Votes taken by Geneviève de Lancrèt

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    Titolo identificativo: "La Megera del Romanov"

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    Immagine rappresentativa:
    Aleksandra Kollontaj - Credits to Klimbim

    Anno o periodo di avvenimento:
    1896 – 1904, Russia (Mosca)
    Personaggi coinvolti: Anya Michajlovna Ljudvigovič
    Aneddoto: “Una Guaritrice eccezionale e pozionista di raro talento”, così erano soliti descriverla i più. Anya Michajlovna Ljudvigovič, al tempo conosciuta anche come la Madama - o Zarina - del Calderone per via della sua impareggiabile bravura nella preparazione di pozioni curative, ha raggiunto l’apice della propria carriera a cavallo fra il XIX° e il XX° secolo, diventando Direttrice del Romanov Memorial per Malattie Magiche (Рома́нов Мемориал за Магические Болезни). Tuttavia la sua notorietà è dovuta a ben altre ragioni, ossia quando vennero alla luce il suo lato oscuro e i numerosi crimini da lei commessi, che allora fecero particolarmente scandalo nella Madre Russia e la resero nota persino al resto della comunità magica internazionale.
    Durante l’esercizio della professione, sia come Guaritrice sia come guida dell’ospedale moscovita, si è scoperto infatti che era solita manipolare il personale della struttura e le cartelle dei pazienti ricoverati. I primi venivano soggiogati grazie a un potente filtro d’amore, appena più blando ma infinitamente più subdolo dell’Amortentia; gli esperti hanno convenuto si trattasse di una sua particolare versione, ideata da Ljudvigovič e da lei mai resa nota. Le seconde invece, semplicemente, tramite opportuni incantesimi.
    È grazie a questi loschi sotterfugi che la Guaritrice ebbe modo di sfruttare parte dei pazienti dell’ospedale per i suoi scopi personali, sperimentando pozioni e nuovi rimedi direttamente sulle povere e inconsapevoli vittime. Ai suoi anni di attività è stato possibile far risalire 108 decessi e 41 - fra maghi e streghe - con conseguenze in parte o totalmente irreversibili. Si dice che quando fu messa agli arresti e le riportarono numeri e capi d’accusa lei, semplicemente, si mi a ridere, giustificando le sue azioni come necessarie al progesso. Da allora la Zarina del Calderone è divenuta nota come la Megera del Romanov, processata e condannata a vita per gli indicibili crimini commessi.
    Fra gli appassionati del campo ancora girano storie su un misterioso laboratorio, dove Ljudvigovič avrebbe condotto i suoi studi e preso nota di ogni risultato e conoscenza in suo possesso. Voci non ufficiali lascerebbero persino intendere che le forze dell’ordine sospettassero la presenza di un complice, ma nessuna di esse è mai stata confermata da fonti attendibili.
    L’idea però fece molto scalpore all’epoca, ispirando addirittura un romanzo e un movimento fondato da alcuni fanatici, o meglio una setta di folli: la Cerchia della Megera, alla ricerca del fantomatico laboratorio segreto e il sapere ivi racchiuso.
    Lo scandalo portò inevitabilmente alla chiusura della clinica e il dilagare di un generale sentimento di sfiducia nei confronti della Sanità Magica, che solo dopo molto tempo e diverse manovre è stato possibile sanare. Ancora oggi, in Russia il nome “Megera del Romanov” è sinonimo di profonda umiliazione nel settore Medimagico e motivo di estremo rammarico.
    Approfondimento storico: Assente, excusez-moi, tutto inventato di sana pianta.
  2. .

