Posts written by Samara Jiselle Wordsworth

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      Samara Jiselle Wordsworth
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    Uovo Ministero

    magari una gioia me la regala per una volta

    Link alla scheda in targhetta
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    Titolo:Se solo lo avessi saputo.
    Autore: Samara Jiselle Wordsworth
    Personaggi:Samara Jiselle Wordsworth, Dalia Marie Montgomery, Marcus Holmes, Nathanien Wordsworth (solo nominato), Jiselle Desdemona Wordsworth (solo nominata)


    [27 Giugno 2016]

    Samara svegliati. Sveglia bambina mia.

    La voce di Dalia suonava più acuta del solito, mentre scrollava la figlia più forte del dovuto. Samara aprì gli occhi mugugnando qualche imprecazione. Ma che ora era?
    Lanciò uno sguardo alla finestra, le prime luci dell’alba stavano colorando il cielo di Londra. Si voltò verso sua madre, gli occhi ancora impregnati di sonno. Sua madre era tesa come una corda di violino, glielo si leggeva in faccia, nonostante cercasse di mascherarlo dietro al suo solito sorriso amorevole.

    Che succede mamma? Sembra che tu abbia visto un fantasma!

    Le parole le uscirono impastate, leggermente sbiascicate, mentre si stropicciava gli occhi per mandare via la voglia di richiuderli ancora e tornare a fare quel bel sogno di lei che insegnava ad Hogwarts. Che stava insegnando questa volta? Ah sì, era una lezione sui mollicci.

    Nessun fantasma bambina mia…

    Le sorrise, un sorriso tirato, forzato. Samara non aveva mai visto sua madre in quelle condizioni e Dalia, dal canto suo, non sapeva come dire alla figlia chi ci fosse in casa loro e perché fosse lì. Soprattutto perché fosse lì. Non voleva che Samara facesse qualcosa di stupido, non poteva permetterglielo, dacché non ne valeva nemmeno la pena.
    Si sedette sul letto di sua figlia, si abbassò su di lei e l’abbracciò forte, più forte che poté, come se il suo corpo fosse una camicia di forza.

    Ci sono due auror di là che vogliono parlare con te.

    Gli occhi di Samara si sbarrarono a quelle parole, il sonno scomparve in un lampo e con esso anche il ricordo del bel sogno che stava facendo.

    Ma cosa…

    Stanotte hanno fatto un’incursione al Maniero. Sapevi che tuo padre e Madame si erano rimessi in attività? Sapevi che stavano tramando un attentato? Lo sapevi?

    Samara cercò di divincolarsi dall’abbraccio insistente di Dalia. Cominciò ad agitarsi nel letto.

    Mamma lasciami.

    Le disse tra i denti, ma Dalia non sembrava avere nessuna intenzione di mollare la presa su di lei.

    Rispondimi Samara, ti prego.

    La voce di sua madre suonava preoccupata come non mai e supplichevole al contempo. E intanto le sue braccia si stringevano ancora più forte alla figlia. Poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata. La sentiva agitarsi, lottare contro di lei, ma non l’avrebbe lasciata andare finché non si fosse calmata.

    Perché hanno mai veramente smesso? E comunque no, non lo sapevo. Lasciami ti ho detto.

    Mentì.

    No, non ti lascio se prima non ti calmi. Non voglio che tu faccia qualcosa di stupido. Non puoi rimetterci tu per gli errori degli altri, non te lo concedo.

    Le disse quelle parole all’orecchio, sperando di non farsi sentire da chi le stava attendendo in soggiorno.

    Dimmi solo una cosa.

    Samara smise di agitarsi e la presa di Dalia sembrò non farle più male.

    Madame è ancora viva?

    Pronunciò quelle parole in un soffio, mentre un’orribile sensazione le si propagava nel petto. Ma forse il suo sangue stava mentendo, sì, doveva essere così.

    Dalia allentò la presa sulla figlia, allontanandosi da lei quel tanto che bastava perché i loro occhi di pece si incontrassero. Non sapeva come dirglielo, come indorare quella pillola di morte e devastazione per sua figlia. In cuor suo sapeva che non c’era un modo per rendere meno orribile ciò che stava per dirle. Se solo la sua bambina non avesse amato quella vecchia megera, tutto sarebbe stato più semplice.

