Posts written by Derek Wade

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    Ghiaccio <3

    Sempre link in targhetta <3
  2. .
    CITAZIONE
    Titolo: Fuori luogo
    Autore: Derek
    Personaggi: Derek Wade

    Derek, in undici anni di vita, non aveva mai visto una città grande come Londra. Guardare dal basso le enormi costruzioni di quella città, osservare le immense vie popolate di gente di ogni età ed etnia lo faceva sentire piccolo come una formica. Nella sua ancora breve vita, gli era capitato un paio di volte di arrampicarsi con i suoi genitori su montagne altissime, tanto alte che ad un certo punto aveva sentito l’ossigeno iniziare a mancare ai suoi polmoni di bambino. Ecco, Londra lo faceva sentire nello stesso modo: si sentiva soffocare, era troppo grande ma allo stesso tempo troppo affollata, troppo costruita, troppo. A Sunderland non c’era nulla di tutto ciò: era una piccola cittadina industriale che si trovava a quasi cinquecento chilometri dalla capitale inglese, era attraversata anche lei da un fiume, ma il Wear faceva molta meno paura del Tamigi. E girando per Londra, si era reso conto che il suo posto preferito di tutta Sunderland – lo Stadium of Light, casa della sua squadra di calcio preferita – non aveva nulla a che vedere con gli stratosferici stadi delle squadre londinesi. E Derek avrebbe preferito di gran lunga visitarli tutti quanti, piuttosto che prendere quel treno alla stazione di King’s Cross che non aveva idea di dove l’avrebbe portato.
    Il bambino norvegese non aveva la minima idea di cosa fosse Hogwarts, né di dove si trovasse, né di cosa avrebbe fatto una volta arrivato lì. Sapeva soltanto che era una scuola di magia e che lui doveva andarci perché era un mago. Gli sembrava davvero un’assurdità. Ancora non credeva a tutto quello che gli era stato detto, eppure il giorno prima suo padre, con cui aveva raggiunto la capitale inglese, l’aveva accompagnato a comprare la sua bacchetta magica e il resto del materiale di cui avrebbe avuto bisogno per quell’anno e i successivi. Derek non si era sentito così tanto smarrito in vita sua nemmeno nelle più fitte foreste dell’entroterra africano, dove i suoi genitori l’avevano portato quando nemmeno sapeva ancora leggere.

    Che c’è, Derek, sei spaventato?

    Trevor Wade stava trascinando il carrello del figlioletto, con il suo baule e tutto il resto del suo materiale scolastico, fino al binario nove…no, il dieci, no…il nove e tre quarti. Ma dove diavolo si trovava questo binario? Che razza di numero era, poi, nove e tre quarti?
    Il bambino mosse la scodella di capelli biondi, annuendo alla domanda del padre. Aveva paura, sì, perché non aveva idea di dove stesse andando, non conosceva nessuno e nessuno gli aveva spiegato nulla di quel mondo a cui, a quanto pareva, apparteneva da sempre ma nel quale non aveva mai vissuto.

    Non preoccuparti, te la caverai. E poi potrai telefonarci ogni volta che vorrai.

    Il signor Wade non sapeva che la tecnologia nel Mondo Magico non funzionava, non aveva mai avuto modo di sperimentarlo. Nessuno nella sua famiglia era un mago, nessuno gli aveva spiegato cosa significasse esserlo.