    ~ Madama Chips ~



    PUNTI ABILITÀ

    Saggezza: 61
    Capacità Magiche: 47
    Manualità: 50
    Agilità: 11 - Prontezza: 13
    Intuito: 18 - Affinità: 16
    Carisma: 34
    Prestanza: 28

    TALENTI

    - Guarigione Avanzata I
    - Pozioni Avanzate I
    - Guarigione Avanzata II - Pozionistica
    - Magia Bianca I
    - Guarigione Avanzata II - Magica
    - Astronomia Avanzata I
    - Pozioni Avanzate II
    - Erbologia Avanzata I
    - Mente Sul Corpo
    - Incantesimi I
    - Diagnosi Finale

    ABILITÀ PP

    Cura d’Ogni Male

    Descrizione: Le capacità del personaggio nell’arte delle Pozioni e della Guarigione toccano vette irraggiungibili, che comuni infermieri e guaritori semplici possono solo sognare di possedere. Questi infatti è in grado di padroneggiare pozioni e incantesimi curativi su nuovi livelli, di tutt’altra risma e altrimenti inconcepibili.

    Il personaggio ha accumulato un’esperienza e conoscenza enciclopedica di ogni sintomo, malessere e cura esistente, nulla gli è precluso, compresi gli effetti sull’uomo di ogni figlio del creato, sia questo appartenente al regno animale, vegetale, minerale e persino dei microrganismi (magici e non).

    Prerequisiti: Vestire egregiamente la divisa da guaritrice e aver prestato servizio come Capo Infermiera a Hogwarts durante gli anni (di attentato costante alla salute) di studi di Harry calamita-ambulante-di-pericoli Potter.

    Benefici: Qualsiasi apposito incantesimo e pozione curativa tra le mani del personaggio si trasforma in un’inevitabile panacea, capace di risolvere pressoché istantaneamente il male che affligge ciascuno dei propri pazienti.
    Inoltre, il personaggio si dimostra tanto versato nell’arte della Guarigione da essere in grado di occuparsi di più malati nelle stesso momento e in maniera assolutamente autoconclusiva. Il solo dono che gli manca affinché possa curare l’intera popolazione magica, in pratica, è quello dell’ubiquità.

    Bonus: Durante la cura di una qualsiasi malattia, sia tramite incantesimi che pozioni, il personaggio ottiene rispettivamente +5 CM o +5 Manualità. Mentre nell'interazione con i propri pazienti ottiene +10 Carisma.
  3. .