    Non ci fu nemmeno bisogno che sua madre le rispondesse. Quel silenzio parlava più di mille parole e i suoi occhi, quegli occhi di pece identici a quelli della figlia le stavano gridando involontariamente la verità, mentre la guardavano pieni di pena e paura per lei.

    Capisco mamma, capisco.

    Abbassò lo sguardo. Non riusciva nemmeno a guardare sua madre in faccia. Sentì gli occhi riempirglisi di lacrime calde e brucianti. Dalia la lasciò andare continuando a fissarla. Allungò un mano verso il viso di Samara, che si scostò bruscamente. Sapeva che non era colpa di sua madre, né tanto meno sua, ma non voleva conforto, perché non sarebbe servito a niente, non in quel momento.

    Digli che fra cinque minuti sarò da loro, il tempo di vestirmi.

    Le disse con voce apatica mentre le lacrime continuavano a solcarle silenziose le guance. Dalia annuì in silenzio e, prima di andarsene, le diede un bacio sulla guancia. Samara chiuse gli occhi per un istante. Sapeva che avrebbe dovuto essere più dolce con lei. Forse anche sua madre stava soffrendo, ma non ci riuscì. Lasciò che Dalia uscisse dalla sua stanza senza nemmeno una parola.
    Si portò le mani al viso e le premette più forte che poté contro gli occhi. Avrebbe voluto strapparsi la pelle, gli occhi, i capelli, via tutto. Sentiva la testa esploderle e il petto dolerle come non aveva mai fatto. La nausea montò prepotente dallo stomaco fino alla bocca. In un attimo si ritrovò seduta sul letto a vomitare per terra e intanto piangeva. Sollevò gli occhi verso il soffitto della sua camera.

    Perché? Avevi giurato che ci avresti pensato. Avevi giurato.

    Si rivolse a Madame ricolma di rabbia e delusione. Non sapeva nemmeno se potesse sentirla nel posto in cui ora si trovava, ma ci sperava.
    Stupida, stupida Madame. Quante volte glielo aveva ripetuto che sarebbe andata male? Quante volte le aveva detto di portare pazienza, che non valeva la pena essere così affrettati? Milioni. Ma Madame non aveva mai voluto ascoltarla davvero. Le aveva detto di sì, che ci avrebbe pensato, ma, evidentemente, aveva deciso di fare di testa sua, come sempre del resto. La vecchiaia l’aveva resa incauta, affrettata, sciocca. Ed ecco il risultato.
    Samara sapeva che la vita di sua nonna sarebbe dovuta finire un giorno, ma sperava che sarebbe stato per cause naturali e non per mano di qualcun altro e, soprattutto, non per la sua smania di potere. Erano anni che cercava di raggirarla, di prendere tempo nel tentativo di tenerla buona. Ma Madame era un osso duro, ferma nelle sue convinzioni e nelle sue idee.
    Quante volte avevano litigato, quante volte Samara si era sentita dare dell’inetta, della rammollita, della vigliacca. Madame era addirittura arrivata a darle della traditrice, l’aveva quasi ripudiata. Da lì Samara aveva capito che lo scontro diretto con lei era inutile e che doveva agire diversamente se voleva tentare di salvare l’insalvabile.
    Ogni suo sforzo, alla luce di quell’alba maledetta, si era rivelato, alla fine, inutile.

    Si alzò dal letto, tirando un grosso respiro e richiamando a sé tutta la calma che potesse raccogliere in quel momento. Prese i primi vestiti che le capitarono a tiro e andò in bagno per darsi una sistemata ed un contegno. C’era del lavoro da fare, una parte da recitare, come sempre.

    Miss Wordsworth buongiorno, ci dispiace dover disturbare lei e sua madre a quest’ora, ma avremmo delle domande da farle.

    La voce del Auror suonava fredda e distaccata, non si era nemmeno preoccupato di fingere quel dispiacere che millantava a parole. Samara lo squadrò con i suoi occhi di pece, seria, per poi passare rapida lo sguardo sulla collega, che se ne stava in disparte silenziosa.

    Forse un buongiorno per voi, non per me.

    Esordì mettendosi a sedere su una delle sedie del tavolo da pranzo.

    Ma prego, accomodatevi.

    Disse indicando le sedie libere ai due Auror.

    La ringrazio, ma non ci fermeremo a lungo. Immagino che sua madre le abbia accennato perché siamo qui.