    ***



    Attraversare un muro per poter raggiungere il treno che l’avrebbe condotto alla scuola di magia fu soltanto la prima delle tante assurdità che, durante l’arco di tutta quella giornata, aveva visto con i propri occhi e vissuto sulla propria pelle.
    Derek era un bambino solare e allegro, sempre pronto a dispensare sorrisi nei confronti di chiunque avesse intorno, ma quel giorno era stato completamente l’opposto. Mentre tutti quanti i ragazzini che lo circondavano erano entusiasti di salire sul treno, si abbracciavano e si salutavano, correvano verso i loro amici che non vedevano dall’inizio dell’estate, il piccolo norvegese era rimasto in disparte in attesa di sentire qualcuno dare qualche indicazione ai più spaesati come lui. Doveva esserci per forza una persona addetta a quel genere di compito.
    Prese infatti posto sul treno in uno scompartimento dove non c’era ancora nessuno, ma non si oppose quando, qualche minuto dopo la partenza del treno, un ragazzino dai capelli corvini che sembrava essere almeno un paio d’anni più grande di lui decise di occupare il posto che aveva di fronte. Lo sconosciuto, non appena capito che Derek era un Nato Babbano che non era mai entrato in contatto con la magia, iniziò tutta una serie di spiegazioni e racconti su quanto il Mondo Magico – in cui lui a quanto pareva viveva da sempre – fosse meraviglioso e quanto adorasse Hogwarts e tutte le cose che in quella scuola si potevano fare. Dopo il primo minuto, il biondino aveva già la testa piena di informazioni e decise di fingere di addormentarsi, l’unico modo per far star zitto lo sconosciuto senza rischiare di offenderlo.
    Dall’arrivo alla stazione fino a quando non mise per la prima volta piede in quell’immenso castello, Derek fece tutto quello che gli venne detto di fare: aveva indossato la divisa, seguito il Guardiacaccia, era salito su quella barchetta che gli aveva dato l’impressione di essere sul punto di affondare da un momento all’altro e poi aveva atteso, di fronte all’ingresso della cosiddetta ‘’Sala Grande’’ insieme a qualche decina dei suoi coetanei, che qualcuno li chiamasse per essere ‘’smistati’’. Aveva vissuto il tutto con una certa dose di imbarazzo, nonché di preoccupazione e di timore. Era un bambino estremamente insicuro, ed ogni volta che doveva fare qualcosa di cui non conosceva le esatte procedure, la paura di sbagliare e di combinare qualche disastro lo assaliva e lo paralizzava. Sembrava essere l’unico a provare quello stato d’animo, tutti intorno a lui gioivano ed erano più che entusiasti di trovarsi al cospetto della famosissima Minerva McGranitt. Lui non aveva mai sentito prima d’ora quel nome.
    Non riuscì nemmeno a meravigliarsi di fronte agli spettacolari addobbi magici della Sala Grande, e non fu nemmeno in grado di evitare di arrossire violentemente quando tutte quelle ragazze e quei ragazzi già seduti lungo quegli immensi quattro tavoli si voltarono per osservare il loro passaggio. Derek si trovava lì da meno di mezz’ora e già voleva tornare a casa dei suoi genitori.
    Poggiato su uno sgabello di fronte al tavolo di quelli che dovevano essere i professori, c’era un cappello tutto sgualcito che sembrava aver fatto delle guerre. Doveva essere vecchio almeno un centinaio d’anni, se non di più. Il bambino norvegese iniziò a chiedersi a cosa servisse un cappello poggiato su uno sgabello. I maghi erano proprio strambi.
    Ma non appena i bambini intorno a lui iniziarono ad essere chiamati per nome ed invitati a sedersi sullo sgabello, Derek si rese conto che quello non era un semplice cappello da mettere in una giornata particolarmente soleggiata o piovosa. Il cappello cantava, parlava, e a quanto pareva…diceva a quelli appena arrivati come lui il tavolo a cui avrebbe dovuto prendere posto. Gli ci volle più di qualche secondo per rendersi conto che prima o poi, quel cappello parlante sarebbe stato poggiato anche sulla sua testa, ed al pensiero rabbrividì. Nel frattempo, mentre tutti intorno lui venivano chiamati e smistati, il biondino cominciava a rimanere sempre più solo e si sentiva totalmente vulnerabile di fronte agli occhi di tutte le persone che lo circondavano. Era stato facile nascondersi dietro tra i ragazzini più alti di lui, finchè c’erano stati. Ma ogni nome che veniva chiamato che non era il suo, contribuiva a far contorcere il suo stomaco in una maniera che non aveva mai provato prima. Si sentiva come paralizzato, gli sembrava diventato difficile persino riuscire a respirare involontariamente come una qualsiasi persona normale. Sentiva la sua faccia andare a fuoco, ma era piuttosto certo di non avere la febbre. Ad un certo punto, si rese conto di essere rimasto completamente da solo. Per via del suo cognome, era l’ultimo studente ad essere segnato sulla lista.

    Derek Wade.

