il mal d’auto, si era presentato al luogo dell’incontro in perfetto orario.
    Inutile dire che il viaggio era stato terribile: diversi studenti avevano iniziato a stare male, motivo per cui aveva iniziato a distribuire le gomme da masticare soprattutto ai più piccoli. Un blister da sei gomme versus tanti studenti che rischiavano di inondare l’autobus di vomito; il risultato scontato fu che tutte le gomme finirono prima di subito distribuite agli studenti e lui… be’, a lui non restò che provare a non morire di una morte orribile.
    Una volta sceso dal pullman aveva la sicurezza di avere la pelle di una salubrissima tinta verde, ma almeno era riuscito a resistere e ormai era tutto finito - “fino al viaggio di ritorno. Fino al viaggio di ritorno” gli aveva ricordato una vocina nella sua testa, ma decise di non pensarci, al momento.
    Si sforzò di sorridere e annuì alle parole di Mikal, quando la donna propose a lui e al custode di tenere d’occhio i ragazzi da metà della fila.

    Agli ordini, professoressa Levischmiedt.

    Disse allegramente per dissimulare il malessere.
    Aveva appena raggiunto la metà della fiumana di studenti, quando sentì una voce roca domandare da dove venissero. Caleb trattenne a stento una lieve risata nel sentire la risposta di Mikal.

    Proprio un incanto.

    Commentò a bassa voce. Certo, il fatto che appena scesi dal pullman qualcuno avesse già prestato loro attenzione non era esattamente un buon segno, voleva dire che forse attiravano un po’ troppo l’attenzione.
    Osservò con aria vagamente critica l’abbigliamento di alcuni studenti, tipici dei maghi che cercavano di atteggiarsi da babbani.

    Facciamo che alla prima occasione cerchiamo un posto isolato e trasfiguro un po’ di vestiti...
     
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    Artemis aveva davvero tantissimo da fare quando tornava a casa dalle vacanze: insomma, tutte le serie tv e gli anime che si era perso durante l’anno scolastico mica si guardavano da soli, no?
    Probabilmente fu per questo che quando gli arrivò la lettera della professoressa Levischmiedt relativa alla “gita” ad Oxford lui, semplicemente, se la dimenticò gettata in un angolo della stanza fino al mattino precedente alla partenza.
    Era sicuro di avere tutto pronto, ma continuava a sentire sottopelle la vaga sensazione che mancasse qualcosa.
    Con uno sbuffo scocciato riprese in mano la lettera della Levi, che intanto aveva preso un po’ di polvere, nella speranza di scoprire cosa si fosse scordato di fare.

    Merda… il cedolino dell’autorizzazione. Da far firmare ai genitori...

    E i suoi ovviamente erano a fare la muffa al San Mungo e non sarebbero tornati prima che in tarda mattinata del giorno dopo… ovviamente lui non aveva tutto quel tempo.
    Questo voleva dire che sarebbe dovuto andare fino al San Mungo, sorbirsi una sgridata nemmeno troppo convinta sul fatto di essersi dimenticato una cosa così importante e poi ritornare a casa vittorioso con le due firme.

    Ma sinceramente chi ha voglia di andare fino al San Mungo? Se potessi Smaterializzarmi sarebbe ragionevole, ma così proprio no.

    Pensò, mentre apriva il portapenne alla ricerca della sferografica. Perché fare tanta strada quando lui aveva un vero talento nel falsificare la firma dei suoi genitori?
    Non era un comportamento da prefetto, affatto… ma era pur sempre un prefetto in vacanza, questo voleva dire che ciò che faceva fuori “dall’orario di lavoro” non erano affari della scuola, giusto?
    Non ne era esattamente sicuro, anzi, era abbastanza sicuro che in quel modo rischiava di giocarsi seriamente il suo ruolo.

    Andiamo, le firme sono praticamente identiche. L’unico modo per rendersene conto sarebbe parlare con i miei genitori.

    Si disse dopo aver riprodotto le firme del signor e della signora Baskerville. Si stiracchiò, per poi affidare il cedolino all’allocco di famiglia.

    [...]