    La voce del Auror si fece più aspra.

    Sì. Quando potremo riavere i corpi?

    Chiese in tono apatico, gli occhi di pece fissi su quelli verdi del uomo in divisa.

    Corpi? Chi ha parlato di corpi? Suo padre è stato da poco trasferito ad Azkaban. Quando l’ho lasciato era mal ridotto, ma ancora vivo.

    Vivo. Quello schifoso scarafaggio era ancora vivo. Lo stomaco le si strinse in una morsa dolorosa. Non si sarebbe stupita di scoprire che, pur di salvarsi, avesse sacrificato la sua stessa madre.
    Sapere che quel uomo era vivo rendeva ancora più inutile la morte di Madame.

    Buon per lui allora.

    Si limitò a dire con una smorfia di disgusto dipinta in faccia.

    Sapeva che Nathanien Wordsworth, suo padre, e Jiselle Desdemona Wordsworth, sua nonna, erano in combutta con altri per un attentato ai danni del Ministro della Magia?

    No. E onestamente non lo credo nemmeno possibile.

    Ne è sicura, miss Wordsworth?

    L’Auror sembrava non voler mollare l’osso, incalzando rapido Samara.

    Sa qualcosa che io non so, agente?


    Gli si rivolse sarcastica, lasciando ben intendere che quel uomo non la intimoriva minimamente.
    Dalia si avvicinò alla figlia, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla sinistra.

    Vorrei solo che ci riflettesse bene, miss Wordsworth.
    Allora, è sicura che né suo padre, né sua nonna le abbiano mai detto o accennato nulla al riguardo?


    Lo sguardo del uomo si fece più insistente su di lei, scrutandole ogni centimetro del viso. Samara, dal canto suo, si prese qualche secondo, lasciandogli credere che ci stesse pensando seriamente.

    Sì, ne sono sicura. L’ultima volta che mio padre mi ha rivolto la parola avevo forse cinque anni e, con Jiselle, l’unica cosa di cui parlavamo era la mia mancanza di esercizio con il pianoforte.
    Adorava sentirmi suonare il pianoforte a coda del suo salone.


    Asserì solenne sostenendo lo sguardo dell’Auror e poggiando una mano su quella di sua madre, come a volerla rassicurare del fatto che non avrebbe fatto sciocchezze, non più di quella che già stava facendo mentendo all’uomo che aveva davanti.

    E’ cosciente del fatto che, se dall’interrogatorio che faremo a suo padre, verrà fuori che lei è implicata in qualche modo con il loro progetto o che ne era anche solo al corrente, potrebbe essere arrestata per favoreggiamento?

    Tentò di intimidirla, l’Auror. Un’espressione costernata e sconvolta comparve sul viso di Samara.

    Mi sta accusando di qualcosa agente?
    Ripeto, se sa qualcosa che io non so lo dica subito o mi arresti direttamente.


    Allungò le mani verso l’uomo, unite assieme pronte per essere ammanettate. Sapeva che quel uomo non aveva niente in mano e che, anche dopo aver interrogato suo padre, non avrebbe comunque avuto niente contro di lei. L’unica persona che avrebbe potuto, in qualche modo, metterla in pericolo ora giaceva esanime chissà dove.
    A quel pensiero un dubbio le si insinuò nell’animo. E se…

    Samara…
    La perdoni…


    Dalia allungò una mano su quelle della figlia cercando di abbassargliele e guardandola con occhi tra il rimprovero e la supplica. Samara si voltò verso di lei con scritto in faccia scusa, mentre riabbassava le mani. Sua madre, il suo grillo parlante, la sua coscienza, la mitezza che lei non aveva e che l’aveva salvata tante volte, forse anche in quel momento.

    Non si preoccupi signora Montgomery, immagino che sia lo shock a far agire così sua figlia.

    Marcus, dobbiamo andare…

    L’altra Auror si avvicinò al collega, toccandogli appena la spalla, sia lei che lui sapevano che non avrebbero cavato un ragno dal buco stando lì. L’uomo le rispose con un cenno del capo, per poi rivolgersi di nuovo a madre e figlia.

    Miss Wordsworth, signora Montgomery, grazie del vostro tempo, vi chiedo la cortesia di restare nei paraggi, nel caso avessimo bisogno di farvi qualche altra domanda.