    Il piccoletto, stretto nel grande mantello nero che sembrava pesare più di lui, dovette concentrarsi più del previsto per riuscire a camminare fino allo sgabello senza cadere. Sentiva sulla propria pelle che sarebbe stato in grado di fare una figuraccia da un momento all’altro. Gli bastò darsi un’occhiata intorno, una volta seduto, per rendersi conto che gli occhi di tutta la Sala erano puntati su di lui.
    Deglutì a fatica, ritrovandosi a tremare appena nel momento in cui il vecchio cappello venne posizionato sulla sua testa.

    Oh oh, non c’è di certo l’animo di un Grifondoro in te, ragazzo mio. Così mi rendi il lavoro davvero facile!

    Derek fece fatica a realizzare che fosse proprio il cappello sulla sua testa a parlare. Avrebbe voluto chiedergli che cosa significasse che non aveva ‘’l’animo di un Grifondoro’’, avrebbe voluto chiedergli un sacco di cose, ma le parole sembravano bloccarsi nella sua gola non appena cercava di schiudere le labbra per parlare.

    Vediamo…una mente brillante, vedo. Ti piace lo studio, non è vero?

    Il bambino annuì, senza ancora riuscire a dire nulla.

    Bene bene bene…allora magari ti troveresti a tuo agio tra i più saggi ed ingegnosi…

    Ma il Cappello, dopo una decina di secondi di silenzio fatti soltanto di mugolii e rumori a lui incomprensibili, non gli aveva ancora detto quale sarebbe stata la sua Casata.

    Non so, non mi convince però. Temo che uno come te potrebbe annoiarsi troppo in un ambiente del genere.
    Fammi dare un’altra occhiata.


    Derek non aveva idea di cosa stesse parlando. A cosa doveva dare un’altra occhiata? Stava forse sbirciando nella sua testa alla ricerca di qualcosa in particolare?

    Dietro questo faccino confuso sembra esserci un cuore buono e paziente…sei uno a cui piace far ridere le persone. Ti piace il lavoro di squadra, sei un tipetto instancabile…

    Il cappello stava annunciando a tutti i presenti quello che c’era nella sua testa, e non riusciva a sopportarlo. Metterlo così a nudo di fronte ad un mare di sconosciuti…questi maghi avevano veramente un modo strano di fare qualsiasi cosa.

    Basta, per favore…

    E sei anche uno che si imbarazza facilmente…allora credo proprio di aver capito.
    TASSOROSSO!


    Da uno dei lunghi tavoli della Sala partì uno scroscio di applausi piuttosto rumorosi ed il volto di Derek, le cui guance erano già abbastanza rosse per l’imbarazzo, diventò tutto dello stesso colore di un pomodoro maturo.
    I gesti di quei ragazzi grandi che lo invitavano a raggiungerli e a sedersi tra loro gli fecero capire che probabilmente era quello il posto in cui doveva andare. Quindi, quando finalmente gli fu tolto l'inquietante cappello dalla testa, il bambino norvegese si alzò dallo sgabello. Percorse quei pochi metri che lo dividevano dal tavolo di Tassorosso, ma non appena si distrasse per un istante, finì per inciampare nel mantello nero troppo lungo per lui, riuscendo a tenersi in piedi per miracolo. Eppure qualcuno doveva averlo visto, perché poteva sentire le risatine degli studenti che lo circondavano ed i loro occhi puntati su di sé. Non avrebbe mai saputo dire se fosse la realtà o se era soltanto la sua impressione.
    Al tavolo prese posto accanto ad un ragazzo che doveva essere probabilmente all’ultimo anno, a giudicare dalla barbetta appena visibile sul suo volto. Tutti quanti iniziarono a parlargli con gentilezza, facendolo sentire come un cucciolo indifeso, gli facevano domande per metterlo a suo agio ed invitarlo a parlare, a fare conoscenza. Ma Derek non riusciva a parlare, riusciva soltanto a muovere il capo per rispondere ‘’Sì’’ o ‘’No’’ a quello che gli chiedevano, mentre nella sua testolina dominava ormai da ore un unico pensiero.

    Voglio tornare da mamma.




    N.B.: non so se sono andata fuori tema, in caso dovesse essere così non importa, ci tenevo comunque a dare la giusta cornice alla situazione :3
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    Uovo Ghiaccio! <3
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    Io uovo Ghiaccio!

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4 replies since 10/3/2019
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