    Quel mattino era uscito di casa molto presto, lasciando sul tavolo della cucina un bigliettino con scritto “Sono uscito, torno per le undici al massimo. Il pranzo è nel frigorifero.”
    L’aver preparato il pranzo per i genitori non era un’arruffianata per non farli arrabbiare per non averli avvertiti prima che sarebbe stato fuori tutto il giorno, anzi, era abbastanza sicuro che i suoi fossero contenti di saperlo fuori al posto che in camera appiccicato al pc; Artemis semplicemente conosceva abbastanza i genitori da sapere che sarebbero tornati a casa abbastanza stanchi e che questi li avrebbe portati ad ordinare la pizza per la millesima volta nel giro di una settimana.

    Genitori degeneri.

    Arrivò al punto d’incontro abbastanza in fretta e altrettanto in fretta si infilò verso il fondo del pullman.
    Una volta seduto – dal alto del finestrino e guai a chi avesse cercato di fregargli il posto con qualche scusa stupida tipo il mal d’auto – tirò fuori l’mp3 e le cuffie gigantesce, dicendo così addio a qualsiasi possibilità per il resto del mondo di comunicare con lui.
    Verso metà del viaggio si rese conto che il ragazzino – forse del secondo anno o forse del chi cavolo se ne frega - seduto accanto a lui non sembrava stare eccessivamente bene.
    Si abbassò le cuffie sul collo e si girò verso il tizio con un sorriso che avrebbe dovuto essere rassicurante ma che in realtà era tutt’altro.

    Se devi vomitare fallo dall’altra parte, perché se mi vomiti addosso ti assicuro che la nausea sarà un ricordo piacevole in confronto a quanto accadrà dopo.

    La minaccia dovette funzionare piuttosto bene come deterrente, perché una volta arrivati ad Oxford il ragazzino non aveva proprio rimesso, nonostante fosse pallido come un cencio.
    Gli battè una pacca sulla spalla con fare quasi amichevole.

    Bravo, ottimo lavoro.

    Scese dall’autobus, non mettendo via le cuffie,limitandosi a lasciarle abbassate sul collo, poi si voltò verso Anita quando, poco dopo, sentì la sua voce.
    Sospirò piano.

    Non ne ho la più pallida idea. Tu ricordi cosa si era detto in Sala Comune? Insomma, abbiamo almeno uno straccio di indizio su cosa fare e dove andare?

    Poi si rese conto dell’anziana che stava parlando con la Levi. Abbassò la voce e si avvicinò un po’ di più ad Anita, in modo che potesse sentirlo solo lei.

    Ma che vuole questa?
     