    ~ Saphira ~


    Nome VIMP: Kathleya Liliya Tchervenkova, in arte Saphira
    Prestavolto: Kailee Morgue (riquadro in alto a sinistra)
    Occupazione: Artista, interprete e cantantautrice
    Biografia: Nata l’11 Gennaio del 2004 da una coppia di pozionisti russi, poi naturalizzati bulgari. Kathleya è cresciuta a Nadezhda, dove tra le mura e gli affetti di casa propria ha scoperto non solo la sua natura magica ma anche di Metamorfomagus.
    Sarà all’Accademia di Magia di Beauxbatons che svilupperà e affinerà ulteriormente le sue doti trasfigurative, nondimeno l’attitudine per le arti dello spettacolo, fondando prima e rendendo popolare poi l’omonimo club. Tanto che già tra il corpo studentesco acquisisce una certa fama, la stessa che alla conclusione del suo ciclo di studi la indirizzerà verso quella carriera che forse ha sempre avuto nel sangue.
    Nonostante l’iniziale disapprovazione, i genitori di Kathleya accettano la rinuncia della ragazza a portare avanti la propria istruzione magica o mettersi alla ricerca di un lavoro stabile, di più. Permettono alla figlia di cominciare a viaggiare per il mondo, conoscere nuove persone e culture magiche, facendole sperimentare così ogni genere d’arte e di musica possibile.
    In tutto ciò, i lavori saltuari non mancano di certo. Tra un viaggio e l’altro trova sempre il modo per unire l’utile alle sue passioni, occupando il tempo in esibizioni occasionali come showgirl, intrattenitrice o cantante in locali magici e non.
    All’età di 22 anni trova effettivamente la sua strada, cominciando a emergere nel mondo dello spettacolo come giovane promessa, una stella in crescente e inarrestabile ascesa.
    Ormai è un’artista affermata nel mondo dello spettacolo magico e le sue esibizioni (concerti e numeri caleidoscopici) arrivano a costare fior di Galeoni. Alcune testate hanno persino riportato che un facoltoso sceicco per lei sarebbe arrivato a sborsare una ragguardevole quanto indecente somma di denaro, pur di ingaggiarla e poter assistere a un suo spettacolo privatamente, nientemeno poi che volendo riserva per l’occasione l’intero King Fahd International Stadium. Proposta che sarebbe stata declinata categoricamente dalla giovane a più riprese, rifiutandosi di svendere se stessa come persona e artista.
    Fuori dal mondo delle celebrità si dimostra una persona dal temperamento introspettivo ma anche esuberante, capace di scherzare e rallegrare persino la più semplice e formale delle interviste. Inoltre, è molto disponibile e amichevole con i fan o chicchessia, pur essendo particolarmente emotiva quando si tratta delle proprie creazioni, tanto che passare dal timido rossore ai più vivaci cambiamenti metamorfici spesso la strada è breve.
    Carriera: Gli inizi, come capita spesso, sono lenti, graduali, impegnati per lo più nella ricerca di sé, del suo stile e l’anima della propria arte. Tuttavia è girovagando per il mondo ed esplorando diverse realtà che la giovane riesce davvero a realizzarsi come performer, avendo modo di padroneggiare sia diverse lingue che generi d’arte e magia.
    La capacità di mutare il proprio aspetto a piacimento diventa sia chiave che catalizzatore del proprio successo, di particolare rilevanza poi sono le contraddistintive nuances dei capelli e degli occhi che le valgono il soprannome di Saphira. Un tratto, quello delle svariate tonalità di blu, che non perde mai, a dispetto dei ruoli interpretati sul palcoscenico o dei volti sempre diversi indossati quando si esibisce nelle proprie canzoni e spettacoli d’incanto. Perché oltre la sua innata abilità da trasformista, la giovane possiede un’incredibile destrezza nel manipolare la materia tramite l’arte trasfigurativa, dando vita a spettacoli suggestivi e a dir poco eccezionali.
    Il singolo del suo debutto sulle scene canore è “Hope”, 78 giri pubblicato nel dicembre del 2026 e dedicato sia alla sua famiglia che alla città natale.
    Dopo un primo tour di esibizioni, che le porta via quasi un anno di tempo, la sua fama raggiunge pressoché ogni angolo del mondo magico e diventa di fatti una delle celebrità più seguite su Radio Strega Network.
    Nell’aprile del 2030 però abbandona ufficialmente la carriera da cantautrice con il suo ultimo album “Anyone can be a Sapphire”, col solo obiettivo di focalizzarsi di lì in avanti sulla propria vita da interprete e artista.
    Altri suoi lavori di particolare successo tra canzoni, ruoli e spettacoli sono rispettivamente:
    - “Le Phénix ne passe pas deux fois” e “Château de cartes” dall’album “Vingt bougies”, i singoli “Русалки отважные” (Sirene coraggiose) e “The silver crown”;
    - come spirito Alifas ne “I Demoni suonano a mezzanotte”, Asha in “La Fonte della Buona Sorte” e Tabitha ne “L’Ashwinder sfortunato”;
    - Lucciole alla finestra, Fireworks, Magic on Ice e Maree: la danza delle onde.
  4. .
    Titolo: La vie de la Fée Blonde
    Autore: Geneviève de Lancret
    Personaggi: Geneviève de Lancret, Elodie e Timothée (png)


    ~ La vie de la Fée Blonde ~



    Il cielo azzurro e limpido di sempre, di quelli che solo l’estate francese sapeva donare in un singolo, caldo abbraccio, avvolgendo la pelle e schiarendo la vista sul candore della pietra levigata del Pont Neuf.
    Eppure di nuovo aveva ben poco, anzi. Il ponte si fregiava col titolo di più antico di tutta Parigi, collegando l’Île de la Cité e attraversando la Senna con le sue arcate, ma sopratutto la sua ben celata e architettata magia.

    Fa sempre piacere cominciare così una giornata di lavoro.