    Sì, certo. Lasciate che vi accompagni.

    Dalia si allontanò dalla figlia, mentre i due Auror si giravano diretti alla porta d’ingresso. Samara se ne rimase seduta persa nei suoi pensieri, gli occhi fissi in un punto non ben definito della stanza.

    Aspettate.

    Fermò gli agenti sul ciglio della porta richiamando la loro attenzione. L’uomo si voltò verso di lei e lo stesso fece sua madre, inquadrandola con i suoi occhi di pece intrisi di paura, che cosa aveva in mente sua figlia?

    Come è morta Ma… mia nonna?

    A quella domanda l’Auror aggrottò le sopracciglia e gli occhi si ridussero a due fessure che scrutavano il viso della giovane strega.

    Sono informazioni che non possiamo darle. Troverà tutto nei verbali a tempo debito.

    Rispose freddo. Samara si alzò dalla sedia, per nulla soddisfatta da quella risposta. Doveva sapere, voleva sapere.

    La prego agente, non può darmi un’anticipazione?

    Gli si rivolse in tono supplichevole. L’Auror la squadrò sospettoso.

    Perché è così curiosa di saperlo, Miss Wordsworth?

    Suppongo che mia figlia stia cercando un modo per elaborare questa perdita così inaspettata per lei, agente.

    Intervenne Dalia in tono pacato, rivolgendo a Samara un sorriso comprensivo.

    Ha sempre conosciuto una donna mite ed affabile, come anche io, del resto. Tutto ciò che ci avete detto e chiesto questa sera ci ha aperto un mondo che non conoscevamo e che, mi permetto di parlare per entrambe, ci lascia alquanto sgomente.

    Dalia mentì con tale naturalezza che persino la sua stessa figlia stentò a riconoscerla.
    Gli occhi dell’Auror passavano da Dalia a Samara in un ping-pong di sospetto e analisi. Forse quelle due donne dicevano la verità o forse no. Due enormi lacrime comparvero dagli occhi di Samara mentre fissava ancora supplichevole l’uomo che l’aveva interrogata.

    Non comprendo come questa informazione possa aiutarla ad elaborare il lutto che avete subito, ma, dato che lo leggerete comunque nei verbali, sappiate che è stato lo stesso Nathanien a porre fine alla vita di sua madre per poi farsi arrestare.

    Samara si portò una mano alla bocca, la nausea tornò più forte di prima e la stanza cominciò a vorticare vertiginosamente. Nathanien aveva ucciso Madame. Perché? Perché? Perché?
    Due passi indietro e Samara s’accasciò sulla sedia dove era seduta poco prima scoppiando in un pianto isterico.
    L’Auror distolse lo sguardo da lei per riportarlo su Dalia che aveva iniziato a piangere silenziosa.

    Vi prego di non lasciare Londra fino alla fine delle indagini. Con permesso.

    Tutte quelle lacrime per dei criminali fecero venire il voltastomaco all’agente, che si voltò ed uscì da casa Montgomery insieme alla sua partner.
    Appena la porta di casa si chiuse Dalia corse da sua figlia abbracciandola più forte che poté, mentre Samara piangeva fiumi di lacrime tra dolore e rabbia.
    Si aggrappò a sua madre come mai aveva fatto. Si sentiva annegare nelle sue stesse lacrime.

    Respira bambina mia, respira.

    Dalia la strinse più forte accarezzandole la testa, mentre la figlia singhiozzava convulsamente.

    P-Perché?

    Riuscì solo a chiedere tra i singhiozzi, il viso premuto al petto di sua madre.

    Perché ti ama.

    Le rispose tra le lacrime sua madre. Samara sollevò il capo, staccandosi un po’ da Dalia per poterla vedere in volto. Non capiva. Come poteva quel uomo che l’aveva sempre allontanata, che la voleva fuori di casa sua, amarla?
    Dalia le poggiò le labbra sulla fronte.

    Sapeva che Jiselle ti avrebbe trascinata a fondo con sé, come ha fatto con lui e non poteva permetterglielo. Ha fatto ciò che io non sono stata in grado di fare. Salvarti.
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    Perché a Pasqua siamo tutti buoni, o forse era a Natale, va beh... Comunque, tanto per vedere se fare i "buoni" porta un po' di fortuna...

    Uovo Ministero.

    Samara J. Wordsworth
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