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    Quando arrivò la lettera a casa Harp e si seppe che il destinatario era lei e non la madre, Narcissa pensò il peggio: un ripensamento della Levi o una brutta notizia... insomma, nulla di positivo. Si sedette sul lettone a gambe incrociate con Jasmine accucciata sopra di esse, decidendosi finalmente ad aprire la busta. Gli occhi ametista incominciarono a scorrere sulla pergamena e quando apprese che il discorso riguarda il Libro degli Elementi, tutta la storia le tornò alla mente. In realtà, non l'aveva mai accantonata del tutto e come avrebbe potuto farlo? Siamo seri: si trattava delle "origini del loro potere" era impossibile dimenticarlo! Memorizzò tutti i dettagli del viaggio: orari, luoghi d'incotro, precisazioni e il materiale da portare. Inutile dire che da quel momento non fece che pensare e prepararsi al viaggio, non facendo altro che parlarne con la madre e in lettera con Junah. Per lei non fu affatto difficile ottenere l'autorizzazione firmata dalla madre e non dovette neanche spiegare il motivo: loro sarebbero partiti anche, come il Fuoco, ma tutte e tre le Casate avevano mete differenti.
    Finalmente arrivo il giorno tanto atteso e Narcissa - un po' per l'adrenalina, un po' per la fissazione di iniziare il suo ruolo di Caposcuola al meglio - aprì gli occhi mezz'ora prima della sveglia. Ma in verità non è che aveva dormito poi molto! Fece una bella doccia, seguita da una colazione a base di cereali con riccioli fondenti, per poi risalire in camera e vestirsi. Era stato richiesto un'abbigliamento babbano e Narcissa, grazie alla conoscenza della madre sulla moda babbana, alle lezioni by Anita e by Elle (quel che è giusto è giusto!), nonché al fatto di essere oramai piuttosto grande per conoscere abbastanza cose sui loro usi e costumi, non trovò neanche in quel caso troppe difficoltà. Indossò un paio di jeans a sigaretta, delle comode sneakers, una canotta. Lasciò i boccoli cadere sulle spalle, mentre al polso destro aveva infilato il suo codino viola portafortuna. In uno zaino mise anche una camicia, una felpa ed una giacca, due bottigliette d'acqua, fazzolettini, un piccolo kit da pronto-soccorso, una macchina fotografica (realatale da Junah per il suo compleanno), le caramelle frizzole e alla fragola che piacevano tanto a lei e ad Anita e tutto ciò che ritenne necessario. Tanto sullo zaino era stato applicato l'incanto di estensione irriconoscibile, per cui ci entrò tutto in modo ordinato, Nella tasca davanti mise le copie che aveva fatto la Levi, alcune sue ricerche, il suo taccuino viola (figuriamoci se non se lo portava li), due semplici biro poiché non avrebbe potuto girare con piuma e calamaio in mezzo ai babbani o con una Piuma Prendiappunti! Sua madre sarebbe partita a notte fonda, per cui l' aveva salutata la sera prima, schioccandole due baci ed un abbraccio, seguito da un'in bocca al lupo per la sua avventura. Infine, dopo due coccole alla sua Jasmine, prese la borsa con la bacchetta dentro e si avviò all'ingresso.

    Oxford... si comincia.

    [London Stansed-Ingresso Principale]



    I vestiti e centomila altre cose del mondo babbano ok, ne riconosco l'ingegnosità e la bellezza, ma questi rumori mo. Sono tremendi!

    Non che fosse la prima volta per lei in ambiente prettamente babbano, ma certi rumori di quelle città erano da considerarsi illegali! Adocchiò gli altri, raggiungendoli e sorridendo alla BossaViola non appena la vide, consegnadole l'autorizzazione firmata, nonché ringraziandola con un - non la deluderò Miss Levi - e un sorriso. Quest'ultimo, lo estese al professor Walker, al professor Cooper e al custode Greenwood che viaggiavano con loro, i quali erano stati smistati nella Tempesta dal Libro degli Elementi. Salutò anche i compagni, sorridendo a Roger, Coral, Finn, Léolínus, Arianne, Jamie e gli altri, salendo sul pullman: tragedia su ruote!
    Va bene che alcuni non avevano mai viaggiato in un pullman, ma neanche su un Nottetempo? Quel coso andava peggio del pullman babbano: li si che veniva da vomitare! Ma evidentemente non era così per tutti, per cui si alzò dal posto che occupava, dando una mano ai professori, ad Anita e Artemis: tenne la fronte ad un ragazzino mentre questi vomitava in un sacchetto, passandogli dei fazzolettini bagnati sulle labbra e sulla fronte per dargli un po' di sollievo, facendolo spostare più avanti in modo da fargli guardare dritto. Quando il bambino sembrò non dare più di stomaco, si allontanò da lui, arrivando in tempo a fiondare un'altro sacchetto sotto una bambina che buttò l'anima! Fortuna che i sedili di quel pullman erano forniti di sacchettini nel retro dei sedili! Narcissa le alzò i capelli, legandoglieli in una coda di cavallo, reggendole la fronte fino a quando non smise. Rimase accanto a lei poiché si mise a piangere, urlando che voleva ritornare dalla madre. Narcissa cercò di consolarla, facendole capire che presto sarebbero stati messi di fronte ad una scoperta sensazionale, che riguardava tutta la Tempesta, compresa lei. La bambina, dopo altri piagnistei, si calmò, anche se altre due vomitate furono messe nel conto. Finalmente il viaggio in pullman ebbe fine e Narcissa scese come tutti: quel posto sembrava un dipinto, tanto che l'istinto di ritrarlo la sfiorò per alcuni minuti.

    Anita!