    Perché al di sopra di alcuni dei 385 mascarons, per pochi eletti, la Francia Magica aveva disposto l’accesso a uno dei vari passaggi segreti che silenti abitavano la città, convivendo in armonia col resto della popolazione non magica.
    Dirigendosi verso la punta ovest dell’isola fluviale, bastava fare un passo oltre la quarta arcata di sinistra, battendo un paio di volte il piede sul lastricato, per far attivare il potere delle sculture sottostanti, incantate in modo da trasportare maghi e streghe nell’atrio del vicino ospedale senza destare alcun clamore agli occhi dei Babbani - resi incapaci di percepire la magia e i suoi prodigi.

    Bonjour!

    Così un’altra delle sue mattine aveva inizio, nel sole e nella magia, elargendo il calore di un sincero quanto affettuoso sorriso a chiunque incrociasse sulla strada degli spogliatoi: la Fée Blonde del Centre de Soin parisienne aveva fatto il suo ingresso.
    Finito di abbottonare il camice si avviò verso la sua meta, piena di voglia di fare, di aiutare il prossimo.

    Allora, come andiamo oggi?
    Tutto bene dottoressa de Lancret, c’è-

    La giovane si era interrotta di colpo.
    La Guaritrice - nonché sua Responsabile di Tirocinio - le stava nuovamente rivolgendo quello sguardo, lo stesso muto e tenero rimprovero di sempre.

    Solo Geneviève, suvvia non è così difficile Elodie.
    Nemmeno dai miei pazienti mi faccio chiamare così, mentre tu non fai altro invece.


    Rise a pieno viso, con gli occhi come e lo spirito.
    L’aveva ripresa con dolcezza dopotutto, senza spigoli nella voce o durezza nello sguardo, e con lo stessa genuinità la invitò a continuare da dove si era fermata.

    Vai avanti dai, stavi dicendo?
    Sì, mi scusi dot… Geneviève.
    Allora: il signor Lemaire è guarito, sarà dimesso a breve; ci sono da controllare i bendaggi delle sorelle Dumont; e poi anche…


    Continuò con il breve elenco di appuntamenti mattutini, mentre procedevano verso il reparto di Traumatologia e Lesioni Magiche.
    La Tirocinante aveva iniziato il suo apprendistato da alcuni mesi, eppure - persino durante il tragitto - continuava a scontrarsi con quel genere di formalità che per la Guaritrice non avevano alcun peso, e su cui continuava a riprenderla con amorevole riguardo.
    Che le persone non erano fatte per essere divise in categorie o da un’arbitraria gerarchia, bensì unite da ciò che avevano in comune, fossero gli interessi di una vocazione quale la Medimagia o la voglia di curare ed essere curate.

    Ah sì! E Prima dicevo anche che c’è solo una questione da risolvere ancora.
    Sa, Timothée.

    Oh, capisco.

    Il tono consapevole, anticipando già con tono appena affranto il problema, qualcosa che ormai era l’ordine del giorno per il piccolo paziente.

    I genitori non verranno nemmeno oggi, eh?

    Elodie si limitò ad annuire, constatando tristemente la realtà dei fatti.
    D’altro canto, Geneviève dissipò presto l’espressione mesta da entrambe, in un tocco gentile e la luce del suo sorriso.

    Dai, vai pure a fargli compagnia, ne sarà felice.
    Penso io smaltire il resto del lavoro.

    Ma, dottoressa! Cioè, Geneviève.
    Io, io non posso-

    Certo che puoi. È proprio quello che sto dicendo, no?

    Non c’era condiscendenza né finta bontà nelle sue parole, solo lei, che dava l’ultima spinta che serviva alla giovane per andare avanti.

    Vi raggiungerò per l’ora di pranzo, non appena avrò finito.
    À bientôt.


    Era stata soprannominata la Fée Blonde non per nulla, la Fata Bionda dell’ospedale, un’anima dolce e premurosa, stimata e più che apprezzata dai colleghi come dai suoi pazienti. Chiunque aveva avuto la possibilità di conoscerla si vedeva annullata qualsiasi distanza, sacrificata con estrema facilità sull’altare del suo sorriso, di quelli che non lasciavano spazio ad altro che un unico sentimento: l’incondizionata dedizione per il prossimo, sempre pronta a mettere gli il bene degli altri e i loro bisogni prima di se stessa.