    La raggiunse, abbracciandola e facendo segno in una tasca dello zaino: l'amica avrebbe capito subito che quel riferimento fosse dovuto alle loro caramelle! Nel frattempo si mise a seguire la fila comandata dalla Levi, quando sentì una voce interrompere il loro cammino. Si voltò verso Artemis e Anita, con uno sguardo un po' basito per via di quella signora, ascoltando la risposta della professoressa.
     
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  12. Dan B. Cooper
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    Quella gita era l'ennesima riprova che si potesse trascorrere un'estate priva di noia anche senza avere una donna caliente al proprio fianco o senza un patrimonio da far invidia alla maggior parte della popolazione.
    Con questa consapevolezza, Dan stava riempiendo la propria borsa con solerzia, scegliendo accuratamente ogni singolo oggetto che potesse tornare utile. La sua fiaschetta venne riempita con del whisky assai pregiato, mentre un pacchetto di patatine al formaggio veniva scelto per lo spuntino di metà mattinata. Niente frutta, ovviamente, che sarebbe stata sballottata a destra e sinistra durante tutto il viaggio, finendo solo per sporcargli la borsa.

    E quando si viaggia tra i babbani è sempre meglio porsi in una situazione di superiorità.

    Afferrò anche il proprio distintivo militare, utile per zittire chiunque avesse ostacolato la loro uscita, pregustandosi già una scena alla James Bond.
    In realtà, se proprio doveva ammetterlo, bastava qualche colpo di bacchetta ben assestato per manipolare ogni babbano che incontravano, ma il criminale dubitava fortemente che i suoi colleghi fossero soliti a quel tipo di azioni e agitare la Levischmiedt per qualche incanto non troppo legale non gli sembrava consono.
    Ad ogni modo doveva solo indossare il proprio completo beige e poi poteva uscire.

    Arrivò al punto d'incontro una ventina di minuti in anticipo, per fumarsi un buon sigaro mentre leggeva il giornale ai tavolini di un bar. Aveva ordinato un waffle ricoperto di cioccolato belga con una spremuta d'arancia e nessuno avrebbe mai potuto scambiarlo per un mago, considerato quanto si trovasse a proprio agio.
    Anche una volta salito sull'autobus, Dan rimase coerente con le proprie origini e prese posto sul fondo, pronto a far baldoria come quand'era più giovane. Ben lontano dal soccorrere tutti coloro che vomitavano, insegnava piuttosto ai ragazzi qualche coro da cantare, ridacchiando come non mai.

    ♫ Dai autiiiista, schiaccia quel pedaaal,
    Non farci addormetaaar! ♫


    Certo, quando la sua squadra viaggiava sugli Hummer da combattimento il registro era di tutt'altro genere, ma i ragazzini più piccoli non avrebbero capito i doppi sensi e l'effetto finale ne avrebbe certamente risentito.
    Avrebbe potuto continuare per un'altra ora intera, se non fosse stato per la puzza che iniziava a diffondersi sul veicolo e che, nauseabonda, non si attenuava nemmeno con i finestrini spalancati. Ma per fortuna il viaggio era ormai giunto al termine.

    Certamente cara, ho sempre amato stare dietro.

    Con un occhiolino irriverente rivolto alla collega, il criminale si avviò verso il fondo della scolaresca, scambiando qualche parola confortante con i bambini più traumatizzati. Le nuove generazioni, ahimè, parevano troppo fiacche per affrontare il futuro che li aspettava.

    Bevi un poco d'acqua mia cara e vedrai che ti sentirai meglio.

    Consigliò ad una studentessa, giusto un attimo prima che la fila si arrestasse.
    Dalla sua posizione Dan non riuscì né a scorgere i dettagli della donna né ad udire le sue parole, ma sfruttò quel tempo per estrarre un altro sigaro ed accenderselo in tutta tranquillità.
    Il suo sguardo scorse un ragazzetto che abbandonò i ranghi per raggiungere qualche compagna più avanti, ma non ritenne necessario fermarlo: a meno che non si buttasse volontariamente sotto una macchina, non vi erano minacce evidenti da richiedere il suo intervento.
     
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    [12 Luglio - Villa Vittoria]

    Eleanor si era fatta due calcoli.
    Quella sarebbe dovuta essere un'estate fantastica, aveva fatto una lista di cose da fare, di posti da visitare e di obiettivi da raggiungere. Nella lista c'erano trattamenti di bellezza, resort da urlo, luoghi di villeggiatura e feste a cui partecipare. Tra le voci era incluso uno dei locali più In di Londra. Era un posto super esclusivo, frequentato da star, VIP e milionari. Era nella top 10 della sua wishlist, ma c'era un problema, i suoi genitori erano contrari. Non volevano che ci andasse per due semplici motivi: non si fidavano, e dicevano che era troppo piccola per quel locale dato che non aveva 21 anni. Nonsense.
    Ad ogni modo, Eleanor non era certo la tipa che si preoccupava di ubbidire ai genitori, o di rispettare la legge. Aveva tutta l'intenzione di entrare in quel locale, niente e nessuno avrebbe ostacolato la sua estate fantastica.
    Proprio mentre era intenta ad escogitare un piano di fuga, Penny entrò in camera porgendole una lettera dalla scuola. Sbuffando la aprì e la lesse sommariamente. Parlava di una gita che avrebbe impegnato tutta la casata o qualcosa del genere.

    Spero sia uno scherzo.

    Disse aggrottando il sopracciglio. Non aveva nessuna intenzione di sprecare un giorno della sua preziosissima estate per passarlo insieme a mocciosi e professori alla ricerca di chissà cosa solo perché era scritto in uno strano libro voo-doo, o qualsiasi cosa fosse.
    Era già in procinto di buttare la lettera, completamente disinteressata a quella roba da sfigati, quando le si accese una lampadina. Rilesse con più attenzione e sgranò gli occhi pensierosa.

    Ma è perfetto!

    Saltò in piedi e corse dai suoi genitori a far vedere la lettera, mostrandosi entusiasta e veramente desiderosa a partire. E lo era, ma non aveva nulla a che fare con la gita scolastica.

    [2 Agosto]

    Eleanor aveva convinto i suoi genitori a farla partire un giorno prima. Il motivo era più che ragionevole. Trovarsi alle 7 del mattino all'aeroporto Stansted di Londra, per lei che viveva in Italia, significava svegliarsi ad un orario improponibile. Partendo il giorno prima invece, avrebbe preso una stanza d'albergo a Londra, così da poter dormire pienamente, svegliarsi a un orario accettabile e iniziare il viaggio fresca e riposata come una rosa.
    Fu così che il 2 Agosto Eleanor atterrò a Londra tramite una passaporta. Fece il check-in all'Hilton London Paddington, hotel da 5 stelle. Si accomodò nella suite e passò il pomeriggio alla spa e al centro estetico.
    Arrivata la sera si vestì di tutto punto e passò il tempo nel bar della hall a flirtare con un medico neolaureato svedese che si trovava a Londra per un convegno su una qualche strana malattia. Quando fu abbastanza tardi, Eleanor avvertì la reception che avrebbe avuto bisogno di un'auto con conducente. Poco dopo un'elegante macchina di lusso la venne a prendere all'albergo e la portò al locale più In del momento.
    Quando il buttafuori le chiese il documento, la Hastings presentò la sua carta d'identità con l'anno di nascita magicamente corretto. Soddisfatta, entrò nel locale da 22enne e ne usci ore più tardi da 22enne ubriaca. Si accasciò su un taxi che la riportò in albergo. Entrata in camera si buttò sul letto, ma fu inutile, perché 20 minuti dopo suonò la sveglia. Tra un'imprecazione e un borbottio si cambiò e, barcollante, si diresse alla volta dell'aeroporto di London Stansted.

    Perché diamine il punto di incontro è un aeroporto se dobbiamo prendere un pullman?

    Non se lo spiegava, così come non si spiegava per quale motivo avessero scelto Stansted, quando c'erano luoghi molto più vicini e comodi per arrivare a Oxford.

    Non sarebbe stato meglio partire da King Cross?