    Indovina, indovina, chi dei dolci ha appena saccheggiato dalla cucina?

    La voce poco alta ma sonante, in quella che voleva essere un’allegra e musicale anticipazione al suo ingresso nella stanza.
    Purtroppo il viso che lo accoglieva era sempre lo stesso, affatto sorridente, triste, abituato a ricevere sempre le visite dei Medimaghi e mai quelle dei suoi genitori.

    Non ha voluto mangiare niente nemmeno oggi.
    Vedo.

    La Fata Bionda però non si perdeva d’animo, insistendo con leggerezza sull’allettante scia che la sua confezione portava con sé.

    Peeerò… sono certa che il nostro caro Timothée non rifiuterebbe mai un assortimento di macarons e il suo parfait preferito.

    Disse vivace a simpaticamente provocatoria.
    Il bambino, al contrario, la guardava di sottecchi, cercando di mantenersi imbronciato, imperturbabile, a dispetto dell’evidente schiocco fatto dalla lingua sul palato e il goloso luccichio nei suoi occhi.

    Que-quello alle mandorle?

    Domandò esitante, nell’ostinato tentativo di dimostrarsi distaccato dall’offerta.

    Proprio quello, ma se non lo vuoi vorrà dire che ci mangeremo tutto noi.

    Fece appena un passo indietro, come per andarsene, prima che la voce del piccolo paziente si mostrasse finalmente turbata, arrendendosi con sincerità all’evidenza.

    Okok, va bene.

    Nonostante le mani tese verso di lei, Geneviève non accennava a porgergli la scatola contenente i dolci, puntando invece il mento sul vassoio del pranzo ancora intonso.
    Timothée alzò gli occhi al cielo, esasperato ma accettando - pur malvolentieri - il suo destino, tutto pur di raggiungere il prelibato traguardo posto dalla dottoressa.
    Il tempo nella stanza era trascorso privo di alcuna conversazione, nonostante i tentativi di instaurarne anche solo un barlume non fossero mancati da parte loro.
    Almeno stava consumando il suo pasto, era già qualcosa.

    Ora posso averli?
    Certo.

    Gli passò i dolci un po’ rassegnata, nonostante lo sguardo non abbandonasse una certa pena nei confronti del piccolo paziente.

    Elodie, andresti un attimo nel mio studio? A breve dovrebbe arrivare ciò per cui ho chiamato stamattina.
    Certo.

    Si assentò, allontanandosi in un cenno di saluto - mal ricambiato - verso Timothée.
    Il bambino aveva sviluppato una particolare malattia della pelle, scatenata da un incidente magico altrettanto particolare. Uno dei vicini di casa aveva deciso di improvvisarsi pozionista esperto, e lasciata una fiamma di troppo accesa aveva causato una modesta esplosione del suo laboratorio e dei vari composti, finendo per coinvolgere un Timothée di ritorno dal parco.

    Come sono? Ti piacciono?

    Annuiva in silenzio, difficile ottenere di più.
    Da che i genitori - troppo occupati con il lavoro - avevano sospeso le proprie visite, era diventato sempre più taciturno e scontroso.
    Lo capiva.
    Dopotutto nemmeno la sua di infanzia era stata chissà quale ritratto della famiglia felice, tantomeno immune da diverbi e intolleranze verso il comportamento dei genitori: due accaniti, accanitissimi lavoratori; stavano solo e unicamente a curare i propri interessi, spinti dall’avidità e dalle proprie ambizioni, ignorandola, lasciandola a se stessa.

    Su, Timothée…

    Lo portò vicino a sé, cingendolo e stringendolo appena nelle cadenti quanto immature spalle: un delicato conforto, fatto di brevi pacche e qualche placida carezza.
    A lei simili attenzioni erano sempre mancate, tanto da venirle fin troppo naturale dispensarne ad altri. Perché dove i propri genitori peccavano, lei a suo modo aveva sempre cercato di compensare. Entrambi si preoccupavano solo e unicamente di se stessi, lavorando con lo scopo di ricevere e guadagnare, mai di donare; Geneviève, al contrario, era cresciuta con la consapevolezza di voler calcare le orme opposte, di dare la precedenza alle persone, a coltivare un cuore gentile e una magia premurosa, in grado di portare aiuto laddove chiunque ne avesse avuto bisogno.

    Tanto non verranno nemmeno domani, lo so.
    Loro mi odiano.


    E per Timothée di certo era così, adesso più che mai.

    Vieni qua.

    Che lo volesse o meno, gli fece poggiare la testa sulla sua spalla. Sulle labbra sostavano ancora alcune briciole, a macchiare il camice e riempirlo di dolci note, ma non le importava, fintanto che poteva rincuorare quella piccola, tremante anima in sospeso.
    Il suo corpicino era uno stelo e gli occhi il suo fiore, dai petali di un vivo turchese.
    Mentre la sua testolina bionda era come una nuvola, ovattata e senza peso.
    Le lacrime che stillava invece, quelle sì, avevano una gravità tutta loro, caduca e infelice.
    Geneviève prese così a cullarlo, prima in un comprensivo silenzio e poi nella tenue amabilità d’una nenia: la mamma che non era per un bambino che non era il suo.

    Nessun genitore può odiare i propri figli.
    Nessuno.


    Non sapeva dire quando, ma a un certo punto della sua vita doveva averla sviluppata… quella capacità di ispirare una rosea e imperitura fiducia, un’estrema sicurezza offerta al bene del mondo e le cose belle e pure della vita. Chissà, forse si trattava della stessa che le era valsa la nomea di Fata Bionda.

    Sai, anche ai grandi capita di sbagliare delle volte, di dimenticare ciò che è davvero importante.
    E cos’è che è davvero importante?

    Forse era l’istintiva e infantile curiosità a destarlo dalla sua tristezza, o forse ancora la benevola compassione della Guaritrice. Fatto stava che il bambino era lì, riscosso, più vigile e predisposto all’ascolto di quanto non fosse stato fino ad allora.

    Le persone Timothée…
    Le persone sono importanti.

    Non capisco.
    Quindi, quindi io cosa posso fare perché mamma e papà non se ne dimentichino?


    Era la prima vera volta che abbandonava la maschera della malinconia in favore di quella della speranza, una luce fioca ma ancora viva, che la fece tornare a far mostra del suo brillante sorriso.

    Beh, tu dovrai semplicemente ricordarglielo, tutte le volte che sarà necessario.

    Con una mano iniziò a spostargli i capelli, carezzando appena la testa, come se potesse bastare il gesto a dare ulteriore valore al suo discorso.

    E come?
    Dovrai parlargli, dirgli come ti senti, anche a costo di sgridarli.
    Persino gli adulti vanno sgridati qualche volta sai? Così che possano imparare dai propri errori e non ripeterli mai più.


    E rideva ancora, questa volta un poco beffarda, al di sopra degli eventi, perché conosceva qualcosa che lui invece ignorava, e stava appena dietro la porta.
    Allontanandosi dal bambino con la bacchetta fece cenno all’ingresso di schiudersi, rivelando la sorpresa che custodiva e che dall’inizio della giornata si era curata di preparare.

    Prego, di qua.

    Si trattava di Elodie, accompagnata da altre due figure: i genitori di Timothée.
    Non ci fu bisogno di grandi gesti o particolari discorsi, il tutto era già abbastanza eloquente di suo. La famiglia si riunì in uno spontaneo ed estatico abbraccio, colmo dell’affetto che la lontananza aveva caricato dentro ciascuno di loro.
    Era il momento di lasciarli da soli.
    Assieme alla Tirocinante si avviò verso l’uscita della stanza, facendo appena in tempo a scambiare uno sguardo pieno di sottintesi col piccolo paziente: i suoi grandi occhi turchesi emanavano una calda e radiosa gratitudine, il genere di emozioni per cui Geneviève viveva, per cui altre mille volte avrebbe vissuto quella vita.
    Si poteva ricevere così tanto, donando.
    Aiutare il prossimo, dopotutto, era la più grande delle ricchezze.
4 replies since 14/3/2019
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