    Burbera come non mai, assonnata e con i primi accenni di sbornia, Eleanor scese dal taxi e raggiunse la comitiva di studenti e insegnanti. Aveva i capelli in una palese acconciatura da post serata, il volto pallido e gli occhi semi chiusi celati da enormi occhiali neri che non avrebbe più tolto.
    Indossava skinny jeans neri e una blusa bianca. Si era immersa di profumo per camuffare l'olezzo di alcol.
    Stringeva in una mano la borsa di pailettes blu e nell'altra un enorme bicchiere di latte speziato alla cannella. Lei lo chiamava così, ma in realtà era una miscela per il post-sbronza di caffè, latte caldo, panna al mascarpone e crema di liquore al cocco.
    L'unico modo per evitare la sbornia era rimanere sbronzi.

    Appena arrivata, Eleanor ignorò tutti, limitandosi a sorseggiare il suo "latte" in disparte e in religioso silenzio. Quando poi arrivò il momento di salire sul pullman si fiondò nelle ultime file, dove minacciò un ragazzino affinché le lasciasse il posto. Occupò due sedili, così da poter passare il viaggio a dormire il più comodamente possibile. Doveva riuscire a concentrare otto ore di sonno ristoratore in due orette scarse. Avrebbe preso volentieri una pasticchetta per dormire meglio, ma c'era il rischio di non risvegliarsi più una volta arrivati. Ad ogni modo non ne ebbe bisogno, non appena partirono si addormentò di botto.
    Quando il pullman si fermò, Eleanor boccheggiò, si sistemò i capelli alla meno peggio e scese. Entrò in un bar, ordinò un altro caffè corretto e fece tappa al bagno dove sostò più del dovuto, cercando di sistemare quel terribile pallore con un po' di trucco.

    Pugnalatemi.

    Tutt'intorno a lei ragazzini saltellavano e parlottavano eccitati per il viaggio nello sposta-poveri e per ciò che avrebbero scoperto quel giorno, mentre Eleanor, noncurante e disincantata, continuava a smanettare sul suo cellulare per cercare una foto della sera precedente da poter postare sui social.
    Com'era prevedibile che fosse, finì a camminare in coda alla fila, sorseggiando il suo caffè e cercando di mantenersi il più lontano possibile dai più piccoli che trovava insopportabilmente chiassosi.
     
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  14. Taddeus Greenwood
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    Taddeus si ritrovò immischiato in quella storia delle avventure senza neanche rendersene conto. Era al servizio di quella scuola da meno di un anno ma pareva che la scuola stessa sapesse che lui un giorno sarebbe arrivato tra quelle mura, annoverandolo tra le fila di una delle tre casate. Quel secondo smistamento lo aveva lasciato abbastanza interdetto, lui si era sempre sentito profondamente un Tassorosso e il sapere ora che il suo essere si abbinava anche a quello di un'altra casa lo faceva vacillare.
    La professoressa Levischmiedt, colei che avrebbe organizzato la gita della casa della Tempesta, gli inviò anzitempo una lettera in cui erano riportati tutti i dettagli di quel viaggio. Taddeus era una persona anziana e la prospettiva di camminare per l'intera giornata non lo allettava molto.
    Tramite metropolvere Taddeus apparve nel camino del Paiolo Magico, luogo dal quale si sarebbe diretto verso l'aeroporto indicato sul messaggio della professoressa di Astronomia. Quel luogo si trovava a circa un'ora di distanza dal locale che segnava il punto di passaggio tra mondo magico e mondo babbano e l'unica soluzione per raggiungerlo fu quella di chiamare il nottetempo. Si avvicinò sul ciglio della strada e agitò la bacchetta dritto di fronte a sé e in men che non si dica, un autobus violetto a tre piani apparve di fronte all'uomo. Aiutandosi con il suo bastone salì quei pochi gradini, lasciando una manciata di falci nelle mani del bigliettaio. Andò a sedersi in uno dei posti poco dietro l'autista e subito il veicolo schizzò via. Sembrava come un proiettile impazzito che si muoveva a una velocità esorbitante, superando qualsiasi genere di ostacoli con manovre che Taddeus non reputava nemmeno lontanamente possibili. Passarono un paio di volte attraverso due file di auto incolonnate, stringendosi come sottilette fino a ritornare poi alle dimensioni normali, inchiodarono altrettante volte, ma finalmente giunsero a destinazione. Addosso aveva un completo babbano, l'unico presente nell'armadio e decisamente fuori moda, avrà avuto più di vent'anni. Era un sacco di tempo che non frequentava quell'ambiente e, sebbene avesse studiato babbanologia a scuola, il mondo in quei sessanta era cambiato radicalmente, rendendo inutili tutte le conoscenze che aveva appreso. Sebbene fosse ancora molto presto, quel luogo era già affollato di gente, tant'è che Taddeus fece fatica a individuare la figura dei professori e degli alunni in attesa.

    Buongiorno a tutti.

    Andò a cercare immediatamente un posto su cui sedersi e attendere l'arrivo di tutti. Quando arrivò il momento, la scolaresca si diresse verso una delle banchine da cui sarebbero partiti con un autobus verso Oxford. Quello sarebbe stato il secondo viaggio in autobus per Taddeus, ma qualcosa gli faceva pensare che sarebbe stato leggermente più comodo, ma forse un po' più lento.
    Il custode si piazzò in un sedile tutto solo, lasciando il compito di badare gli studenti ai professori presenti. In fondo, quello non era il suo compito. Pensava a come se la stessero cavando gli elfi a scuola visto che erano gli unici ad essere rimasti e gli era stata affidata la difesa dell'intera struttura. Quelle creature potevano risultare estremamente pericolose se malamente trattate da chi non fosse il loro padrone.
    Il viaggio durò abbastanza e Taddeus ne approfittò per fare un pisolino. Era pur sempre un anziano signore che era stato costretto a fare un viaggio molto impegnativo per la sua età, riteneva che gli fosse dovuta. Fu tuttavia difficile riuscire a prendere sonno, considerata la baraonda che quei marmocchi emettevano con chiacchiericci e conati di vomito.
    Finalmente giunsero alla meta. Scesero dall'autobus e gli studenti vennero disposti in fila e a Taddeus venne chiesto di porsi al centro di essa per sorvegliare. Iniziarono a camminare e in prossimità di un semaforo, l'attenzione del vecchio venne attirata da una donna più o meno sua coetanea, ma che sembrava molto più di là che di qua. Semplicemente chiese alla scolaresca da dove venissero, sicuramente spinta dalla curiosità. La professoressa Levischmiedt gentilmente le spiegò la situazione e a quel punto si sperava scattasse al più presto il semaforo così si sarebbero potuto liberare di lei e proseguire in quell'avventura.
     
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    Quando arrivò la fatidica lettera con invito da parte della Levischmiedt, Coral non si stupì più di tanto: sorrise invece.
    Prima ancora che per l’idea di partire all’avventura, per la consapevolezza che avrebbe rivisto Eliza, Finn e i suoi compagni ben prima del previsto. Le dispiaceva di non poter vedere anche Thomas, ma per farlo avrebbe dovuto essere una ghiacciola, la casata più lontana da Coral. Il ghiacciolo, certo, avrebbe potuto passare per un fulminato data la mente brillante, ma non sarebbe stato totalmente azzeccato col suo modo di essere. Se ne sarebbe fatta una ragione, in ogni caso avrebbe presto rivisto anche lui.
    Aveva chiesto il permesso ai suoi genitori, che fortunatamente avevano accettato: si erano ormai abituati all’idea di averla fuori casa, e benché il mondo magico non fosse sempre un posto sicuro – come quello babbano, in ogni caso -, si fidavano dei professori e delle loro capacità, cosi come Coral.
    D’altronde, la bambina della Tempesta non aveva mai accennato ai genitori dei disastri di Halloween e tutto quel che di brutto le era successo dal suo primo anno. Probabilmente, se l’avesse fatto, sarebbero stati non proprio accondiscendenti all’idea di lasciarla partire per Oxford, così come di tornare in Accademia. Dopo il disastro alla Coppa del Mondo di Quidditch, il Signor Allen aveva cominciato a dubitare di quel mondo, accettando con difficoltà l’idea che Coral, nonostante tutto, sarebbe stata al sicuro fra le mura del castello.

    Casa.

    Abbracciare Eliza era come dormire sul suo comodo letto in Accademia, come mangiare lo squisito cibo degli elfi, come una passeggiata pomeridiana lungo le rive del lago. Sapeva di casa, quella che ormai lo era diventata da quattro anni e che non poteva non considerare come tale arrivati a quel punto, nonostante la rottura dei compiti e degli esami.
    Incredibile come col tempo fosse cambiata la concezione che la bambina della Tempesta aveva di se stessa e del nuovo mondo in cui viveva.

    Vieni, facciamoci un selfie.
    Basta che guardi nel buco della fotocamera e sorridi per finta. Mettiamo un filtro, mi piacciono i filtri.
    Il bianco e nero è di classe, non trovi?
    Basta portarla poco più in alto, così sembriamo più snelle e slanciate…. Ecco… Cheese!


    Probabilmente la sua migliore amica non aveva compreso nulla di tutto il suo discorso. Ma Coral si sarebbe assicurata che la seguisse passo passo, cosi da rendersi comprensibile.
    Il risvolto positivo di quella gita era ovviamente un altro: la tecnologia. Si sarebbero trovati tutti nel suo mondo babbano, di cui lei era indubbiamente la regina. Aveva portato con sé il cellulare con annesso powerbank, cosi da scattare foto ricordo che non si muovessero da far vedere ai suoi genitori.

    Lo so, fa schifo. Ma era giusto per dare un’idea :3

    TBHfz8W



    Non male, direi.
    Adesso però dobbiamo pensare ad una frase filosofica che possa aggiungere come stato su Facebook quando la pubblicherò.


    Così dicendo salì sul pullman, pronta a godersi il viaggio a colpi di risate, chiacchiere e Cooking Dash.
    Il puzzo di vomito era diventato nauseabondo, e si chiese per quale assurdo motivo i maghi riuscissero a sopportare la turbolenza di una scopa ma non quella di una dannata vettura babbana.

    Torno subito.

    Quando scese fu finalmente libera da quel disgustoso odore, lasciando Eliza per qualche secondo per andare a salutare chi fra i molti aveva subito l’effetto malefico del pullman.
    Non aveva ancora capito come si fosse evoluta la faccenda Eliza-Finn, ma Coral cercava di non intromettersi - non più – per non dover essere costretta ad una scelta che non voleva fare.

    Finnolo.
    Hai proprio un’ottima cera…


    Esordì, palesemente sarcastica, cercando dentro la borsa qualcosa da dare al ragazzo.

    Tieni, mentine. Prendine pure quante ne vuoi.
    Una, due… Venti.
    Basta che le prendi.


    Il vomito lasciava ovviamente brutto odore una volta abbandonato il corpo del suo ex abitante. Coral non si faceva poi troppi problemi a dirlo apertamente, o quasi.
    A quel punto, una foto sarebbe stata d’obbligo anche con lui.

    Bene, ed ora… Selfie!
    Vieni qui, mettiti accanto a me, sorridi e fai finta di essere normale.
    Ah, si, devi guardare questo coso nero.


    Avrebbe costretto Finn con la forza, se fosse stato necessario.
    Dopo di che, cominciò nuovamente a macchinare col cellulare di modo da rendere la foto da faccia post-vomito di Finn più apprezzabile.

    Che faccia eh.
    Anche qui applichiamo qualche filtro… Il bianco e nero serve proprio per nascondere la tua espressione da ebete…
    Senza offesa.


    A lavoro concluso, mostrò la sua foto a Finn, contenta – più o meno – del risultato finale.

    Ok, questa fa più schifo dell’altra, ma non potevo non fare un selfie con Finn e quella faccia.

    dTLsuv1




    Però non ispira frasi molto poetiche da utilizzare come stato su Facebook.
    Tu che dici?


    Chiese a Finn come se parlare di filtri, stati e selfie con lui fosse la cosa più naturale del mondo.
    Nel mentre avevano cominciato a camminare, scorgendo la figura di una donna anziana li vicino ma senza badarvi più di tanto, troppo intenta a pensare alle foto appena scattate.
     
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